Bene giuridico protetto dalle norme disciplinanti i delitti di falso (➔ falsità). È definita pubblica la f. integrante un fenomeno collettivo permanente, un peculiare atteggiamento morale o un costume sociale, privata quella che costituisce un fatto contingente e individuale. Posto che il significato di tale dicotomia è relativo alla branca del diritto cui ci si riferisce, l’impegno della dottrina nel chiarire il concetto si è tradotto in una molteplicità di posizioni e di definizioni, che ravvisano la f. pubblica ora nella sua imposizione da parte dello Stato, ora nei segni e nelle forme esteriori con cui lo Stato sanziona la f. protetta, ora nel travestimento dell’antica teoria del diritto alla verità. Quale base comune di queste posizioni si può individuare il dato che la fiducia accordata dalla generalità dei cittadini, sulla base di un determinato ordinamento giuridico e in forza della convinzione circa la sua utilità, si può pacificamente considerare f. pubblica e può costituire un bene giuridico degno di tutela normativa. Oltre che dai delitti di falso, la f. pubblica può essere offesa da ulteriori e diversi tipi di reato, come la bancarotta, la frode in commercio, le truffe. Va inoltre precisato che la peculiare natura polivalente del concetto di f. pubblica ha indotto a elaborare l’espressione ‘fedeltà e fiducia’, a cui sottende l’idea di un rapporto dinamico tra la fedeltà che è possibile attendere dal prossimo e la fiducia che ne deriva.
L’introduzione di tale categoria nel sistema giuridico penale risalirebbe, secondo la dottrina italiana, a G. Filangieri, secondo quella tedesca a K.E.F. Rosshirt. In realtà, l’idea era già presente nel De officis di Cicerone e fu accolta nel Digesto, nonché nel diritto comune tedesco.
Credenza piena e fiduciosa che procede da intima convinzione o si fonda sull’autorità altrui, più che su prove oggettive o logiche.
Nella teologia cattolica, la prima delle virtù teologali, definita (Concilio Vaticano I, sess. III, Constit. De Fide, 3) «virtù soprannaturale per la quale, con l’ispirazione e l’aiuto della grazia di Dio, crediamo esser vere le cose da lui rivelate, non a causa della verità intrinseca delle cose stesse, scorta dal lume della ragione naturale, ma per l’autorità del Dio rivelante che non può ingannarsi né ingannare». Oggetto della f. è tutto ciò che Dio ha rivelato: anzitutto i misteri soprannaturali e non dimostrabili (Trinità, Incarnazione, Redenzione, Grazia, Sacramenti ecc.) e, in secondo luogo, le verità che la teologia cattolica ritiene dimostrabili razionalmente e che pure sono comprese nella Rivelazione (come l’esistenza di Dio); quindi è oggetto di f. ciò che è contenuto formalmente (anche implicitamente) nel deposito della f., affidato alla Chiesa e da questa fedelmente e inalterabilmente custodito, proposto come tale dal suo magistero, sia solenne sia ordinario, e progressivamente esplicitato.
Da parte del soggetto, l’atto di f., essendo atto conoscitivo, implica l’assenso dell’intelligenza, il quale però non è dato per l’evidenza intrinseca dell’oggetto (come nella conoscenza scientifica), bensì per la sua evidenza estrinseca che si fonda sull’autorità di Dio rivelante (che è il motivo formale della f.). Per ciò stesso, però, l’assenso non è esclusivamente un atto dell’intelletto, ma impegna tutto l’uomo, e anzitutto la sua volontà, la quale conduce l’intelletto a dare il suo assenso, con un giudizio di credibilità, all’oggetto della fede. L’atto di f. è così atto libero, in quanto dipende da libera scelta e libero assenso, dato a oggetto per sé oscuro, non riducibile a semplice evidenza razionale, ma non per questo meno certo fondandosi sulla veracità di Dio rivelante; inoltre l’atto di f., inizio di vita soprannaturale, non si consuma tutto nel soggetto, ma si fonda primariamente nella grazia divina che costituisce l’initium fidei infondendo nello spirito un pius credulitatis affectus, predisposizione soggettiva all’accettazione delle verità da credersi. Queste complesse caratteristiche dell’atto di f., com’è concepito dalla teologia cattolica, ne definiscono i caratteri essenziali, differenziandolo tanto dal concetto protestante di f. come atto di fiducia ( f. fiduciale), per il quale si crede che Dio applicherà al credente i meriti di Gesù Cristo giustificandolo dei suoi peccati, quanto dalle varie concezioni schiettamente soggettivistiche della f. che ne eliminano sia l’oggetto proprio sia i motivi formali di credibilità: si pensi, per es., alla f. fondata su esigenze di ragion pratica (dal kantismo al pragmatismo), o su un senso squisitamente umano di caducità e limitatezza che fa sentire l’anima soggetta a una realtà totalmente altra e infinitamente superiore (da F. Schleiermacher a W.F. Otto).
Per esser la f. un rationabile obsequium, atto che implica l’adesione dell’intelletto e della volontà a verità non evidenti per sé ma fondate sulla veracità di Dio, nasce il problema, centrale nel pensiero cristiano, del rapporto tra f. e ragione, che è preliminare a ogni speculazione teologica. Vari, storicamente e teoreticamente, gli atteggiamenti di fronte a questo problema, che si pose fin dalle prime generazioni cristiane. La posizione attuale della Chiesa cattolica si può sintetizzare con le parole di apertura dell’enciclica Fides et Ratio (1998) di Giovanni Paolo II: «La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso».
Denominazione assunta dalla Congregazione del Sant’Offizio in seguito al motuproprio di Paolo VI Integrae servandae (1965). La Congregazione ha il compito «di tutelare la dottrina riguardante la f. e i costumi in tutto il mondo cattolico». Presieduta da un cardinale prefetto, esamina le nuove dottrine in qualsiasi modo divulgate, promuove studi e congressi su queste materie; riprova dottrine contrarie ai principi della f.; esamina i libri che le vengono segnalati, ma potrà condannarli solo dopo aver sentito l’autore, cui è data facoltà di difendersi anche per iscritto; giudica i delitti contro la f.; provvede alla tutela della dignità del sacramento della Penitenza. Presso la Congregazione, Paolo VI istituì nel 1969 la Commissione teologica internazionale che ha lo scopo di aiutare il dicastero nell’esame delle questioni dottrinali di maggiore importanza. Con il motuproprio Tredecim anni iam (1982), Giovanni Paolo II ha promulgato gli statuti definitivi della Commissione.
Opera istituita da Leone XIII (1900) per far fronte al pericolo per la f. cattolica costituito dallo stabilirsi in Roma di varie confessioni riformate e dall’attiva propaganda che queste svolgevano. In sua sostituzione Pio XI istituì (1930), con personalità giuridica, la Pontificia opera (dal 1989 Opera romana) per la preservazione della f. e per la provvista di nuove chiese in Roma, sotto la presidenza del cardinale vicario di Roma.