ALBERTI DEL GIUDICE, Alberto
Figlio di Iacopo, ricco popolano, fu priore di libertà del Comune di Firenze negli anni 1289 (quando furono poste, come sembra, le fondamenta del palazzo della Signoria), 1293, 1296, 1298 e 1313, e gonfaloniere di giustizia nel 1316. È ricordato anche come uno dei quattordici cittadini eletti il 9 dic. 1294 a far parte (per il quartiere di S. Piero a Scheraggio) della Balìa incaricata di correggere gli statuti.
In seno ad essa, come dice il cronista Dino Compagni, egli congiurò - con Palmieri di Ugo Altoviti, Baldo Aguglioni, Noffo di Guido Bonafedi ed Arriguccio di Lapo Arrighi - contro Giano della Bella, facendo in modo che gli fossero imputate le riforme odiose al popolo. Nel frattempo, i congiurati preparavano in segreto e facevano approvare in assenza di Giano provvedimenti intesi a far sì che le città dello stato fiorentino non potessero accogliere gli sbanditi, sperando di potersene servire ben presto contro Giano, del quale ponevano in cattiva luce gli atteggiamenti dittatoriali. Tutti questi maneggi condussero nel marzo 1295 alla condanna e cacciata di Giano.
L'A. aderì alla parte Nera e ne fu accanito sostenitore. Nel 1310 fu console della zecca per l'Arte di Calimala ed usò come marchio per i fiorini d'oro la figura di tre monti in piramide e per i popolini di argento quella di un corno di cervo. Nel periodo della permanenza di Enrico VII in Toscana egli fece parte dei Dodici cittadini aggiunti alla Signoria per governare lo stato con pieni poteri; nel 1316 fu gonfaloniere di giustizia ed in tale carica si adoperò per porre fine alla guerra tra Firenze e Pisa. Non essendo riuscito ad ottenere l'inizio delle trattative da parte dei Fiorentini, l'A. si fece eleggere con Giovanni Villani e Donato Acciaiuoli all'incarico di procurare il finanziamento della guerra e fece in modo che false lettere rivolte ad arte ai banchieri ed ai condottieri di ventura fossero introdotte in Pisa; i Pisani, spaventati per i grandi preparativi che erano menzionati nel carteggio, iniziarono essi le trattative concluse con la pace di Montopoli. Nel 1319 l'A. fu capitano del popolo a S. Gimignano, dove difese il palazzo pubblico contro Tribaldo e Fresco Baroncetti, costringendoli all'esilio.
Morì circa nel 1324. Dalla moglie Ciamberonta aveva avuto i figli Ravenna, Nera, Giovanni, Iacopo, Piera, Francesco, Bilia e Nerozzo.
La sua discendenza si estinse nel sec. XV.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Priorista Fiorentino Mariani, I, c. 194; L. B. Alberti, I primi tre libri della Famiglia, a cura di F. C. Pellegrini, Firenze 1911, pp. LXVI e 322; Delizie degli Eruditi toscani, IX, Firenze 1778, p. 342; D. M. Manni, Osservazioni sopra i sigilli antichi dei secoli bassi, XVIII, Firenze 1778, p. 79; L. Passerini, Gli Alberti di Firenze, Genealogia, Storia e documenti, I, Firenze 1870, pp. 57-59 e tav. II; I. Del Lungo, Dino Compagni e la sua Cronica, I, Firenze 1879, pp. 149, 152, 245; II, ibid. 1879, pp. 60, 162.