Storico, economista e uomo politico (Milano 1801 - Castagnola, Lugano, 1869). Partecipò alle Cinque giornate di Milano; repubblicano e federalista, dovette però cedere il campo ai moderati filo-piemontesi e nel 1848 si ritirò a Parigi e quindi in Svizzera. Eletto nel 1860 deputato, non entrò mai alla Camera per non prestare il giuramento monarchico. Dal sett. fu a Napoli consigliere di G. Garibaldi, sperando di affermare il principio federale. Prevalso il partito dell'annessione, ritornò in Svizzera. Nel 1867 accettò di nuovo la candidatura a deputato, sempre tenendosi lontano dai lavori parlamentari. C. diede al positivismo italiano un carattere prettamente sociale. L’attenzione, nei suoi scritti, al legame tra Europa e moto italiano e al significato politico delle vicende del ‘48, rende la sua opera un capitolo molto importante della storiografia sul Risorgimento.
Alunno di G. D. Romagnosi, laureatosi in diritto a Pavia nel 1824, si dette all'attività pubblicistica; assiduo collaboratore degli Annali universali di statistica (dal 1833 al 1838), si occupò di ferrovie, bonifiche, dazi, commerci, agricoltura, finanze, opere pubbliche, geografia, letteratura, linguistica, storia e filosofia. Nel 1839 iniziò quel "repertorio mensile di studî applicati alla cultura e prosperità sociale", cui altri diede il nome di Politecnico e che durò fino al 1844. In quest'anno pubblicò le Notizie naturali e civili su la Lombardia. Estraneo alle sette e alle congiure, venne in sospetto all'Austria soprattutto per la sua attività di studioso; nel gennaio 1848, infatti, fu proposto per la deportazione, sospesa per ordine del viceré. Attraverso la ricerca scientifica il C. proponeva un vasto programma di riforme politiche, inteso ad assicurare gradualmente al Lombardo-Veneto l'indipendenza nell'ambito di una federazione di popoli soggetti all'Austria, primo passo verso una federazione indipendente del popolo italiano (programma allargatosi, nel sett. 1848, a quello degli "Stati Uniti d'Europa"). Durante le Cinque giornate di Milano fu a capo del Consiglio di guerra, iniziando così la fase della sua politica attiva; fu parentesi assai breve: repubblicano e federalista, dovette cedere il campo ai moderati filo-piemontesi e nell'agosto si ritirò a Parigi (ove, sempre nel 1848, pubblicò L'insurrection de Milan, tradotta in italiano e ampliata l'anno successivo), poi in Svizzera, a Castagnola, ove restò fino al 1859, insegnando filosofia al liceo cantonale di Lugano. Ritornato a Milano il 25 ag. 1859, fece risorgere il Politecnico; eletto nel 1860 deputato, non entrò mai alla Camera per non prestare il giuramento monarchico. Dal settembre fu a Napoli consigliere di Garibaldi, sperando di affermare il principio federale. Prevalso il partito dell'annessione, ritornò a Castagnola e nel 1861 e nel 1865 rifiutò la candidatura per l'elezione a deputato che nel 1867 invece accettò pur non prendendo parte ai lavori parlamentari per non prestare giuramento.
Scolaro e continuatore di G. D. Romagnosi, il C. iniziò il positivismo italiano, con un carattere prettamente sociale, rifacendosi soprattutto a C.-H. de Saint-Simon. Psicologo più che filosofo, nella Psicologia delle menti associate (1859-66), rimasta allo stato di frammenti, cercò di realizzare un'interpretazione sociale dello sviluppo psicologico dell'individuo. Nelle scienze penali precorse i moderni concetti di responsabilità. Nella linguistica, le sue osservazioni sul fenomeno del "sostrato" furono riprese e sviluppate da G. I. Ascoli; notevoli, inoltre, le critiche mosse alle teorie delle migrazioni dei "popoli" indoeuropei, formulate dalla prima linguistica romantica (critiche confermate dall'ulteriore sviluppo della linguistica indoeuropea). L'aver sottolineato il legame tra Europa e moto italiano, l'aver affrontato vigorosamente, sia pure in forma ovviamente polemica nei confronti dell'incerta e ambigua politica sabauda, il significato politico delle vicende del '48, fanno dell'opera di C. un momento molto importante della storiografia sul Risorgimento. D'altra parte, il suo federalismo, imperniato sul tema dell'autogoverno, garanzia e fonte di dignità, di civiltà, di libertà concreta, "filo ideale" per comprendere la storia d'Italia (La città considerata come principio ideale delle istorie italiane, 1858), continuò a esercitare un notevole influsso nelle discussioni postunitarie (e oltre) sul decentramento e le autonomie locali.