Si definisce c. il linguaggio e il gusto artistico che una civiltà esprime in un dato periodo e che rimarrà tipico ed esemplare di quella civiltà, preso a modello e imitato per lungo tempo. Più in particolare, in Occidente per c. si intende il periodo compreso tra la metà del V sec. a.C. e il 323 a.C. (morte di Alessandro Magno). In questi secoli furono raggiunte e teorizzate esperienze che sono alla base della civiltà moderna, grazie soprattutto ad Atene che, uscita vittoriosa e rinforzata nella propria cultura dalla seconda guerra persiana, si pose alla guida del mondo greco. Fra il 480 e il 450 vennero realizzati ad Atene tutti i monumenti che rappresentano lo stile c. (quelli sull’acropoli e in particolare il Partenone), grazie anche all’acquisizione di nuove tecnologie e al nuovo sistema di organizzazione del lavoro in squadre. Più in generale nel 5° sec. cambiò, rispetto al periodo arcaico, il rapporto fra la divinità e l’uomo, che aveva appunto conquistato una nuova consapevolezza di sé e del proprio ruolo.
Tale concezione trova riscontro soprattutto nell’architettura del periodo, dove gli edifici sono concepiti secondo un maggiore controllo sugli equilibri e una ricerca armonica dell’insieme. La Beozia ed Egina vennero assorbite nella cultura ateniese della seconda metà del 5° sec. a.C., ma il Peloponneso espresse un’arte autonoma, che trovò il proprio interprete nello scultore Policleto e nell’esaltazione del valore eroico dell’uomo in quanto individuo. Così come per l’architettura, anche la scultura cercò di codificare, anche attraverso il canone policleteo, un’idea di equilibrio formale perfetto per la rappresentazione della figura umana. L’età c. propose fondamentali canoni anche per quanto concerne l’urbanistica. Nel secondo quarto del secolo sorsero città caratterizzate da una pianta a schema ortogonale, che permetteva una razionale sistemazione della struttura cittadina, diversificata nelle funzioni (primo esempio a Mileto, dopo il 494 a.C.; Priene; Pireo). Nel corso del secolo successivo a questo schema si affiancò quello più tipicamente scenografico, rappresentato dai monumenti di Alicarnasso.
Tra la fine del 5° e la prima metà del 4° sec. a.C., mentre nel Peloponneso continuava la tradizione policletea (caratterizzata da una scultura fortemente plastica), in Attica, dove non si realizzarono più cantieri delle dimensioni del passato, fiorirono numerose nuove proposte che, traendo spunto dalla tradizione del secolo precedente, mostravano l’esigenza di una produzione più individuale e intima da parte dell’artista. Per quanto riguarda la scultura in particolare, tale concetto venne espresso dall’opera fortemente coloristica di Prassitele. Nel corso del 4° sec. a.C., poi, il centro produttivo della cultura si spostò dalla Grecia continentale a regioni finora conside;rate ai margini, come le colonie dell’Asia Minore e la Macedonia. Ripresi in forma paradigmatica dalle classi dirigenti macedoni, soprattutto per merito di Aristotele, gli spunti della grande cultura attica saranno riproposti e imposti a tutta la Grecia e al mondo orientale per almeno 300 anni.
È detta scuola c., o anche economia c., la scienza economica, fiorita soprattutto in Inghilterra nella prima metà del 19° sec., che, partendo da premesse individualistiche e liberiste e servendosi del metodo deduttivo, ragionò sullo sviluppo economico, formulò la teoria della popolazione e dei rendimenti decrescenti nell’agricoltura, difese la libertà di commercio (con l’eccezione di R. Malthus). I principali autori inglesi comunemente raggruppati nella scuola c., sono A. Smith, D. Ricardo, Malthus e J.S. Mill. Ciò che caratterizza il loro pensiero, rispetto a quello di autori minori (J. Mill, J.R. Mac Culloch, R. Torrens), è il tentativo di sintetizzare in modelli teorici le tendenze evolutive del sistema economico. In realtà, ciascuno di loro elaborò la propria teoria dello sviluppo, con differenze nell’approccio e nei risultati, ma su premesse comuni o ampiamente condivise nell’apparato concettuale utilizzato. Oltre che sullo sviluppo, sia l’analisi di Smith, che rappresenta il punto di partenza dei c. inglesi, sia l’analisi di Ricardo si concentrano sulla teoria del valore, sulla distribuzione tra salari, profitti e rendite e sul commercio internazionale, difendendo il libero scambio nel commercio estero. Ricardo esaminò la distribuzione del reddito fra le classi sociali in rapporto all’aumento della popolazione e alla produttività decrescente nell’agricoltura, problema già studiato da Malthus, ma con raccomandazioni divergenti. Alla scuola c. è legato K. Marx, che per la sua analisi dello sfruttamento partì dalla teoria del valore di Ricardo. Fu Marx a coniare l’espressione economia c., contrapponendola all’economia volgare. Altri economisti legati in vario modo alla scuola c., con indirizzi originali rispetto ai classici inglesi, furono, in Francia, J.-B. Say e F. Bastiat, in Italia, G.D. Romagnosi, C. Cattaneo e F. Ferrara.
Più recentemente, E. Malinvaud e altri hanno usato il concetto di disoccupazione c. nel quadro dei modelli della macroeconomia del disequilibrio.
Fisica c. Quella basata su una visione dei fenomeni quale si aveva prima dell’introduzione delle concezioni quantistiche (M. Planck, 1900) e relativistiche (A. Einstein, 1905).