(gr. Εὐρώπη, lat. Europa) Parte occidentale del continente eurasiatico, delimitata a O dall’Oceano Atlantico, a N dal Mar Glaciale Artico, a S dal Mar Mediterraneo; tutt’altro che ben definiti sono invece i suoi limiti orientali.
In origine il nome greco Eὐρώπη sembra aver designato un territorio ristretto, forse a N dell’Egeo, ma già i geografi ionici chiamavano E. tutta la terra a N del Mediterraneo; il suo limite verso E fu considerato il corso del Tanai (Don). Nella riforma dioclezianea dell’amministrazione dell’Impero romano, fu detta E. una delle 4 province in cui era divisa la diocesi di Tracia, a N del Mar di Marmara. Più tardi il nome si estese verso levante, fino a comprendere i territori abitati dagli Slavi orientali (Ucraina, Bielorussia, buona parte della Russia).
Tentativi di più esatta delimitazione dell’E. verso E furono fatti a partire dal Cinquecento e con la nascita della geografia moderna. Dal 17° sec. venne proposta quale confine tra E. e Asia la catena degli Urali, soluzione ancora abitualmente seguita, ma non soddisfacente per vari motivi: a) la catena uralica, poco elevata, non costituisce in alcun modo una discontinuità né tanto meno una barriera, e non ha significato politico, economico né culturale; b) i paesaggi, naturali e umani, si ripetono pressoché identici ai due lati della catena; c) gli Urali terminano alla latitudine di circa 50° N, e più a S nessun elemento fisico può essere ragionevolmente assunto quale confine dell’E.: così che come limite rispetto all’Asia centrale alcuni pongono il fiume Ural e altri il fiume Emba, e rispetto all’Asia meridionale alcuni preferiscono la catena caucasica e altri una depressione che corre più a N. È poi evidente che sia gli stretti turchi, verso SE e il Vicino Oriente, sia lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Sicilia, verso S e l’Africa, non sono in grado di assicurare una vera discontinuità, se non su un piano esclusivamente formale. Nessun criterio fondato su elementi fisici è soddisfacente, dunque, e l’E. può essere individuata soltanto come area culturale. L’idea stessa dell’E. è venuta quindi modificandosi nel tempo secondo le contingenze: il lungo dominio turco sulla penisola balcanica, per es., ha fatto escludere per secoli dall’E. l’area balcanica, compresa la Grecia, cioè proprio la regione considerata culla della civiltà europea.
Nell’impossibilità di definire con esattezza il limite dell’E. verso E, in questa sede si utilizzerà la linea ideale che unisce le foci del Don (Rostov) e della Dvina Settentrionale (Arcangelo), lasciando quindi al di là la massima parte del territorio russo e l’intera regione caucasico-caspica. Così delimitata, la regione europea si propone chiaramente per quello che di fatto è: una cospicua penisola dell’Eurasia, articolata a sua volta in numerose penisole e fronteggiata da isole, penetrata da mari dipendenti dall’Atlantico, e largamente interessata da climi marittimi o per lo meno influenzati dal mare.
Entro questi limiti l’E. copre circa 8 milioni di km2, oltre il 5% delle terre emerse, ospitando quasi 700 milioni di ab., poco meno dell’11% della popolazione mondiale. Sono considerate parte dell’E. le isole artiche norvegesi (Jan Mayen, Svalbard), quelle ubicate al largo nell’Oceano Atlantico (Islanda, Madera, Azzorre) e tutte quelle mediterranee (eccetto Cipro).
Geomorfologia. In E. si riconoscono almeno quattro grandi regioni morfologiche. La prima è la Fennoscandia (Finlandia e Scandinavia), che nella parte occidentale fu interessata dai corrugamenti caledoniani. Le glaciazioni recenti vi hanno poi impresso i lineamenti essenziali, generando il contrasto tra le aree elevate, residuo di antiche superfici di spianamento, e le valli glaciali occupate dai fiordi, nonché la grande ricchezza di laghi e le particolarità della rete idrografica. La seconda regione è il grande bassopiano che si estende dalla Francia atlantica alla Russia, in massima parte di origine alluvionale. La terza è la regione delle montagne medie centro-occidentali, che abbraccia buona parte delle Isole Britanniche, della Francia, della Germania, residui di sistemi montuosi di epoche geologiche diverse, rotti da fratture e da sprofondamenti, demoliti e spianati: vi si riconoscono i resti dei rilievi caledoniani (Scozia, Galles, parte dell’Inghilterra, parte dell’ Irlanda) e dei rilievi ercinici, sia armoricani (Irlanda meridionale, Cornovaglia, Inghilterra meridionale, Ardenne, Bretagna, Normandia e Massiccio Centrale) sia varisci (Massiccio Scistoso Renano, Vosgi, Selva Nera, Harz, Giura di Franconia e di Svevia, Monti Metalliferi, Massiccio Boemo). Tra gli antichi rilievi si aprono bacini depressi (come quelli di Parigi e di Londra tra rilievi armoricani). Questi rilievi si presentano come massicci o gruppi isolati, con forme morbide, di modesta altezza (1500-1800 m). La quarta regione, quella delle catene giovani mediterranee, è la parte più recente dell’E., l’unica nella quale s’incontrano catene a pieghe (Cordigliera Betica, Pirenei, Alpi, Appennino, Carpazi, Balcani ecc.), originate da corrugamenti avvenuti nel Terziario medio, che hanno ripiegato i sedimenti di un’ampia area marina; una serie di distensioni ha poi interrotto la continuità delle catene, determinando la formazione di conche e di bacini interni (Andalusia, bacino dell’Ebro, Tirreno, Egeo, Bacino Pannonico, ai margini dei quali si riscontrano spesso manifestazioni vulcaniche). Inglobati tra i ripiegamenti terziari sono alcuni lembi di terre più antiche, come il massiccio traco-macedone e la Meseta spagnola.
Le coste europee (circa 40.000 km) presentano grande varietà di aspetti. Nelle regioni settentrionali e di NO, che subirono l’influenza della glaciazione, si hanno coste a fiordi (dove l’entroterra è montuoso, come in Norvegia e Scozia) e a skiär (dove si affacciano al mare tavolati e pianure: Finlandia e Svezia); il tipo di coste a rías (Irlanda, Bretagna, Spagna di NO) risale alla sommersione di valli fluviali. Nel Mediterraneo sono più frequenti le coste a festoni, caratterizzate da capi o promontori sporgenti, tra i quali s’interpongono pianure più o meno estese. I valloni della Dalmazia sono valli longitudinali o sinclinali invase dal mare. Caratteristiche del Mar Nero sono le acquitrinose coste a liman.
Origini geologiche. Le ricostruzioni della paleogeografia europea, abbastanza dettagliate per gli ultimi 200 milioni di anni, più incerte per i periodi precedenti, poggiano su una completa serie cronologica dei terreni, dalle età più antiche alle più recenti. Il nucleo più antico dell’E. (Precambriano, peraltro ringiovanito in più occasioni) è lo scudo baltico, formato da scisti cristallini e rocce granitoidi, affioranti in Svezia e Finlandia e ricoperti da alluvioni nella piattaforma russa, rimasta indenne dai movimenti orogenetici. Terreni precambriani affiorano anche altrove (Scozia settentrionale, coste atlantiche della Norvegia).
Nel Paleozoico, tra Cambriano e Siluriano, il territorio europeo era diviso fra due delle sei masse continentali: l’E. del sud era parte della Terra di Gondwana, insieme con Sudamerica, Africa, Arabia e altre terre meridionali; Russia e gran parte dell’Europa settentrionale costituivano la Baltica. Al passaggio Siluriano-Devoniano, la collisione tra Laurentia e Baltica dette luogo al sistema di rilievi caledoniani-appalachiani (in E. distesi tra l’Irlanda e la Norvegia) e produsse un’unica massa continentale (Laurussia). Nel Devoniano medio e nel Carbonifero inferiore (370-340 milioni di anni fa), Gondwana e Laurussia erano separate da un’ampia fascia oceanica. Su gran parte dell’E. attuale, cioè, si estendevano mari; un clima caldo-umido, l’abbondanza di vegetazione, le ripetute sommersioni degli ambienti costiero-lagunari diedero origine agli estesi depositi di carbone che caratterizzano questo periodo. Alla fine del Carbonifero e all’inizio del Permiano, la deriva delle masse continentali portò alla collisione tra i blocchi crostali e all’orogenesi ercinica, che in E. generava due fasce montuose a S di quella caledoniana (l’armoricana, da Irlanda e Inghilterra meridionale fino alle Cevenne, e la varisca, dall’altopiano francese ai Monti Sudati) e una terza molto più a E (Urali). Alla fine del Paleozoico, circa 250 milioni di anni fa, un unico supercontinente (Pangea) risultava circondato da un unico oceano (Pantalassa). Una serie di fratture latitudinali, disposte nell’attuale area mediterranea, aveva aperto un braccio di mare (Tetide) tra la parte centro-settentrionale della Pangea ( Laurasia, comprendente l’E. attuale) e quella centro-meridionale (Terra di Gondwana, con l’Africa).
Nel Mesozoico, a partire dal Triassico (230 milioni di anni fa), si frammentava la Pangea e prendevano avvio l’apertura dell’Oceano Atlantico, la separazione dei continenti boreali (Laurasia) da quelli australi (Gondwana), l’espansione della Tetide. In tutta l’E. centrale le aree continentali vennero invase dal mare e i massicci ercinici furono ricoperti da terreni mesozoici. Nel Giurassico superiore si ebbe la massima espansione della Tetide, mentre nel Cretacico inferiore si invertì il movimento, con la convergenza tra Africa ed E., la chiusura del mare tetideo, la collisione delle due masse continentali e l’orogenesi alpina (Paleogene e Neogene). In questo periodo si formarono o si completarono Balcani, Alpi Transilvane, Carpazi, Alpi, Dinaridi, Giura, Appennino, Pirenei e Cordigliera Betica. L’orogenesi fu accompagnata da un intenso risveglio dell’attività vulcanica e plutonica: risalgono a quest’epoca la formazione dell’Islanda, i basalti della Scozia e dell’Irlanda, gli apparati vulcanici dell’Eifel, dell’Alvernia, della Boemia, della Sardegna.
Nel Quaternario l’E. venne assumendo la configurazione attuale: nelle regioni montuose i ghiacciai modellarono i rilievi e le valli; il clima e le variazioni di livello del mare portarono ad alterne fasi di alluvionamento e di incisione delle valli fluviali, mentre modificavano i contorni delle regioni costiere, determinando periodi di collegamenti tra isole e aree continentali.
Climatologia. L’E. è quasi tutta compresa nella zona temperata settentrionale; solo le isole artiche norvegesi e una piccola parte della Fennoscandia oltrepassano il Circolo Polare Artico, e qui, oltre che in parte dell’Islanda, si riscontra un clima propriamente freddo. L’influenza climatica della latitudine è più marcata a S, in prossimità del Mediterraneo: i caratteri del clima mediterraneo sono subtropicali più che temperati, con estati calde e asciutte e inverni miti e moderatamente piovosi, ma riguardano solo parte dell’E. meridionale costiera. Nel resto dell’E. il fattore climatico più notevole è la maggiore o minore influenza dell’Oceano Atlantico: influenza che arriva quasi dappertutto, per effetto dell’articolazione delle terre e dell’assenza di ostacoli, ma progressivamente attenuandosi verso E. Si può individuare quindi un clima oceanico atlantico, che interessa la fronte atlantica dell’E. fino alla penisola dello Jutland, le Isole Britanniche e l’Islanda meridionale; quest’area risente dell’azione termoregolatrice dell’oceano e del riscaldamento dovuto alla Corrente del Golfo: l’escursione termica annua non è rilevante (tra gli 8 -9 °C dell’Islanda e i 16-17 °C del Bassopiano Germanico), e le temperature medie di gennaio si mantengono per lo più sopra 0 °C; le perturbazioni atlantiche vi provocano in tutto l’anno copiose precipitazioni (abbondantissime in certe località scozzesi, con oltre 4000 mm annui). Un clima semicontinentale interessa, invece, l’E. più interna: l’influenza oceanica finisce per annullarsi nelle pianure a E dei Carpazi, dove il clima si fa decisamente continentale; l’estate diviene più calda e l’inverno più freddo, le piogge tendono a diminuire e a concentrarsi nella stagione estiva, poiché durante l’inverno masse anticicloniche persistenti impediscono l’afflusso di aria umida atlantica.
