La coscienza che l’io ha di sé stesso. Il termine ha trovato la più larga utilizzazione nel linguaggio idealistico, a partire da Kant in cui l’a. è la coscienza che ha di sé l’io puro quale condizione trascendentale del conoscere. Una posizione di maggiore rilievo l’a. assume nella storia dell’idealismo tedesco, una volta che l’io diviene principio creativo e non solo normativo rispetto alla realtà; così, in Fichte l’a. è la stessa creatività dell’io che si realizza ponendo il non io e superandolo incessantemente; in Schelling è l’«atto uno e assoluto» che ingloba tanto l’io quanto tutto quello che ha con lui relazione; in Hegel l’a. universale è il puro realizzarsi della ragione assoluta. Il concetto di a. si presenta nell’idealismo attualistico di G. Gentile come lo stesso processo con cui si costituisce l’io, o persona (che dunque non è un presupposto, ma si pone nell’a.).
L’a. si può definire come la consapevolezza della propria vita psichica, nella sua organizzazione dinamica, personale e mondana; luogo nel quale si mediano, spazio-temporalmente, le esperienze e i progetti del soggetto (esser consapevoli di essere qualcuno), e luogo delle relazioni del soggetto con il suo mondo (aver coscienza di rapportarsi a qualcosa).
Lo studio dell’a. permette di individuare alcuni ‘modi’ importanti, precisati da K. Jaspers e K. Schneider: a) il senso di attività: sono io che faccio, penso ecc.; esso declina o scompare negli stati di depersonalizzazione, dove c’è estraneamento dal mondo delle percezioni, senso di automatismo dei processi volitivi, perdita del sentimento dell’Io; l’alterazione piena dell’a. di esecuzione si manifesta nei fenomeni psicotici del ‘furto del pensiero’, dei ‘pensieri artificialmente indotti’, dell’influenzamento della volontà e delle pulsioni ‘comandate e imposte’; b) la consapevolezza dell’unicità: io sono sempre uno, unico; tale modo dell’a. si perde negli sdoppiamenti della personalità, negli stati di coscienza alternante, nel sentirsi ‘suddiviso’ in certi stati mentali indotti da droghe, ‘frammentato’ o ‘fuso in altri’, in alcune esperienze schizofreniche, pseudo-mistiche, isteriche; c) il senso dell’identità: io sono quello di ieri, sono lo stesso nello scorrere del tempo; questo modo dell’a. scompare nei deliri metabolici, di trasformazione, di influenzamento, di metamorfosi; d) la consapevolezza di esser io in contrapposizione agli altri e all’esterno, sia come io mentale sia come io corporeo; appartiene a questo modo dell’a. lo studio dei ‘confini dell’io’ così importante nella psicanalisi dell’Io. Lo stato di coscienza dell’addormentamento, le psicosi oneirofreniche di W. Mayer-Gross, gli stati di coscienza ipnotici e ipnoidi, l’ebbrezza mescalinica, la ‘diffusione dei pensieri’ schizofrenica costituiscono le vie più importanti per lo studio, in negativo, delle alterazioni di questo aspetto costitutivo dell’autocoscienza.