(gr. Θράκη) Regione della Penisola Balcanica ripartita tra la Grecia e la Turchia, in gran parte, e la Bulgaria, per un breve tratto. Si affaccia sul Mar Nero, sul Mar di Marmara e sull’Egeo. A O si considera suo confine verso la Macedonia il basso corso della Mesta (Néstos), mentre a NO la T. si estende fino ai rilievi più meridionali del massiccio cristallino del Rodope. Il territorio è costituito da zone collinari aride e da pianure costiere un tempo paludose e malsane e oggi bonificate e intensamente coltivate.
La T. turca (o T. orientale) corrisponde al territorio della Turchia a N del Mar di Marmara (23.764 km2 con 9.799.745 ab. nel 2008). Consta di un bacino d’origine tettonica, in parte colmato da sedimenti, lambito verso il Mar Nero da un rilievo granitico parallelo alla costa; un’altra catena, formata da arenarie, quasi altrettanto alta, separa il bacino tracico dal Mar di Marmara, mentre verso SO scorre l’Ergene (affluente della Mariza). Il clima è rigido e l’aspetto prevalente è quello di una pianura disalberata, in parte coltivata a cereali (riso e cotone nel basso corso della Mariza). Lungo il Bosforo si hanno colture intensive.
La T. greca (o T. occidentale), assai meno vasta (8578 km2 con 368.993 ab. nel 2006), è ripartita nei nomi di Évros, Rodópi, Xánthi. Il confine con la Turchia è nettamente segnato dal corso della Mariza. Mentre a N si estende una serie di colline terziarie, il territorio prossimo al mare è basso e caratterizzato da numerosi corsi d’acqua che scendono dal Rodope. Il clima è più temperato che nella T. turca. Tabacchicoltura. Lo scalo più importante è Alessandropoli.
La T., scarsamente ricordata da Omero e da Esiodo, ma già più nota ai poeti lirici greci, anche per effetto dell’intensa colonizzazione greca delle sue coste, entra in piena luce storica con la spedizione scitica di Dario (513 a.C.), cui seguì l’occupazione persiana nel 492. Dopo le guerre persiane vi ebbero influenza gli Ateniesi, mentre a occidente i Macedoni si spingevano sino allo Strimone. Contro questa duplice ingerenza, si costituì il forte regno della tribù degli Odrisi, che raggiunse la massima potenza sotto Coti I (383-60). Alla sua morte il regno si spezzò in tre parti e (342-41), tutta la T. cadde sotto il dominio di Filippo II di Macedonia; alla divisione tra i diadochi dell’impero di Alessandro Magno, Lisimaco vi costituì un forte regno. Alla sua morte, oltre a un sopravvissuto regno odrisio, si costituì un regno celtico, che durò sino alla fine del 3° sec., mentre sulla costa dominavano i Seleucidi, sostituiti poi dai Tolomei. Alla fine del 3° sec., tra Macedonia e Siria, che si contendevano la regione, intervennero i Romani assegnando il Chersoneso al re di Pergamo; dopo la battaglia di Pidna (168) gli Odrisi passarono di fatto sotto il protettorato romano. Nel 129 il Chersoneso e la costa vicina furono annessi alla provincia di Macedonia; i Romani dovettero spesso intervenire a domare popolazioni indigene e costituì un vero pericolo il forte regno creato intorno al 55 dal daco Burebista, che si estese sino alla costa. Una dinastia indigena fondata da Sadala regnò poi come cliente di Roma, e si conservò, con varie vicende, sino all’assassinio di Remetalce nel 46 d.C. Allora Claudio annetté la T. direttamente all’Impero. La provincia andava dal Nesto al Ponto Eusino, e al Nord, oltre l’Emo, confinava con la Mesia. I Romani crearono centri cittadini alla greca, mediante fondazione di colonie, tra cui Traianopoli, Adrianopoli. Gli indigeni fornivano a Roma ottimi soldati; Roma a sua volta curò particolarmente la viabilità della regione, importante passaggio dall’Oriente all’Occidente. Dal 3° sec. d.C. con l’invasione gotica cominciarono disordini, aggravati dalle lotte tra imperatori di Oriente e di Occidente. Con Diocleziano la diocesi di T. fu divisa in 4 province (Tracia, Rodope, Emimonto ed Europa) alle quali si aggiunsero la Mesia Inferiore e la Scizia. Nel 5° sec. la T. subì le pressioni di Goti, Unni e Bulgari; difesa validamente dagli imperatori di Bisanzio, nel 7° sec. la regione divenne un tema dell’Impero bizantino. Nel 1361 i Turchi s’impadronirono di Adrianopoli, che fu per qualche tempo la loro capitale.
Dal 1453 al 1878 tutta la T. fu sotto il dominio ottomano. Per il trattato di Berlino (1878) la parte settentrionale fu posta sotto amministrazione autonoma, con il nome di Rumelia Orientale, e nel 1885 fu incorporata nel territorio della Bulgaria. Dopo le guerre balcaniche, nel 1913 per i trattati di Bucarest (tra Bulgaria e Grecia) e di Costantinopoli (tra Bulgaria e Turchia) la T. occidentale passò alla Bulgaria, mentre la T. orientale fu riconosciuta alla Turchia; la Bulgaria ottenne anche di occupare un piccolo territorio sul Mar Nero nella zona di Malko Tirnovo. Dopo la Prima guerra mondiale, per il trattato di Neuilly (1919) il dominio bulgaro sulla T. occidentale fu limitato alla valle del fiume Arda; il resto, sulla costa egea, fu assegnato alla Grecia. Per il trattato di Sèvres (1920) anche la T. orientale fu assegnata alla Grecia, ma la conferenza di Losanna (1923) la restituì alla Turchia. Durante la Seconda guerra mondiale, la Bulgaria occupò tutta la T. egea; restituì poi questi territori nel 1945.
