Insieme alla retta e al piano, uno degli enti fondamentali della geometria, la cui nozione intuitiva corrisponde all’idea di una posizione sulla retta, nel piano o nello spazio (si tratta cioè di una figura non scomponibile in parti e priva di dimensioni); nella geometria euclidea, la nozione, assunta come primitiva, è implicitamente definita dai postulati del piano; nel piano cartesiano un p. è rappresentato da una coppia di numeri reali (analogamente, nello spazio cartesiano, da una terna).
Accompagnato da attributi, il termine indica tipi particolari di p. o di enti che, considerati astrattamente, si possono intendere come punti.
P. di contatto o di tangenza P. in cui una retta è tangente a una curva o a una superficie (o, più in generale, in cui si ha una tangenza tra due varietà).
P. esterno Rispetto a una curva piana convessa (o a una superficie convessa), è un p. per il quale passano rette tangenti alla curva (o alla superficie).
P. fondamentale P. di una varietà algebrica V che, in una trasformazione birazionale tra V e un’altra varietà V′, non ha un corrispondente unico e determinato. Per es., in un’inversione per raggi vettori reciproci tra due piani coincidenti, il centro del cerchio d’inversione è p. fondamentale.
P. generico In una curva, superficie o varietà algebrica o analitica irriducibile, è ogni p. che non soddisfi una determinata condizione, rispettivamente algebrica o analitica, la quale sia soddisfatta soltanto dai p. di una sottovarietà di dimensione inferiore rispetto all’ambiente. Il concetto di p. generico è quindi relativo alla questione che si prende in esame. Così, dicendo che il p. generico di una superficie S irriducibile è un p. semplice, s’intende che i p. multipli di S si trovano soltanto su una curva di S, gli altri p. di S essendo tutti semplici (si dice anche: i p. multipli di S sono p. particolari). In senso analogo, ma non coincidente con il precedente, alcuni autori usano la locuzione p. generale (ingl. general point, ted. allgemeiner Punkt).
P. interno Rispetto a una curva piana convessa (o a una superficie convessa) è un p. per il quale non passano rette tangenti alla curva (o alla superficie).
P. medio di un segmento Il p. che divide il segmento in due parti uguali.
P. di misura In prospettiva, p. di misura di una retta r del geometrale sono i p. di fuga delle bisettrici tra r e la retta fondamentale.
P. di perdita Nella teoria delle ombre, è un p. in cui s’incontrano il contorno dell’ombra propria e il contorno dell’ombra autoportata di una data figura.
P. reale P. del piano complesso (e dello spazio complesso) con coordinate reali.
P. singolare o p. multiplo (in contrapposizione a p. semplice o ordinario). P. di una curva algebrica (o, più in generale, di una varietà algebrica) in cui ogni retta ha intersezione almeno doppia.
P. critico dell’inflazione Quello a cui il valore totale della massa circolante comincia a diminuire con l’aumentare della massa stessa, perché la svalutazione unitaria del biglietto cresce più che proporzionalmente al crescere del numero dei biglietti emessi.
P. di fuga dal mercato Il p. di intersezione della curva dei costi totali medi e di quella dei costi marginali; è così chiamato perché in regime di libera concorrenza un’impresa dovrebbe rinunciare a produrre qualora il prezzo di mercato divenisse a esso inferiore.
P. di svolta Con riferimento al ciclo economico, quello in cui dalla fase di espansione si passa a una fase di depressione (p. di svolta superiore o crisi) o viceversa (p. di svolta inferiore che segna la ripresa).
Per il p. di Cournot, p. di massimo beneficio per il monopolista ➔ Cournot, Antoine-Augustin e monopolio; per il p. metallico o p. dell’oro, con riferimento al mercato dei cambi ➔ metallico.
P. tipografico L’unità di misura di lunghezza usata in tipografia per il materiale di composizione. D’uso comune è il p. Didot, creato dal tipografo francese F.-A. Didot nel 18° sec.; esso equivale nel sistema metrico decimale a 0,376 mm. Il suo multiplo è la riga, uguale a 12 p. e quindi a 4,512 mm. Il sistema è perciò detto duodecimale. La riga, detta spesso anche cicero, corrispondeva, ai tempi di Didot, a un dodicesimo di pollice del piede reale, misura legale corrente.
Gli Anglosassoni usano come p. tipografico una unità di misura corrispondente a un settantaduesimo di pollice, cioè 0,351 mm; in Belgio si usa il p. Fournier, di 0,349 mm, introdotto dal francese P.-S. Fournier sempre nel 18° secolo.
