Ciascuno dei segni con cui si rappresentano graficamente i suoni delle vocali e delle consonanti di un alfabeto.
Comunicazione scritta che una persona indirizza a un’altra, oppure a un ufficio, a un ente pubblico o privato, e nome di vari documenti emanati da autorità ecclesiastiche o civili, da cancellerie sovrane, vescovili ecc., contenenti istruzioni o comunicazioni di varia natura. Nell’uso medievale si dicono pure l. alcuni documenti di natura dispositiva (più propriamente chartae), per es., le litterae testamentales, civitatis, securitatis ecc.
All’origine di ogni alfabeto, si cerca di rappresentare ciascun fonema con un segno proprio (l. o gruppo di l.); l’evoluzione fonetica, che non sia seguita da riforma ortografica, altera però spesso questo rapporto, sicché in uno stadio più avanzato si incontrano, in molte lingue, numerosi casi in cui una stessa l. o gruppo di l. può indicare fonemi diversi (cfr. per es., in italiano mezzo «metà» e mezzo «fradicio»), o viceversa un unico fonema può essere rappresentato con l. o gruppi di l. diversi (cfr. per es., in francese, cent e sang che hanno la medesima pronuncia). Esistono anche varianti di posizione (per es., le due forme del sigma greco, σ iniziale o interna, ς finale) o lasciate alla scelta dello scrivente (per es., in ted., über o ueber). Può infine presentarsi il caso che una lettera non esprima alcun suono (per es., h nelle voci del verbo avere).
Nel computo del calendario, lettera domenicale, lettera lunare, lettera nundinale ecc., l. che, associate ciascuna a un particolare dato temporale (per es., la prima domenica dell’anno), permettono con facile calcolo di localizzare nell’anno determinate ricorrenze o fatti astronomici. I cronologi medievali idearono un sistema (detto delle lettere feriali o domenicali), ancora oggi usato nei libri liturgici, per conoscere in quale giorno cadessero le domeniche e gli altri giorni della settimana di ogni anno. Esso consiste nell’attribuire al primo giorno dell’anno la l. A, cui si fanno succedere le altre fino a toccare la prima domenica; dalla l. che indica la domenica (lettera domenicale) è possibile sapere in che giorno del mese di gennaio cade detta domenica, che serve a sua volta anche da punto di partenza per calcolare tutte le domeniche successive. Dalla l. domenicale viene poi designato l’anno. Negli anni bisestili, alla l. domenicale viene affiancata, nella designazione dell’anno, una seconda l. domenicale, valida a partire dal 25 febbraio incluso, che è poi la l. antecedente a quella adoperata fino al 24 febbraio.
In matematica, il calcolo letterale è quello che opera su quantità (usualmente numeri razionali, o reali, o complessi) indicate mediante l.; questa rappresentazione è necessaria quando si vuol parlare dei numeri e delle loro proprietà in generale, ossia indipendentemente dai particolari valori che, caso per caso, si possono a essi attribuire. Naturalmente, il risultato di una qualsiasi operazione su l. non si potrà di solito valutare numericamente ma solo indicare. Nel calcolo letterale è anzitutto necessario fissare il significato del simbolismo impiegato: a + b; a − b; ab (o a × b, a ∙ b); a/b indicano rispettivamente la somma, la differenza, il prodotto e il quoziente di a e b (con l’avvertenza che, nella divisione, il divisore b deve essere sempre supposto diverso da zero). Per quel che riguarda il segno − valgono le seguenti convenzioni e regole:
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Le regole del calcolo letterale derivano tutte dalle proprietà formali delle operazioni tra numeri (razionali, reali o complessi). L’impiego di l. come indeterminate si estende a ogni sistema algebrico (gruppo, anello, corpo ecc.); le l. indicano i vari elementi del sistema. Le relative regole del calcolo letterale dipendono dalle proprietà formali (o assiomi) delle operazioni definite nel sistema (➔ algebra).
Nell’antico Egitto le l. erano scritte su papiri, su cocci o su tavolette d’argilla. Le l. egiziane e babilonesi più antiche risalgono al 3° millennio a.C. I Greci e i Romani adoperavano tavolette di legno o d’avorio, ricoperte di cera su cui scrivevano con uno stilo. Le tavolette erano legate a due, a tre o più e sigillate con il sigillo del mittente. Per le l. si usarono anche papiri, su cui si scriveva con il calamo e l’inchiostro. L’uso della pergamena cominciò verso la fine dell’antichità fino a tutto l’Alto Medioevo. Dal 12° sec. circa si usò la carta di stracci e la pergamena continuò a essere usata dai soli sovrani, fino a che non fu completamente soppiantata dalla carta.
