In senso concreto, il luogo dove avvengono le contrattazioni per la vendita e l’acquisto di determinati prodotti e dove normalmente si incontrano, tutti i giorni, o in giornate stabilite, compratori, venditori e intermediari per effettuare transazioni commerciali relative a merci varie o anche a una sola merce.
Per estensione, l’insieme degli operatori legati tra loro in determinati rapporti d’affari o, sotto altro aspetto, l’insieme delle operazioni relative a un determinato bene o gruppo di beni.
Il primitivo m. in Grecia fu l’agorà e in Italia il forum. Con lo svilupparsi della vita pubblica in questa piazza, scomparvero le botteghe, sostituite da edifici pubblici, e si stabilirono m. speciali in zone determinate. Così a Roma sorsero il forum piscatorium (m. del pesce), olitorium (delle verdure), vinarium (del vino), suarium (dei maiali), cuppedinis (delle ghiottonerie). A Roma si fissò la tipologia dell’edificio, diffusa poi nell’impero: era costituito essenzialmente da un’area porticata, con le tabernae (gr. ἐργαστήρια), e da un fabbricato circolare, o poligonale, centrale (tholus macelli, ἐξέδρα). Esempio classico è quello di Pompei; altri m. romani sono quelli di Pozzuoli, Ostia, Timgad, Leptis Magna. I cosiddetti Mercati Traianei di Roma, sulle pendici del Quirinale, erano in realtà un complesso di edifici legati alle attività del foro e destinati a funzioni gestionali e amministrative.
Nelle città medievali europee il m. prese posto in principio in spazi aperti di proprietà vescovile o imperiale, in Italia detti broli (dal celtico broga «campo»), intorno ai quali sorsero edifici chiusi, detti appunto broletti; in seguito, aumentando il peso politico dei mercanti, il m. si spostò su aree di proprietà comunale, in strade o piazze con facilità d’accesso e spesso circondate da porticati, o in loggiati al piano terreno di edifici pubblici, talvolta presso gli stessi broletti. Particolare cura fu data alla collocazione dei m. del pesce nelle adiacenze di corsi d’acqua. In alcuni casi sorsero anche edifici per la vendita di una determinata derrata (loggia per le granaglie di Orsanmichele, a Firenze; portico del grano a Carpi ecc.). Una sensibile influenza sul m. europeo fu esercitata dai bazar orientali, specie nella razionale divisione del m. in zone riservate alle varie categorie di merci. Fuori d’Italia sorsero m. interamente coperti (halles), come la grande sala del m. della carne a Haarlem.
L’architettura del Rinascimento, in alcuni casi, conferì ai m. la forma monumentale di grandiosi loggiati con funzione pubblica e ornamentale. Le fontane, oltre che di pratica necessità, ne divennero ornamento. Durante il 19° sec., lo sviluppo delle città e le loro mutate esigenze contribuirono alla creazione di nuovi tipi di impianti, di maggiore mole, realizzati grazie ai nuovi sistemi costruttivi basati sull’uso di strutture di ferro e coperture di vetro, come le Halles Centrales di Parigi (V. Baltard e F. Callet, 1852-59) rimaste in uso fino alla fine degli anni 1960. Tale tipologia si diffuse nelle grandi città ed ebbe ulteriori sviluppi e nuove configurazioni formali consentite dall’avvento del cemento armato (macello e m. del bestiame della Mouche a Lione, di T. Garnier, 1906-14; m. dei fiori di Pescia, di L. Savioli, 1948-51).
Una trasformazione del m., dovuta alla crescita e alla modificazione della dimensione urbana della prima metà del 20° sec., si è avuta con la differenziazione della distribuzione delle merci e con la conseguente creazione di m. generali (per la raccolta dei beni di consumo provenienti direttamente dalla produzione, in strutture di ampie dimensioni simili a quelle ottocentesche ma con attrezzature tecnologiche adeguate allo smistamento e alla conservazione delle merci) e di m. al minuto (piccole strutture coperte con caratteristiche ed esigenze simili a quelle dei m. generali), distribuiti nei vari quartieri della città.