Idrografia. La scarsa estensione e l’articolazione dell’E., insieme alla vicinanza dei rilievi alle coste, hanno impedito la formazione di grandi sistemi fluviali, fuorché nei bassopiani orientali. Lo spartiacque principale corre sui rilievi interni della Spagna, sui Pirenei, sulle montagne medio-europee, in parte sulle Alpi e divide l’E. in un versante mediterraneo (che comprende il Mar Nero) e uno atlantico (con il Mare del Nord e il Baltico); il secondo è molto più ampio del primo e più ricco di acque. Al bacino atlantico tributano buona parte della Penisola Iberica e l’intero Bassopiano Franco-germanico-polacco, con fiumi notevoli per lunghezza (Tago, Loira, Elba, Vistola), per ampiezza del bacino (Reno, Elba, Vistola), per portata (Reno, Vistola) e infine per le attività umane (traffici, insediamenti, porti sulle foci, per lo più a estuario). Il Reno è, da questo punto di vista, il più importante. I fiumi mediterranei in genere hanno foci a delta e sono più poveri di acque, tranne il Rodano e il Po e quelli che drenano il Bassopiano Sarmatico. Il Danubio, tagliando l’E. mediana in senso O-E fino al Mar Nero, forma il sistema idrografico europeo di maggiori dimensioni. I fiumi europei sono alimentati esclusivamente o prevalentemente dalle piogge, il che spiega la diversità dei regimi: nelle regioni a clima mediterraneo si hanno piene invernali e magre estive, nell’E. a clima atlantico i regimi sono più costanti, nell’E. semicontinentale le piene sono primaverili. I regimi diventano più complessi dove l’alimentazione è anche nivale e la fusione delle nevi accentua le piene primaverili.
Le regioni più ricche di laghi sono quelle segnate dal glacialismo pleistocenico, cioè quella alpina e quella circumbaltica: in quest’ultima sono i maggiori laghi europei, Ladoga e Onega (Russia) e Vänern (Svezia); la Finlandia ha circa il 10% del territorio occupato da bacini lacustri, e poco meno la Svezia.
La copertura vegetale originaria dell’E. è pressoché scomparsa, modificata dagli effetti dell’intenso popolamento e dell’agricoltura. Fa parziale eccezione la tundra, anch’essa peraltro impoverita e modificata dall’impiego a pascolo (renne). Immediatamente a S della tundra, in Svezia e soprattutto in Finlandia, si conserva la foresta di conifere, simile a quella assai più estesa in Russia e in Siberia, e tuttavia anch’essa oggetto di una razionale ma molto intensa utilizzazione. Più a S ancora, nell’E. mediana, la foresta di caducifoglie dei climi temperati si rinviene ormai solo in limitate aree sfuggite all’agricoltura o all’urbanizzazione, e non esiste quasi più la steppa, che un tempo occupava vaste aree, come la Pianura Pannonica. Lungo le coste dell’Atlantico, del Mare del Nord e del Baltico, suoli e clima non consentono che brughiere. Nell’E. meridionale l’antica macchia mediterranea, derivante dalla foresta mediterranea, occupa ormai solo un’esigua frazione del suo habitat originario, e da tempo risulta infiltrata da specie caducifoglie di ambiente temperato, per naturale competizione o per sostituzione a opera dell’uomo.
Nonostante l’antropizzazione d’antica data, l’E. conserva una fauna notevolmente diversificata, seppure ridotta e frammentata rispetto al passato. Ciò è dovuto alle politiche di tutela del territorio applicate in tutti i paesi europei e alla conseguente istituzione di un gran numero di aree protette, nonché all’estrema varietà ambientale. Tra i Mammiferi sono numerosi gli Insettivori (talpe, ricci, toporagni) e i Chirotteri (pipistrelli). I Primati sono rappresentati dalla bertuccia (Macaca sylvanus), presente a Gibilterra. Quanto ai Carnivori, vanno ricordati anzitutto l’orso bianco (Thalarctos maritimus), l’orso bruno (Ursus arctos), il lupo (Canis lupus) e la lince (Lynx lynx); il procione (Procyon lotor) e il cane procione (Nychtereutes procyonoides), originari rispettivamente dell’America Settentrionale e dell’Asia orientale, sono ormai naturalizzati in molte regioni europee; in grande espansione è lo sciacallo (Canis aureus). Diffusissimi sono i Mustelidi, mentre dei Viverridi è presente la sola genetta (Genetta genetta), nella Penisola Iberica e nella Francia meridionale. Tra i Pinnipedi la popolazione mediterranea della foca monaca (Monachus monachus) è ormai sull’orlo dell’estinzione. Ben rappresentati sono gli Artiodattili: a settentrione l’alce (Alces alces), la renna (Rangifer tarandus), peraltro ormai esclusivamente allevata, e il bisonte europeo (Bison bonasus); più comuni e abbondanti in tutta E. sono il cervo (Cervus elaphus), il daino (Dama dama) e soprattutto il capriolo (Capreolus capreolus) e il cinghiale (Sus scrofa); sulle principali catene montuose vivono lo stambecco (Capra ibex) e il camoscio (Rupicapra rupicapra); il muflone (Ovis musimon), originario di Corsica e Sardegna, è stato introdotto anche in altre zone. Tra i Roditori vanno ricordati l’istrice (Hystrix cristata), presente in Italia, e il castoro (Castor fiber), specie residuale in Francia e nell’E. orientale; di origine americana, ma ormai diffusissima in E., è la nutria. Per quanto riguarda gli Uccelli, dominano i migratori che svernano in Africa; tra gli stanziali, sono in ripresa, dopo decenni, il gipeto (Gypaetus barbatus) e il grifone (Gyps fulvus). Tra i Rettili, sono presenti numerose specie di testuggini, serpenti, lucertole e gechi; in Grecia è diffuso il camaleonte (Chamaelon chamaeleon), piuttosto rare le tartarughe marine. Gli Anfibi annoverano diverse specie endemiche, tra cui il proteo (Proteus anguinus) della Slovenia e del Carso triestino. Per quanto riguarda i Pesci, si osserva una notevole ‘tropicalizzazione’ della fauna mediterranea, dovuta a immigrazione di specie attraverso il Canale di Suez e lo Stretto di Gibilterra, favorita da mutamenti climatici e da fattori antropici.
Dinamica demografica. Secondo stime del 2009, l’E. conta poco più di 700 milioni di ab., per una densità (circa 68 ab./km2) nettamente superiore a quella delle altre parti del mondo, conseguenza anche di un popolamento intenso fin dall’antichità. La popolazione europea era forse di 30-35 milioni di unità all’inizio dell’era volgare; diminuita poi fin quasi a dimezzarsi nel 7° sec., tornò a crescere lentamente, superando i 30 milioni intorno al 1000 e i 60 nella prima metà del Trecento, per poi calare di nuovo. Dal 15° sec. l’aumento riprese, prima lento, poi rapidissimo da metà Settecento a metà Novecento: da circa 100 milioni di Europei all’inizio del 18° sec. si passò a 300 milioni nel 1900. Questo aumento è in rapporto con la rivoluzione industriale e i conseguenti miglioramenti sociali, tra i quali il calo della mortalità dovuto ai progressi igienico-sanitari.
L’incremento fu attenuato dall’intensa emigrazione, soprattutto verso le Americhe, di circa 50 milioni di Europei tra il 1815 e il 1945, spinti dal malcontento politico seguito alla Restaurazione, da crisi agricole, dall’apertura delle frontiere degli Stati latinoamericani. All’emigrazione hanno contribuito tutte le regioni europee: prima le Isole Britanniche (in Irlanda l’emigrazione non solo ha rallentato la crescita, ma addirittura ha decurtato la popolazione), poi i paesi germanici e quelli mediterranei, tra cui l’Italia. Dopo il secondo conflitto mondiale gli espatri sono stati numerosi, ma essenzialmente interni all’E., alimentati soprattutto dall’E. meridionale (paesi iberici, Iugoslavia, Grecia, Italia) e, dalla fine degli anni 1980, dai paesi dell’E. orientale, avendo come mete principali Germania, Svizzera, Francia, Regno Unito e Belgio; più di recente, una consistente immigrazione dall’Est europeo e soprattutto da numerosi paesi del Terzo Mondo ha interessato in varia misura tutti gli Stati europei, compresi quelli di lunga tradizione emigratoria.
La popolazione europea, del resto, non registra più incremento naturale. Il tasso di natalità è sceso ormai a livelli molto bassi, quasi sempre sotto il 10‰; il tasso di mortalità, fino agli anni 1970 molto basso per l’allungamento della vita media, tende ormai ad aumentare per il forte invecchiamento della popolazione. Una metà dei paesi europei, di conseguenza, si troverebbe in situazione di ‘crescita zero’, o addirittura di contrazione, se non arrivassero immigrati. Gli indicatori demografici e socio-economici sono generalmente eccellenti con qualche eccezione (Albania, Moldavia), benché negli anni più recenti si siano riscontrati andamenti negativi (mortalità infantile, speranza di vita ecc.) in svariati paesi dell’E. orientale, da ricollegare alla congiuntura dell’ingresso di quei paesi in un sistema di mercato, e quindi presumibilmente anch’essi di natura congiunturale.
Rispetto alle altre parti del mondo, la distribuzione della popolazione in E. è certo più omogenea, ma profondissime differenze s’individuano fra le regioni comprese tra Inghilterra meridionale, bacino parigino e medio-bassa valle del Reno (il cuore demografico ed economico dell’E.) e le regioni rispetto a esse più periferiche: estremo Nord, pianure orientali, Penisola Iberica e Penisola Balcanica. I paesi nordici hanno le densità più basse (l’Islanda 3 ab./km2); ma restano largamente al di sotto della media pure gli Stati baltici, molti di quelli balcanici, Irlanda, Bielorussia, Ucraina. Al contrario, l’Italia e la Svizzera sfiorano i 200 ab./km2, Germania e Regno Unito li superano, Belgio e Paesi Bassi oltrepassano di molto i 300. Nell’età classica le zone più densamente abitate erano quelle meridionali e l’E. propriamente mediterranea (Penisola Iberica, Francia meridionale, Italia, Dalmazia, Grecia) ospitava oltre il 60% della popolazione europea. La perdita del primato demografico mediterraneo corrispose allo spostamento del baricentro politico, economico e culturale d’E. verso N e verso O dall’inizio dell’età moderna, con le grandi scoperte geografiche e il ruolo acquisito dall’Atlantico, e confermato poi dalla rivoluzione industriale.
