(ingl. Scotland) Regione della Gran Bretagna settentrionale (77.925 km2 con 5.168.500 ab. nel 2008; densità 66 ab./km2); capitale Edimburgo. Vi si possono distinguere, da N a S, tre zone morfologiche: Highlands, Lowlands e Southern Uplands.
Le Highlands, costituite da blocchi di rocce cristalline e metamorfiche molto antiche, occupano i 2/3 della regione e si presentano come piattaforme dolcemente inclinate verso SE, di modesta altezza (Ben Nevis, 1343 m). Il Glen Mor (solco originato da una frattura tettonica sul cui fondo si succedono laghi stretti e profondi, fra cui il Loch Ness) corre da mare a mare, dividendo le Highlands in North West Highlands e Monti Grampiani. La fascia costiera occidentale delle Highlands, la più articolata, incisa a N da numerosi piccoli fiordi (lochs), fronteggia le isole Ebridi. Altri gruppi insulari sono le Orcadi, all’estremità settentrionale della S., e, più a N di queste, le isole Shetland. La fascia costiera orientale, meno frastagliata e meno selvaggia, è più favorevole all’insediamento umano e alla pratica dell’agricoltura.
Anche le Southern Uplands sono piattaforme di rocce antiche, dolcemente inclinate verso SE, ma con forme meno aspre di quelle settentrionali. La parte occidentale, la più elevata, presenta circhi e laghi glaciali; il resto è occupato da pascoli e brughiere che si prestano all’allevamento ovino.
Fra i due blocchi elevati si interpongono le Lowlands, una lunga depressione dal fondo ondulato che il mare penetra da O e da E con le due insenature del Firth of Clyde e del Firth of Forth. In questa regione, che è la più ricca della S., si sono sviluppati i maggiori centri urbani. Il clima è temperato oceanico, con temperature più miti, per influsso della Corrente del Golfo, di quanto ci si aspetterebbe dalla latitudine. Elevatissima la piovosità, specie nella parte occidentale.
La distribuzione della popolazione è molto irregolare e risente sia della latitudine e dell’andamento morfologico sia delle differenti situazioni economiche. Le aree più densamente popolate sono quelle centrali, e coincidono, grosso modo, con il triangolo formato dalle città di Glasgow (la più popolosa, 634.680 ab. nel 2006), Edimburgo e Dundee. Altre città importanti sono Aberdeen, in forte espansione grazie alla scoperta del petrolio nel Mare del Nord, e Paisley.
L’economia della regione si fonda sullo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Mare del Nord, che, scoperti nei primi anni 1980, hanno inaugurato una nuova fase dello sviluppo industriale scozzese, dopo il declino dovuto alla crisi dell’industria pesante sviluppatasi fin dal 19° sec. per la presenza di giacimenti di ferro e di carbone. Oltre all’industria petrolchimica, rivestono un ruolo importante quelle elettronica e cantieristica; conservano inoltre una posizione di rilievo i tradizionali settori tessile (soprattutto produzione di lane di qualità; ➔ kilt) e alimentare (in particolare distillazione del whisky). L’attività agricola (cereali e leguminose) è presente soprattutto nella fascia orientale, dal Moray Firth ad Aberdeen, favorita dai suoli più fertili e da un clima meno piovoso. Nel resto della S. la prevalenza dell’incolto (almeno il 60% del territorio è coperto da brughiere o formazioni a esse associate) permette quasi esclusivamente l’allevamento ovino brado. Risorsa importante è la pesca, anche per l’industria di conservazione e lavorazione del pesce che alimenta. Nei porti scozzesi (Peterhead e Aberdeen, i più importanti) viene sbarcato oltre i 3/4 del pescato nazionale.