Tra i documenti sovrani (anche pontifici) si distinguono le l. dai diplomi (o privilegi) in quanto quelle riguardano in genere la trattazione di affari, trasmettono ordini (mandati) o concedono grazie personali e sono redatte con formulario più semplice e con minori formalità esterne rispetto ai documenti più solenni. Possono essere aperte (litterae patentes) o chiuse (litterae clausae o secretae). A partire dal 12° sec. si possono distinguere, in base a caratteri esterni, le lettere che concedono una grazia (litterae gratiosae) da quelle che trasmettono ordini o disposizioni (litterae executoriae, dette anche mandamenta): le prime sono sigillate con filo di seta e hanno al principio il nome del papa in l. grandi e ornate, le seconde portano il sigillo con filo di canapa e in esse solo la prima l. del nome del papa è ornata; con il 13° sec. inizia un tipo di l. più solenni, senza indicazione di destinatario ma con la formula ad perpetuam rei memoriam o simile (hanno tutta la prima linea in caratteri grandi e ornati); nel 14° sec. sorge una nuova forma di l. che deriva direttamente dal tipo epistolare del tempo, il breve; nel 15° sec. iniziano le lettere concistoriali, emanate in concistoro e munite delle firme autografe del papa e dei cardinali.
Oggi si indicano genericamente con il nome di lettere apostoliche tutte le l. emanate dal sommo pontefice come persona pubblica della Chiesa. Sotto l’aspetto della forma esterna, si distinguono in l. con il sigillo plumbeo o bolle, l. con sigillo di cera o brevi, e l. senza sigillo con la sola firma del pontefice; le prime due forme sono le più antiche e le più solenni e sono scritte su pergamena; la terza, su carta comune, è oggi la forma più in uso. Secondo una classificazione basata sul contenuto e il valore giuridico del documento, le l. apostoliche si dividono in dottrinali e disciplinari: alla prima categoria appartengono le costituzioni dogmatiche per la definizione dei dogmi, le l. decretali per la canonizzazione dei santi, le l. encicliche, le epistole apostoliche e le esortazioni apostoliche e, infine le semplici l. pontificie e i messaggi che il papa suole inviare a organismi o persone in occasione di particolari solennità; nella seconda categoria hanno il primo posto le costituzioni apostoliche, che regolano le materie più importanti nel campo del diritto della Chiesa. Per atti legislativi di minore portata e di carattere più limitato si usano i motuproprio. Le l. apostoliche propriamente dette riguardano la concessione di privilegi, nomine, onorificenze ecc. Molto simili a queste sono i chirografi, l. redatte in forma semplice, senza l’osservanza del rigido formulario degli altri documenti. Tutte le l. apostoliche oggi vengono redatte dalla Segreteria di Stato vaticana e sono normalmente pubblicate negli Acta Apostolicae Sedis.
Le lettere ecclesiastiche sono documenti pubblici per la loro destinazione e per l’autorità da cui provengono, che mirano a far fede su un decreto emanato dall’ordinario o su qualche altra sua istruzione o costituzione.
Lettere arbitrarie Istruzioni di Roberto I di Napoli dirette ai giudici del suo regno, con le quali dava loro facoltà di commutare, di loro arbitrio, le pene afflittive in pene pecuniarie, a vantaggio dello Stato.
Lettere di Maestà Sottoscritte il 9 luglio 1609 da Rodolfo II d’Asburgo, re di Boemia, assicuravano il libero esercizio del culto a quanti aderissero alla ‘confessione boema’. Con esse la nobiltà otteneva di poter controllare il concistoro degli utraquisti e l’università di Praga, che nel frattempo stava passando in mani cattoliche; a questa e alle municipalità più importanti era infine riconosciuto il diritto di costruire nuove chiese e scuole.
Lettere di marca I permessi sovrani che autorizzavano armatori privati di navi mercantili ad armare navi per la guerra di corsa contro navi di una nazione nemica. I primi esempi noti risalgono alla fine del 14° sec.; con la convenzione internazionale di Parigi del 1856 i governi rinunciarono a tale uso.
Lettere di patronage Documento rilasciato da un soggetto, detto patron, contenente dichiarazioni intese a garantire la solvibilità di un terzo, spesso rappresentato da una società controllata, in occasione di un’operazione di finanziamento. Si tratta di forme di garanzia atipiche, utilizzate nella prassi e non rappresentabili in bilancio. In particolare, si parla di lettere di patronage forte, quando il patron si impegna a esercitare tutta la sua influenza affinché il garantito onori le proprie obbligazioni, o altrimenti a fornirgli i mezzi finanziari necessari; e di lettere di patronage debole laddove il documento contenga l’attestazione del rapporto di controllo e l’impegno a comunicare tempestivamente al finanziatore ogni mutamento di partecipazione. Le l. del primo tipo sono ormai considerate unanimemente fonti di responsabilità dell’emittente, alla stregua della promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.); sulle seconde, invece, non vi è concordanza riguardo all’interpretazione.