Urbanizzazione. Tipicamente europeo (mediterraneo per genesi) è il concentrarsi della popolazione in città. Il fenomeno, se non nacque in E., interessò profondamente fin dall’antichità le regioni europee mediterranee (civiltà greca, punica, etrusca, romana). La romanizzazione dell’E. occidentale esportò l’organizzazione territoriale centrata sulla città; questa, con l’incremento dei traffici dal tardo Medioevo in poi, e soprattutto con la rivoluzione industriale, prese decisamente il sopravvento come fulcro dell’organizzazione sociale, economica e politica della popolazione europea. Le città crebbero per superficie e popolazione, si moltiplicarono, spesso si saldarono tra loro, formando agglomerazioni urbane e conurbazioni o almeno vaste regioni fortemente urbanizzate. Non è agevole confrontare la concentrazione di popolazione nelle città di paesi diversi; la media europea, tuttavia, può essere stimata intorno al 75%, a fronte di una media mondiale di circa il 50% (2007); molti paesi dell’E. settentrionale e occidentale superano il valore medio, fino al caso del Belgio, che viene accreditato di una popolazione urbana pari al 97% del totale. La popolazione urbana, tuttavia, sta crescendo soprattutto nei paesi in cui la concentrazione era tradizionalmente minore (come Moldavia, 39%, Albania, 44%, Portogallo, 55%), per lo più a vantaggio della sola città capitale, così come avviene nei paesi meno avanzati nel resto del mondo; la concentrazione sembra invece essersi arrestata nei paesi da più tempo urbanizzati (a cominciare dall’Italia: 68%), dove prevalgono tendenze deglomerative che indirizzano la popolazione verso centri minori o ambienti rurali prossimi alle aree economicamente più dinamiche. Nell’insieme, perciò, la popolazione urbana dell’E. non sembra destinata a variare sensibilmente nel prossimo futuro: mentre cresce il numero delle città medie e grandi, la popolazione delle maggiori agglomerazioni segna invece una stasi o addirittura un decremento. Nell’area che qui si considera europea, le città con almeno 100.000 ab. sono oltre 500 (circa 50 in Italia, in Spagna e nel Regno Unito, circa 60 in Germania); una ventina supera i 2 milioni. Le agglomerazioni maggiori sono quelle di Mosca, Londra, Istanbul e Parigi, dove vivono, rispettivamente, 13,4 milioni di persone, 12,0 milioni, 11,7 e 10,0. In crescita, ma di difficile quantificazione, è il fenomeno delle conurbazioni e delle regioni urbane o addirittura megalopolitane, dove costellazioni di città grandi e piccole costituiscono insiemi integrati che includono anche aree agricole o naturalistiche, ospitando decine di milioni di abitanti. Si va attenuando anche il fenomeno del gigantismo delle città capitali, per cui in una singola metropoli (tipicamente, in E., Atene, Parigi, Vienna) si concentra una quota spropositata degli abitanti del paese; è fenomeno recente, ma solido, il riequilibrio territoriale indotto dalla crescita alternativa di città diverse dalle capitali. Nell’insieme, quindi, si va verso un bilanciamento dei valori di concentrazione urbana tra i vari paesi e una diffusione geografica del genere di vita urbano.
Distribuzione delle religioni. L’appartenenza alle confessioni cristiane è un carattere condiviso da quasi tutta la popolazione europea e, malgrado la numerosità dei non credenti (che sarebbero maggioranza assoluta in Lettonia, maggioranza relativa nei Paesi Bassi e in altri Stati), i valori etici cristiani partecipano in maniera senza dubbio rilevante ai complessi culturali europei. Sono in larghissima maggioranza cattolici i credenti in Irlanda, Francia, Belgio, Germania meridionale, Austria, Polonia, Lituania, Portogallo, Spagna, Italia, Malta; prevalentemente cattolici quelli di Ungheria e Repubblica Ceca; aderiscono a Chiese riformate i credenti dei paesi scandinavi, della Gran Bretagna, dei Paesi Bassi, della Germania centro-settentrionale; alle Chiese ortodosse la massima parte dei credenti nei paesi slavi e in Grecia. Aderisce all’islamismo la maggior parte dei credenti in Bosnia ed Erzegovina, Albania, Turchia europea, cui si aggiungono numerosi immigrati per lavoro. Ormai piuttosto esigue, ma sempre rilevanti per più motivi, sono le comunità ebraiche.
I confini politici degli Stati europei non coincidono sempre con i confini etnici; spesso, anzi, suddividono fra più Stati gruppi che sono culturalmente omogenei, generando minoranze a volte cospicue e in deciso contrasto con l’etnia maggioritaria.
Generalità. Favorita da caratteri geografici (accentuata marittimità, climi utili all’insediamento e all’agricoltura, morfologia variata, ampie pianure, fiumi navigabili, risorse minerarie fondamentali ecc.), ma soprattutto antropici (intensa varietà culturale, competizione economica e territoriale, conseguente propensione all’innovazione tecnologica, capacità di accumulo e d’investimento di capitale), l’E. raggiunse già in antico un livello di sviluppo organizzativo, tecnico ed economico che le consentì una certa preminenza rispetto ad altre parti del mondo. Recuperato e potenziato quel livello all’inizio dell’età moderna, l’E. ha di fatto sviluppato un’egemonia mondiale, rafforzata enormemente a partire dalla rivoluzione industriale. Questa condizione si è conservata fino alla metà del 20° sec., quando la crescita degli Stati Uniti e le conseguenze delle due guerre mondiali hanno ridimensionato il ruolo europeo, ponendo l’E. a confronto, in condizioni di subalternità, con le due superpotenze politiche, Stati Uniti e Unione Sovietica, e con una superpotenza economica, il Giappone, dagli ambiti di azione mondiali. Tra le conseguenze della Seconda guerra mondiale, oltre alle distruzioni materiali (restaurate in pochi anni) e morali, fu la liquidazione degli imperi coloniali che, sul piano politico se non su quello economico, contribuì a ridurre il peso dei paesi europei negli equilibri mondiali. La divisione dell’E. in due blocchi politico-militari in competizione, se ha inciso enormemente sulle dinamiche di breve periodo, non è in sé esperienza nuova nella storia europea né sembra aver lasciato segni irreversibili. Quella divisione, piuttosto, ha consentito per oltre 40 anni un’assenza di conflitti armati in E. che ha rappresentato la sostanziale novità storica. Il lungo periodo di pace ha visto procedere evoluzioni differenti nelle due grandi aree in cui l’E. era divisa.
L’E. occidentale, sostanzialmente aggregata al blocco statunitense, ha intensificato il suo sviluppo in chiave capitalistica, non discostandosi dal sistema di libero mercato già adottato nell’Ottocento (in E., comunque, assai più gestito dagli Stati di quanto avvenisse negli Stati Uniti o altrove) e realizzando rapidissimi e straordinari progressi in campo economico e organizzativo; in tutto questo, si è di fatto proseguita la complessiva tendenza economica e geografica già delineatasi sul finire del 19o sec., quando l’internazionalizzazione dell’economia aveva confermato il bacino atlantico, tra E. occidentale e Americhe, come regione centrale della crescita economica capitalistica, sotto la guida delle componenti anglosassoni, saldamente integrate tra le due sponde dell’oceano. Il processo è stato solo temporaneamente rallentato da congiunture negative e flessioni, peraltro tipiche del sistema di mercato: ne sono esempi gli effetti delle crisi determinate dal rialzo dei prezzi del petrolio, che dopo la guerra ha sostituito il carbone come principale fonte di energia ponendo l’E. in un’inedita situazione di dipendenza energetica.
Altrettanto imponenti sono stati i progressi materiali e organizzativi realizzati nell’E. orientale, dipendente dal blocco sovietico, sostanzialmente composta dai paesi di lingua slava, quasi a proseguire la tendenza panslavista della Russia del 19° secolo. Qui, come già in precedenza, l’organizzazione dello sviluppo è rimasta nelle mani degli Stati, che hanno proceduto a un’imponente industrializzazione in paesi rimasti fino al pieno Novecento del tutto rurali, all’intensificazione delle produzioni primarie, all’infrastrutturazione territoriale, all’urbanizzazione, allo sviluppo del capitale umano, al consolidamento dei sistemi di gestione amministrativa, conseguendo risultati di eccezionale rilievo, benché non tali da annullare la storica e profonda difformità rispetto all’E. occidentale.
Tra la fine degli anni 1980 e l’inizio del decennio successivo, pressioni esterne e interne hanno portato all’implosione del sistema sovietico, dal quale sono emersi pressoché pacificamente vari nuovi Stati sovrani: accedevano all’indipendenza le ex repubbliche federate di Estonia, Lettonia, Lituania, Bielorussia, Ucraina, Russia, Moldavia. Si dissolvevano pure la federazione iugoslava (questa, però, in un tragico contesto bellico) e quella cecoslovacca; la Germania, invece, spartita alla fine della guerra tra i due blocchi e quindi divisa in due Stati, ritrovava l’unità. In brevissimo tempo, tutti i paesi già appartenenti all’area sovietica (oltre quelli citati, Polonia, Ungheria, Romania e Bulgaria) si avvicinavano a quella occidentale, assumendone i sistemi di governo dell’economia e, in qualche misura, quelli politici. La maggior parte degli Stati che così accedevano al sistema di mercato ebbe a patire, nei primi anni, gravissime ripercussioni che ne depressero gli indicatori di sviluppo in ogni campo; perfino la Germania orientale riunificata non ne rimase indenne.
Dopo un’iniziale incertezza, i paesi dell’E. occidentale (e, sul piano politico-militare, gli Stati Uniti) hanno promosso un crescente coinvolgimento dei nuovi Stati, destinando loro investimenti produttivi molto consistenti (soprattutto la Germania, ma anche Austria, Italia, Francia), quindi aggregandoli nelle alleanze militari (NATO) e politico-economiche (Unione Europea). In questo quadro evolutivo, il fenomeno più innovativo che sia dato registrare è proprio lo sviluppo del processo di unificazione, dapprima economica, poi anche politica, avviato nell’ E. occidentale nell’immediato dopoguerra, e sul finire del Novecento spintosi fino a comprendere gran parte dell’E. orientale.
Le comunità economiche. Alla data del 2020, l’Unione Europea (➔) conta 27 Stati membri. È la prima volta, in E. e nel mondo, che un così gran numero di Stati sovrani si mostra disposto a rinunciare in qualche misura alla distinzione e all’identità tradizionalmente proprie dello Stato moderno: rinuncia, peraltro, che è insieme a favore dell’Unione Europea, entità sovrannazionale, ma anche di entità territoriali subordinate (regioni), che sempre più richiedono forme di responsabilità gestionale autonoma. I progressi compiuti sinora si riferiscono soprattutto alla sfera economico-finanziaria (compresa una moneta comune a quasi tutti i paesi membri) e alla libera circolazione dei cittadini: passaggi necessari per addivenire a una vera unificazione, che sarebbe impossibile o pericolosa in presenza di differenziali di sviluppo troppo marcati. Non per nulla l’Unione ha, come uno degli scopi e insieme dei principali strumenti operativi, proprio l’attenuazione degli squilibri regionali; è ragionevole attendersi, dal prosieguo di queste politiche, una sistematica riduzione delle differenze di sviluppo materiale e organizzativo tra le varie regioni, anche a prescindere dal grado di unificazione che si raggiungerà sotto il profilo politico.
In risposta alla CEE un’altra iniziativa, l’Associazione Europea di Libero Scambio (EFTA, 1960), sorta di accordo commerciale multilaterale, riunì Regno Unito, Danimarca, Norvegia, Svezia, Svizzera, Austria e Portogallo; dopo che molti membri sono entrati nella CEE, ne fanno parte solo Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein: tutti, tranne la Svizzera, hanno peraltro accordi d’integrazione con l’UE (aderendo allo Spazio Economico Europeo). Nell’attesa, in sostanza, di entrare nell’UE, vari paesi dell’E. centro-orientale hanno dato vita al Trattato di Libero Commercio dell’Europa Centrale (CEFTA, 1992), nel quale ai fondatori Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia si sono uniti o sostituiti Albania, Stati ex iugoslavi, Bulgaria, Romania e Moldavia.
Nell’E. orientale si era in precedenza formato, pure con intenti d’integrazione, il Consiglio di Mutua Assistenza Economica (COMECON, 1949), che all’Unione Sovietica associò Repubblica Democratica Tedesca, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria e, più blandamente, Iugoslavia e Albania (che se ne estraniò molto presto), con funzioni di regolazione degli scambi tra paesi membri. Una posizione appartata mantennero a lungo Spagna, Svezia e Finlandia (che però con gli Stati scandinavi costituivano il Consiglio nordico) e Albania.
