In filosofia del linguaggio, la relazione intercorrente tra un segno linguistico e l’entità extralinguistica a cui il segno si riferisce. Benché storicamente il concetto di riferimento (o denotazione) sia stato elaborato all’interno della più ampia teoria del significato, è soprattutto nel 19° sec. che comincia a delinearsi una vera e propria teoria del riferimento in qualche modo autonoma dalla teoria del significato. Le tesi di J.S. Mill costituiscono in larga misura la fonte delle teorie novecentesche del riferimento: egli distingueva la denotazione di un termine, cioè l’oggetto concreto a cui il termine si riferisce, dalla sua connotazione, cioè l’insieme degli attributi e delle caratteristiche associate al termine; Mill, tuttavia, negava che i termini singolari, per es. i nomi propri, avessero una connotazione oltre che una denotazione: i nomi propri si riferirebbero direttamente agli oggetti che denotano, a differenza dei termini generali, per es. «cane», «cavallo», «oro», ai quali sono associate proprietà che permetterebbero una univoca identificazione degli oggetti o degli individui a cui tali termini si applicano. La successiva distinzione di G. Frege tra il senso (Sinn) e la denotazione o riferimento (Bedeutung) di un segno corrispondeva a quella milliana, con la differenza sostanziale che per Frege anche i nomi propri possiedono una connotazione, cioè un senso, attraverso il quale sarebbe possibile determinare univocamente la loro denotazione. Una concezione analoga fu difesa anche da B. Russell, che considerava i nomi propri come abbreviazioni di descrizioni che consentono una non ambigua identificazione dell’oggetto denotato.
Alle teorie ‘descrittivistiche’ di Frege e Russell è stata contrapposta, a partire dagli anni 1960, per opera di K. Donnellan, S. Kripke e H. Putnam, una teoria del riferimento ‘diretto’, cioè non determinato attraverso sensi o descrizioni. Kripke ha soprattutto messo in evidenza che il riferimento di un nome proprio non è sempre univocamente determinato dalle proprietà descrittive a esso associate. Di qui la riproposizione della tesi milliana che i nomi propri sono privi di connotazione e designano direttamente l’oggetto a cui si riferiscono: il loro riferimento verrebbe fissato attraverso una sorta di ‘battesimo iniziale’ e mantenuto in virtù di una ‘catena causale comunicativa’ che si tramanda da individuo a individuo, in ciascuno dei quali è presente l’intenzione di riferirsi con un certo nome al medesimo individuo od oggetto. Considerazioni analoghe hanno condotto Kripke e, soprattutto, Putnam a separare anche l’uso referenziale dei cosiddetti termini di generi naturali (‘oro’, ‘acqua’ ecc.) dalle proprietà definitorie a essi associate (il colore, la lucentezza, la trasparenza ecc.): come i nomi propri, tali termini si riferirebbero direttamente a un tipo di sostanza, indipendentemente dalle caratteristiche epistemiche, contingenti e soggette a variazione, che potrebbero essere utilizzate per identificarne il riferimento.
In un dato spazio (a 1, 2, ... dimensioni) è un insieme di elementi, variabile da caso a caso (origine, assi coordinati, unità di misura ecc.), che permette di associare opportunamente a ogni ente geometrico (punto, retta ecc.) uno o più enti analitici (coordinate, equazioni ecc.). I riferimenti più usati sono: riferimento cartesiano, riferimento affine e riferimento proiettivo (nella retta, nel piano, nello spazio: in quest’ultimo caso, nello spazio ordinario, terna di riferimento), riferimento polare (nel piano e nello spazio). Altre qualifiche possono poi riguardare particolari proprietà del sistema di riferimento: per es., riferimento inerziale o galileiano (➔ inerzia).
Per un sistema di punti materiali, quello rispetto al quale il centro di massa del sistema è in quiete.
In psichiatria, attribuzione di un significato personale a ogni sorta di avvenimento, per casuale che sia: un gesto qualsiasi, il colpo di tosse di un passante, la frase di uno sconosciuto, una notizia di cronaca, una trasmissione radiofonica o televisiva.
Sindrome paranoide che con relativa frequenza si osserva nelle psicosi e che è intessuta di rappresentazioni deliranti.
Nel montaggio sulle macchine utensili di pezzi meccanici costruiti in serie è necessario predisporre un’attrezzatura che permetta di fissare la posizione precisa e invariabile del pezzo in lavorazione rispetto all’utensile, o agli utensili, indipendentemente dall’azione dell’operatore. Tali attrezzature operano il bloccaggio del pezzo agendo su opportune superfici grezze (che costituiscono i riferimenti), disposte in zone del pezzo che non offrano pericoli di deformazioni sotto le azioni combinate di bloccaggio da parte dell’attrezzatura e di lavoro da parte degli utensili; tali zone sono, se necessario, opportunamente irrobustite.