La congestione urbana delle metropoli della seconda metà del 20° sec. e dell’inizio del 21° sec. ha progressivamente suggerito di sottrarre il m. alla vita del quartiere, tendendo a trasformarlo in un’area di riposo, con servizi e negozi integrati: a tale criterio si ispirano gli shopping centers o malls che hanno avuto origine nelle città britanniche, americane, olandesi e si sono diffusi poi in tutto il mondo; un ulteriore sviluppo di questa particolare tendenza è riscontrabile negli outlets dislocati nelle campagne extraurbane: sorta di città in miniatura dove sostare, ristorandosi, anche per un’intera giornata e che, abbinando invenzioni tipologiche e scenari urbani di vario stile o periodo storico, consentono fughe dai convulsi centri metropolitani, invogliando all’acquisto attraverso l’offerta di beni griffati sottocosto.
Da un punto di vista spaziale, il m. può essere locale (comunale, rionale ecc.), nazionale, internazionale o mondiale, e dallo stesso punto di vista si parla di un punto o zona nodale del m. per indicare il punto o la zona, in genere centrale, in cui passano o sono disponibili i prodotti. Secondo la teoria economica tradizionale, il m. interno sarebbe caratterizzato dalla piena trasferibilità, nel suo ambito, sia dei fattori di produzione sia dei prodotti e quindi dalla tendenza al livellamento delle produttività marginali ponderate dei fattori investiti e all’adeguamento ai costi di produzione nel lungo periodo dei prezzi dei prodotti; invece il m. internazionale sarebbe caratterizzato dalla completa intrasferibilità dei fattori naturali e dalla difficile trasferibilità del capitale e del lavoro, con conseguente tendenza al permanere dei dislivelli di salari, interessi, rendite e quindi anche di prezzi dei prodotti. In passato, carattere intermedio da questo punto di vista avevano il m. regionale, in cui i fattori di produzione si trasferivano sempre con qualche difficoltà pur avendo la regione un ordinamento uniforme, e il m. coloniale, che pur abbondando di fattori naturali scarseggiava di capitale e lavoro e, pertanto, era destinato a rimanere economicamente arretrato in confronto al m. metropolitano, aperto soltanto verso la madre patria e chiuso nei rapporti con gli altri.
I m. si possono distinguere inoltre, a seconda del tipo di contrattazioni, in m. all’ingrosso e al minuto, a pronti e a termine. A seconda dell’oggetto delle contrattazioni, si hanno m. dei prodotti (per i prodotti industriali si parla di m. verticale se si riferisce a un solo ramo d’industria e di m. orizzontale quando il prodotto è impiegato da numerosi rami di industria) e m. dei servizi produttivi; particolare interesse presentano: il m. del lavoro; il m. dei capitali, distinto in m. monetario, che è il m. del denaro a breve termine, e m. finanziario, che è il m. dei capitali propriamente detti, ossia dei prestiti a medio e lungo termine; il m. dei cambi e dei titoli, in cui si distinguono il m. primario, per gli scambi dei titoli di nuova contrattazione, e il m. secondario, per le negoziazioni di titoli già in circolazione; il m. delle accettazioni bancarie ecc.
A seconda che lo Stato non intervenga nel gioco della domanda e dell’offerta o vi faccia più o meno sentire il peso della sua volontà, il m. può essere libero, regolato, controllato; ed è proprio quando domanda e offerta si realizzano e incontrano liberamente – pur nel rispetto delle leggi e delle istituzioni vigenti in un dato paese – che si dovrebbe parlare di economia di m., mentre il termine si usa spesso impropriamente con riferimento anche a situazioni che non possono dirsi di libera concorrenza assoluta; quando vigano divieti e limitazioni delle contrattazioni e i prezzi siano calmierati, può sorgere un m. parallelo clandestino, contro legge, detto m. nero, per estensione del termine borsa nera.
Perché si possa parlare dell’esistenza di un m. occorre che lo scambio del bene o dei beni considerati avvenga sistematicamente (per una singola proprietà terriera, per una singola opera d’arte non può parlarsi di un m., mentre si può parlare di un m. della terra in genere, della pittura moderna ecc., così come si parla di un m. del grano, dei metalli ecc.). In ogni m. particolare il rapporto tra la quantità economica offerta in cambio del bene e la quantità economica del bene stesso indica il prezzo del bene, e il rapporto inverso il valore della moneta in termini di quel bene.
