In senso lato, ogni capacità di agire o di produrre, basata su un particolare complesso di regole e di esperienze conoscitive e tecniche, quindi anche l’insieme delle regole e dei procedimenti per svolgere un’attività umana in vista di determinati risultati.
Il concetto di a. come tèchne, complesso di regole ed esperienze elaborate dall’uomo per produrre oggetti o rappresentare immagini tratte dalla realtà o dalla fantasia, si evolve solo attraverso un passaggio critico nel concetto di a. come espressione originale di un artista, per giungere alla definizione di un oggetto come opera d’arte. Nell’ambito delle cosiddette teorie del ‘bello’, o dell’estetica, si tende infatti a dare al termine a. un significato privilegiato, per indicare un particolare prodotto culturale che comunemente si classifica sotto il nome delle singole discipline di produzione, pittura, scultura, architettura, così come musica o poesia (➔ estetica).
Le varie accezioni con le quali sono state storicamente definite e intese le a. della pittura, della scultura, dell’architettura, sono significative del diverso approccio culturale verso queste discipline nel corso dei secoli. Nel mondo occidentale, già nel Medioevo, le diverse a., pur facendo parte dei Mestieri, implicavano principi teorici, ma soltanto dal 15° sec. il significato di a. si lega al concetto di creazione artistica come attività dell’intelletto, fino a considerare, da L.B. Alberti alla trattatistica della seconda metà del 16° sec., le tre a. come scienze, da far rientrare dunque nel novero delle a. liberali. La distinzione tra a. maggiori (➔ pittura, scultura, architettura) e a. minori (➔ miniatura, a. del vetro, oreficeria ecc.), secondo una terminologia corrente dalla seconda metà del 19° sec. è ormai superata nella storiografia e nella critica dalla seconda metà del Novecento. Sempre nel 19° sec. si affermano espressioni come a. applicate e a. industriali, che corrispondono alle cosiddette a. minori, ma si riferiscono in particolare alla riqualificazione artistica dell’oggetto d’uso prodotto artigianalmente o industrialmente.
Nella letteratura artistica e nell’organizzazione istituzionale e accademica a partire dal 16° sec. l’architettura, la pittura e la scultura fanno parte del sistema unitario delle a. del disegno, laddove questo è inteso sia come ‘idea’ sia come strumento materiale di progettazione dell’opera, comune alle tre arti. In Francia, nell’ambito del dibattito teorico istituzionale sviluppatosi dalla seconda metà del 17° sec., le a. sono classificate, in riferimento al Bello, come Beaux-Arts. La definizione è acquisita anche in Italia, dalla seconda metà del 18° sec., come Belle Arti, ed è applicata alle accademie e alla gestione istituzionale del patrimonio artistico. Superando sia l’idea del disegno come fondamento delle a. sia il riferimento a un principio teorico di ‘bellezza’, dalla fine del 18° sec. si elabora in ambito tedesco il concetto di Bildende Künste, intendendo l’a. come raffigurazione delle forme della visione. Il corrispettivo italiano a. figurative, già presente nell’opera dell’erudito S. Maffei (18° sec.), viene sistematicamente utilizzato dal 19° sec. insieme all’analoga definizione di a. plastiche, con riferimento all’idea di generazione di una forma. Al significato generico, classificatorio, dell’espressione a. figurative, si affianca nel 20° sec. quello più specifico, riferito in particolare a pittura, scultura e a. grafiche, legato alla rappresentazione della realtà oggettiva; l’a. figurativa si contrappone così alle ricerche artistiche orientate a problematizzare, modificare o superare i dati e i confini della stessa realtà, nelle diverse espressioni di quella che viene quindi definita anche a. non figurativa (astrattismo; a. concreta; art autre; a. informale). Tuttavia, per l’ambiguità insita in questo stesso termine, la critica, dalla seconda metà del 20° sec., ha preferito all’espressione a. figurative quella di a. visive, riferita a tutti i prodotti artistici fruibili attraverso la percezione visiva; le a. visive individuano la più vasta gamma di attività creative, incluse quelle che si servono di mezzi non tradizionali di espressione, caratterizzate da una varietà di materiali e tecniche difficilmente classificabili nei campi della scultura e della pittura. Nell’ambito delle a. visive rientrano dunque sia la fotografia, come espressione autonoma o connessa ad altre tecniche, sia l’assemblage, l’happening, la performance, la body-art, la land art, la videoarte ecc.