Per la natura montuosa di gran parte del paese e per lo scarso popolamento di vaste zone, le vie di comunicazione sono distribuite in modo assai ineguale. Mentre le strade ordinarie, le ferrovie e le vie d’acqua interne costituiscono una fitta rete nelle basseterre centrali, a N del Glen Mor la rete stradale e quella ferroviaria sono molto rade. I collegamenti aerei sono garantiti da cinque aeroporti internazionali e da diversi aeroporti regionali.
Abitata da popolazioni celtiche, la S. fu parzialmente occupata nel 1° sec. d.C. dai Romani, che vi esercitarono una certa influenza fino al 4° secolo. Nel 6° sec. l’azione della cristianità celta, partendo da Iona, affermò contro Roma la propria autonomia e contribuì ad approfondire il distacco tra l’Inghilterra e la S., che fu divisa in 4 organismi (i due regni dei Pitti, i Britanni di Strathclyde e gli Scoti Irlandesi di Dalriada); nell’8° sec. i Pitti estesero la loro supremazia sulle popolazioni vicine; nel 9° sec. il loro regno fu assoggettato da Kenneth McAlpin, il quale unì in un unico regno Dalriada e Caledonia, chiamandolo regno di S. (Scone).
La storia del regno celtico è la storia della difesa contro i Vichinghi e delle campagne per la conquista del Lothian a S, del Moray a N, dello Strathclyde a O. Il maggiore dei sovrani celti di S., Costantino II (900-940), rinnovò la struttura della Chiesa scozzese e consolidò il potere del sovrano sui nobili, pur riconoscendo la supremazia del re anglosassone. Lo Strathclyde si staccò dal regno negli ultimi anni di Costantino, e vi ritornò solo sotto il re Duncan di Strathclyde, che riunì sotto il suo scettro tutta la S., tranne le zone costiere in mano ai Vichinghi. Per assicurare la successione al trono di Duncan, Malcolm II aveva ucciso il nipote; il marito della sorella di questo, Macbeth, insorse, uccise Duncan (1040) e si impadronì del potere. Fu poi cacciato e ucciso dal figlio di Duncan, Malcolm Canmore (Malcolm III), con il quale si introdussero in S. le usanze religiose e sociali inglesi (1058-93). Con David I (1124-53) la S. diventò un tipico regno normanno di tipo feudale. La pressione inglese si era intanto fatta sempre più forte. Guglielmo il Leone (1165-1214) tentò la riconquista del Cumberland e del Northumberland perduti (1174) ma, sconfitto, dovette riconoscere la dipendenza feudale del suo regno dal sovrano inglese (1175).
Dopo la morte di Alessandro III (1244-86) e della nipote Margherita, il problema della successione travagliò gravemente la Scozia. I pretendenti erano: Giovanni Baliol, David conte di Nuntingdom e Robert Bruce (➔ Roberto I). Profittando della situazione, Edoardo d’Inghilterra prese in formale consegna la S. (1291), vi nominò dei reggenti e incaricò una commissione di Scozzesi e Inglesi di esaminare le pretese dei vari aspiranti al trono. Essa si pronunciò per Baliol (1292), incoronato re a Scone. Ma l’arrendevolezza di questo verso Edoardo indignò i nobili scozzesi, che si allearono con la Francia contro Edoardo (1295). Quando questo nel 1303 proclamò l’annessione della S. all’Inghilterra, Robert Bruce organizzò una rivolta di nobili e fu incoronato a Scone (1306). Alla sua morte gli Inglesi posero sul trono Edoardo Baliol, che nel 1333 cedette all’Inghilterra diversi territori. Il partito scozzese riebbe il sopravvento (1341) con David Bruce, figlio di Robert, con cui finì (1371) la discendenza di Roberto I.