Lo sviluppo economico. L’E. nel suo complesso produce circa il 25% del PIL mondiale; l’UE da sola ne produce il 21%: un po’ più degli Stati Uniti, assai più della Cina, più di tre volte il Giappone o l’India (le quote dei paesi industrializzati vanno peraltro calando, in funzione dell’aumento di ricchezza prodotta da Cina, India, Brasile ecc.). Inoltre, l’E. genera oltre il 42% del commercio totale mondiale (tanto all’importazione quanto all’esportazione). Questi dati vanno rapportati alla dimensione demografica (meno dell’11% del totale) e territoriale (circa il 5%) per meglio coglierne la consistenza. Del resto, a fronte di un’agricoltura da tempo razionalmente e intensamente praticata, di un’industria variegata e innovativa, di un settore terziario massiccio e sofisticato, l’E. ospita il più vasto mercato mondiale di consumo, se non per dimensione demografica, certamente per complessiva capacità di spesa, in questo sorpassando largamente sia le altre regioni sviluppate sia quelle in via di sviluppo. Non che manchino gli elementi di debolezza, a cominciare dalla relativa vulnerabilità a certe oscillazioni dei prezzi delle materie prime, per continuare con la persistenza di squilibri territoriali, tensioni sociali, degrado ambientale, perenne ricerca di riconversioni produttive; ma si tratta di aspetti che nelle altre regioni del mondo spesso raggiungono una gravità ben maggiore.
Attività agricole e forestali. Non più del 25% della superficie totale europea sfugge a un’utilizzazione agricola o forestale. La produzione del settore primario è straordinariamente aumentata nel corso della seconda metà del Novecento, per gli enormi progressi nell’uso di macchine agricole, di fertilizzanti, di pratiche irrigue; al tempo stesso, la domanda di prodotti alimentari di qualità elevata sta spingendo il primario europeo verso soluzioni nuovamente remunerative per i produttori, la cui riduzione è stata fortissima, ma pare ora destinata ad arrestarsi; le differenze regionali sono però marcate, con quote di agricoltori più elevate nelle aree meridionali e soprattutto orientali. Malgrado le ingenti produzioni (cereali, zucchero, patate, ortaggi, frutta, vino, olio, semi oleosi), l’E. resta importatrice netta di derrate, anche per la specializzazione in produzioni a più alto valore di mercato: gran parte della produzione di cereali, per es., è destinata all’allevamento intensivo, per la produzione di carne e latticini.
Le potenzialità agricole europee differiscono in base alla qualità dei suoli e ai tipi di climi, distribuendosi in tre fasce diseguali: una settentrionale (Scozia, Islanda, Fennoscandia), utilizzabile per qualche coltura (orzo, segale, patate), per pascolo e per lo sfruttamento forestale; una seconda fascia che abbraccia l’E. mediana (Isole Britanniche, Bassopiano Franco-germanico-polacco, medie montagne dell’E. centrale, pianure danubiane e padana), dove ha luogo l’agricoltura più ricca e moderna, che si applica a produzioni di cereali, patate, barbabietola da zucchero e all’allevamento, soprattutto di bovini e suini, ma anche a colture specializzate (ortaggi, fiori); infine, una fascia meridionale comprendente le penisole mediterranee, montuose e siccitose, e tuttavia in grado di garantire l’ortofrutticoltura e le produzioni che mancano, o scarseggiano, nel resto d’E., come la vite e, soprattutto, l’olivo e gli agrumi, accanto ad aree destinate ai cereali e all’allevamento, in gran parte ovino.
La pesca, attività ormai marginale, ha un’antica tradizione e conserva importanza nei paesi che la esercitano nell’Atlantico e nel Mare del Nord (Norvegia, Danimarca, Islanda, per la quale è fondamentale, paesi iberici).
Risorse minerarie. Se la rivoluzione industriale avviata nell’E. del Settecento si poté basare su una ricca disponibilità di carbone e di lignite, quello energetico è oggi un vincolo per molti paesi europei; alcuni dei quali (come la Francia) hanno scelto di superarlo attraverso la massiccia costruzione di centrali nucleari. L’importanza del carbone si è ridotta enormemente a vantaggio degli idrocarburi, di cui l’E. non è ricca, a parte il bacino del Mare del Nord controllato da Norvegia e Gran Bretagna, e dell’energia idroelettrica, che però è rilevante solo in pochi paesi (Norvegia, Svezia, Svizzera).
Oltre che del carbone, l’E. si poté giovare di minerali di ferro (Francia, Lussemburgo, Svezia), ma anche di altri minerali metallici, come la bauxite (paesi balcanici), e non metallici, come i sali potassici (che in Germania furono all’origine del grande sviluppo dell’industria chimica). La localizzazione delle industrie europee fu dapprima condizionata dai giacimenti di carbone e si rivolse all’E. paleozoica (Gran Bretagna, Francia, Belgio, Germania). L’energia elettrica (fig. 2) e poi il petrolio hanno consentito la diffusione dell’industria, spesso nelle zone costiere, dove nuove grandi agglomerazioni industriali si sono organizzate attorno ai porti. Malgrado l’ampia diffusione odierna dell’industria, è possibile riconoscere sia il vecchio asse carbonifero, dalla Gran Bretagna alla Polonia, sia quello orientato in senso N-S, dalla Scandinavia al Mediterraneo, che s’intersecano nel bacino della Ruhr, la più tipica regione dell’industria tradizionale europea; ma altre aree, più o meno complesse, si estendono in varie direzioni e, soprattutto, i recenti processi deglomerativi hanno portato alla diffusione di piccole aree di industria leggera in molte regioni fino a poco tempo fa rurali e appartate.
Attività industriali. In E. sono rappresentati tutti i rami dell’industria. La siderurgia, motore dello sviluppo industriale, svolge tuttora un ruolo importante, benché negli Stati più avanzati tenda a essere sostituita, mentre conserva un peso determinante nell’E. orientale. Tra le altre industrie metallurgiche e meccaniche è venuta emergendo quella degli autoveicoli, con forti concentrazioni in Germania, Francia, Italia, Regno Unito e Spagna; ma di rilievo sono anche le macchine utensili (Germania, Italia, Gran Bretagna) e la meccanica di precisione (Germania, Svizzera). Le industrie tessili, che furono all’origine della svolta industrialista, e che erano largamente diffuse nelle Isole Britanniche, nelle Fiandre, in Germania, Polonia, Svizzera, Italia, hanno conosciuto la concorrenza delle fibre artificiali e, più recentemente, di altri produttori mondiali, orientandosi così verso produzioni di qualità più che di massa. Grande sviluppo hanno avuto le industrie chimiche (Germania) e farmaceutiche e quelle petrolifere e petrolchimiche. Tutt’altro che piccolo è il ruolo delle industrie alimentari, largamente diffuse e localmente specializzate.
In E. come altrove, la popolazione occupata nel settore industriale è stabile o tende a diminuire, mentre aumenta quella occupata nelle attività di servizio; le industrie stesse, tendendo al decentramento e al frazionamento dei processi produttivi, incrementano il ricorso a servizi specifici (come i trasporti).
Settore terziario. La crescita dell’occupazione terziaria, parallela a quella dell’urbanizzazione, è stata minore e tardiva nell’E. orientale rispetto a quella occidentale, e più vistosa negli Stati centro-settentrionali. Quasi tutti i paesi europei conoscono proporzioni di addetti nel terziario fra i due terzi e i tre quarti del totale, mentre quelli dell’E. orientale si vanno adeguando. La crescita è stata dovuta all’aumento non tanto del terziario commerciale, quanto di trasporti, credito e finanza, turismo, terziario avanzato, servizi alle imprese, servizi sociali.
Fra le più rilevanti risorse economiche europee va annoverata quella turistica, che può contare su un vastissimo mercato interno (sostenuto da un elevato tenore di vita, da disponibilità di tempo libero, da facilità di spostamento), ma anche su crescenti quantità di turisti provenienti da altre regioni del mondo (Asia orientale, America Settentrionale); le attrattive sono quelle offerte sia dall’ambiente naturale sia, soprattutto, dal patrimonio storico e artistico. I flussi del turismo internazionale in E. si concretano in quasi mezzo miliardo di arrivi all’anno, vale a dire più della metà dei turisti del mondo, per oltre la metà della spesa turistica globale; a questi, occorre aggiungere una cifra elevatissima di persone che si spostano nell’ambito del proprio paese, cifra presumibilmente superiore ai 2 miliardi. Nella sola Unione Europea, le attività turistiche comportano il 4% del PIL complessivo e occupano il 4% della popolazione attiva. I paesi che accolgono il maggior numero di turisti sono stati, negli ultimi anni, Francia, Spagna, Italia, Gran Bretagna.
Le comunicazioni sono nel complesso favorite dalla morfologia, più nell’E. centro-settentrionale e meno in quella centro-meridionale, dove peraltro le catene montuose non sono mai state barriere insuperabili. La rete ferroviaria si estende per circa 250.000 km (corrispondenti a quasi il 20% delle linee ferrate nel mondo), ed è particolarmente fitta in un’area che comprende la Francia orientale, i paesi del Benelux, la Germania occidentale. L’eccezionale sviluppo del trasporto su strada ha comunque ridimensionato il ruolo della ferrovia, grazie a un’ottima rete stradale e autostradale, anch’essa assai più fitta nei paesi più industrializzati dell’E. occidentale. Integra le reti ferroviaria e stradale quella delle vie navigabili interne: spiccano i sistemi che fanno capo al Reno e agli altri grandi fiumi del Bassopiano Franco-germanico, nonché il Danubio. Tra i numerosi porti, per volume del movimento marittimo e commerciale, emergono quelli situati sulle coste della Manica e del Mare del Nord (Rotterdam, Londra e molti scali che si succedono da Le Havre ad Amburgo), sorti sugli estuari di fiumi navigabili, sbocco di vasti retroterra industriali. Sempre più rilevante, specie per effetto della deregolamentazione, è la funzione dei trasporti aerei, per i collegamenti sia intraeuropei sia con il resto del mondo; molti aeroporti europei sono nodi di smistamento di linee intercontinentali. Fitta è pure la rete di trasporti per conduttura (oleodotti, gasdotti).
Migrazioni e sovrapposizioni di popoli diversi hanno reso complesso e diversificato il quadro etno-linguistico dell’E., dove si parlano diverse decine di lingue ufficiali, per tacere di quelle relitte, minoritarie, regionali e delle centinaia di dialetti. Per una trentina di lingue nazionali europee i parlanti sono oltre un milione, per una decina oltre 10 milioni e per cinque (tedesco, che conta il maggior numero di parlanti nell’E. qui considerata, russo, francese, inglese e italiano) oltre 50 milioni. La quasi totalità degli abitanti dell’E. parla lingue appartenenti alla famiglia indoeuropea, nell’ambito della quale predominano, nell’ordine, quelle slave (quasi 220 milioni di parlanti), neolatine e germaniche (poco più di 200 milioni ciascuno), seguite da altre meno diffuse (celtiche, baltiche, albanese, greco). Le lingue germaniche si estendono nell’E. centro-settentrionale, toccando in Svizzera e Austria il loro limite meridionale; le lingue neolatine coprono quasi per intero la Penisola Iberica, la regione francese, l’Italia e un’isola linguistica formata da Romania e Moldavia; le lingue slave si dividono in un gruppo orientale, comprendente russo, ucraino e bielorusso; uno occidentale, che include polacco, ceco e slovacco; e uno meridionale cui fanno capo le lingue di vari paesi balcanici (paesi ex-jugoslavi e Bulgaria). Le lingue baltiche sono parlate in Lettonia e Lituania, gli idiomi celtici sono confinati all’estremità occidentale d’E. (Irlanda, Scozia, Galles, Bretagna).
Tra le lingue non indoeuropee le più diffuse sono quelle del gruppo ugro-finnico (ungherese, finlandese, estone), il turco e il basco.
Le prime testimonianze della presenza dell’Uomo (forse Homo erectus), limitate all’E. meridionale, risalgono al Pleistocene inferiore (1,6-0,7 milioni di anni fa); sebbene siano parecchi i siti in grotta e all’aperto e le industrie ritrovate – costituite da choppers, chopping-tools, poliedri, schegge a ritocchi minuti e da rari e assai grezzi bifacciali (Chilhac, Roussillon, Vallonnet, Soleilhac in Francia; Sandalja in Iugoslavia; Isernia in Italia) – nessun resto umano è finora conosciuto. È solo nell’Acheuleano antico (700.000-400.000 anni fa) che i ritrovamenti divengono più frequenti anche nell’E. settentrionale (in corrispondenza agli stadi interglaciali) e le industrie più varie testimoniano la presenza di gruppi culturali ben individualizzati, un’organizzazione sociale più evoluta, l’abilità nella caccia e l’acquisizione della nozione di simmetria. Accanto alle industrie arcaiche compaiono i primi strumenti a simmetria bilaterale e bifacciale. Tra i resti più antichi in E., riferiti a Homo erectus, si citano l’Uomo di Heidelberg (650.000 anni fa) e i ritrovamenti di Tautavel, in Francia, e di Azych, nell’Azerbaigian.
