MARIO, Alberto
– Nacque a Lendinara (Rovigo) il 4 giugno 1825 da Francesco e da Angela Baccelli.
La famiglia paterna, oriunda di Ferrara, nel 1466 fu investita da Borso d’Este di un feudo nobile a Lendinara e dal 1653 fu aggregata al Consiglio nobile di quella città; il titolo fu successivamente riconosciuto dalla Repubblica di Venezia nel 1773 e dall’Impero d’Austria nel 1829.
Il M. compì i primi studi a Lendinara, presso la scuola dei padri Cavanis dell’Ordine degli scolopi, da cui passò nel seminario di Rovigo e quindi all’Università di Padova, dove frequentò dapprima la facoltà di matematica e poi quella di giurisprudenza. A Padova strinse amicizia con G. Prati e P. Selvatico, dai quali apprese l’interesse per le arti e per le letture storico-filosofiche, e cominciò a frequentare un circolo politico studentesco che segretamente propagandava sentimenti patriottici e liberali.
L’8 febbr. 1848 il M. partecipò alla manifestazione antiaustriaca organizzata dagli studenti dell’ateneo patavino; subito dopo, per sfuggire all’arresto della polizia dovette riparare a Bologna, ospite dei coniugi G. Gozzadini e Maria Teresa Serego, due nobili di fede liberale che soccorsero molti esuli veneti. A Bologna entrò in contatto con alcuni patrioti, come L. Zambeccari e G. Galletti, e prese parte ai festeggiamenti cittadini per la promulgazione della costituzione pontificia, atto che consolidò la sua giovanile fiducia nella volontà riformatrice di Pio IX e nelle teorie di V. Gioberti sulla possibilità che il rinnovamento morale e civile degli Italiani potesse essere guidato dal papa con l’ausilio di Carlo Alberto di Savoia.
Il 18 marzo 1848, alla notizia dell’insurrezione milanese contro gli Austriaci, il M. si aggregò alla spedizione di volontari bolognesi che accorsero in aiuto dei Modenesi, ribellatisi contro Francesco V. Nell’entusiasmo per la notizia dello scoppio della prima guerra d’indipendenza, il M. rivolse anche un proclama «ai suoi fratelli Lendinaresi», esortandoli a unirsi al movimento per il Risorgimento nazionale. Subito dopo gli studenti bolognesi si costituirono in un regolare battaglione e il M., inquadrato nella prima compagnia mobile, prese parte alla battaglia di Cornuda del 9 maggio 1848 e poi alla difesa di Treviso e di Vicenza. Fuggì quindi a Milano e il 4 agosto partecipò alla battaglia di Porta Romana.
Dopo l’armistizio fu a Torino, poi a Genova, dove conobbe G. Mameli e F. De Boni e frequentò le riunioni del Circolo popolare, di ispirazione repubblicana. Insieme con i fratelli A. e C. Fusinato si trasferì quindi a Firenze, dove si dedicò a intense letture ed entrò in contatto con alcuni esponenti della vita culturale e politica cittadina (fra i quali A. Salvagnoli e i redattori del settimanale L’Alba). Nel marzo 1849, alla ripresa della guerra, il M. si unì ai volontari della Repubblica Romana che cercavano di raggiungere i Piemontesi in Lombardia, ma la sconfitta di Novara gli impedì di partecipare agli scontri. Il doloroso epilogo della guerra, con la connessa abdicazione di Carlo Alberto e il ritorno su posizioni assolutiste di Pio IX, provocò in lui un profondo ripensamento ideologico, che lo portò ad abbandonare le tesi giobertiane e «albertiste» e ad abbracciare il principio repubblicano. Il definitivo spostamento su quelle posizioni avvenne a Genova, dove il M., che vi soggiornò dal 1849 al 1857 dedicandosi all’attività giornalistica, divenne uno fra i principali animatori del movimento democratico.
A Genova, luogo di raccolta di emigrati politici dai vari Stati italiani, il M. strinse rapporti di amicizia con N. Bixio, A. Bertani, A. Mordini, C. Pisacane, ed ebbe modo di manifestare le sue idee nei vari periodici di cui fu direttore o assiduo collaboratore: Il Tribuno (gennaio-marzo 1850), L’Italia (marzo-agosto 1850), L’Italia libera (agosto 1850 - maggio 1851), Italia e popolo (maggio 1851 - maggio 1857), L’Italia del popolo (1857-58).