I trattati medievali. - La trattatistica tecnica ha lasciato alcune tra le più antiche testimonianze conservate di scritti sull’a.; ricettari e manuali sui procedimenti di realizzazione sono i primi testi della letteratura artistica dal Medioevo. I principali trattati dell’antichità e dei primi secoli cristiani, dal Liber de lapidibus di Teofrasto al De architectura di Vitruvio, dalla Naturalis Historia di Plinio – che è tra gli autori più citati – non furono mai completamente dimenticati ma, a prescindere dalle informazioni ricavate da cronache o descrizioni di luoghi, si giunge ai primi trattati sistematici con la Mappae clavicula, testo compilato in più edizioni (sec. 10°-12°) che raccoglie scritti e tradizioni dei secoli precedenti e che ebbe enorme fortuna lungo tutto il Medioevo. Il De coloribus et artibus Romanorum di Eraclio (nome forse fittizio), probabilmente composto in Italia tra l’8° e il 10° sec., riporta precetti su coloranti e lacche per la miniatura, su ceramica, vetri e vetrate; vi attinse il monaco Teofilo, autore di De diversis artibus (sec. 12°), il primo grande trattato medievale di tecniche artistiche. Già in Eraclio e in Teofilo, come nel Liber de coloribus faciendis di Pietro di Saint-Omer, forse della fine del 12° sec., si trovano indicazioni per la pittura a olio. Proviene probabilmente dal fertile ambito della miniatura manfrediana o dei primi tempi del dominio angioino il De arte illuminandi, pervenuto in copia trecentesca di più antico originale. Qualità di efficacia narrativa si trovano nel Libro dell’arte di Cennino Cennini (fine 14° sec.), testo di grande sapienza tecnica ma capace anche di entrare nel vivo di un dibattito allora di grande attualità: quale fosse il miglior modo di dipingere. Contiene osservazioni personali di grande interesse anche un altro ammirevole testo, seppur dedicato a una sola arte, la Memoria del magisterio de fare finestre de vetro del maestro vetraio Antonio da Pisa. La Tabula de vocabulis synonymis et equivocis colorum (1382-1431) comprende sia ricette di grandi pittori contemporanei, come Michelino da Besozzo e Giovanni da Modena, sia importanti trattati del passato, come quelli di Eraclio e di Teofilo.
I primordi della storia dell’arte. - Dal 15° sec. la trattatistica rispecchia la cultura umanistica, presentando aspetti più complessi e diversificati, di tipo critico o teorico e sistematico nei confronti della disciplina. Così i trattati sulle tre arti di L.B. Alberti, i Commentarii di L. Ghiberti e il De perspectiva pingendi di Piero della Francesca, gli scritti sulla pittura di Leonardo, quelli sulla prospettiva e le proporzioni di A. Dürer. L’attenzione rivolta alle biografie degli artisti all’interno del genere letterario delle Vite degli Uomini Illustri conduce alla redazione di Vite dedicate esclusivamente a pittori, scultori e architetti, occasione di una vera e propria iniziale storia dell’a., formulata sulla base di un giudizio critico e di un approccio teorico. Fondamentali sono le Vite di G. Vasari, che nell’Introduzione lascia inoltre una grande trattazione su materiali e tecniche. Da questa discendono, dal 16° al 18° sec., opere di interesse generale o locale, come quelle di G. Baglione, G. Celio, F. Baldinucci, L. Pascoli o K. van Mander e J. Sandrart per i paesi nordeuropei e A. Palomino per la Spagna. Trattati tecnico-pratici giungono a comprendere aspetti ideologici e didascalici (G.P. Lomazzo, G.B. Agucchi, F. Algarotti), mentre una connotazione prettamente teorica si ha con gli importanti scritti di G.P. Bellori e con F. Milizia. Parallelamente, nella tradizione dei Mirabilia e degli itinerari, anche le guide artistiche presentano aspetti storico-critici, seppure spesso con interessi localistici (M. Boschini, C.C. Malvasia). Con l’opera di J.J. Winckelmann prende avvio una vera e propria storia dell’a., presupposto per gli scritti di L. Lanzi, L. Cicognara, P. Selvatico, che dalla fine del 19° sec. si configura come una disciplina con le sue varietà di impostazioni e metodologie.
