La forma particolare di essere o di presentarsi di una cosa, o di operare, procedere e simili.
Il m. è tradizionalmente considerato un elemento accidentale del negozio giuridico. Consiste in un onere o peso che può essere imposto all’erede e al legatario (art. 647 c.c.); può essere altresì previsto a carico del donatario (art. 793 c.c.) e in generale del beneficiario di negozi a titolo gratuito. Il m. obbliga il beneficiario a dare, fare o non fare qualcosa a favore del disponente o di terzi, ma il legatario e il donatario sono tenuti all’adempimento dell’onere solo entro i limiti del valore della cosa legata o donata (art. 671 e 793 c.c.). Per l’adempimento del m. può agire qualunque interessato e in caso di inadempimento l’autorità giudiziaria può pronunciare la risoluzione della disposizione testamentaria se ne ha costituito il solo motivo determinante o se è stata prevista dal testatore; la risoluzione della donazione per inadempimento del m. può essere domandata dal donante o dai suoi eredi se prevista nella donazione (art. 648, 793 e 794 c.c.). Il m. impossibile o illecito si considera non apposto, ma rende nulla la donazione, l’istituzione di erede o il legato se ne ha costituito il solo motivo determinante (artt. 647 e 794 c.c.).
In generale la qualificazione, non essenziale, che una data realtà può assumere nel suo divenire, o comunque nella sua natura: in questo senso il termine fu usato soprattutto nella Scolastica, e acquistò poi il massimo interesse nella scuola cartesiana e in B. Spinoza, il quale chiama m., o modificazioni, tutte le particolari forme in cui si presenta l’unica, infinita sostanza.
Nella logica aristotelica, e poi nella tradizione latina e medievale, m. del sillogismo sono i vari tipi sillogistici, che in seno a una data ‘figura’ si potevano ottenere a seconda che ciascuna delle premesse fosse affermativa o negativa, universale o particolare.
In petrografia, l’incidenza percentuale volumetrica con cui, in una roccia, ricorrono i vari minerali costituenti. La misura del m. si esegue al microscopio polarizzatore con l’ausilio di un tavolo integratore che consente spostamenti lineari micrometrici (strisciate) secondo due direzioni fondamentali x, y di un piano cartesiano. Il principio operativo è basato su un dato statistico, ampiamente confermato dalla pratica, secondo cui, se in una sezione piana di una roccia si traccia una retta, dalle lunghezze dei segmenti lungo i quali la retta attraversa le singole specie incontrate è possibile risalire alla percentuale volumetrica con cui ciascun minerale è presente nella roccia stessa. I segmenti relativi a ogni specie vengono conteggiati separatamente, così che l’operatore, eseguita un’analisi modale, dispone di tante somme parziali quante sono le fasi mineralogiche osservate e può procedere al calcolo delle incidenze percentuali. La garanzia di una determinazione statisticamente valida si ha quando la taglia dei minerali è piuttosto omogenea; se invece, in una stessa roccia, sono contenuti minerali di dimensioni sensibilmente diverse o si ha partecipazione di componenti vetrose, è necessario introdurre nei calcoli alcuni fattori correttivi. I tradizionali tavoli integratori con tabulazione manuale sono stati sostituiti contatori elettronici che favoriscono la rapida esecuzione di numerose strisciate e una più agevole lettura dei segmenti misurati.
Categoria fondamentale, insieme al tempo e all’aspetto, della flessione verbale nelle lingue indoeuropee. Originariamente definiva l’atteggiamento del soggetto parlante di fronte all’azione enunciata: l’indicativo esprimeva la semplice enunciazione di un’azione, pensata come reale; il congiuntivo un’azione desiderata o temuta, o ritenuta impossibile, incerta, o comunque non pensata come tale; l’imperativo un’azione imposta. Questa funzionalità espressiva del m. appare sempre più limitata, nelle lingue moderne, per il suo progressivo grammaticalizzarsi fino a divenire un elemento meccanicamente determinato da altri (congiunzioni, determinati tipi di frase ecc.).
Nelle lingue moderne europee i m. sono per lo più limitati a tre, indicativo, congiuntivo e imperativo, o al più a quattro, con il condizionale: vi è però una diffusa tendenza, specialmente nelle lingue germaniche e slave, e nella lingua parlata, a ridurre i m. ai soli indicativo e imperativo.
Si chiamano impropriamente m. anche l’infinito, il participio, il gerundio e il gerundivo, che sono invece forme nominali del verbo.
Insieme ordinato di intervalli che definisce i rapporti gerarchici tra i vari gradi della scala (➔) corrispondente. Poiché molte sono le maniere in cui essi possono susseguirsi all’interno dell’ottava, molti sono i m. possibili. Il sistema musicale greco-romano aveva 7 m. e il gregoriano 8, 4 autentici (dorico, frigio, lidio, misolidio) e 4 plagali (ipodorico, ipofrigio, ipolidio, ipomisolidio; v. tab.). Diverse erano anche le estensioni dei m. in ciascun sistema. Nella teoria musicale greca il m. era una successione di 4 suoni discendenti (tetracordo) caratterizzati dall’immutabilità del primo e del quarto grado e dalla possibilità di variare il secondo e il terzo, secondo il genere. Il m. rappresentava quindi una sorta di microstruttura che generava le armonie ed era alla base del cosiddetto sistema perfetto, composto da 15 suoni. Nel canto gregoriano per m. si intendeva una struttura scalare di 8 suoni ascendenti, caratterizzata per la posizione di due note caratteristiche, la finalis e la repercussio (o corda di recita). Nella musica tonale sono rimasti solo due m.: il m. maggiore (con terza maggiore) e il m. minore (con terza minore).
Nella teoria medievale del mensuralismo il termine m. (o modus) indicava il rapporto tra maxima e longa. Si diceva m. maggiore perfetto e m. maggiore imperfetto quando il valore della maxima era, rispettivamente, ternario o binario. Parimenti, le espressioni m. minore perfetto e m. minore imperfetto si riferivano al valore ternario o binario della longa. A queste espressioni facevano, poi, seguito quelle di tempo perfetto e imperfetto o di prolazione maggiore e minore, con le quali era indicato il valore ternario o binario della breve e della semibreve.