In quegli anni maturò fieri convincimenti antimonarchici e antipiemontesi e si avvicinò pertanto a G. Mazzini, conosciuto a Milano nel 1848, del quale condivise il metodo cospirativo e l’idea che solo una mobilitazione insurrezionale avrebbe potuto condurre all’unità e all’indipendenza della nazione. Nel 1856 criticò perciò la dichiarazione di D. Manin di adesione alla monarchia sabauda e il 30 giugno 1857 fu coinvolto nel fallito tentativo mazziniano di promuovere un moto rivoluzionario in varie parti della penisola. Il M. fu arrestato l’8 luglio 1857 e in carcere, attraverso un fitto scambio epistolare, ebbe modo di consolidare il rapporto di amore con Jessie White, la giornalista inglese di fede mazziniana giunta a Genova nel maggio precedente, anche lei reclusa nelle prigioni genovesi. Rimessi entrambi in libertà, nel dicembre 1857 si recarono in Inghilterra, a Portsmouth, dove il giorno 19 si unirono in matrimonio con rito civile.
Dall’Inghilterra il M. continuò a scrivere per L’Italia del popolo e fu tra i più stretti collaboratori del nuovo quindicinale Pensiero e azione, che fra il settembre e il novembre 1858 ospitò fra l’altro una serie di suoi lunghi articoli su U. Foscolo. A Londra frequentò Mazzini, A. Saffi e F. Campanella, ma soprattutto ebbe modo di approfondire la conoscenza della cultura e del sistema politico inglesi: ne ricavò un contributo a una decisiva evoluzione del suo pensiero, dall’idealismo hegeliano dell’età giovanile al positivismo e al pragmatico riformismo della maturità. Un importante stimolo in tal senso gli venne anche dal viaggio negli Stati Uniti d’America che, intrapreso con la moglie nel novembre 1858 e protrattosi fino al giugno 1859, gli indicò il modello di democrazia repubblicana imperniata sul federalismo, cui in seguito avrebbe dato le sue preferenze.
Rientrato in Italia alla notizia della guerra contro l’Austria, il M. arrivò nella Milano liberata il 25 luglio 1859, ma nell’agosto seguente, nonostante le sue pubbliche dichiarazioni di adesione all’idea di un’Italia monarchica – secondo le direttive di Mazzini – e di momentaneo sacrificio della repubblica, fu arrestato a Bologna. Costretto all’esilio, insieme con la moglie scelse la Svizzera, dove Mazzini gli affidò la direzione di Pensiero e azione. A Lugano frequentò con assiduità C. Cattaneo, in cui avrebbe riconosciuto il proprio maestro, finché nel giugno 1860 decise di partire per la Sicilia con la seconda spedizione garibaldina capeggiata da G. Medici. A Palermo, su invito di G. Garibaldi, assunse per qualche tempo il comando del Collegio militare, poi prese parte attiva ai combattimenti di Milazzo, di Reggio Calabria e alla marcia verso Napoli, che avrebbe raccontato nel volume The red shirt. Episodes (London 1865; 1ª ed. italiana La camicia rossa. Episodi, Torino 1870).
Congedatosi dall’esercito meridionale col grado di capitano, nel 1861 il M. tornò in Inghilterra, dove rimase fino al marzo del 1862 collaborando strettamente con Mazzini e adoperandosi per comporre le divisioni in seno al movimento democratico italiano. Dopo i fatti di Aspromonte (29 ag. 1862), che dal suo punto di vista posero fine a ogni residua possibilità di collaborazione tra i repubblicani e la monarchia sabauda, nel settembre 1862 ripartì da Genova alla volta di Lugano per stabilirsi a Firenze, dove avviò una profonda revisione critica del programma politico della democrazia repubblicana, arrivando al convincimento che fosse necessaria quella che – in un articolo apparso nel giornale La Nuova Europa il 16 apr. 1863 – chiamò L’inversione della formula: ossia l’esigenza di abbandonare i metodi cospirativi e di posporre la lotta per il completamento dell’unificazione nazionale a quella per il conseguimento di riforme politiche di segno democratico e progressista (suffragio universale e Assemblea costituente per scegliere la nuova forma di Stato, decentramento amministrativo ed estensione delle autonomie locali, graduale abolizione dell’esercito stanziale e sua sostituzione con la «nazione armata», allargamento dei diritti civili e delle libertà). In altre parole, la «libertà» doveva precedere l’«unità», e non viceversa. Inevitabilmente tali affermazioni, che lo avvicinarono ulteriormente a Cattaneo, portarono il M. in rotta di collisione con Mazzini, da cui si distinse anche per un radicale laicismo, che lo condusse infine su posizioni apertamente materialiste e atee.