Sono stati ritrovati in T. abbondanti resti di industria litica e su osso, attestanti la presenza di popoli del Paleolitico superiore. Gli aspetti di civiltà neolitica ed eneolitica, che si protrassero fino ai tempi corrispondenti alla prima fase dell’età del Bronzo europea, sono compresi nel gruppo denominato balcano-danubiano: gruppo esteso a S dei Balcani, fino al Mare Egeo e comprendente a N, oltre il Danubio, la pianura della Valacchia. Sono aspetti culturali caratterizzati da ceramica dipinta, cui si accompagnano armi e utensili litici: rari, nei livelli superiori, gli oggetti di rame e gli ornamenti d’oro. Nel rito funebre si nota l’inumazione con cadavere rannicchiato. Questi aspetti culturali sembrano cessare all’improvviso nel corso del 2° millennio a.C., per il sopraggiungere di nuove genti indoeuropee, provenienti dal settentrione, chiamate successivamente Traci. Durante la civiltà del Bronzo si nota nella T. un’influenza culturale dei paesi carpato-danubiani settentrionali. Durante la civiltà del Ferro si ebbe nel Sud della T. una forte penetrazione greca, con le colonie del litorale egeo e pontico, mentre il Nord era dominato dall’influsso di elementi celtici e illirici. Coesistevano durante questo periodo i riti della cremazione e dell’inumazione.
Scarse notizie sulla religione dei Traci sono fornite dagli scrittori antichi (in primo luogo Erodoto); a esse fa riscontro un ampio numero di testimonianze archeologiche (iscrizioni, rilievi, altari e altri manufatti cultuali), che, essendo nella maggioranza di età ellenistico-romana, mostrano il paganesimo dei Traci in pieno contatto con la civiltà religiosa greca e, in misura minore, anche con il sincretismo pagano d’età imperiale. Attraverso queste testimonianze dietro l’iconografia greco-romana e i nomi greci, romani e talora orientali si delinea un mondo religioso etnico estremamente resistente. Erodoto afferma espressamente che i Traci venerano soltanto Ares, Dioniso e Artemis e che i re, a differenza degli altri, venerano soprattutto Hermes, giurano soltanto per lui e sostengono di essere suoi discendenti. Come risulta da fonti antiche, l’Artemis tracia è la grande dea della terra Bendis, il cui culto orgiastico fu introdotto ad Atene nel 5° sec. a.C. con i culti di Kotys-Kotytto (altro nome della dea tracia Zeirene), di Sabazio e di Cibele; l’identità Artemis-Bendis fa presumere che nell’Ares tracio, nominato per primo, si racchiuda una figura di dio celeste equivalente a Zeus. È notevole il carattere orgiastico del culto della dea e la presenza di un probabile figlio di questa nella figura del Dioniso di Erodoto, che, indipendentemente dalla discussa origine tracia del Dioniso greco, è una grande divinità, collegata con la vegetazione e simile al Sabazio, il cui culto fu introdotto dalla T. in Grecia nel 5° secolo. A questa triade Erodoto fa seguire il culto di un Hermes, praticato però soltanto dai re, dove re vuole significare l’aristocrazia guerriera dalla quale erano tratti i singoli regnanti. Su questo Hermes è stata formulata l’ipotesi che si tratti di una divinità solare concepita quale capostipite dell’aristocrazia guerriera, aliena dai lavori dei campi riservati alle plebi, la cui divinità principale sarebbe il Dioniso tracio. Oltre alle quattro divinità menzionate con nome greco, Erodoto dà notizia di un Pleistoros e di un Salmoksis, che è lo Zalmoksis di altre fonti, da leggere Zamolksis. Tra le divinità tracie testimoniate con il loro nome è da ricordare Derzelas (Darzalas), identificato a Sinope con Serapide; il suo nome significa «colui che lega» (in avestico, daraz «laccio») e si addice al suo carattere infero. Nel quadro del politeismo tracio è infine rilevante la posizione occupata da una divinità rappresentata da una figura equestre in numerosi monumenti, convenzionalmente chiamata il ‘Cavaliere Tracio’; poiché in varie figurazioni il cavaliere è presentato con tre teste, poiché nelle dediche dell’immagine appaiono di volta in volta divinità diverse e poiché spesso è chiamato semplicemente theòs (con questo o quell’epiteto), è probabile che si tratti di una divinità complessa, suscettibile di un’ampia gamma di identificazioni. La sua natura è tuttora oggetto di discussione.
Circa le credenze escatologiche, i Traci, accanto alla concezione della morte come caduta in una condizione umbratile propria di molti popoli antichi (➔ oltretomba), sembrano aver sviluppato concezioni diverse, caratterizzate da un orientamento soteriologico (come del resto è avvenuto in altre religioni antiche) di cui fanno testimonianza figure divine e profetiche come Zamolksis e gli stessi culti orgiastici.