Con Roberto II, che diede inizio alla dinastia degli Stuart, e Roberto III l’indebolimento della monarchia consentì alle fazioni nobiliari, in particolare ai potenti Douglas, di consolidare i propri poteri. Giacomo I tentò di riformare il Parlamento scozzese sul modello inglese e, attraverso una nuova legislazione, ridusse l’anarchia dei baroni; dopo il suo assassinio (1437), Giacomo II e Giacomo III proseguirono, ma con minor vigore, la sua opera. Giacomo IV attaccò i nobili e continuò l’alleanza con la Francia; nonostante il matrimonio con Margherita, figlia di Enrico VII di Inghilterra, aiutò le rivolte contro questi finché rimase ucciso a Flodden (1513).
Giacomo V sposò Maria di Guisa e, alla sua morte (1542), fu fatta regina la neonata Maria Stuarda. La madre, Maria di Guisa, governò fino al 1560 la S. come una provincia francese: la guerra contro l’Inghilterra fu continuata e l’opposizione filoinglese trovò un rinforzo nell’alleanza con i protestanti; J. Knox fu l’anima del covenant (1557), in cui i nobili scozzesi giurarono di identificare la causa della S. con quella della religione evangelica. L’alleanza con Elisabetta, di cui Maria dichiarava illegittima la successione vantando il proprio diritto, rese forte la fazione antifrancese, che, capeggiata da Knox e da J.S. Moray, prevalse con l’aiuto inglese. Alla morte di Maria di Guisa, il partito protestante e antifrancese accolse Maria Stuarda. Ma dopo il trattato di Edimburgo, in cui Maria Stuarda rinunciava alle sue pretese sul trono d’Inghilterra, il Parlamento adottò la fede calvinista e nel 1567 costrinse la cattolica Maria ad abdicare in favore del figlio minorenne Giacomo VI.
Divenuto maggiorenne, Giacomo VI governò la S. con una forma di potere assoluto, manipolando il Parlamento fino a ridurlo a un organo formale, e dopo la sua ascesa al trono d’Inghilterra (morta Elisabetta senza discendenza), con il nome di Giacomo I, si servì del nuovo potere per effettuare delle innovazioni in ambito ecclesiastico che suscitarono forti reazioni nel paese. L’unione personale tra le corone di S. e di Inghilterra non pose fine ai contrasti religiosi e politici fra i due regni. In contrapposizione alla Chiesa inglese governata dallo Stato, in S. la Chiesa nazionale riformata, governata da organi elettivi, impose il proprio controllo sullo Stato.
Alla morte di Giacomo I, il successore Carlo I sciolse il Parlamento inglese (1629) e governò senza di esso per 11 anni; in S., invece, fu costretto a lasciare che una assemblea di nobili, pastori e borghesi esaminasse le sue riforme. Quando il re volle imporre un nuovo rituale e una disciplina modellata su quella anglicana, e quando i vescovi tentarono di introdurre la nuova liturgia voluta dallo stesso Carlo I, la Chiesa scozzese rispose con il covenant del 1638, che riconfermò la professione di fede presbiteriana del 1581. L’abolizione dei vescovi, della nuova liturgia e dei nuovi canoni disposti da Carlo I, portarono alla prima guerra dei vescovi (1638-39). La seconda iniziò nel 1640 e si concluse con il trattato di Ripon. Gli Scozzesi imposero la revoca di tutte le riforme religiose dalla S. e il pagamento di una forte somma alle milizie del covenant, costringendo così Carlo I a convocare il Parlamento. La frattura fra Parlamento inglese e re si acuì con la Grande Rimostranza (1641), che sciolse l’episcopato e impose a Carlo I di scegliere i propri collaboratori solo se autorizzati dal Parlamento. Fu così che nel 1643 fu stretta la lega tra il partito presbiteriano di Argyll e il Parlamento inglese, per cui gli Scozzesi si impegnavano a sostenere il Parlamento e gli Inglesi a introdurre il presbiterianesimo nel loro paese.