Non a caso divenne bersaglio di dure polemiche da parte di alcuni fra i seguaci più stretti di Mazzini, come F. Campanella, che nel 1863, quando il M. illustrò le teorie sulla libertà di J.S. Mill con alcuni articoli pubblicati ne Il Dovere, lo accusò di essersi fatto propugnatore di uno sterile individualismo, di aver rinnegato la militanza nel Partito d’azione e di essere diventato, nei fatti, un sostenitore della monarchia.
In realtà, una concreta smentita a queste accuse il M. l’aveva data proprio all’inizio del 1863, quando, eletto deputato a sua insaputa nel collegio di Modica, aveva rifiutato la carica, in assoluta coerenza con i propri principî repubblicani, per non prestare giuramento di fedeltà alla monarchia.
Tuttavia, quello trascorso a Firenze dal 1862 al 1866 fu per il M. un periodo dedicato principalmente allo studio, durante il quale, oltre a coadiuvare la moglie nelle sue corrispondenze per i giornali inglesi e americani, lavorò alla stesura di alcuni saggi e di scritti memorialistici, che avrebbero visto la luce negli anni a venire: La questione religiosa di jeri e d’oggi (Firenze 1867); Dante e i codici danteschi (Mantova 1869); La scienza applicata alle arti industriali (Lendinara 1869); I sassi della nuova Firenze (Venezia 1871); Teste e figure. Studi biografici (Padova 1876); L’uomo in Foscolo (Roma 1876).
Nel 1866, allo scoppio della terza guerra d’indipendenza, il M. mise da parte le perplessità antimonarchiche e partì nuovamente volontario, combattendo agli ordini del colonnello A. Elia nella flottiglia garibaldina che operò sul lago di Garda. Altrettanto fece nell’ottobre 1867, quando, vincendo i propri dubbi circa l’opportunità dell’iniziativa, decise di partecipare alla spedizione nell’Agro romano e fu con Garibaldi, come suo vicecapo di stato maggiore, nella giornata di Mentana del 3 nov. 1867.
Fu questa l’ultima campagna del M., che dall’aprile 1869 cominciò a risiedere con continuità a Lendinara, dove nell’autunno seguente fu eletto consigliere municipale, carica che mantenne fino al maggio 1874 partecipando con assiduità ai lavori del Consiglio e impegnandosi in particolare, anche come delegato scolastico mandamentale, per l’estensione dell’istruzione pubblica primaria e secondaria e per la sua completa laicità. Dal 1873 fece parte inoltre del Consiglio provinciale di Rovigo in rappresentanza del distretto di Polesella, che lo confermò nella carica fino alla morte. In quegli anni prese molto a cuore le sorti del Polesine, a cominciare dal fondamentale problema della sicurezza idraulica, che imponeva il controllo delle acque e la bonifica dei terreni paludosi. A Lendinara fu membro della Società operaia di mutuo soccorso, di cui nel 1869 fu eletto presidente, e nel 1877 vi fondò un’associazione anticlericale. Ebbe inoltre parte attiva nella gestazione della Lega democratica del Veneto, che, costituitasi a Padova nel novembre 1872 e divenuta nell’ottobre 1873 Lega democratica veneto-mantovana, cercò di raccogliere repubblicani e democratici di diverso orientamento intorno ai seguenti obiettivi: «la areligiosità dello Stato, della provincia, del comune e delle scuole; la libertà di stampa e di parola; il decentramento amministrativo, la riforma radicale del sistema tributario, la graduale soppressione dell’esercito stanziale, l’abolizione della pena di morte; il suffragio universale» (Il Bacchiglione, III [1873], 26, 1° marzo). Posto di fronte alle drammatiche condizioni di vita dei lavoratori di quelle terre, il M. elaborò una propria visione della questione sociale e, muovendo da J.S. Mill e da Mazzini, indicò nell’associazionismo e nel sistema cooperativo i principali strumenti attraverso i quali le classi popolari avrebbero potuto emanciparsi. In nome dei sacri diritti dell’individuo e dell’umanità, difese invece gli istituti della proprietà e del libero mercato, opponendosi a ogni forma di collettivizzazione. Polemizzò perciò sia con gli internazionalisti anarchici sia con i socialisti di ispirazione marxiana, rifiutando l’idea della lotta di classe e il ricorso alla violenza come mezzo per conquistare il potere. Raccolse i suoi articoli su questo tema nell’opuscolo L’Internazionale (Milano 1879).
