sperimentazione biologia Nel linguaggio biomedico, metodo di ricerca eseguito per mezzo di test di laboratorio o con pratiche chirurgiche su animali e piante, per desumere informazioni rilevanti sugli organismi stessi (per ricerche in campo biologico, biochimico, veterinario o agronomico) oppure per ottenere un modello sostitutivo dell’uomo (per ricerche in campo medico-farmacologico). Tra le specie animali comunemente usate ci sono cani, gatti, scimmie, topi, conigli. Da un punto di vista etico, la s. sugli animali è al centro di un acceso dibattito: pur restando fuor di dubbio il contributo che essa ha dato al progresso della medicina e della chirurgia, cresce l’attenzione per il riconoscimento del valore di ciascun animale (almeno per quanto riguarda i Vertebrati), che toglie di fatto la giustificazione etica per sé a tale sperimentazione. Nel 1985 è stata emanata una convenzione per la protezione dei Vertebrati usati a fini sperimentali e ad altri fini scientifici, seguita nel 1986 da una direttiva comunitaria. La legislazione si basa sul concetto che è moralmente accettabile usare animali per la s., a condizione che non esista alternativa a tale tipo di s. e che si eviti dolore o stress agli animali. Negli anni 1990 la comunità scientifica ha mostrato una sempre maggiore consapevolezza relativamente alle questioni etiche e gestionali connesse alla s. sugli animali, anche in seguito al crescente interesse dell’opinione pubblica a questo riguardo. Per questa ragione la legittimità delle ricerche sugli animali viene sottoposta al vaglio di comitati etici istituzionali, che spesso comprendono tra i loro membri anche persone estranee alla ricerca.
L’utilizzo degli animali nella s. si è comunque modificato nel corso degli anni. In alcuni tipi di s., per es., quella sui cosmetici, l’uso degli animali è stato significativamente ridotto, se non completamente abolito, in favore di sistemi alternativi. Invece, in altri campi, per es. in biologia molecolare, si è osservata una tendenza inversa: l’utilizzo di animali transgenici rende gli esperimenti più rappresentativi dell’andamento dei processi biologici che si svolgono in vivo. Va ancora ricordato l’impiego in terapia umana di componenti od organi ottenuti da animali transgenici, come nel caso dei trapianti di organi. istruzione S. didattica Dai primi decenni del 20° sec., sotto la spinta della psicologia sperimentale di W. Wundt e degli orientamenti di J. Dewey e dei funzionalisti favorevoli ai collegamenti fra ricerca pedagogica e scienze sociali, l’interesse per l’osservazione sistematica e la s. in campo educativo si è progressivamente esteso negli USA e in Europa, dando luogo a ricerche operative variamente orientate e alla definizione di metodi e procedure via via più affinate. Dopo la Seconda guerra mondiale, questo filone della ricerca ha ricevuto un maggiore impulso dallo sviluppo dell’istruzione di massa, che ha presto dovuto misurarsi con le esigenze della formazione di giovani provenienti da ambienti sociali e culturali assai diversificati. Queste e altre esigenze hanno indotto la ricerca a elaborare, per i diversi ambiti, schemi più o meno formalizzati. In linea generale, ogni progetto sperimentale deve definire chiaramente gli obiettivi e gli interventi che s’intendono promuovere, nonché identificare le variabili in gioco e i corrispondenti strumenti di controllo. Lo scopo dell’esperimento, infatti, è di promuovere e verificare sul campo l’efficacia di specifiche ipotesi innovative, tenendo conto di oggettivi dati di comparazione tra situazioni in atto e situazioni prospettate.
In Italia, fin dall’inizio, la s. è risultata uno strumento di politica scolastica più che una procedura di verifica di circostanziate ipotesi. S. in senso proprio non sono state né l’iniziativa negli anni 1960 delle cosiddette ‘classi pilota’, relative a nuovi metodi d’insegnamento delle discipline scientifiche, né quelle per il tempo pieno e per l’insegnamento della lingua straniera nella scuola elementare, avviate nel corso degli anni 1970. Contemporaneamente il legislatore, con d.p.r. 419/31 maggio 1974, definiva la s. espressione dell’autonomia didattica dei docenti e prevedeva due forme di s., quella metodologico-didattica (la cosiddetta minisperimentazione), che può coinvolgere uno o più insegnamenti senza esorbitare dagli ordinamenti vigenti, e quella di ordinamenti e strutture (la cosiddetta maxisperimentazione), che può incidere sui piani di studio o sull’intero curricolo. La conseguenza di questa facoltà è stata la proliferazione di iniziative di s. a opera delle singole unità scolastiche (la cosiddetta s. autonoma), specialmente nel settore dell’istruzione secondaria superiore. Il Ministero della Pubblica Istruzione ha avviato un tentativo di razionalizzazione e contenimento della s. autonoma, ma nel contempo ha dato impulso e larga diffusione a progetti da esso stesso curati. Fra questi va ricordato, anzitutto, il Piano nazionale di informatica, che ormai interessa larga parte delle istituzioni scolastiche. Notevole anche il numero dei ‘progetti assistiti’ nell’ambito dell’istruzione tecnica, che nel corso degli anni sono arrivati a coinvolgere fra il 60% e il 100% degli istituti dei corrispondenti indirizzi. Nel settore dell’istruzione professionale hanno trovato applicazione il progetto Novantadue e il progetto Novantadue post-qualifica. Nel campo dell’istruzione artistica, in particolare per i licei di tale indirizzo, è stato avviato il progetto Leonardo. Nel settore dell’istruzione classica, scientifica e magistrale, sono in corso di s. un indirizzo linguistico e uno pedagogico-sociale. In tutti gli ordini d’istruzione secondaria superiore è largamente incentivata, a partire dal 1992, la s. dei programmi elaborati da una commissione ministeriale (cosiddetto Progetto Brocca). I progetti subiranno un ridimensionamento con l’entrata a regime della riforma delle scuole secondarie di secondo grado (➔ scuola).