Dopo vittorie e sconfitte da ambo le parti, l’ascesa di O. Cromwell indusse gli Scozzesi a mutare la loro politica Carlo I riuscì a convincerli a venire in suo soccorso (1648), ma Cromwell li sconfisse. Dopo la decapitazione di Carlo I (1649), gli Scozzesi elessero loro re Carlo II e minacciarono l’Inghilterra, ma furono disfatti da Cromwell (1650) e Carlo II fuggì in Francia. Cromwell tolse alla Chiesa presbiteriana il suo potere politico, abolì la giurisdizione feudale, pacificò i Highlands; ammettendo la nobiltà scozzese al parlamento di Londra, accelerando il processo di integrazione della nazione scozzese nello Stato britannico.
Con la Restaurazione, il potere del re si affermò contro i nobili e soprattutto contro la Chiesa: il Parlamento ripudiò il covenant e il potere ecclesiastico fu dichiarato prerogativa regia. I covenanters tentarono senza successo la resistenza armata, ma furono sconfitti e la persecuzione non ebbe fine che con l’avvento degli Orange. Con questi, i rapporti tra Inghilterra e S. rimasero tesi, finché nel 1692 Guglielmo III ordinò il massacro di tutto il clan dei Macdonald, solo perché non avevano giurato in tempo fedeltà alla nuova dinastia. Il problema dell’Unione fu affrontato con poco tatto, in un paese ancora ricco di lealismo stuardiano e di orgoglioso autonomismo. Anna Stuart nominò una commissione per trattare le condizioni dell’Unione (1702), ma una serie di provvedimenti unilaterali indussero il Parlamento scozzese a minacciare la separazione delle corone; l’Inghilterra, in guerra con la Francia e bisognosa di stabilità interna, fu costretta a concessioni. La S. conservava i suoi sistemi ecclesiastici, amministrativi e giudiziari, si impegnava a pagare il 2,5% del reddito nazionale e mandava 16 rappresentanti ai Lord e 45 ai Comuni. Il progetto fu approvato e l’Unione fu effettiva dal 1° maggio 1707. Da allora la storia della S. si confonde con quella della Gran Bretagna.
Negli anni 1970 emersero istanze autonomistiche: lo Scottish national party conobbe nell’arco di pochi anni una crescita sorprendente, ottenendo per la prima volta un seggio alla Camera dei Comuni e diventando il secondo partito della regione dopo i laburisti. Il governo Thatcher propose una forma di devoluzione a favore di S. e Galles, ma dopo la bocciatura referendaria, la legge fu revocata. La questione si ripropose nel 1997, quando un nuovo referendum popolare approvò l’istituzione di un Parlamento regionale competente anche in materia fiscale. Le prime elezioni si sono tenute nel 1999 e i laburisti hanno ottenuto la maggioranza dei seggi. Nelle elezioni del 2007 invece primo partito è risultato lo Scottish national party - il cui leader A. Salmond nello stesso anno è stato nominato capo del governo scozzese -, che alle consultazioni del 2011 ha ottenuto per la prima volta la maggioranza assoluta di 69 seggi su 129.
Il referendum per l'indipendenza dal Regno Unito svoltosi con un'eccezionale affluenza alle urne (circa l’85%) nel settembre 2014 ha sancito la vittoria degli unionisti, che hanno superato di circa dieci punti percentuali (55,3% contro 44,7%) gli elettori favorevoli alla scissione, evidenziando comunque la necessità di una forma più pronunciata di devolution in grado di garantire maggiore autonomia pur nella permanenza al'interno del contesto britannico. A seguito della sconfitta subìta dagli scissionisti, il premier Salmon ha rassegnato le dimissioni, subentrandogli dal mese di novembre N. Sturgeon, prima donna a ricoprire tale incarico. Nuovo impulso alle aspirazioni secessioniste è scaturito dal referendum del 23 giugno 2016 attraverso cui il Regno Unito ha scelto di uscire dall'Unione europea, mentre il 62% dei cittadini scozzesi ha espresso parere favorevole alla permanenza nell'organizzazione internazionale. Lo Scottish national party si è nuovamente affermato alle elezioni locali svoltesi nel maggio 2021, ma non ha raggiunto la maggioranza assoluta che avrebbe dato agli indipendentisti maggior forza nella richiesta di un nuovo referendum sulla secessione dal Regno Unito. Nel febbraio 2023 la premier Sturgeon si è dimessa dalla carica, subentrandole dal mese successivo H. Yousaf.