Circa 350.000 anni fa il fuoco diviene un elemento integrato nell’universo umano (Terra Amata, presso Nizza). Nell’Acheuleano superiore (300.000-100.000 anni fa), all’inizio del Riss, si diffonde la tecnica di distacco levalloisiana nella lavorazione della pietra: accanto alle culture acheuleane si sviluppano facies regionali (Clactoniano, Tayaziano, Premusteriano). Gli abitati si evolvono e compaiono le prime strutture interne. I resti umani di questo periodo sono caratterizzati da notevole polimorfismo.
Tra 100.000 e 35.000 anni fa i Neandertaliani, portatori della cultura musteriana (Charentiano, Musteriano tipico, denticolato e di tradizione acheuleana), conquistano le zone temperate e fredde. L’E. di allora aveva in parte una fisionomia ambientale non diversa da quella della Siberia in età storica, con una fauna ricca, in seguito largamente scomparsa, essenziale ai fini delle risorse alimentari e dell’approvvigionamento di materie prime (pelli, ossa ecc.) per l’uomo. L’economia resta basata sulla caccia e sulla raccolta, ma i generi di vita documentano una maggior sedentarietà.
Durante l’ultimo interstadio wurmiano si passa dal Paleolitico medio al superiore e compaiono i primi umani morfologicamente e culturalmente moderni d’E. (Homo sapiens sapiens). In quest’epoca, suddivisa in complessi diversi (Castelperroniano, Uluzziano, Aurignaziano, Solutreano, Maddaleniano ecc.), caratterizzati da enormi innovazioni tecnologiche, sociali, culturali e artistiche, e ancor più nel successivo Neolitico, si nota un marcato rinnovamento razziale, sia per effetto di migrazioni sia per l’inizio dell’evoluzione locale di razze e sottorazze, con formazione di aggregati umani tuttora esistenti. Si affermarono tecniche più raffinate di lavorazione della pietra e si accentuò l’uso di altre materie prime (osso, corno, legno) e di altri utensili per la caccia, per la raccolta e la conservazione del cibo, per la confezione di indumenti, per l’allestimento di rifugi. Non a caso nel Paleolitico superiore, fra 30.000 e 25.000 anni fa, si hanno le prime testimonianze di arte figurativa, che toccano nei cicli pittorici delle grotte di Lascaux e di Altamira i loro vertici (15.000-13.000 anni fa ca.).
Per questo periodo si possono cominciare a distinguere meglio alcune grandi aree culturali, anche se, per es., la cultura del Gravettiano (30.000-20.000 anni fa) appare diffusa in un’area vastissima che va dalla Francia alle regioni più orientali dell’Europa. Nell’area atlantica e centro-occidentale fiorisce la cultura maddaleniana (15.000-11.000 anni fa), in quella mediterranea le culture epigravettiane e romanelliane (20.000-10.000 anni fa), in quelle orientali le culture pavloviane (nell’ambito del Gravettiano).
Intorno a 10.0000 anni fa si afferma un profondo mutamento. Superata l’ultima età glaciale, clima, vegetazione, idrografia e fauna cominciano a essere quelle dell’E. storica. L’economia di caccia e l’attrezzatura materiale delle popolazioni paleolitiche si devono adattare alle necessità imposte dal nuovo ambiente; si sviluppano così la pesca e la raccolta di molluschi e di vegetali. Questa fase (Mesolitico) è a sua volta superata da quella più recente (Neolitico) quando, nel corso del 7°-6° millennio a.C., insieme a ulteriori progressi nell’uso e nella lavorazione della pietra, si afferma il passaggio all’agricoltura e al connesso allevamento di bestiame. Le conseguenze economiche, sociali e culturali sono rivoluzionarie. La Grecia orientale ne offre le prime testimonianze, e ciò accredita l’ipotesi di un’importazione dal Vicino Oriente, dove l’agricoltura era già apparsa uno o due millenni prima; simile è da ritenere l’itinerario di diffusione della metallurgia (fra 5° e 3° millennio a.C.), prima con il rame, poi con il bronzo.
Con l’avvento della rivoluzione neolitica e con il passaggio all’agricoltura, il Vicino Oriente si afferma come uno spazio di grandissima innovazione; l’E. appare al confronto come un’area arretrata e dipendente. Il moto del progresso civile e culturale procede per alcuni millenni da E verso O, e anche in dipendenza di ciò la periferia mediterranea del continente è la sua zona di più intensi scambi e maggiori sviluppi culturali. Dalla Grecia, attraverso il Mediterraneo e, via terra, dai Balcani lungo il corso del Danubio, tecniche ed economie neolitiche si diffondono sempre più largamente in tutta l’area europea a O della linea tra la foce del Danubio e quella della Vistola.
Si configurano tre grandi aree ceramiche: area balcanica con una ceramica a motivi geometrici e floreali (5° millennio a.C.); area centro-europea, con una ceramica a decorazione lineare (5° millennio a.C.); area mediterranea, a ceramica impressa (6° millennio a.C.).
Solo nel 4° millennio il Neolitico si estende in misura consistente all’E. occidentale, dove si sviluppa contemporaneamente la civiltà megalitica. Pietre di grandissima dimensione e non rifinite, i megaliti, disposti in maniera assai varia, sembrano prodotti dello sforzo di un’organizzazione sociale evoluta, probabilmente a base religiosa. A Stonehenge, in Inghilterra, se ne ha il documento più impressionante, databile al 3020-2910 a.C. e al 780-410 a.C. Alla loro diffusione fin sul Baltico e, nel Mediterraneo, fino alla Corsica e alla Sardegna si accompagna una nuova geografia storica.
Nel 3° millennio a.C. si distinguono due grandi zone: quella orientale, estesa alla fascia dei bassopiani germanico e sarmatico, caratterizzata dalla cosiddetta ceramica a cordicella, e quella occidentale, dall’Italia tirrenica all’Inghilterra, distinta dalla cosiddetta cultura del vaso (o bicchiere) campaniforme, che si diffonde largamente a partire dall’Africa settentrionale verso le Isole Britanniche, dall’Atlantico alla Boemia e all’Ungheria, nella penisola italiana fino alla Sicilia e alla Sardegna.
Alle popolazioni della zona orientale sembrano potersi attribuire tratti più marcatamente agricoli e guerrieri (compare presso di esse l’ascia da combattimento); a quelle della zona occidentale tratti in prevalenza manifatturieri (sembra notevole la loro attività metallurgica) e mercantili. La larga, benché non totale, coincidenza fra l’area megalitica e quella della ceramica campaniforme conferma probabilmente un altro dato storico interessante: l’apertura mediterranea della zona europea più dinamica.
All’inizio del 2° millennio a.C. gli eventi decisivi per il futuro dell’E. hanno il loro epicentro nella parte meridionale del bassopiano sarmatico. Qui, a cavaliere del margine meridionale dell’area della ceramica a cordicella, si era già avuta nel 4° e nel 3° millennio a.C. una serie di movimenti e di incroci di popoli e culture in cui è possibile ravvisare le prime manifestazioni dei popoli di lingua indoeuropea. Con la loro diffusione, probabilmente, è connessa la penetrazione delle culture dell’ascia da combattimento fino al Reno. Il cavallo, l’uso di carri con ruote, un particolare tipo di sepoltura (tombe a fossa) contraddistinguono questi popoli. Dalla seconda metà del 3° millennio a.C. avviene la loro progressiva diffusione e differenziazione in tutto il continente, che si protrarrà poi a lungo nel tempo. Non è chiaro se si tratta di un processo di diffusione etnica o di semplice propagazione linguistica e culturale; il peso del fattore etnico non appare, tuttavia, eccessivamente riducibile. Un tratto comune della preistoria europea che precede questo fenomeno è la grande frequenza territoriale degli insediamenti appartenenti alle diverse culture susseguitesi nel tempo. Ciò postula un’estrema piccolezza delle comunità in questione e una limitata consistenza demografica della colonizzazione del territorio. Ben diversa appare la presa sul territorio delle popolazioni di epoca posteriore e di lingua indoeuropea, causata in parte, certamente, dai progressi tecnici e culturali, ma tale da far ipotizzare anche un nuovo e cospicuo apporto demografico. Anche gli studi sui gruppi sanguigni fanno pensare al popolamento storico dell’E. per ondate migratorie provenienti da Est e da Sud-Est, a cui hanno resistito avanzi delle popolazioni precedenti viventi in aree isolate o di più difficile accesso.
Sono qui prese in considerazione eminentemente le relazioni intracontinentali. Per la storia degli Stati, si rimanda alle singole voci.
Metà 3°-2° millennio a.C. Per ondate migratorie successive, si diffondono in E. popoli provenienti da Est e Sud-Est che si sviluppano nell’urto con le popolazioni preesistenti. La diffusione indoeuropea si attua in tre grandi episodi: uno continentale (Celti), due mediterranei (Elleni e Italici).
1400 a.C.: in Grecia popoli indoeuropei dotati di armi di bronzo mettono fine alla civiltà cretese e danno luogo a quella micenea, prima fase della storia greca. Dalla metà del 2° millennio gli indoeuropei arrivano in Italia in tre grandi ondate: gruppi latino, umbro sabellico, adriatico.
1200 a.C. circa: dall’E. centro-settentrionale si irradia in varie direzioni la cultura dei campi d’urne. I Celti si espandono nell’E. centrale.
1° millennio a.C. 8°-5° sec. a.C.: i Celti sono protagonisti della cultura di Halstatt, espressione della prima età del Ferro.
8°-3° sec. a.C.: introduzione in Grecia dell’alfabeto fenicio (8° sec.). Sviluppo della civiltà greca, il cui tratto distintivo è la città.
770: con la fondazione di Cuma ha inizio la colonizzazione greca dell’Italia meridionale; seguono colonie in Sicilia, Egeo e Mar Nero; diffusione della cultura ellenica anche attraverso i traffici che legano le aree europee con rotte sempre più consolidate.
753: fondazione di Roma.
594: legislazione di Solone ad Atene.
Le spedizioni persiane contro la Grecia sono fermate a Maratona (490) e Salamina (480): la libertà politica e spirituale dei Greci è salva, Atene diventa una potenza mediterranea.
451-50: codice delle leggi della Repubblica di Roma.
4° sec. a.C. Politica espansionista della Macedonia: nel 338 Filippo II sottomette i Greci.
4°-1° sec. a.C. La Macedonia diventa il maggiore organismo politico greco fino alla sconfitta per opera di Roma (168 a.C.).
Progressiva ascesa di Roma che attraverso vittoriose guerre e campagne militari unifica la penisola sotto il suo dominio ed espande la propria potenza in E. e anche in Oriente a conclusione della 3ª guerra punica (149).
La conquista della Gallia per opera di Cesare (58-52 a.C.) pone le premesse per il futuro spostamento a N del centro dell’impero occidentale.
Dopo la battaglia di Azio (31 a.C.), a conclusione della crisi politica e sociale attraversata da Roma, Ottaviano fonda l’impero (27 a.C.), nel cui ambito il primato è riservato alla stirpe latina.
1°-2° sec. d.C. La pax romana porta il fiorire di commerci e industria nell’impero, che si estende con la conquista della Britannia (dal 43; Traiano porterà il confine oltre il Danubio con le guerre daciche del 101-06).
54-68: prime persecuzioni contro i cristiani, la cui presenza è attestata a Roma dagli anni Quaranta. La nuova religione universalistica si distingue per la grande forza espansiva.
117: il Vallo di Adriano definisce le frontiere britanniche dell’impero.
Durante l’impero di Marco Aurelio (161-80) primi segnali, dopo secoli, della pressione barbarica ai confini dell’impero.
3°-4° sec. 212: la Constitutio antoniana estende a tutte le province la cittadinanza romana. Crisi politica, sociale ed economica dell’impero.