Purovisibilismo e formalismo. - La teoria della pura visibilità (➔), sviluppatasi in Germania, in sintonia con la teoria dell’Einfühlung (➔), dalla metà circa dell’Ottocento, è stata fondamentale per gli studi storico-critici del 20° secolo. I suoi primi assertori (H. von Marées, A. von Hildebrand, K. Fiedler) affermano il valore conoscitivo e intuitivo della visione; in seguito A. Riegl e H. Wölfflin elaborano teorie e schemi di visione della forma (ottici, tattili, plastici, cromatici). La teoria della pura visibilità ricevette in Italia diverse valutazioni, dagli originari apprezzamenti di B. Croce e poi di L. Venturi, che hanno contribuito alla sua diffusione, alla successiva storicizzazione di R. Salvini e all’atteggiamento critico di C. Brandi e di L. Grassi, che tendono a evidenziarne l’astrattezza e la relatività. Un ruolo importante per gli orientamenti del primo Novecento è svolto dalla storiografia desanctisiana e dall’estetica di B. Croce; influssi importanti, non privi di dissensi, si riscontrano negli scritti di L. Venturi e di C.L. Ragghianti. In connessione con la teoria della pura visibilità si colloca il formalismo, che mira all’individuazione dei valori formali nelle opere d’a., ponendo in subordine i significati, i temi iconografici, gli elementi culturali e sociali. B. Berenson si dedica allo studio dei dipinti italiani del Rinascimento, fornendo attribuzioni e catalogazioni. In Gran Bretagna R. Fry teorizza ‘l’arte per l’arte’, mediando dalla filosofia di J.F. Herbart l’idea della capacità dell’opera di produrre emozione estetica in virtù del sistema di relazioni linee-colori, indipendentemente dai soggetti e dai contenuti. In Francia H. Focillon stabilisce un collegamento tra mutamento delle forme e modificazioni della materia indotte dalla tecnica.
La ricerca filologica. - Metodi e concezioni generali del formalismo sono, almeno in parte, connessi con la ricerca filologica del conoscitore d’a., una figura di specialista che privilegia l’osservazione diretta dell’opera rispetto agli apporti (pur valutati) di fonti e documenti di archivio. Dal 1880 G. Morelli aveva messo a punto un metodo di attribuzione basato sulla ricognizione dei segni particolari abituali o inconsapevoli di ogni artista, iniziando inoltre l’utilizzazione della fotografia a fini sia di documentazione sia di ausilio nella lettura e nell’attribuzione delle opere. Più complesso e meno schematico è il metodo di G.B. Cavalcaselle (in collaborazione con J.A. Crowe), che svolge un’importantissima ricognizione del patrimonio artistico in tutta Italia, avvalendosi di schizzi e di un’allenata memoria visiva unita a sensibilità estetica e coscienza critica.
Nel solco di questa stessa tradizione, sia pure con diverse connotazioni, si inseriscono gli studi di A. Venturi, É. Bertaux, W. von Bode, P. Toesca, G. Fiocco, M.J. Friedlaender e di R. Longhi, con i suoi contributi alla storia dell’a. in Italia su singole figure di artisti e di aree culturali. Su questa linea si pongono gli studi di F. Bologna, G. Briganti, F. Zeri. Di notevole interesse è, in parallelo all’esegesi dei conoscitori, la teorizzazione o la riflessione sui loro metodi, come in F.H. Taylor, G. Previtali.
La Scuola di Vienna. - Agli inizi del 20° sec. svolge un ruolo fondamentale la Scuola di Vienna, così definita da J. von Schlosser, che fa capo a studiosi attivi nell’ambito dell’Università di Vienna (A. Riegl, F. Wickhoff, M. Dvořák). I loro orientamenti si caratterizzano per l’attenzione alle fonti artistiche e letterarie, per l’interesse verso le cosiddette a. minori e per periodi e ambiti culturali di solito poco studiati, anche con l’adesione ai presupposti filosofici del formalismo di Wölfflin e ai criteri attribuzionistici di Morelli. Wickhoff afferma il concetto del vicendevole influsso tra elementi formali e significati; Riegl, vicino alle teorie della pura visibilità e in opposizione al positivismo di G. Semper, elabora il concetto di Kunstwollen (➔); Dvořák orienta le proprie ricerche verso la cosiddetta ‘storia dell’a. senza nomi’, rivolta, a scapito dell’individualità, allo studio di stili e contesti considerati minori da una tradizione ottocentesca, quali manierismo, gotico, barocco.