Lo scozzese è una lingua indoeuropea della famiglia germanica. Parlato oggi da circa 1.500.000 individui, giunse in S. con una popolazione di stirpe anglosassone nel 7° sec. d.C.; subì l’influsso delle lingue dei diversi dominatori della regione (notevole quello anglo-normanno, risalente all’11° sec.). La perdita dell’autonomia politica del regno nel 16° sec. favorì il suo processo di anglizzazione, ancora in corso.
Per la letteratura e l’arte della S. ➔ Gran Bretagna.
Esistono notevoli differenze fra le tradizioni musicali delle regioni meridionali (Lowlands) e di quelle settentrionale (Highlands): nelle prime prevale l’impianto modale, mentre nelle seconde la pentafonia è dominante (anche se si segnalano strutture esafoniche, specialmente nella musica delle isole Orcadi ed Ebridi).
Tra gli strumenti, il più diffuso in entrambe le zone è la cornamusa (bagpipe), già popolare nel 15° secolo. Tra i generi più diffusi per questo strumento, il pibroch, composizione dalla struttura complessa e ricca di virtuosismi. Oggi la cornamusa si usa soprattutto nella musica militare e nell’accompagnamento delle danze popolari come il reel e lo strathspey. Anche il violino conobbe, a partire dal 17° sec. una grande diffusione nella musica popolare.
Le prime raccolte di canti popolari e musiche strumentali furono pubblicate alla fine del 18° sec. e nel secolo successivo le melodie popolari scozzesi vennero trascritte e rielaborate da compositori come F.J. Haydn e L. van Beethoven. Grande impatto ebbe, soprattutto sulla letteratura romantica, la figura del mitico bardo Ossian.
La tradizione di musica colta in S. non si distingue sensibilmente da quella della Gran Bretagna ed ebbe particolare fervore a partire dal Rinascimento. Oggi l’attività musicale in S. è molto intensa, come testimoniano il Festival internazionale di Edimburgo e l’Orchestra nazionale scozzese, una delle istituzioni più prestigiose del paese.
Scuola scozzese Scuola filosofica sorta in S. nella seconda metà del 18° sec. intorno a T. Reid, in contrapposizione all’immaterialismo di G. Berkeley e, soprattutto, agli esiti scettici del fenomenismo di D. Hume. Le obiezioni di Reid e dei suoi seguaci investivano tutte le teorie della conoscenza fondate sulle ‘idee’ intese come rappresentazioni mentali degli oggetti esterni (da Cartesio a J. Locke fino a Hume) e a cui tali oggetti finivano per essere ridotti, con la conseguente perdita del senso della realtà connaturato all’uomo comune, il quale stenterebbe ad ammettere che le sue credenze non siano altro che idee e rappresentazioni e non vertano invece su oggetti reali esistenti indipendentemente dalle sue rappresentazioni. Di qui il privilegio accordato all’esperienza e ai ‘principi’ del senso comune, che dimostrerebbero l’esistenza reale degli oggetti appresi attraverso la percezione. Tra gli altri rappresentanti della scuola s., la cui produzione si protrasse fino ai primi decenni del 19° sec., J. Oswald, J. Beattie, D. Stewart, T. Brown, J. Mackintosh ampliarono le originarie tesi di Reid applicandole alla conoscenza scientifica, alla psicologia, all’etica e all’estetica. Le influenze della scuola s. si estesero fino a tutto il 19° sec. (W. Hamilton, H.L. Mansel, H. Calderwood) e tracce del suo realismo del senso comune sono ravvisabili anche in G.E. Moore.