291: Diocleziano introduce il governo tetrarchico dell’impero.
303-06: ultima persecuzione contro i cristiani.
313: l’editto di Milano, emanato da Costantino, riconosce libertà di culto ai cristiani; nel 380 (editto di Tessalonica) il cristianesimo diventa religione di Stato. Si definisce l’organizzazione delle comunità cristiane, alla cui guida è il vescovo con poteri religiosi e amministrativi.
370: gli Unni invadono l’E. orientale e mettono in fuga i Visigoti, che varcano il confine danubiano.
395: fine dell’unità dell’impero, spartito in Impero Romano d’Occidente, e Impero Romano d’Oriente.
5°-6° sec. 402: la capitale dell’impero è spostata a Ravenna.
410: i Goti di Alarico saccheggiano Roma, stabilendosi poi in Aquitania come foederati.
440-61: papato di Leone I Magno, fondatore del primato romano.
442: Angli e Sassoni si impadroniscono della Britannia.
452: gli Unni distruggono Aquileia e Milano.
455: i Vandali di Genserico saccheggiano Roma.
476: deposizione dell’imperatore Romolo Augustolo per opera di Odoacre, re degli Eruli; l’impero si restringe alla sua parte orientale.
486: il franco Clodoveo fonda il regno dei Merovingi e nel 497 si converte al cristianesimo, primo tra i re germani.
493-553: Regno ostrogoto in Italia.
528-35: codificazione del diritto romano (Corpus iuris civilis) di Giustiniano, imperatore d’Oriente, cui si deve l’ultimo effimero sforzo di riunificazione imperiale: guerra gotico-bizantina (535-53).
554: la Prammatica sanzione riconduce l’Italia sotto la legislazione dell’impero bizantino.
557: istituzione dell’Esarcato d’Italia con sede a Ravenna.
550-70: gli Avari si stabiliscono in Ungheria, trascinando gli Slavi.
568: i Longobardi guidati da Alboino si insediano in Italia nella pianura padana (con Pavia capitale del regno) e poi formano ducati in Italia centrale e meridionale.
Stabilizzazione dei regni latino-germanici (5°-8° sec.): costruzioni caduche tranne il regno dei Franchi, nel cui ambito si afferma la tendenza alla riorganizzazione della vita civile e si delinea il sistema feudale.
590-604: il papato di Gregorio Magno consolida il primato pontificio.
7°-8° sec. Si generalizza il declino demografico ed economico: eclissi delle città, attenuazione dei traffici e rarefazione della moneta.
643: Editto di Rotari, prima legislazione organica dei Longobardi, in cui è notevole l’influsso del diritto romano.
664: con l’assedio di Bisanzio si affaccia nel mondo mediterraneo l’Islam.
711: gli Arabi distruggono il regno dei Visigoti in Spagna.
728: donazione di Sutri al papa da parte del re longobardo Liutprando: inizio del potere temporale dei pontefici.
732: Carlo Martello sconfigge gli Arabi a Poitiers e ne blocca l’espansione.
751: caduta dell’esarcato di Ravenna.
774: fine della dominazione longobarda in Italia.
787: i Vichinghi si spingono in Britannia e in E. occidentale. Carlomagno, re dei Franchi, in una serie di campagne (772-804) sottomette tutta l’E. romano-germanica, eccettuati i regni anglosassoni in Inghilterra e i principati longobardi superstiti dell’Italia meridionale.
800: Leone III incorona Carlomagno imperatore romano. Il ricostituito organismo plurinazionale aggrega sotto i Franchi le popolazioni cristiane d’Europa. Precisazione del sistema feudale con la divisione del territorio in contee e marche.
9°-10° sec. 825: Lotario I con la Constitutio romana afferma i diritti dell’imperatore nella nomina del pontefice.
827: gli Arabi conquistano la Sicilia. A un’E. continentale controllata dai Franchi si contrappone l’area mediterranea sotto l’egemonia islamica.
843: tripartizione dell’impero di Carlomagno. Nel corso del 9° sec. emergono la Bulgaria, primo Stato slavo in E. che, con Boris I (852-89), si converte al cristianesimo, e il regno di Rus’ (862).
877: ereditarietà dei grandi feudi.
887: deposizione di Carlo il Grosso, ultimo discendente diretto di Carlomagno; la dissoluzione dell’impero franco accentua la divisione tra Francia, Italia e Germania.
890: i Bizantini sconfiggono gli Arabi nell’Italia meridionale.
929: califfato di Cordova: grande fioritura economica e culturale.
962: Ottone I viene solennemente incoronato imperatore dal papa; Italia e Germania sono riunite sotto la sua corona.
969: regno cristiano di Polonia, retto da Mieszko I.
987: con Ugo Capeto inizia la dinastia franca dei Capetingi.
11°-12° sec. Crescita demografica e risveglio delle città; il Comune cittadino si diffonde in varie parti d’Europa, istituto tipico nell’Italia centrale e settentrionale, dove si sviluppano una serie di città-Stato che contribuiscono a dissolvere il quadro imperiale. Affermazione delle Repubbliche marinare.
1015: i Pisani respingono gli Arabi dalla Sardegna.
1030 circa: inizia in Spagna la reconquista cristiana.
1034: lo Scisma d’Oriente decreta lo separazione definitiva tra la Chiesa di Roma e il patriarcato di Bisanzio.
1037: l’imperatore Corrado III riconosce l’ereditarietà di tutti i feudi.
1061-71: i Normanni mettono fine al dominio bizantino nell’Italia meridionale e assediano Palermo.
1066: con la battaglia di Hastings il normanno Guglielmo il Conquistatore si impossessa dell’Inghilterra.
1075: il Dictatus papae di Gregorio VII vieta le investiture laiche; inizia la lotta per le investiture tra papato e impero.
1088: fondazione dell’università di Bologna, il primo Studio europeo.
1095: il papato promuove (Concilio di Clermont-Ferrand) la 1ª crociata per liberare il Santo Sepolcro. Dalla metà del 14° sec. la crociata diventerà lotta difensiva della cristianità contro i Turchi. In concomitanza con il bando della crociata si hanno in E. le prime persecuzioni degli ebrei.
1106: Enrico II riunisce la Normandia con l’Inghilterra.
1108: Luigi VI dà inizio alla dinastia dei Capetingi in Francia: inizio dell’ostilità anglo-francese.
1122: il concordato di Worms chiude la lotta per le investiture; la Chiesa si connota come potere universale nella vita politica e civile dei paesi cattolici.
1183: la lotta di Federico I Barbarossa contro i Comuni per il controllo diretto imperiale in Italia si conclude (Pace di Costanza) con il riconoscimento delle autonomie comunali.
13° sec. Crisi degli ideali universalistici: eclissi dell’autorità di papato e impero ed evoluzione delle monarchie feudali europee verso lo stabilimento della centralità del potere regio (soprattutto Francia e Inghilterra). In Italia, caratterizzata, come la Germania, da frammentazione politica, si affermano le signorie ereditarie.
1212: vittoria spagnola sugli Arabi a Las Navas.
1214: battaglia di Bouvines: l’Inghilterra cede alla Francia gran parte dei propri feudi francesi.
1215: in Inghilterra Giovanni I promulga la Magna Charta libertatum per regolare i rapporti tra il sovrano e i baroni.
1231: Federico II promulga le Costituzioni melfitane per il regno di Sicilia, massimo codice di leggi laico del Medioevo.
1236: il dominio islamico nella Penisola Iberica è limitato a Granada.
1249: termina con la sconfitta a a Fossalta la lotta di Federico II con i Comuni italiani sostenuti dal papato.
1266: Manfredi è sconfitto a Benevento da Carlo d’Angiò. Dopo la sconfitta di Corradino di Svevia a Tagliacozzo (1268) inizia la dominazione angioina nell’Italia meridionale.
1273: Rodolfo d’Asburgo è incoronato imperatore.
1282: a conclusione della guerra dei Vespri la Sicilia passa a Pietro III d’Aragona.
1291: nasce da una rivolta contro la politica di espansione degli Asburgo la confederazione dei cantoni svizzeri.
14° sec. Si consolida il primato europeo dei traffici nel Mediterraneo. L’Italia comunale e le Fiandre sono le punte avanzate dell’economia. Venezia e Genova possiedono imperi mercantili e coloniali. Inizio dell’impiego di tecniche bancarie moderne e ripresa della circolazione monetaria; sviluppo della borghesia. Barcellona diventa una potenza finanziaria oltre che commerciale.
1300: Bonifacio VIII proclama il primo giubileo.
1302: sono convocati per la prima volta gli Stati generali in Francia.
1309: il papato esce sconfitto dal conflitto con la Francia; trasferimento della Santa Sede da Roma ad Avignone fino al 1376.
1319: unione di Svezia e Norvegia.
1323: nelle Fiandre, la prima delle rivolte contadine che si sviluppano in E. per tutto il secolo.
1325: Granducato di Mosca retto da Ivan I.
1337: Edoardo III d’Inghilterra reclama il trono di Francia: inizia la guerra dei Cent’anni tra Inghilterra e Francia.
1347-52: diffusione della peste nera che causa la morte di un terzo della popolazione d’Europa.
1356: la Bolla d’oro di Carlo IV sancisce l’elettività della carica imperiale (spettante a sette principi elettori), senza interferenze del papa.
1358: fusione nella Lega anseatica delle varie leghe commerciali (Hansa) per il controllo degli scambi sul Baltico. Scoppio nel Nord della Francia di sollevazioni contadine (jacquerie) represse nel sangue.
1377: gli Ottomani si spingono alla conquista dei Balcani: prenderanno Serbia (1389), Bosnia e Bulgaria (1393), Ungheria (1396).
1378: con il ritorno a Roma del papato si apre un’epoca di lacerazioni: il Grande scisma (fino al 1417) vede la coesistenza di papi e antipapi e la contemporanea diffusione di movimenti ereticali.
1386: la dinastia dei Jagelloni unifica Polonia e Lituania.
15° sec. Sviluppo di potenti compagini statali: Francia, Inghilterra, Spagna. Rivoluzione culturale con l’Umanesimo e il Rinascimento e diffusione dello spirito scientifico e delle scoperte tecniche (tra cui la polvere da sparo e la stampa, 1447, che muta la circolazione delle informazioni).
1414-18: il Concilio di Costanza pone termine al Grande scisma.
1415: ad Azincourt gli Inglesi sbaragliano l’esercito francese. I Portoghesi conquistano Ceuta, nell’Africa Settentrionale. Enrico il Navigatore promuove l’esplorazione della costa occidentale dell’Africa.
1416: Amedeo VIII di Savoia riceve il titolo granducale.
1420-34: Insurrezione in Boemia dei seguaci di J. Hus.
1431: processo a Giovanna d’Arco e sua condanna al rogo.
1438: prammatica sanzione di Bourges: nascita della Chiesa gallicana.
1450: Francesco Sforza signore di Milano.
1452: Federico III d’Asburgo è l’ultimo imperatore incoronato a Roma.
1453: conquista turca di Costantinopoli e fine dell’Impero d’Oriente; seguono la presa di Grecia e Albania. Fine della guerra dei Cent’anni.
1454: la Pace di Lodi chiude una lotta secolare tra gli Stati italiani per l’egemonia e sancisce il nuovo principio dell’equilibrio.
1462: affermazione del principato di Mosca per opera di Ivan III.
1479: unione delle corone di Aragona e Castiglia attraverso il matrimonio di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia.
1488: il portoghese B. Dias raggiunge il Capo di Buona Speranza.
1480: istituzione in Spagna del tribunale dell’Inquisizione; persecuzione degli ebrei.
1492: C. Colombo scopre il continente americano: le grandi scoperte geografiche spostano il centro di gravità economico sull’Oceano Atlantico. Si completa la reconquista in Spagna con la caduta di Granada.
1494: Carlo VIII di Valois scende in Italia: inizio delle ‘guerre d’Italia’ tra Francia e impero.
16° sec. L’E. è scossa da guerre di religione, cui si interseca la questione dell’autonomia dall’impero, per oltre un secolo. Crescita demografica e aumento dei prezzi.
