(lat. Celtae)
Si individuano con il nome di C. alcune popolazioni appartenenti a uno stesso gruppo linguistico di famiglia indoeuropea che, provenienti dall’Asia, all’inizio del 2° millennio a.C. si stanziarono nelle regioni danubiane e renane. Da qui, dopo aver dato vita a sviluppate forme di cultura (cultura di Hallstatt), fra l’8° e il 6° sec. i C. sciamarono occupando buona parte del continente e le Isole Britanniche, e dividendosi in tribù: Galli in Francia e, da qui, in Italia settentrionale; Britanni, Cimri e Gaeli in Gran Bretagna; Belgi; Celtiberi nella Penisola Iberica; Galati nei Balcani. A partire dal 2° sec. a.C. l’espansione dei Romani e dei popoli germanici sottrasse ai C. quasi tutti i loro territori e cancellò la loro lingua ovunque, tranne che nelle Isole Britanniche. La società celtica, in cui le tribù erano suddivise in clan familiari, aveva al suo vertice un’aristocrazia composta da guerrieri e druidi, cui seguivano i liberi non armati e infine gli schiavi. Popolo assai religioso, i C. erano caratterizzati da un forte spirito bellicoso, ma anche da una profonda disorganizzazione militare e da un’alta conflittualità fra tribù.
Dalla fine del 3° sec. a.C. sono designati Celtiberi i popoli della Spagna centrale; nelle fonti più attendibili, il nome è limitato però agli abitanti della parte orientale dell’altopiano: Arevaci e Pelendoni, Belli, Titti, Lusoni. La loro origine e struttura etnica ha dato luogo a lunghe discussioni; secondo alcuni sarebbero C. penetrati nel territorio degli Iberi; secondo altri, Iberi penetrati da E in territorio celtico, o anche Iberi stanziati in quel territorio prima delle invasioni celtiche. Rudi e bellicosi, i Celtiberi furono sottomessi da Catone nel 195 a.C., ma si ribellarono più volte contro i Romani.
L’arte dei C. si è manifestata con caratteri propri nei territori in cui i C. si stanziavano. È stata distinta in due periodi storici, che corrispondono al periodo finale dell’età del Bronzo e all’età del Ferro: il periodo di Hallstatt (9°-5° sec. a.C.) e quello di La Tène (5°-1° sec. a.C.). Nel corso del 2° sec. a.C. tra i Pirenei, il medio Reno, la Boemia, e l’Ucraina, si diffusero centri fortificati, con importanti caratteri protourbani, definiti oppida a partire da Giulio Cesare. Presentavano due tipi principali di fortificazioni: il murus gallicus, e il murus a pali verticali. Nell’oppidus di Manching si ebbero entrambi i tipi. In questo periodo i rituali funerari dei C. furono ampiamente diversificati a secondo del territorio: nella necropoli della Croix du Rebout (Borgogna) sono presenti tombe a incinerazione; nel territorio di Treviri si segnalano sontuose tombe a camera lignea con abbondanti offerte alimentari (anfore per il vino, griglie, spiedi, vasellame proveniente dall’Italia). Nella Champagne, nel complesso di Acy-Romance, si riconoscono cimiteri di unità familiari e necropoli di tombe aristocratiche con camere lignee. Nella Cisalpina sono state scoperte necropoli che mostrano la continuità di caratteri indigeni e l’adeguamento a modelli romani. È un’arte che ha origini nella preistoria euroasiatica, e che crea forme altamente specializzate, opposte – nella loro voluta indeterminazione fra oggetti animati e inanimati, nell’esasperazione del motivo vitalistico – alla ricerca di ordine e di obiettività dell’arte mediterranea. Anzi, nelle regioni nelle quali il contatto con l’arte mediterranea fu più stretto e fecondo (nella Gallia meridionale in età romana), l’arte celtica sembrò reagire alla mimesi classica trasformando i motivi naturalistici in una sintassi di forme astratte (➔ Gallia). Si tratta di un’arte eminentemente decorativa che nella decorazione di armi, monili, vasellame e monete di bronzo e ferro, si serve sapientemente di motivi geometrici come la spirale, la svastica e la croce.