Particolare importanza per i successivi sviluppi rivestono gli studi di Schlosser, che inaugura una ricerca sulla letteratura artistica e sulla storia della critica d’a., proseguita con vari contributi e approfondimenti, anche metodologici, fino alle esegesi filologiche e alle ricerche lessicografiche di P. Barocchi.
Contenuto e significato dell’opera d’arte. - In opposizione al formalismo si pongono le correnti ispirate ai metodi dell’iconografia (➔) e dell’iconologia (➔), che focalizzano l’attenzione sui soggetti e sui significati delle opere. Repertori iconografici sistematici, relativi a soggetti sacri e profani, sono approntati da L. Réau, E. Mâle, G. de Tervarent, mentre con A. Warburg si avviano gli studi iconologici, che indagano i significati simbolici, allegorici, ideologici, delle opere, nel contesto storico-culturale di artisti e committenti; la messa a punto teorica di un vero e proprio metodo iconologico si deve tuttavia a E. Panofsky. L’importante raccolta di immagini e la biblioteca specializzata di Warburg, trasferite da F. Saxl a Londra nel 1933, costituiscono il nucleo dell’attuale Warburg Institute (cui sono legati E. Wind, R. Wittkower, E.H. Gombrich, F. A. Yates).
Psicologia e arte. - Altre tendenze si inquadrano nell’ambito delle ricerche di tipo contenutistico. Le tendenze di taglio psicanalitico, basate sulle teorie dell’inconscio di S. Freud o degli archetipi collettivi di C.G. Jung informano le indagini di E. Kris. Studi basati sulla Gestaltpsychologie sono quelli, orientati sulla psicologia della percezione, di R. Arnheim. Particolarmente stimolante è il lavoro di E.H. Gombrich, che affronta anche dal punto di vista metodologico temi come psicologia sperimentale e percezione visiva.
Fruizione e recezione dell’opera d’arte. - La storia sociale dell’a. affronta i rapporti tra a. e società con lo studio della committenza, del pubblico, delle istituzioni, dell’organizzazione degli artisti e del loro status sociale; i primi significativi contributi sono di F. Antal e A. Hauser. Connotazioni ideologiche e filosofiche caratterizzano i saggi di W. Benjamin che introducono precocemente ai problemi dell’a. di massa; vanno segnalati inoltre F.D. Klingender per gli studi sull’a. e la rivoluzione industriale; H. Read; P. Francastel; N. Pevsner.
Una visione storico-critica ampia e personale, che articola il rapporto tra fenomeno artistico, contenuto storico-sociale, cultura filosofico-letteraria, è sviluppata variamente da R. Wittkower, G.C. Argan, R. Bianchi Bandinelli, A. Chastel. Nuove letture delle dinamiche tra committenza, artisti e istituzioni, delle trasformazioni del gusto e degli esiti stilistici, della fruizione dell’opera sono proposte da F. Haskell, E. Battisti, M. Baxandall, H. Belting, E. Castelnuovo, H. Damisch. Sullo sviluppo della storia dell’a. hanno avuto importanti influssi anche la fenomenologia esistenzialista, la linguistica strutturalista e la semiologia, la teoria dell’informazione, lo strutturalismo. L’emergere di queste tendenze si colloca nella ricerca, tuttora in atto, di un allargamento dei confini disciplinari della storia e della critica d’a. che scaturisce dalla attuale ricchezza di indirizzi nell’a. e da una sempre più problematica coscienza storica.
Strumenti storiografici. - La storiografia critica trova efficaci mezzi di diffusione, oltre che nella saggistica, nella manualistica, nei cataloghi e nei grandi repertori e dizionari settoriali. A questi si affianca l’importante contributo delle pubblicazioni legate a musei e istituti d’a. e dei periodici specializzati, a partire da La Gazette des Beaux-Arts (1858-2002), L’Arte (1898), The Burlington Magazine (dal 1903), Bollettino d’arte (dal 1907), The Art Bulletin (dal 1913), Critica d’arte (dal 1935), The Journal of the Warburg Institute (dal 1937), Paragone (dal 1950).