P. del diritto Il principio (contrapposto a quello della territorialità del diritto) per il quale i soggetti di uno stesso ordinamento politico-giuridico o anche le persone viventi di fatto su uno stesso territorio, pur appartenendo a Stati diversi, possono regolarsi con leggi diverse: cioè con le leggi della stirpe o dello Stato cui appartengono, considerate come inerenti alla persona.
P. internazionale La titolarità, o l’idoneità ad assumere la titolarità, di situazioni giuridiche soggettive create da norme del diritto internazionale. La p., o soggettività, internazionale si identifica infatti con l’essere destinatari di dette norme, dovendosi considerare persone, o soggetti, internazionali solo gli enti ai quali sono consuetudinariamente imputate le attività consistenti nell’esercizio di diritti, facoltà e poteri, o nell’adempimento e inadempimento di obblighi derivanti dal diritto internazionale.
I soggetti internazionali. - Originariamente, la p. internazionale era propria solo degli Stati, che sono tuttora i soggetti internazionali primari, nonché necessari, in quanto acquistano la p. internazionale per il solo fatto della loro esistenza come enti sovrani e indipendenti (Stato. Diritto internazionale).
Hanno inoltre p. internazionale gli insorti, se organizzati ed esercitanti il controllo effettivo su una parte del territorio statale; i movimenti di liberazione nazionale in lotta contro un dominio coloniale, un’occupazione straniera o un regime razzista (Autodeterminazione dei popoli); la Santa Sede, soggetto per antica consuetudine, sebbene non destinataria, per sua natura, di alcune norme internazionali, come quelle applicabili nei conflitti armati (Santa Sede. Diritto internazionale).
Hanno altresì p. internazionale le unioni di Stati istituzionalizzate (Organizzazioni internazionali) qualora interagiscano di fatto con gli altri soggetti internazionali su un piano di parità e come enti autonomi, distinti dagli Stati membri; a differenza di quella degli Stati, la p. internazionale delle organizzazioni è però funzionale, finalizzata all’esercizio delle competenze loro attribuite dai trattati istitutivi.
Quanto agli individui, un numero crescente di norme internazionali ne prende in considerazione la condotta (Individui. diritto internazionale); in dottrina resta però prevalente l’opinione che essi non abbiano p. internazionale, dette norme potendo creare, modificare o estinguere le situazioni giuridiche soggettive degli individui solo per il tramite della legislazione statale.
P. psichica L’insieme delle disposizioni e delle funzioni affettive, volitive e intellettuali proprie di un individuo, che si riflette nel suo modo di reagire all’ambiente, nei suoi interessi e bisogni, nei suoi scopi, nel suo comportamento.
Numerose teorie della p. sono state formulate nell’ambito della psicologia contemporanea.
Teoria costituzionale. - Elaborata da W. Sheldon, sottolinea l’importanza dei fattori biologici e costituzionali nell’ambito della p., tentando di descrivere la p. stessa in termini di tre componenti fisiche di base (endomorfico, mesomorfico, ectomorfico) cui sono correlate tre costellazioni temperamentali primarie (viscerotonico, somatotonico e cerebrotonico).
Teoria fattoriale. - Si fonda sull’analisi fattoriale di R.B. Cattell. I tratti della p., definiti come «caratteristiche caratterologiche o relativamente stabili» sono distinti in ‘tratti di superficie’ e ‘tratti originari’. Secondo Cattell, proprio l’analisi fattoriale permetterebbe di evidenziare i tratti originari in contrapposizione a quelli di superficie, intesi i primi come tratti ‘esplicativi’, i secondi invece come ‘descrittivi’. Questi tratti originari possono essere poi ulteriormente distinti in tratti plasmati dall’ambiente e tratti costituzionali.
Teoria psicanalitica. - Delineata da S. Freud nel corso dell’evoluzione del suo pensiero, considera la p. come il risultato, dinamicamente organizzato nelle tre istanze dell’Es, dell’Io e del Super-io, dello sviluppo psicosessuale attraverso le fasi orale, anale, fallica, di latenza e genitale.
Teoria fenomenologico-esistenziale. - Questa teoria, che fa capo agli studi di K. Jaspers e L. Binswanger, pone l’accento sul concetto di ‘atteggiamento’ come espressione della personalità. L’atteggiamento può essere oggettivo, autoriflessivo o entusiastico, ed è solo all’interno degli stessi atteggiamenti che gli uomini possono entrare in comunicazione e comprendersi reciprocamente. Per Binswanger, nella definizione della p. è centrale il modo con cui ci si relaziona col tempo: la p. realizzata è rivolta al futuro e alla progettualità, la p. maniacale è concentrata solo sul presente, mentre la p. malinconica vive nel passato.