P. materiale P. geometrico al quale si associa una massa; per es., a p. materiali possono essere assimilati, in prima approssimazione, nella balistica i proietti, nella meccanica celeste gli astri, nella fisica atomica le particelle elementari. La possibilità di schematizzare un corpo con un p. materiale non dipende dalle dimensioni o dalla natura del corpo ma soltanto dalla natura del problema che si sta considerando: qualunque corpo può essere schematizzato con un p. materiale quando le sue dimensioni lineari siano piccole (e possano quindi essere trascurate) rispetto alle distanze tipiche che compaiono nel problema e si prescinda dalle rotazioni del corpo intorno al proprio centro di massa. Il p. materiale al quale un sistema si può pensare assimilato è, in molte questioni di meccanica, il centro di massa del sistema medesimo, in cui si consideri concentrata la massa totale del sistema.
Complemento della lettera i minuscola, introdotto nella scrittura latina del Medioevo.
Due p. ravvicinati orizzontalmente (¨) e sovrapposti a una vocale sono di regola il segno della dieresi, ma in alcune lingue hanno altri valori: in tedesco e analogamente in altre lingue germaniche, sopra le lettere a, o, u, sono il segno della metafonesi (Umlaut); sulla e dell’alfabeto cirillico indicano la pronuncia i̯ò della vocale.
Come segno d’interpunzione, il p. (o p. fermo) indica fine del periodo, il p. e virgola (;) indica una pausa del discorso e un distacco logico più forte della virgola, meno forte del p. fermo; due p. (:) servono per introdurre un discorso diretto, una citazione testuale, un’enumerazione, una frase che serve di chiarimento o di amplificazione di quanto precede; per il p. esclamativo e il p. interrogativo ➔ esclamazione; interrogativo.
Una serie di p., di regola tre o quattro, alla fine di una frase o anche nel mezzo, indica che il discorso è stato interrotto volutamente, è rimasto in sospeso (p., o puntini, di sospensione o di reticenza); può servire anche, nelle citazioni di parole altrui, a tenere il posto di parole o frasi che si tralasciano (se hanno questa funzione, i puntini sono talvolta racchiusi in parentesi tonde o quadre). Si segna di solito un p. al termine di una parola abbreviata (seg.=seguente; p. es.=per esempio).
Nella scrittura greca un p. in alto (p. segnato in corrispondenza della parte più alta di una lettera) ha il valore che hanno nell’uso italiano il p. e virgola e i due p., mentre il segno di p. e virgola equivale al p. interrogativo.
Nei vari sistemi di trascrizione fonetica e di traslitterazione, il p. e i due p. come segni diacritici possono avere funzioni molto diverse. Per es., nelle traslitterazioni da lingue indiane il p. sottoposto contraddistingue le consonanti cacuminali (per es., ṭ, ḍ); alcuni sistemi di trascrizione fonetica si servono dei due p. disposti verticalmente di seguito a una vocale per indicarne la lunghezza (per es., i:, y:), o di un p. sottoposto per indicare che la vocale è chiusa (per es., ẹ, ọ).
Un p. segnato sotto una lettera, nei manoscritti antichi, valeva a cancellare, eliminare quella lettera; nelle edizioni moderne, soprattutto di papiri o iscrizioni, indica lettura incerta.
In chirurgia, elemento della sutura (➔); il p. chirurgico è applicato, solitamente, con un ago manovrato a mano libera o mediante una pinza portaaghi; il filo può essere di lino, seta, catgut, metallo ecc., in rapporto agli scopi prefissi, per i quali inoltre si applicano i p. in forma differente, dando luogo alle varie suture. Il p. infine viene serrato con un nodo variamente praticato secondo i casi.
Per estensione si dà il nome di p. anche ad altri mezzi di sutura, quali le grappette, o agrafes, metalliche, che si applicano soltanto per la pelle, e alle clip di argento che si usano per l’emostasi dei vasi meningei.
Nel cucito e nel ricamo, l’atto del passare il filo attraverso la stoffa e ripassarlo a breve distanza e il risultato di tale atto.
Nel cucito, il primo e più semplice dei p. è la filza, che si esegue da destra a sinistra; seguono il p. indietro, da destra a sinistra, che si presenta come una serie di p. separati l’uno dall’altro da un piccolo intervallo, e l’impuntura che si esegue nello stesso modo ma i cui p. si susseguono senza interruzione: nel cucito questi due p. sono quasi sempre sostituiti dalla cucitura a macchina. Altro tipo è il sopraggitto, usato per unire due lembi di tessuto: si esegue da destra a sinistra con filato resistente (sue varianti il sopraggitto antico e il p. accavallato). Il soppunto (o p. d’orlo) serve a fermare dal rovescio l’orlo comune.