1509: la Lega di Cambrai riporta una decisiva vittoria contro la Repubblica di Venezia ad Agnadello.
1517: M. Lutero rende pubbliche le 95 tesi a Württenberg.
1519: Carlo V imperatore; H. Cortés abbatte l’impero azteco; inizio della colonizzazione spagnola del Nuovo mondo. La formazione degli imperi coloniali americani di Spagna e Portogallo porta all’europeizzazione del mondo conosciuto.
1521: la Dieta di Worms mette al bando dall’impero Lutero. Rottura dell’unità religiosa dell’Europa.
1525: repressione del movimento di T. Muntzer. Riforma a Zurigo di H. Zwingli.
1526: battaglia di Mohacs: avanzata turca in Ungheria.
1527: i lanzichenecchi saccheggiano Roma.
1529: assedio turco di Vienna. Carlo V convoca la Dieta di Spira, i principi di Sassonia, Assia, Brunswich, Anhalt e Brandeburgo proclamano il diritto alla libertà di fede.
1531: i principi luterani si alleano contro l’impero nella Lega di Smalcalda.
1532: inizio della colonizzazione portoghese del Brasile.
1534: il Parlamento inglese approva l’Atto di supremazia: il re è il capo supremo della Chiesa anglicana. Ignazio di Loyola fonda la Compagnia di Gesù.
1536: G. Calvino comincia la predicazione a Ginevra.
1545: Concilio di Trento. Segue una radicale riorganizzazione teologica ed ecclesiastica.
1547: Ivan IV il Terribile è incoronato zar di tutte le Russie.
1555: Pace di Augusta tra Carlo V e la coalizione dei principi luterani: obbligo del suddito a conformarsi alla religione del sovrano (cuius regio eius religio).
1556: abdicazione di Carlo V e divisione dei suoi titoli e possedimenti. Al fratello Ferdinando I lascia la corona imperiale, i domini ereditari degli Asburgo e le corone di Boemia e d’Ungheria. La Spagna del figlio Filippo II, con un impero senza precedenti per il suo carattere mondiale, è lo Stato più potente d’Europa.
1559: Pace di Cateau Cambrésis: fine del conflitto tra Asburgo e Francia: la Spagna mantiene gran parte d’Italia.
1571: battaglia di Lepanto: la flotta della Lega santa sbaraglia i Turchi, la cui potenza inizia a declinare.
1572: strage degli ugonotti in Francia.
1579: nascita della Repubblica delle province unite; il Sud dei Paesi Bassi resta alla Spagna.
1588: l’invencible armada spagnola diretta a invadere l’Inghilterra dopo l’esecuzione di Maria Stuart naufraga sulla Manica; il dominio sui mari passa all’Inghilterra.
1598: l’Editto di Nantes di Enrico IV riconosce libertà di culto e diritti politici ai protestanti francesi mettendo fine a 38 anni di guerre di religione.
17° sec. Crisi economica e demografica; il sistema degli Stati centralizzati provoca una serie di agitazioni sociali e politiche. Francia e Inghilterra forniscono i modelli di regime intorno cui avrebbe gravitato la vita politica europea.
1600: con la nascita della Compagnia delle Indie orientali, prima delle compagnie europee create nel corso del secolo per controllare i flussi commerciali con l’Asia, prende avvio l’economia capitalistica inglese. Sviluppo delle acquisizioni europee in Africa e colonizzazione francese e inglese dell’America Settentrionale.
1610: espulsione dei moriscos dalla Spagna.
1613: inizia in Russia la dinastia dei Romanov.
1614: ultima convocazione in Francia degli Stati Generali. Dal 1625 sotto Luigi XIII si sviluppa l’assolutismo regio per opera del cardinale Richelieu.
1618-48: guerra dei Trent’anni, che vede Spagna, Baviera, Sassonia, Polonia schierate con gli Asburgo contro la maggior parte degli Stati protestanti tedeschi, l’Inghilterra e l’Olanda. La Pace di Vestfalia sancisce la libertà degli Stati tedeschi in materia religiosa e politica.
1619: J.-B. Colbert ministro delle Finanze di Luigi XIV: controllo rigido dello Stato sull’economia.
1636-42: rivolte contadine in Francia.
1648: indipendenza dei Paesi Bassi.
1642-49: guerra civile in Inghilterra; si conclude con la decapitazione del cattolico Carlo I e la proclamazione della repubblica sotto il governo di O. Cromwell.
1650-52: in Francia sconfitta per opera del card. Mazzarino della fronda dei principi.
1659: Pace dei Pirenei tra Francia e Spagna che sancisce il tramonto dell’egemonia spagnola in Europa.
1660: restaurazione degli Stuart in Inghilterra.
1661: Luigi XIV avvia una fase di grande politica di espansione francese in E. e coloniale (America, India e Africa).
1679: il Parlamento inglese approva l’Habeas corpus act. Pietro I il Grande diventa zar di Russia e sviluppa una politica di occidentalizzazione del paese.
1682: Luigi XIV fa approvare dal clero francese gli articoli gallicani; nel 1685 revoca l’editto di Nantes.
1683: fallimento dell’assedio ottomano di Vienna.
1685: gloriosa rivoluzione in Inghilterra: Guglielmo di Orange assume la corona. Il Bill of rights limita il potere regio a favore del Parlamento.
1687: la Dieta di Ungheria riconosce la monarchia ereditaria degli Asburgo.
1688: gli Austriaci liberano Belgrado dai Turchi.
1699: la Pace di Carlowitz segna l’ascesa della potenza austriaca.
18° sec. La cultura dell’Illuminismo formula in E. nuovi ideali etici, politici e sociali. L’E. si trasforma anche materialmente per effetto dello sviluppo tecnico-scientifico e per la crescita demografica ed economica che trova sbocco a fine secolo nella rivoluzione industriale, di cui è massima protagonista l’Inghilterra. Della nuova cultura è espressione il riformismo che permea l’azione di molti governi.
1701: Federico Guglielmo di Hohenzollern ottiene il riconoscimento della piena sovranità sulla Prussia.
1701-14: l’estinzione della linea spagnola degli Asburgo è alla base della guerra di successione spagnola. Con la Pace di Utrecht (1713) e il Trattato di Rastadt (1714), la Spagna passa dagli Asburgo alla casa francese dei Borbone.
1707: riunione della Scozia con l’Inghilterra.
1717: fondazione della Gran Loggia di Londra: nel corso del secolo la massoneria penetra largamente in E. nella società civile e nei circoli di governo.
1718: con la Pace di Passarowitz i Turchi cedono parte dei Balcani all’Austria.
1721: al termine della Guerra nordica la Russia sostituisce la Svezia come potenza baltica. Pietro I il Grande è acclamato imperatore.
1733-38: guerra di successione polacca.
1740: Federico II re di Prussia; Maria Teresa imperatrice d’Austria: politica di riforme dall’alto (dispotismo illuminato).
1740-48: guerra di successione austriaca.
1756-63: la guerra dei Sette anni, scatenata dai conflitti coloniali tra Francia e Inghilterra, si svolge contemporaneamente in E., prevalentemente sul suolo germanico, e in America e India.
1759: espulsione dei gesuiti dal Portogallo; seguiranno, 1764, la Francia e, 1767, la Spagna.
1763: scuola primaria obbligatoria in Prussia; seguirà l’Austria nel 1774.
1772: Gustavo III restaura la monarchia in Svezia. Prima spartizione della Polonia.
1773-75: in Russia rivolta contadina guidata da E. Pugačëv.
1778: la Francia entra in guerra contro l’Inghilterra a favore delle colonie americane ribelli; nel 1779 è seguita dalla Spagna.
1781: Lega dei neutri (contro l’Inghilterra) per mantenere la libertà della navigazione sui mari (Danimarca, Svezia, Prussia, Austria e Portogallo).
1783: Pace di Versailles: l’Inghilterra riconosce l’indipendenza delle colonie americane.
1788: l’imperatore d’Austria Giuseppe II introduce il nuovo codice penale e, tra l’altro, matrimonio civile e libertà di stampa.
1786: la Toscana del granduca Pietro Leopoldo per prima abolisce la pena di morte.
1789: inizio della Rivoluzione francese. Proclamazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La Rivoluzione francese diffonderà la sua influenza in tutta l’Europa.
1792: instaurazione della repubblica in Francia. Prima guerra di coalizione: la coalizione delle potenze europee è tesa a contrastare la diffusione delle idee rivoluzionarie e l’espansione in E. della Francia; asse della resistenza nel corso delle 5 guerre di coalizione sarà l’Inghilterra.
1793: esecuzione di Luigi XVI; servizio militare nazionale e popolare obbligatorio.
1795-99: governo del Direttorio in Francia; nascita in E. delle ‘repubbliche sorelle’, formalmente autonome, in realtà strettamente subordinate alla Francia.
1796-97: Campagna d’Italia: si chiude con la Pace di Campoformio. Caduta della Repubblica veneziana.
1797: creazione in Italia della Repubblica Cisalpina che evolverà poi in Repubblica italiana (1802) e, dal 1805, in Regno d’Italia.
1799: Napoleone Bonaparte primo console. L’esperienza della Repubblica partenopea viene soffocata nel sangue.
1801-1850 1801: con l’assorbimento dell’Irlanda, nasce il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda.
1804: Napoleone è proclamato imperatore. Promulgazione del Codice civile (Code Napoléon). Il sistema imperiale napoleonico nell’E. continentale è articolato in una serie di territori annessi alla Francia e di Stati satelliti in cui sono introdotte le istituzioni di tipo francese.
1805: vittoria navale inglese a Trafalgar.
1806: nascita, su impulso di Napoleone, della Confederazione del Reno; Francesco II scioglie il Sacro romano impero.
1811: si sviluppa in Gran Bretagna un movimento di protesta operaio con sabotaggio delle nuove macchine tessili (luddismo).
1813: battaglia di Lipsia: crollo del sistema napoleonico.
1814: abdicazione di Napoleone. Il Congresso di Vienna (novembre 1814-giugno 1815) delle potenze vincitrici ridisegna l’assetto dell’E. sulla base dei principi dell’equilibrio (partizione del continente in sfere d’influenza) e di legittimità.
1815: ritorno a Parigi di Napoleone (‘cento giorni’ ) e sua sconfitta a Waterloo. Restaurazione di Luigi XVIII sul trono di Francia. Nascita della Confederazione germanica sotto l’egemonia austriaca. Costituzione, ispirata dallo zar Alessandro I, della Santa alleanza, cui aderisce la maggior parte delle potenze europee, eccetto l’Inghilterra e lo Stato Pontificio.
1820: il Congresso di Troppau stabilisce il principio dell’intervento contro i moti liberali.
1820-31: sollevazioni insurrezionali liberali in molti Stati d’Europa.
1821: con l’indipendenza del Messico si avvia il processo di dissoluzione dell’impero coloniale spagnolo.
1822: la Grecia proclama l’indipendenza dall’impero ottomano; la lotta di liberazione si protrae fino al 1829.
1825: moto decabrista in Russia.
1829: emancipazione dei cattolici in Gran Bretagna.
1830: rivoluzione di luglio in Francia: monarchia costituzionale di Luigi Filippo d’Orléans e affermazione della borghesia come classe dominante. Inizio della colonizzazione francese dell’Africa con l’occupazione di Algeri.
1831: il Belgio si costituisce in regno indipendente costituzionale. G. Mazzini fonda la Giovane Italia. Scioglimento della Santa alleanza.
1832: riforma del sistema politico britannico con allargamento della base elettorale.
1834: unione doganale tedesca (Zollverein).
1838: il People’s Charter, il cartismo, rappresenta il primo movimento politico operaio in Europa.
1848-49: l’E., tranne Gran Bretagna e Russia, è investita da un’ondata rivoluzionaria di carattere liberale e nazionale. I moti sono sconfitti con le armi; prima guerra d’indipendenza italiana.
1848: seconda Repubblica in Francia presieduta da Luigi Napoleone Bonaparte. Pubblicazione a Londra del Manifesto del partito comunista.
1851-1899 Avvio di una massiccia emigrazione europea (tranne la Francia) verso l’America.