Di là dal partecipe coinvolgimento nelle vicende polesane, in quegli anni il M. proseguì la sua attività di studioso e di giornalista e continuò a svolgere un ruolo importante anche in ambito nazionale nelle file del movimento democratico.
Dal 1872 al 1874 diresse La Provincia di Mantova, un periodico cui dette una schietta intonazione repubblicana e federalista, che si ritrova anche negli articoli scritti per Il Preludio, la rivista scientifico-letteraria fondata e diretta da A. Ghisleri, alla quale collaborò fra il 1875 e il 1877. Sempre su sollecitazione di Ghisleri, nell’aprile 1878 assunse la direzione de La Rivista repubblicana, che iniziò allora le pubblicazioni con un programma scritto dal M., in cui si leggeva: «Siamo positivisti, perché ci sentiamo figli della rinascenza rivendicatrice dell’umanesimo dalla teologia del Medioevo, dal cielo, dal soprannaturale, dall’oltre tomba; perché cerchiamo le leggi nella sostanza dei fatti, i principii nelle cose. […] Il nostro ideale etico è l’utile nel bene; l’artistico, il bello nel vero; l’economico, l’agiatezza nel risparmio, nella cointeressenza sostituita al salario, da cui la finale scomparsa della miseria (poveri e ricchi ci saranno sempre, ma non ci hanno a essere miseri); il politico nella democrazia ordinata in repubblica federale» (Il nostro ideale, in La Riv. repubblicana, 9 apr. 1878).
Definitivamente approdato a una concezione riformistica ed evoluzionistica della lotta politica, che contemplava la possibilità di arrivare alla repubblica soltanto attraverso l’educazione, la propaganda e i metodi legali (ma mai accettando, quale logica conseguenza di questi postulati, la candidatura a deputato), prese sempre più le distanze dai repubblicani intransigenti (cfr. L’evoluzione. Polemica col «Dovere», Milano 1879) e arrivò a ipotizzare l’idea di un lento ma progressivo svuotamento dell’istituzione monarchica, che si sarebbe alfine dissolta nella forma di Stato repubblicana. Fu la teoria nota come «il placido tramonto della monarchia», che il M. mise a punto in alcuni articoli fra il 1878 e il 1879, e che spiega sia la sua ferma condanna dell’attentato contro Umberto I (1878), sia il suo appoggio al governo di B. Cairoli.
L’ultimo giornale su cui il M. ebbe modo di manifestare tali idee fu La Lega della democrazia, che vide la luce sotto la sua direzione nel gennaio 1880 come portavoce dell’omonima associazione formatasi alcuni mesi prima per impulso di Garibaldi, nel tentativo di riunire intorno a un comune progetto di opposizione le diverse formazioni dell’Estrema Sinistra.
Il M., ormai indebolito da una grave malattia, dedicò al giornale le sue residue energie, finché il 2 giugno 1883, a un anno esatto dalla morte di Garibaldi, morì a Lendinara. La salma, tumulata nel giardino della sua casa, nel 1899 fu trasferita nel nuovo cimitero cittadino.