Teoria funzionalista. - Approccio psicologico sorto a opera di G.W. Allport, il quale ha tentato di elaborare una serie di concetti teorici in grado di giustificare l’unicità della p. e la sua complessità, in cui convergono fattori ereditari, temperamentali, sociali e psicologici in senso stretto. Fondamentale tra questi il concetto di ‘autonomia funzionale’, che pone l’accento sulla (relativa) indipendenza funzionale e sull’autonomia dei sistemi motivazionali dell’adulto rispetto ai sistemi motivazionali propri delle fasi precedenti di sviluppo. La p. è definita come «organizzazione dinamica nell’individuo di quei sistemi psicofisici che ne determinano il comportamento e il pensiero». Il concetto centrale della teoria è quello di proprium, visto come l’essenza della p., che include l’autocoscienza, il senso della continuità del sé, e soprattutto la specifica tendenza (propriate) a mete che realizzano le esigenze di crescita emotiva e cognitiva e di sviluppo della personalità. Vengono così sottolineati gli aspetti creativi e di autonoma determinazione della p., il suo costante ‘divenire’.
Teoria personologica. - Ideata da H.A. Murray, è una teoria eclettica della p., fortemente influenzata dalle posizioni psicanalitiche e tuttavia preoccupata di tenere in debito conto anche le influenze ambientali e di ricollegare il livello psicologico a quello dei sostrati neurofisiologici del comportamento. In questa prospettiva, la p. è vista come il fattore dinamico-funzionale in grado di mediare tra i ‘bisogni’ (needs) dell’individuo e le richieste ambientali. Seguendo lo schema psicanalitico dello sviluppo psicossessuale infantile, Murray ha proposto una complessa tassonomia dei bisogni fondamentali e una serie correlativa di ‘pressioni’ (press) definite come «ciò che un oggetto può fare al soggetto o per il soggetto». Tra gli strumenti d’indagine che hanno permesso l’individuazione dei bisogni e delle pressioni percettive va in particolare segnalato il TAT (Thematic apperception test), test proiettivo ormai divenuto classico, elaborato da Murray in collaborazione con C. Morgan.
Teoria del sé di C. Rogers. - Teoria della p. che si articola in tre sfere, l’organismo (l’individuo nella sua totalità), il campo fenomenico (la totalità dell’esperienza) e il Sé (risultante dall’interazione, in continuo divenire, tra organismo e ambiente). Si parla di p. compiuta quando c’è coincidenza tra il campo fenomenico e struttura del Sé.
Teoria cognitivista.- Secondo questa teoria, elaborata nell’ambito della corrente psicologica del cognitivismo, il concetto di p. viene a dipendere da quello di mente, intesa come un sistema informativo altamente complesso in cui i dati provenienti dal mondo esterno vengono registrati, elaborati e organizzati in strutture cognitive. La p. si sviluppa attraverso il superamento di crisi di dissonanza cognitiva, ogni volta che il sistema della mente entra in contatto con dati in dissonanza col precedente assetto cognitivo.
In ambito clinico, sono stati sviluppati molti nuovi strumenti, basati sulla struttura della p., intesa come un ‘sistema di tratti’, per cogliere e classificare i cosiddetti disordini della p. e del comportamento (Diagnostical and statistical manual of mental disorders, DSM-IV TR; Millon clinical multiaxial inventory III; Minnesota multiphasic personality inventory-2, MMPI ecc.). Non mancano tuttavia importanti obiezioni a proposito della possibilità di prevedere i comportamenti effettivi degli individui partendo dalla struttura della loro personalità. A questo proposito, sono state espresse riserve piuttosto radicali, che mettono in dubbio l’idea di una relazione coerente e stabile fra caratteristiche personali e comportamenti e sottolineano l’importanza, talora preponderante, del contesto e dei fattori situazionali. Le teorie dei tratti sono anche al centro della ricerca sociocognitiva sulle cosiddette teorie implicite della personalità. In questa linea, alcuni suggeriscono che la struttura della p. si trovi molto più «nella testa di chi giudica» che nella persona da giudicare, e sostengono che le persone costruiscono e interpretano il proprio mondo e il proprio posto nel mondo attraverso processi di inferenza e attribuzione che spesso spingono a sopravvalutare l’importanza delle caratteristiche interne, disposizionali, a svantaggio delle determinanti situazionali di eventi e comportamenti. La p. individuale sarebbe, in questo senso, anche il prodotto di una costruzione sociale della realtà, da collegare a processi come la formazione delle impressioni, la percezione interpersonale, la rappresentazione di sé.
Culto della p. Espressione (in russo kul´t ličnosti) con la quale il 20° congresso del Partito comunista dell’URSS (1956) definì il cieco ossequio alle direttive politiche non espresse dalla volontà dello Stato tutto, ma di un governante (nella fattispecie I.V. Stalin), stigmatizzandolo come principio di un regime di dittatura e contrario a ogni concetto di governo democratico.