1852: colpo di Stato di Bonaparte che restaura l’impero in Francia.
1854-56: guerra di Crimea; sfruttando il conflitto anglo-russo la Francia riacquista un ruolo di grande potenza.
1858: accordo di Plombières tra Napoleone III e Cavour, prologo alla seconda guerra d’indipendenza italiana (1859).
1861: proclamazione del Regno d’Italia. Abolizione della servitù della gleba in Russia. Nascita dello Stato indipendente di Romania.
1864: Prima internazionale dei lavoratori.
1866: Terza guerra d’indipendenza italiana. Guerra austro-prussiana. Scioglimento della Confederazione germanica e costituzione della Confederazione del Nord presieduta da Guglielmo I.
1870: annessione di Roma al Regno d’Italia; fine del potere temporale dei papi.
1870-71: guerra franco-prussiana provocata dalle mire egemoniche dei due Stati. Ne conseguono la caduta dell’impero e l’instaurazione della Terza repubblica in Francia e la costituzione del Reich tedesco. La Francia perde Alsazia e parte della Lorena.
1873: alleanza dei tre imperatori stipulata tra Austria-Ungheria, Germania e Russia, in vigore fino al 1887.
1875: nascita del Partito socialista dei lavoratori in Germania.
1877-78: guerra russo-turca.
1878: il Trattato di Berlino modifica le clausole del Trattato di Santo Stefano che davano alla Russia il predominio nei Balcani.
1881: assassinio dello zar Alessandro II, cui segue un’ondata di pogrom contro gli ebrei.
1882: triplice alleanza tra Austria-Ungheria, Germania e Italia. Completa il sistema di alleanze antifrancese bismarckiano in funzione del mantenimento dello status quo in Europa.
1882: avvio della politica coloniale italiana.
1884-85: la Conferenza internazionale di Berlino, convocata per dirimere le questioni legate alla libertà di commercio in Africa e al controllo del Congo, definisce le regole della competizione coloniale in quel continente. Entro pochi anni si completa la spartizione europea di quasi tutta l’Africa. Suffragio universale maschile in Gran Bretagna.
1889: seconda internazionale.
1890: indipendenza del Lussemburgo.
1893: duplice alleanza franco-russa in funzione antitedesca e antiaustriaca. Nascita del Partito socialista italiano e dell’Independent labour party inglese.
1898: la crisi di Fascioda evidenzia lo scontro tra le politiche coloniali di Francia e Gran Bretagna.
1900-1918 1904: Entente cordiale tra Francia e Inghilterra, consolidata dalla crisi di Algeciras (1906).
1905: sollevazione in Russia soffocata militarmente.
1907: Intesa anglo-russa.
1908: l’annessione austriaca della Bosnia-Erzegovina provoca una crisi nei rapporti con la Serbia e la Russia.
1912: Suffragio universale maschile in Italia.
1912-13: guerre balcaniche: lotta per il possesso dei territori ancora soggetti ai Turchi e sviluppo di una crisi internazionale che irrigidisce le alleanze.
1914: assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando in Serbia. Scoppio della Prima guerra mondiale. Francia, Russia e Gran Bretagna si uniscono nella Triplice Intesa.
1915: Patto di Londra: adesione dell’Italia all’Intesa e suo ingresso in guerra.
1917: crollo del regime zarista (marzo); avvento al potere dei bolscevichi (ottobre). Il Trattato di Brest-Litovsk sancisce la pace separata della Russia con gli Imperi centrali.
1918: fine del conflitto. Proclamazione della repubblica in Germania. Dissoluzione dell’impero austro-ungarico e trasformazione in repubblica di Austria e Ungheria.
1919-1929 Nel dopoguerra i disagi legati alle difficoltà socio-economiche si traducono in E. in rivendicazioni del movimento operaio (e contadino nell’E. orientale) di radicalità inedita.
1919: repressione dell’insurrezione spartachista in Germania. Nascita della Terza internazionale.
1919-20: Conferenza di pace di Versailles. Alle grandi formazioni multinazionali subentrano una serie di Stati indipendenti nuovi o radicalmente modificati: Polonia, Cecoslovacchia, Iugoslavia, Finlandia, Lituania, Estonia, Lettonia, Estonia, Albania. Alla Germania sconfitta vengono imposte durissime condizioni di pace. La Turchia europea è ridotta a una piccola regione intorno a Istanbul.
1920: divisione dell’Irlanda con la costituzione della provincia britannica dell’Irlanda del Nord. Fine della guerra civile in Russia. Fondazione del partito nazionalsocialista in Germania.
1922: nascita dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS). Marcia su Roma e incarico di governo a Mussolini, in Italia.
1923: fallimento del Putsch nazionalsocialista di Monaco.
1926: entrata in vigore dell’accordo di Locarno.
1929: Patti lateranensi tra Italia e Santa Sede.
1930-1939 Catastrofe dell’economia tedesca a seguito del crollo della borsa di Wall street (1929). La crisi economica si manifesta in E. con caduta della produzione e disoccupazione.
1933: presa del potere di A. Hitler in Germania. Dittatura di A. Salazar in Portogallo.
1935: guerra di aggressione all’Etiopia dell’Italia; isolamento dell’Italia in ambito europeo e internazionale. Le leggi di Norimberga privano della cittadinanza tedesca gli ebrei.
1936: con l’atto di alleanza italo-tedesco nasce l’Asse Roma-Berlino. In URSS I. Stalin avvia le ‘grandi purghe’.
1936-39: guerra civile in Spagna; si conclude con l’instaurazione della dittatura di F. Franco.
1938: Anschluss, annessione dell’Austria al Reich tedesco. Patto di Monaco. Legislazione contro gli ebrei in Italia.
1939: Patto di non aggressione Molotov-Ribbentropp fra Germania e URSS. Invasione tedesca della Polonia e scoppio della Seconda guerra mondiale.
1940-1949 1942: Conferenza di Wannsee (Berlino) per pianificare il genocidio ebraico.
1943: caduta del regime fascista in Italia.
1944: sbarco alleato in Normandia.
1945: fine del conflitto. Esecuzione di Mussolini e suicidio di Hitler. Occupazione della Germania da parte delle forze alleate. Berlino è divisa in quattro settori. L’URSS emerge come maggiore potenza in Europa. Nascita delle Nazioni Unite. Varo di un programma di Welfare State in Gran Bretagna.
1945-46: processo di Norimberga.
1946: instaurazione della repubblica in Italia.
1947: nasce il Cominform, organismo politico internazionale di collaborazione tra i partiti comunisti europei; espansione del comunismo. Piano Marshall: avvio della ripresa economica dell’E. occidentale. La fine dell’impero britannico in India avvia il processo di decolonizzazione, a conferma del ridimensionamento delle potenze europee.
1948: nascita dell’Unione europea occidentale (UEO) per la sicurezza militare e la cooperazione politica.
1949: divisione della Germania in Repubblica federale tedesca e Repubblica democratica tedesca, sotto l’influenza dell’URSS. Il Patto atlantico rafforza la divisione tra le due Europe. Costituzione del Consiglio d’Europa. Il COMECON (Consiglio di mutua assistenza economica) riunisce i paesi socialisti dell’Europa orientale a eccezione della Iugoslavia.
1950-1959 1951: la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA fondata da Belgio, Francia, Germania federale, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi è il primo passo verso l’integrazione europea.
1955: Patto di Varsavia tra i paesi socialisti dell’E. orientale.
1956: rivoluzione Ungherese annientata dall’intervento militare sovietico. Fallimento della rivolta antisovietica in Polonia. Destalinizzazione in URSS per opera di N. Cruščëv.
1957: Trattato di Roma istitutivo della Comunità economica europea.
1958: crisi del regime parlamentare in Francia; repubblica presidenzialista di Ch. De Gaulle. Ascesa al papato di Giovanni XXIII, che nel 1959 indice il 2° Concilio ecumenico vaticano.
1960-1969 1961: erezione del ‘muro’ di Berlino.
1963: primo governo di centrosinistra in Italia. Destituzione di Cruščëv. Con L. Breznev, culmine della politica di potenza sovietica.
1967: colpo di Stato militare in Grecia.
1968: esplosione della ‘contestazione giovanile’, rivolta ideologica fondata su un insieme di principi egualitari e libertari, che assume forme radicali nei movimenti extraparlamentari. La stagione di riforme avviata in Cecoslovacchia da A. Dubček è repressa militarmente dall’URSS.
1969: il cancelliere tedesco W. Brandt inaugura l’Ostpolitik. Ripresa della guerra civile in Irlanda del Nord.
1970-1979 1970: rivolta operaia in Polonia. Inizio delle attività terroristiche in Italia (Brigate Rosse) e in Germania (Rote Armee Fraktion).
1973: adesione di Danimarca, Irlanda e Regno Unito alla CEE. Crisi economica innescata dalla politica petrolifera dell’OPEC; agitazioni sindacali e lotte sociali. Caduta degli ultimi regimi illiberali in E. occidentale: 1974 Portogallo e Grecia, 1975 Spagna.
1978: l’elezione a papa del polacco Giovanni Paolo II dà slancio alle rivendicazioni cattoliche in E. orientale. In Italia le Brigate Rosse rapiscono e uccidono A. Moro.
1979: elezione a suffragio universale del primo Parlamento europeo. Entra in vigore il sistema monetario europeo. Nel decennio, inizio in E. occidentale di politiche volte alla limitazione dell’afflusso di immigrati.
1980-1989 Nel corso del decennio, ripresa economica.
1980: in Polonia nasce il movimento politico-sindacale Solidarność.
1981: la Grecia entra nella CEE; nel 1986 vi aderiscono Spagna e Portogallo.
1983: autoproclamazione della Repubblica turca di Cipro nord.
1985: M. Gorbačëv avvia in URSS una fase di revisione del sistema.
1989: abbattimento del muro di Berlino. Caduta dei regimi comunisti in Polonia, Cecoslovacchia, Germania Orientale, Ungheria, Bulgaria; rivoluzione in Romania.
1990-1999 Sviluppo di ampie ondate migratorie.
1990: esplosione delle tensioni nazionalistiche in Iugoslavia e URSS. Riunificazione delle due Germanie.
1991: dissoluzione dell’URSS, scioglimento del Patto di Varsavia e formale creazione della Comunità di Stati indipendenti (CSI). Croazia e Slovenia si staccano dalla Iugoslavia; spinte etnico-nazionalistiche innescano un cruento conflitto nei Balcani.
1992: il Trattato di Maastricht istitutivo dell’Unione Europea rafforza il progetto di integrazione politica comunitaria.
1993: dalla divisione della Cecoslovacchia nascono la Repubblica Ceca e la Slovacchia. Entra in vigore l’accordo di Schengen tra i paesi dell’UE.
1995: fine della guerra civile nella ex Iugoslavia e riconoscimento della Repubblica federale di Bosnia ed Erzegovina. Austria, Svezia e Finlandia entrano nell’UE.
1998: accordi di Stormont per la pace nell’Irlanda del Nord. Guerra etnica in Kosovo.
1999: intervento armato della NATO nella federazione iugoslava.
2000 2001: in Italia è emanato il primo decreto di programmazione annuale dei flussi migratori d’ingresso; nell’arco di vent’anni l’Italia, come la Spagna, da terra di emigranti è divenuta meta di flussi migratori.
2002: entra in vigore l’euro, moneta unica europea.
2004: in un quadro di allargamento a est, entrano nell’UE Lettonia, Estonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Malta e Cipro; con l’adesione nel 2007 di Bulgaria e Romania, il numero dei paesi membri sale a 27.
2004: a Roma i capi di Stato e di governo dell’Unione firmano il trattato costituzionale che unifica in un documento organico tutti i precedenti. Bocciata per referendum in Francia e Paesi Bassi, la Costituzione sarà sostituita nel 2007 dal Trattato di Lisbona, in vigore dal 2009.
2008: il Kosovo si autoproclama indipendente.
2009: I paesi dell’Unione Europea cercano soluzioni comuni per fronteggiare la grave crisi economica e finanziaria che investe tutto il continente, con ricadute pesanti sul mercato del lavoro, particolarmente gravi nell’E. dell’Est.