L’insieme dei singoli m. particolari costituisce il m. generale, astrazione di cui ci si serve soprattutto per valutare in base alle variazioni del livello generale dei prezzi quelle del potere d’acquisto della moneta in termini di tutti i beni. Il m. è detto perfetto se il bene oggetto di contrattazione in un dato m. può ritenersi omogeneo, e non soltanto per considerazioni economico-tecniche obiettive ma anche per l’assenza di qualsiasi preferenza personale da parte dei compratori per l’uno o l’altro venditore dello stesso bene (preferenza che può essere creata o alterata dalla pubblicità e altri mezzi di differenziazione di prodotti omogenei; si parla a questo proposito di m. non informato quando il consumatore medio giudica della qualità dei beni e servizi che richiede in base appunto alla pubblicità), e se le condizioni delle contrattazioni avvenute sono immediatamente note a tutti gli operatori (trasparenza del m.). Nel m. perfetto le transazioni si realizzano con la massima fluidità e si può attuare la legge dell’indifferenza del prezzo di W.S. Jevons, secondo la quale in uno stesso momento, in uno stesso m. per uno stesso prodotto, il prezzo non può essere che unico. M. imperfetto è invece quello che non risponde neanche a uno di questi requisiti. Alcuni economisti moderni, però, non presuppongono nei loro schemi di m. il requisito dell’omogeneità del prodotto, in quanto ritengono sufficiente, perché si possa parlare di m., che tra i beni offerti esista un rapporto di relativa sostituibilità per cui il prezzo di ognuno di essi risulti costantemente diverso da quello che sarebbe se non fossero in vendita gli altri (in tale ipotesi si può parlare di m. dei cereali oltre che di m. del grano, dell’orzo, del riso ecc., di m. delle automobili oltre che di m. delle Mercedes, delle Fiat ecc.).
Se ci si riferisce all’indipendenza o meno dalla volontà dei singoli operatori del prezzo che si forma sul m., pur essendo il prezzo stesso il risultato dell’incontro della domanda e dell’offerta collettiva, i m. si distinguono in m. automatici, dove il prezzo è un dato oggettivo per i richiedenti e gli offerenti, e m. non automatici, i quali si possono distinguere a loro volta a seconda del numero dei soggetti economici che in essi offrono o domandano.
Il m. si dice infine aperto o chiuso a seconda che sia possibile o meno l’entrata o l’uscita di nuovi operatori, sia che ci si riferisca all’importazione e all’esportazione di merci o servizi provenienti al di fuori dei confini territoriali del m. (in tal senso è chiuso il m. cinto da barriere doganali insormontabili o isolato da un blocco) sia, invece, che ci si riferisca alla possibilità che sorgano all’interno del m. stesso nuove unità di produzione o di consumo accanto a quelle già esistenti e che possano facilmente uscirne.
Lo studio del m. e di come vi si formi il prezzo, per il gioco della domanda e dell’offerta, è antico quanto la scienza economica, ma fino a tutta la Prima guerra mondiale gli economisti si sono occupati soltanto di analizzare due forme estreme di m.: la libera concorrenza assoluta e il monopolio assoluto, trascurando di proposito le forme intermedie (a eccezione degli studi di A. Cournot, J. Bertrand e F.Y. Edgeworth sul duopolio). Motivi ideali inducevano a persistere nel ritenere modello fondamentale e sufficiente la libera concorrenza, nonostante il distacco tra teoria e realtà si andasse sempre più accentuando, e a considerare come eccezione il monopolio; inoltre si riteneva possibile l’individuazione di un prezzo di equilibrio soltanto in queste due ipotesi estreme e anche per questo non ci si preoccupava di teorizzare su ipotesi intermedie, nonostante sulla base della realtà storica se ne potessero costruire di sempre più numerose. Si pensava d’altra parte che i sistemi concreti fossero comunque sempre interpretabili riferendosi alternativamente o allo schema del monopolio (cui sono legati soprattutto i nomi di A. Cournot, V. Pareto, E. Barone, L. Amoroso) o a quello della pura concorrenza (L. Walras, Pareto, F.Y. Edgeworth, A. Marshall), a seconda del prevalere dell’uno o dell’altro nella struttura dei singoli sistemi. Le guerre mondiali determinarono però alcune trasformazioni nella realtà economica e ne accentuarono altre già in corso, tanto da costringere a prendere atto che la teoria rischiava di non aver più riferimento con i fatti; così, sulla via aperta da P. Sraffa nel 1925, si è svolta una radicale revisione della teoria delle forme di m. per opera di W. Eucken, W. Fellner, F. Machlup, H. von Stackelberg, R. Triffin e soprattutto di E. Chamberlin e J. Robinson, che hanno analizzato il funzionamento del m. nelle varie ipotesi di concorrenza imperfetta o monopolistica.