Anche nel ricamo ad ago il p. più semplice è dato dalla filza, che si presta a moltissime applicazioni. Altri p. sono l’impuntura, il p. Madera o p. inglese, p. Parigi, p. Assisi, p. broccatello, p. catenella, p. madama o p. Caterina de’ Medici, p. croce, p. erba o p. stelo, p. festone o p. smerlo, p. stuoia o p. figura, p. foglia o p. spinato, p. ombra, p. Palestrina, p. pittura, p. raso, p. raso diviso o p. risparmiato, p. riccio, p. Rodi, p. spina, p. stemma ecc. (v. fig.); e ancora il p. passato, così chiamato perché nell’esecuzione del lavoro il filo passa sopra o sotto al tessuto alternativamente, coprendolo interamente al diritto o al rovescio: prende vari nomi secondo l’aspetto e l’applicazione che se ne fa nei lavori: passato piatto a fili contati (o p. antico o p. reale o p. toscano), che si eseguiva unicamente su motivi rettilinei, tanto in diritto quanto in sbieco; passato piatto contornato, usato nei lavori antichi, di solito contornato a p. riccio; passato pieno, imbastito e imbottito.
Nel ricamo di tappezzeria due p. decorativi sono: il mezzo p., che si esegue conducendo per la larghezza che richiede lo spazio del lavoro da eseguire un filo da destra a sinistra e coprendolo da sinistra a destra con mezzi p. obliqui, uguali a quelli del piccolo p.; il piccolo p., uguale alla prima parte del p. croce, così chiamato perché va eseguito su un solo filo di canovaccio e piccolissimo. I più begli esemplari di tappezzeria a mano sono eseguiti a piccolo punto. Nei p. a giorno rientrano il p. quadro, il gigliuccio e i vari p. di sfilato: russo, siciliano, sardo, del Campidano.
Nei merletti, alcune trine vengono anche indicate con il nome del p.: così nei merletti ad ago il p. Venezia, il p. di rosa (anche detto Venezia o p. rosellino), il p. Burano, il p. Colbert, il p. d’Alençon, il p. Argentan; nei merletti a fuselli il p. di Milano, il p. di Genova, e nei merletti misti il p. d’Inghilterra già detto p. di Bruxelles, il p. di Bruxelles o p. gaze.
Nel lavoro a maglia prende il nome di p. ogni tipo di maglia che presenta un disegno particolare.
Un p. segnato a destra di una nota o di una pausa ne aumenta della metà la durata; se vi sono più p., ciascuno determina un aumento della metà del valore del p. precedente; il p. posto sopra una nota indica uno speciale modo di esecuzione, che si dice staccato.
P. segreti Segni convenzionali posti sulle monete per indicare la zecca in cui erano coniate, le varie emissioni, gli zecchieri, gli ufficiali monetari incaricati di sorvegliare la coniazione; erano detti così perché il loro significato doveva essere conosciuto solo da pochi. Sono lettere di forma leggermente modificata (come O tondo o lungo), p. posti entro o sotto le lettere della leggenda, corrispondendo la lettera così segnata a una determinata zecca secondo un certo numero d’ordine ecc.
P. morto Ciascuna delle due posizioni estreme della traiettoria di un qualsiasi organo meccanico in moto oscillatorio; in particolare, in una macchina alternativa, la locuzione è usata per indicare le posizioni estreme dello stantuffo (mobile di moto alternativo rettilineo) nell’interno del cilindro. Se lo stantuffo trasmette o riceve il movimento da un albero per mezzo di una manovella e di una biella e se l’asse dell’albero e del cilindro sono complanari, la distanza tra i due p. morti (corsa dello stantuffo) è uguale al doppio del raggio di manovella. Il p. morto più lontano dall’albero e quello più vicino prendono rispettivamente il nome di p. morto esterno e interno. P.-nave Nel linguaggio marinaresco, la posizione geografica di una nave, definita o dalle coordinate geografiche, longitudine e latitudine (p. osservato); ovvero da rilevamenti rispetto a due p. terrestri di posizione nota (p. rilevato); ovvero da rilevamenti radioelettrici (p. radioelettrico, e in particolare radiogoniometrico, LORAN ecc.); ovvero, infine, in base alle rotte percorse a partire da una posizione determinata, al tempo impiegato e alla velocità mantenuta, tenendo conto delle influenze perturbatrici del vento, delle correnti ecc. (p. stimato). Saldatura a p. Tipo di saldatura di lamiere in cui l’effetto combinato della pressione di due elettrodi e del passaggio di corrente elettrica dà luogo alla formazione di p. di saldatura.