Opere: una vasta antologia degli scritti del M. è in Tra Risorgimento e Nuova Italia. A. M., un repubblicano federalista, a cura di P.L. Bagatin, Firenze 2000, che contiene anche l’indicazione completa delle sue opere (pp. 552-554). Tra esse, oltre a quelle citate, occorre ricordare: La schiavitù e il pensiero (Torino 1860); I nostri filosofi contemporanei. Rivista (Napoli 1862); La mente di Carlo Cattaneo (Firenze 1870); L’ideale nell’arte (Venezia 1875); I Mille (Genova 1876); Garibaldi (ibid. 1879). Altre raccolte di scritti del M.: Scritti, scelti e curati da G. Carducci (Bologna 1884); Scritti politici, a cura e con proemio di G. Carducci (ibid. 1901); L’Italia libera. Scritti politici e sociali, con prefazione di A. Ghisleri, introduzione di A. De Donno e note di G. Conti (Roma 1925).
Fonti e Bibl.: L’archivio del M. è andato disperso; presso la Biblioteca comunale di Lendinara è in corso la raccolta (in riproduzione fotografica o fotostatica) delle lettere del M. e di quelle a lui indirizzate che si conservano in archivi pubblici e privati italiani (cfr. Tra Risorgimento e Nuova Italia, cit., p. 551). Alcuni nuclei sono stati pubblicati da C. Zaghi, Lettere inedite di A. M., in Nuovi Problemi di politica, storia ed economia, luglio-settembre 1931, pp. 495-504; S. Gallo, Le lettere inedite di A. M. ad A. Ghisleri (1876-1881), in Boll. della Domus Mazziniana, XXVI (1980), 1, pp. 5-84; Id., La Lega della Democrazia 1879-1883 e le lettere di A. M. ad A. Lemmi e G. Carducci, ibid., 2, pp. 207-238. Un’esauriente bibliografia degli studi sul M., aggiornata al 1999, è in Tra Risorgimento e Nuova Italia, cit., pp. 554-564. Fra i contributi più significativi si vedano: C. Cimegotto, A. M.: luci e riflessi della vita e delle opere, Roma 1925; A. Spallicci, A. M., Milano 1955; R. Colapietra, Profilo di A. M., in Occidente, XII (1956), 2, pp. 164-176; L. Briguglio, Caratteri del movimento operaio a Venezia dopo l’Unità (L’opera di A. M.), in Misc. in onore di R. Cessi, III, Roma 1958, pp. 355-379; F. Di Tondo, Il pensiero politico di A. M., in Società, XIV (1958), 5, pp. 903-928; B. Di Porto, A. M., Roma 1963; S. Gallo, Il primo governo Cairoli e i repubblicani milanesi attraverso le pagine di A. M. sulla «Rivista repubblicana», in Arch. trimestrale, I (1975), 4, pp. 389-398; Id., A. M. e la repubblica delle autonomie, ibid., II (1976), 4, pp. 331-341; A. M. Atti del convegno di studi, Padova-Lendinara…, Padova 1978; L. Cecchini, A. M., «Il Dovere» e la polemica sul barsantismo, in Arch. trimestrale, IV (1978), 3, pp. 225-238; R. Balzani, Il tramonto de «La Nuova Europa» e le origini de «Il Dovere»: la polemica su J.S. Mill, ibid., VIII (1982), 2, pp. 547-563; C. Ceccuti, Cultura e democrazia fra M. e Carducci, Firenze 1983; A. M. nel I centenario della morte. Atti del convegno… 1983, a cura di P.L. Bagatin, Lendinara 1984; A. M. e la cultura democratica italiana dell’Ottocento. Atti della giornata di studi, Forlì… 1983, a cura di R. Balzani - F. Conti, Bologna 1985; N. Urbinati, Le civili libertà. Positivismo e liberalismo nell’Italia unita, Venezia 1990, ad ind.; L. Briguglio, Il federalismo repubblicano di A. M., Padova 1994; F. Conti, L’Italia dei democratici. Sinistra risorgimentale, massoneria e associazionismo fra Otto e Novecento, Milano 2000, ad ind.; L. Lotti, A. M., in Il Movimento operaio italiano. Diz. biografico, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, Roma 1977, pp. 320-322; Diz. del Risorgimento nazionale, III, s.v. (E. Michel).