Le lingue celtiche costituiscono una famiglia di lingue indoeuropee, cui appartengono l’irlandese, lo scozzese e il dialetto dell’isola di Man, il gallese, il cornovagliese e il bretone (gruppo britannico o meridionale). Nell’antichità a queste lingue, qualificate insulari, si aggiungeva il celtico continentale o gallico, parlato in Gallia, Germania meridionale, Italia settentrionale, pianura del Danubio, Galazia, ma di cui restano solo qualche iscrizione e parecchi nomi propri. Anche le odierne lingue ‘insulari’ sono in regresso salvo l’irlandese che nella Repubblica d’Irlanda ha riacquistato la funzione di lingua nazionale. Fra i caratteri distintivi di tutte le lingue celtiche si rilevano ī da indoeuropeo ē (gallico Catu-rīx «re della battaglia», cfr. lat. rēx); la scomparsa di p iniziale (gallico Are-morici «che stanno presso il mare», cfr. gr. παρά «presso»). Per le lingue celtiche insulari sono inoltre caratteristici: l’alterazione dell’antico vocalismo sotto l’influsso di un accento intensivo che nel gruppo gaelico colpiva la prima sillaba della parola, in quello britannico la penultima, e i conseguenti fenomeni di metafonesi ed epentesi che portano alla costituzione di un vocalismo quasi completamente nuovo; la perdita della declinazione e il passaggio del verbo al primo posto della frase come collocazione normale.
Dal 2° sec. d.C. i C. conobbero la cultura classica e il cristianesimo, finché nel 5° sec., dopo l’apostolato di s. Patrizio, l’Irlanda divenne centro della cultura classica agonizzante in tutta l’Europa. Quando nel 7° sec. si cominciarono a fissare i testi delle vecchie epopee nazionali, tracce di cristianesimo si sovrapposero alla tradizione letteraria ereditata. Un fenomeno analogo si verificò anche nella Britannia. Perciò le letterature celtiche possono essere divise in due rami: il gaelico (irlandese) e il britannico (cimrico).
La letteratura gaelica d’Irlanda si svolge dal 7° al 17° sec., quando con G. Keating (m. 1650) si chiude il periodo antico della letteratura irlandese. Il ciclo degli Ulati dà la massima manifestazione dell’epica irlandese con la Táin bó Cualnge («Razzia delle mucche di C.»; redazione definitiva fissata nel 7° sec.). Mentre il ciclo dell’Ulster fu fissato prima delle invasioni del 9° sec., quello di Leinster si sviluppa nell’11° fino al 18°. Il ciclo degli Ulati, che offre la massima manifestazione dell’epica irlandese, è fissato nel 7° sec., il ciclo dell’Ulster prima delle invasioni del 9° sec. e il ciclo di Leinster dall’11° al 18° secolo. Forma originaria dell’epica irlandese è la prosa e solo in cicli più recenti appaiono passi poetici. La passione per l’epos nazionale si avvicinò gradualmente all’interesse storico, documentato da tre grandi raccolte annalistiche (dal 7° sec. al 17°). La cronaca più antica, Annali di Tigernach, reca notizie dal 305 a.C. all’11° secolo. Per la letteratura gaelica di Scozia, il più antico documento linguistico è un vangelo latino con annotazioni (11° o 12° sec.) in un irlandese un po’ diverso da quello d’Irlanda. Nel 18° sec. la poesia popolare scozzese assurse a fama continentale e se ne cercarono le fonti, specie dopo le polemiche sull’autenticità dei poemetti epici di J. Macpherson, attribuiti a Ossian, figlio di Fingal, re irlandese del 3° secolo. La prosa si affermò in ritardo, solo alla fine del 18° sec. con la traduzione della Bibbia (1783-1801).
La letteratura dei C. del gruppo britannico s’ispirava, per la saga eroica e la lirica guerriera, alle lotte contro i Sassoni invasori (dal 5° sec. in poi), manifestandosi attraverso i leggendari bardi del 6° secolo. L’autore più antico di epoca accertabile è Gildas, storico che, intorno al 540, scrisse, ancora in latino, De excidio Britanniae. Parte importante nelle tradizioni cimriche ebbero i Mabinogion (➔), fonte più o meno diretta di motivi e personaggi del ciclo arturiano o bretone in lingua d’oil. La poesia dei bardi cominciò a fiorire all’inizio del 12° secolo. Il massimo poeta cimrico fu Dafydd ab Gwilym (m. 1368) che mostra numerosi influssi provenzali. Nel 16° sec. si ebbero le prime manifestazioni di teatro popolare tratte da misteri inglesi e presto assai diffuse. L’inizio della prosa moderna fu segnato dalla traduzione della Bibbia, apparsa, presso i Cimri, nel 1588. Per quanto riguarda la letteratura delle due famiglie minori dei C. britannici, quella cornica (della Cornovaglia) era di carattere eminentemente religioso, mentre nella Bretagna erano tragedie e canzoni tipicamente bretoni, di carattere amoroso, a costituire il patrimonio letterario più antico.