La prima fase di un’azione, di un fatto o, anche, la parte in cui una cosa comincia, oppure ciò che costituisce l’origine, la causa di un fatto o di una serie di fatti, o il costituente fondamentale di una sostanza, che ne determina le caratteristiche.
Concetto, affermazione, enunciato che forma uno dei fondamenti di una teoria, di una scienza o di una disciplina, di un particolare sistema o che, più semplicemente, sta alla base di un ragionamento, di una convinzione.
P. generali di diritto Nel diritto internazionale, i “principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili” sono indicati tra le fonti del diritto internazionale nell’art. 38, lett. c), dello Statuto della Corte internazionale di giustizia, che li elenca dopo le norme convenzionali (Trattati) e le norme consuetudinarie (Consuetudine. Diritto internazionale).
Affinché un p. generale di diritto interno sia applicabile nell’ordinamento internazionale, occorre che esso sia presente nella maggioranza degli ordinamenti degli Stati (l’espressione “nazioni civili” dovendosi ormai considerare anacronistica) e che, inoltre, sia considerato dagli Stati stessi come principio applicabile anche sul piano internazionale.
Si tratta di una fonte utilizzabile qualora la Corte non rinvenga norme di origine convenzionale o consuetudinaria applicabili al caso di specie; essi costituiscono pertanto una fonte sussidiaria. In genere, l’esistenza dei p. in questione è rilevata dalla giurisprudenza internazionale. Ne sono esempi il p. della terzietà del giudice, il p. ne bis in idem (per il quale una persona non può essere giudicata due volte per uno stesso fatto), il p. in base al quale non si è tenuti ad adempiere un obbligo nei confronti della controparte inadempiente (inadimplenti non est adimplendum), etc.
I p. generali di diritto applicabili anche nell’ordinamento internazionale non vanno confusi con i p. generali del diritto internazionale, espressione con cui si fa riferimento a norme internazionali non scritte di natura consuetudinaria.
L’uso del termine risale ai primordi della tradizione filosofica occidentale. La scuola ionica designa con il nome di ἀρχή («principio», «inizio») la sostanza primordiale da cui deriverebbero tutte le cose. Oltre a tale significato originario, il termine ἀρχή viene peraltro insieme ad assumere il significato più generale di «fondamento» o «ragion d’essere». Così per Aristotele ἀρχαί («principi») sono sia i momenti metafisici determinanti l’essere e il divenire delle cose, sia i fondamenti indimostrati che è necessario postulare all’inizio di ogni dimostrazione, dovendo la deduzione avere un p.: p. dell’apodissi sono, in questo senso, le premesse di un’argomentazione dimostrativa. Ma lo stesso nome hanno, in altro senso, i p. che governano la conoscenza discorsiva, in quanto determinano le supreme norme logiche cui essa deve obbedire. Sono questi i cosiddetti p. logici, riassunti essenzialmente da Aristotele nel p. di contraddizione (➔ contraddizione; identità). Nell’età moderna, G.W. von Leibniz aggiunge a questi p. quello di ‘ragion sufficiente’ (➔ ragione). In seguito, criticata sempre più l’idea della validità e utilità dell’antico metodo apodittico, il termine p. torna ad assumere un significato più generico, di motivo fondamentale e intrinseco, o di presupposto generale, di un dato problema o sistema filosofico o scientifico.