Cecchi, Alberto
Scrittore, commediografo e critico teatrale e cinematografico, nato a Roma l'11 ottobre 1895 e morto ivi il 18 novembre 1933. Fu una delle figure più rilevanti del giornalismo culturale italiano degli anni Venti, anche in campo cinematografico. Dopo aver partecipato nel 1917-18 alla Prima guerra mondiale, lavorò in due quotidiani romani, a "L'idea nazionale" (1919-1924) come autore degli articoli di fondo nella pagina letteraria, e a "Il Tevere" (1925-1933) come critico teatrale. Negli anni 1928-1932 scrisse anche tre commedie e due volumi di racconti (uno dei quali pubblicato postumo). Il suo interesse per il cinema si rivelò in molti articoli scritti nel corso degli anni Venti, come nella recensione a The gold rush (1925; La febbre dell'oro) di Charlie Chaplin, apparsa sul settimanale "La fiera letteraria" il 3 gennaio 1926. Si trasformò in un impegno sistematico quando, dal 7 aprile 1929 al 20 luglio 1930, curò la rubrica cinematografica (intitolata Cinelandia) di "L'Italia letteraria" (dall'aprile 1929 il nuovo titolo di "La fiera letteraria"). Nelle oltre cinquanta recensioni C. dimostrò gusto e intuizione: se ebbe la tendenza (logica per i tempi) a leggere il cinema con le lenti della formazione letteraria, manifestò anche una profonda consapevolezza della sua specificità, come del resto della nascente critica cinematografica. Scopriva dentro le nude inquadrature di Carl Theodor Dreyer la più commovente liricità. Dei film di Friedrich W. Murnau, pur riconoscendone nell'ostinazione per la luce artificiale l'assodato carattere espressionistico, coglieva anche la qualità di emozione, il fascino del rigore morale. C., a proposito dei bei film, amava usare parole come poesia, verità, arte. Con un ampio arco di gusto: se individuava in The crowd (1928; La folla) di King Vidor uno dei più alti esempi di cinema statunitense, percepiva ugualmente un modello di radicale esperienza umana (e già di sottintesa religiosità) in film come White shadows in the South Seas (1928; Ombre bianche) di W.S. Van Dyke o The wind (1928; Il vento) di Victor Sjöström. C. intervenne inoltre nel dibattito sull'introduzione del sonoro; salutò poi come un atto di civiltà la nascita (maggio 1929) del primo cineclub romano. E non parlò di cinema italiano se non a proposito di Sole (1929) di Alessandro Blasetti, vedendovi lucidamente il possibile prototipo di un nuovo cinema nazionale ancora in nuce, capace di competere con la grande cinematografia straniera. Non a caso fu chiamato a far parte, dall'aprile 1932 alla morte, della giunta di vigilanza della prima scuola pubblica italiana di cinema, il Centro sperimentale di cinematografia. Del C. frequentatore di film rimane soprattutto la passione con cui credette di riconoscere nel cinema (specie del muto) la possibilità di un'arte già classica, individuando per es. nelle opere di Chaplin una completezza e una organicità che le facevano entrare di diritto nella lirica e nell'epopea. Le sue critiche cinematografiche sono state raccolte nel 1989 in Ombre bianche.
G. Viazzi, Il decennio delle origini: storie, opinioni e tendenze dei precursori (1956), in "Bianco e nero", 1973, 3-4, nr. monografico a cura di B. Pividori, pp. 6-36; A. Aprà, La "rinascita" sulla pagina cinematografica del "Tevere" (1929-1930), in Nuovi materiali sul cinema italiano 1929-1943, Pesaro 1976, pp. 60-85; A. Tinterri, "Amo le donne, le cravatte, lo stile", introduzione a A. Cecchi, Ombre bianche, Palermo 1979.