In senso generico, realizzazione concreta di un’attività, di un comportamento, di una situazione determinata.
Genere di eventi, quali riti, feste, carnevali, cerimonie, preghiere collettive, letture di poesie, spettacoli teatrali, manifestazioni di danza, recitazioni di testi epici ecc. che, pur presentando profonde differenze, hanno in comune la caratteristica di essere delle ‘rappresentazioni’: circoscritti dal punto di vista temporale e spaziale, essi si contrappongono al mondo della vita ordinaria esperita quotidianamente. Nelle p. gli individui, avvalendosi di linguaggi verbali e non verbali, mettono in scena miti e avvenimenti del passato e generi culturalmente riconosciuti, non semplicemente riproponendoli bensì abbellendoli, reinterpretandoli o addirittura falsificandoli. In tal senso le p. sono considerate uno strumento efficace per riflettere sulla società, e anche una sede possibile per esprimere una visione del mondo alternativa a quella largamente condivisa. Le p. possono però essere agenti non solo di trasformazione, ma anche di conservazione dell’ordine sociale.
Espressione artistica, diffusasi nei paesi occidentali negli anni 1960, che consiste nella messa in scena di una ‘azione’ programmata, entro uno spazio non necessariamente istituzionale, di solito alla presenza di un pubblico. L’estrema varietà dei modi espressivi ne rende difficile una definizione univoca: a seconda dei casi, si può parlare di azioni ‘povere’ o ‘concettuali’, di environmental art o di land art e così via. Nell’uso corrente, la nozione di p. tende a coincidere con quella di body art, essendo spesso l’uso del corpo e delle prestazioni corporee il suo contenuto prevalente. Arte di forte contenuto esperienziale, volta all’estetizzazione del quotidiano, arte dell’aleatorio, la p. è tuttavia espressione dell’era tecnologica: alleandosi con i moderni mezzi di riproduzione (fotografia, ripresa cinematografica e audiovisiva ecc.) si sottrae solo in parte alla regola della conservazione e dell’eventuale commercializzazione del prodotto. Tipico esempio di fusione di più linguaggi artistici (intermedia), la p. tende a superare la distinzione tra le arti, come pure ad annullare la separazione tra arte e vita e tra artista e pubblico. Presente anche in altre manifestazioni affini della ricerca estetica del dopoguerra, come i concerti-Fluxus e gli happenings, la p. può essere fatta risalire ai modelli storici del futurismo, del dadaismo e del surrealismo. Tra i più noti artisti che si sono dedicati alla p., si ricordano gli americani V. Acconci, B. Nauman, L. Anderson, C. Burden e gli europei W. Vostell, J. Beuys, H. Nitsch, caposcuola di un importante gruppo viennese, B. d’Armagnac, M. Abramović e Ulay, G. Pane, K. La Rocca, V. Pisani, E. Mattiacci.
In linguistica generativa trasformazionale, con riferimento a un parlante, l’uso effettivo della lingua nelle situazioni concrete (in it. esecuzione); si oppone, in ingl., a competence «competenza» (➔ generativismo).