In embriologia, area dell’embrione costituita da più cellule, più o meno ben delimitata dalle aree contigue sulla base delle proprietà che le competono. T. presuntivi Regioni dell’embrione che, nello sviluppo normale, danno origine a particolari organi.
Parte della superficie terrestre rispetto alla quale lo Stato esercita in modo esclusivo la propria sovranità. Attualmente non esiste alcun t. che non appartenga a uno Stato, a eccezione dell’Antartide, che è sottoposta a regime internazionale convenzionale. Insieme al popolo e alla sovranità, il t. costituisce uno degli elementi essenziali dello Stato. Secondo la dottrina, quando un’organizzazione di governo esercita in maniera effettiva e indipendente la propria sovranità su un popolo insediato in un t. si è in presenza di uno Stato.
Si definisce t. di uno Stato non solo la terra, comprensiva dei laghi, fiumi e golfi che vi si trovano (acque interne), ma anche il mare territoriale e lo spazio sovrastante il t. terrestre e quello marittimo.
Nel diritto internazionale consuetudinario, i principali modi di acquisto del t. erano l’occupazione di una porzione di terra non appartenente ad alcun altro Stato; la cessione per mezzo di trattato, seguita dal trasferimento effettivo e pacifico del t.; la conquista di un t. a seguito del ricorso alla forza armata; l’accessione, attraverso cui una nuova porzione di terraferma viene a formarsi accanto a un territorio già esistente a seguito di un processo fisico, come l’alluvione. Data l’inesistenza di t. liberi, l’occupazione ha ormai perduto importanza, mentre la conquista non è più legittima, in quanto l’affermarsi del divieto dell’uso della forza nelle relazioni tra Stati quale principio internazionale di natura consuetudinaria e imperativa comporta che non possa riconoscersi come situazione giuridica l’acquisizione territoriale ottenuta mediante il ricorso all’uso, o alla minaccia dell’uso della forza militare.
Nell’uso proprio del linguaggio geografico e di varie scienze umane, il concetto di t. va distinto da quelli di ambiente, spazio e regione, in quanto implica una precisa delimitazione areale, derivante da una ben determinabile pertinenza a un soggetto; questo, tramite il proprio agire, informa in maniera tipica e riconoscibile una porzione di spazio geografico, rendendola t. (processo di territorializzazione).
Negli ultimi decenni del 20° sec. il concetto di territorializzazione è andato precisandosi, divenendo, nel contempo, più complesso. Partendo dalla definizione di territorializzazione come processo, occorre distinguere, in primo luogo, i concetti di spazio geografico e di territorio. Il primo è piuttosto l’ambito dato e preesistente in cui si inserisce l’azione umana, in sé e per sé caratterizzato dalle fattezze naturali, dalla diffusione di determinate specie animali e vegetali spontanee, da certi assetti meteoclimatici e così via, ma sostanzialmente indifferenziato dal punto di vista antropico e, per così dire, ‘nullo’ o ‘equivalente’ in termini di valori. La territorializzazione, che la presenza dell’uomo innesca in un qualsiasi ambito spaziale, porta a caricare di valori le singole componenti e l’insieme di quell’ambito spaziale: valori affettivi, economici, giuridici, politici, linguistici (con i toponimi, tipiche espressioni della territorializzazione), ideologici, religiosi e via dicendo. Il processo di territorializzazione si presenta costantemente in fieri, senza alcuna possibilità teorica di precisarne a priori una conclusione e senza la possibilità operativa di stabilirne un inizio, salvo i pochi casi in cui uno spazio geografico dato sia stato occupato dalla specie umana in un’epoca storicamente documentata (tipico esempio, l’Antartide).
In ogni momento del processo di territorializzazione è possibile individuare le caratteristiche di uno specifico t., vale a dire l’esito puntuale, storicamente circoscritto e contestualizzato del processo, che per una larga parte si riverbera in uno specifico paesaggio. Nel suo insieme, il processo di territorializzazione va considerato cumulativo, nel senso che i diversi significati e valori che nel corso del tempo vengono attribuiti al medesimo t. ben difficilmente obliterano del tutto i numerosi apporti precedenti: nella generalità dei casi avviene una sostituzione solo parziale, più marcata per quanto riguarda le significazioni immateriali, maggiormente sensibili alle variazioni culturali, meno marcata per le significazioni materiali. In particolare, risalta la capacità di alcuni elementi territoriali (ancora una volta buon esempio ne sono i toponimi, ma anche la struttura delle vie di comunicazione, la localizzazione degli insediamenti come dei luoghi sacri ecc.) di resistere all’iterazione dei processi di attribuzione di senso che siano operati da gruppi umani portatori di valori differenti, e quindi di permanere evidenti nel t., sia pure attraverso una risignificazione anche sostanziale: caso classico può essere considerata la sovrapposizione di luoghi di culto cristiani a quelli pagani in tutta Europa, dove il valore religioso rimane in sé apprezzabile, nonostante la pressoché totale ‘ridefinizione’ del contesto cultuale. È invalso, del resto, l’uso di distinguere per quanto possibile momenti di deterritorializzazione e di riterritorializzazione, nell’ambito del continuum rappresentato dal processo di territorializzazione, per evidenziare quelle fasi in cui una qualche spinta culturale produce la progressiva perdita dei valori territoriali pregressi e la sostituzione o sovrimposizione di nuovi valori; fenomeni che possono essere esaminati solo per periodi di tempo relativamente estesi, generalmente contemporanei e con riferimento a evidenze macroscopiche. Esempio tipico appare quello dei t. oggetto di colonizzazione, deterritorializzati attraverso lo svilimento dei valori indigeni e riterritorializzati mediante l’attribuzione di valori esogeni; altro caso frequentemente invocato è quello che si ritiene consegua dalla globalizzazione dell’economia contemporanea, che comporterebbe una deterritorializzazione e una riterritorializzazione ordinata al conseguimento della massima efficienza in termini di sistema globale, in entrambi i momenti a detrimento dell’organizzazione di valori pregressa dei t. investiti dalla globalizzazione.
In etologia, l’area che viene occupata da un individuo o gruppo di individui (coppia, gruppo familiare o sociale, colonia) e difesa attivamente contro l’intrusione di altri individui della stessa specie, i cui confini vengono perciò marcati per mezzo di segnali chimici, acustici o visivi; il t. comprende generalmente i luoghi di riproduzione, di rifugio e le aree di alimentazione.