Albertano da Brescia
Giudice e letterato bresciano, vissuto tra la fine del secolo XII e la metà del secolo XIII (non si hanno notizie di lui oltre il 1253). Partecipò attivamente alla vita del suo comune, che rappresentò nel 1226 e nel 1231 alla convenzione delle città lombarde per una lega contro Federico II; nel 1238 ebbe l'incarico di difendere il castello di Gavardo quando l'imperatore invase il territorio di Brescia ponendo l'assedio alla città, ma dovette arrendersi e fu tratto prigioniero a Cremona.
Durante la prigionia compose il trattato De Amore et dilectione Dei et proximi et aliarum rerum et de forma vitae. Liberato dopo pochi mesi, continuò per il resto della sua vita a coltivare, oltre agli uffici civili e alle opere di carità, i nuovi interessi letterari. Sono di questo periodo il breve scritto De Arte loquendi et tacendi (1245), il Liber consolationis et consilii (1246), dialogo fra un Melibeo e la moglie Prudenza che lo conforta in una sventura domestica con gran messe di temi e di flores consolatori, e cinque Sermones, orazioni tenute fra il 1243 e il 1250, la prima a Genova, dinanzi ai giudici e ai notai di quella città, Super confirmatione vitae illorum, le altre, in lode dell'elemosina e del timor di Dio, a Brescia durante le solenni adunanze annuali dei giudici e dei francescani. Il tenore moralistico dei trattati, ispirati alla spiritualità francescana di cui A. risentì profondamente l'influsso e caratterizzati da buona cultura letteraria evidente nella gran quantità delle auctoritates classiche e bibliche citate, ne procurò una larghissima fortuna europea che durò fino alle soglie del secolo XVI ed è attestata sia dal gran numero dei manoscritti contenenti il testo latino sia dai molti volgarizzamenti e rimaneggiamenti in varie lingue, soprattutto del Liber consolationis et consilii (sui quali vedi un denso ragguaglio a c. di C. Segre, in Volgarizzamenti del Due e Trecento, Torino 1953, 26 ss., e in La prosa del Duecento, Milano-Napoli 1959, 203 ss., con saggi dei volgarizzamenti toscani di Andrea da Grosseto e Soffredi del Grazia).
La vasta diffusione dell'opera di A. e il fatto che Brunetto Latini abbia ripreso parti del De Arte loquendi et tacendi nel Trésor (II LXI-LXVII) rende possibile, ma tutt'altro che certa, l'ipotesi che D. ne abbia avuto notizia: tuttavia nessun riscontro convincente è venuto finora a risolvere la questione. Lo Zingarelli, nella prima edizione del suo Dante, espresse l'opinione, poi abbandonata in edizioni successive dell'opera, che il disegno della trattazione sul volgare illustre nel De vulgari Eloquentia annunciato alla fine del primo libro - quos putamus ipso dignos uti, et propter quid, et quomodo, nec non ubi, et quando, et ad quos ipsum dirigendum sit (I XIX 2; ma cfr. anche I IV 1) - ricalcasse certo ordine raccomandato da A. nel De Arte loquendi et tacendi con l'esametro " Quis, quid, cui dicas, cur, quomodo, quando requiras " (ed. Sundby, p. 404). Ma, senza contare che l'arte cui si riferisce A. non ha da fare con problemi di lingua e di stile bensì insegna la pratica morale della discrezione e della prudenza, sta di fatto che la formula per un'ordinata trattazione della materia secondo le varie circumstantiae, desumibile già dalla Rhetorica ad Herennium (I 16) e dal De Inventione ciceroniano (I 11 ss., II 176), era con varianti diverse d'uso corrente nella scuola (cfr. Matteo di Vendôme Ars versificatoria I 116 " Quis, quid, cui, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando "); Si tratta fra l'altro delle categorie aristoteliche, studiate nel Liber de sex principiis attribuito a Gilberto Porretano e ben noto a D., di cui si fa ricordo qui solo per mostrare quanto sia dubbio il fondamento del richiamo ad Albertano. Anche altri raffronti con i trattati morali di lui, specie con il Liber consolationis et consilii, che secondo il Caramella si rileverebbero nella Commedia, non vanno oltre una generica consonanza su temi largamente vulgati del moralismo medievale.
Bibl. - Edizioni: De amore, Cuneo 1507; De arte loquendi et tacendi, in appendice a T.H. Sundby, Della vita e delle opere di Brunetto Latini, Firenze 1884; Liber consolationis et consilii, a c. di T.H. Sundby, Havniae 1873; Sermone inedito, Brescia 1874; Sermones quattuor, a c. di M. Ferrari, Lonato 1955. Per i presunti rapporti con D. cfr. Zingarelli, Dante, Ia ed., Milano s.a., 409; S. Caramella, D. e A. da B., in Studi letterari. Miscellanea in onore di Emilio Santini, Palermo 1956, 87-94.