Ogni attività di studio che abbia come fine l’acquisizione di nuove conoscenze.
La r. educativa o scolastica si è sviluppata particolarmente a partire dagli anni 1970, favorita dalle acquisizioni conoscitive e metodologiche delle scienze umane e sociali e dalla complessità dei problemi aperti dalla scolarizzazione di massa. Essa assume forme differenti (teorica, empirico-sperimentale, storica, comparata, descrittiva, prospettica o futurologica) in relazione agli obiettivi che si prefigge e alle metodologie impiegate. Dei risultati della r. educativa si avvalgono, secondo i casi, sia i servizi di gestione scolastica e di programmazione degli interventi, sia l’attività di progettazione e di sperimentazione didattica. Nei paesi in cui questo tipo di r. è più sviluppato (come Stati Uniti, Svezia, Gran Bretagna ecc.) funzionano istituti o centri specializzati, attrezzati per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione della documentazione relativa. Particolarmente importante, anche se sommaria, è la documentazione curata da organismi internazionali quali l’UNESCO, l’OCSE, il Consiglio d’Europa, la Commissione delle Comunità Europee.
In Italia, per rendere più organico l’intervento pubblico in questo settore e soprattutto per assicurare maggiore collegamento tra r. e reali esigenze del sistema scolastico, nel 1979 iniziarono a funzionare gli istituti regionali di r., sperimentazione e aggiornamento educativi, previsti dalla l. 477/30 luglio 1973 e dal d.p.r. 419/31 maggio 1974; trasformati poi (d.p.r. 190/2001) in istituti regionali di r. educativa. Per effetto dell’articolo 1, co. 611, della l. 296/2006 sono stati sostituiti dall’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, avente sede a Firenze, articolata in nuclei allocati presso gli uffici scolastici regionali e in raccordo con questi ultimi.
Definizione. Con l’espressione r. scientifica si indica l’attività di r. svolta con metodi scientifici, estendendosi l’attributo ‘scientifico’ alle scienze storiche, filosofiche e filologiche, a quelle giuridiche e politiche e a quelle economiche, sociologiche e statistiche. La r. scientifica in senso stretto andrebbe distinta dalla r. tecnologica, che è volta alla individuazione e alla messa a punto di tecniche particolari per scopi specifici, ma la distinzione non è netta in quanto la r. si propone non soltanto di allargare le conoscenze scientifiche ma di consentire anche le loro applicazioni pratiche e di perfezionare, diffondere e valorizzare le tecnologie soprattutto nei settori dell’industria, dell’agricoltura e dei servizi; al riguardo ricorre con frequenza l’espressione più complessa di r. e sviluppo (nella terminologia inglese research and development).
Presupposti indispensabili per ogni r. scientifica e tecnologica sono l’esatta definizione del programma da svolgere e della metodologia da seguire, e un’efficiente organizzazione del lavoro; per queste esigenze, e perché, inoltre, i ricercatori necessitano spesso di larghi sussidi bibliografici e di costose attrezzature, la r. non è quasi mai compiuta da studiosi isolati, ma è in genere affidata a gruppi di specialisti che agiscono nell’ambito delle varie istituzioni scientifiche (università, centri di r.), per lo più in base a programmi coordinati da enti nazionali (in Italia, il Consiglio nazionale delle ricerche, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e finanziati da enti pubblici e privati.
Sviluppo della r. scientifica. Nel corso del Novecento, dopo una prima fase che coincise con la fine degli anni 1950, in cui il sostegno finanziario alla r. scientifica crebbe in modo molto rapido, il tasso di crescita degli investimenti ha teso a stabilizzarsi, spostandosi verso aree specifiche quali quelle della salute, della salvaguardia dell’ambiente e del benessere collettivo in genere. Negli anni 1990 si è ulteriormente consolidato il ruolo strategico della r. scientifica nell’innovare il sistema produttivo e nel migliorare i livelli di sviluppo economico, culturale e sociale. L’Unione Europea ha accentuato gli sforzi al fine di ridurre il ritardo tecnologico rispetto a Stati Uniti e Giappone, dovuto in parte ai minori investimenti operati, soprattutto in passato, nel campo della r., in parte al minor numero di ricercatori e di personale specializzato nei settori tecnologici di punta.
In Italia la r. trova espresso riconoscimento tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 9). L’art. 33 Cost. afferma che «l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento». L’attività di r. – che talvolta assume anche le caratteristiche di quella di impresa – è svolta sia da soggetti pubblici sia da soggetti privati anche avvalendosi dei finanziamenti previsti in ambito nazionale e internazionale, in particolare europeo (secondo un sistema di programmi quadro). La r. italiana nel contesto internazionale presenta tuttavia notevoli elementi di debolezza, come risulta dall’analisi di alcuni indicatori specifici: a) la spesa percentuale per r. e sviluppo è cresciuta in Italia in misura modesta; b) il numero di addetti impegnati nella r. (riferito al totale di lavoratori) è inferiore rispetto al valore medio nell’Unione Europea e al valore medio nei paesi dell’OCSE; c) il numero di lavori scientifici pubblicati dai ricercatori italiani su riviste scientifiche internazionali è inferiore a quello dei principali paesi industrializzati. Rispetto a questi si evidenziano in Italia altri aspetti ugualmente negativi: il minore apporto dei comparti high-tech (riferito al valore aggiunto complessivo del settore manifatturiero), la scarsa presenza di imprese di r. nel mercato, l’inadeguatezza del sistema bancario e finanziario nel sostenere la r., la minore incidenza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sulla produttività del lavoro, la minor domanda di r. applicata da parte della pubblica amministrazione.