La classificazione delle forme di m. può essere fatta in base a vari criteri, a quelli cioè dell’indipendenza, della formazione più o meno libera del prezzo, dell’indifferenza; si può anche ricorrere a questo scopo al criterio dell’elasticità di sostituzione e a quello dell’elasticità indiretta. La classificazione più semplice è quella che distingue le forme di m. a seconda del numero dei soggetti economici che vi partecipano e che prevede soltanto quattro forme, se si limita alle due ipotesi di moltissimi soggetti da ambo le parti (concorrenza bilaterale) o di un solo soggetto da ambo le parti (monopolio bilaterale o monopolio con monopsonio) e alle due ipotesi incrociate (concorrenza di domanda con monopolio d’offerta e concorrenza d’offerta con monopolio di domanda o monopsonio). Qualora si inseriscano anche dal lato dell’offerta e della domanda le ipotesi intermedie di poche grosse unità di produzione e di consumo (oligopolio e oligopsonio), il numero delle possibili forme di m. sale a seconda che il m. sia perfetto o imperfetto, e tenendo anche conto dell’apertura o chiusura del m. da parte della domanda e da quella dell’offerta. Eucken ha ritenuto tuttavia questa tipologia ancora insufficiente, e addirittura Stackelberg è arrivato a prevedere 900 forme di mercato. È inoltre da considerare che, distinguendo tra periodo breve e periodo lungo, possono essere fatte ulteriori classificazioni tenendo conto delle possibili reazioni, sulle dimensioni degli impianti delle altre imprese, alle variazioni del prezzo praticate da un’impresa del gruppo. Tuttavia, in base al numero degli operatori e all’omogeneità o meno della merce, le forme di m. da ritenersi teoricamente interessanti e veramente utili per l’interpretazione dei fenomeni reali sono poche.
Analisi di m. è lo studio, impropriamente assimilato alla ricerca di m., del m. da un punto di vista globale o in un suo aspetto particolare, e può valersi di dati raccolti all’interno di un’impresa, e all’esterno, attraverso la consultazione di elementi statistici già rilevati e di altre fonti note, oppure di altri mezzi di ricerca, quali le vere e proprie ricerche di mercato. È realizzata dal responsabile del marketing dell’impresa per conoscere la natura, le caratteristiche e la distribuzione dei fenomeni di cui deve tenere conto nelle sue decisioni. Area (o zona) di m. è l’area che gravita per gli acquisti su un centro urbano che può considerarsene il capoluogo commerciale in quanto esercita la sua attrazione sui consumatori di tutta l’area. Secondo la legge di gravitazione del commercio al dettaglio proposta da W.J. Reilly, il potere di attrazione esercitato da un centro urbano sulle varie parti dell’area è direttamente proporzionale alla massa della sua popolazione e inversamente proporzionale alla distanza. Questa legge, oltre che per misurare il potere di attrazione dei vari centri, è di grande utilità per delimitare le aree di mercato. Costo del m. è detto l’insieme delle spese necessarie per l’organizzazione del m., comprese le remunerazioni degli intermediari, costo che grava in parte sul richiedente e in parte sugli offerenti ed è in genere più elevato dei costi di produzione e di trasporto in quanto la catena dei passaggi dal produttore al consumatore è piuttosto lunga e l’organizzazione dell’attività commerciale è quasi sempre tutt’altro che perfetta. Operazioni di m. aperto sono gli acquisti e le vendite di titoli pubblici da parte della banca centrale al fine di immettere o di ritirare dalla circolazione biglietti, in modo da accrescere o ridurre indirettamente i fondi liquidi disponibili presso le banche ordinarie con conseguente possibilità per queste ultime di espandere o contrarre il credito. Oltre a stimolare o frenare gli affari, agendo sulla liquidità del m. monetario, la banca centrale può con queste operazioni neutralizzare gli effetti sulla circolazione e sui prezzi di eventuali deflussi o afflussi di oro verso l’estero e dall’estero. Le operazioni di m. aperto sono state a volte preferite alla classica manovra dello sconto, pur essendo onerose per la banca, sia perché, potendo non essere palesi a tutti, non producono i turbamenti psicologici che talora derivano invece da variazioni del saggio ufficiale di sconto (specialmente del rialzo), sia per la loro maggiore tempestività e per la grande adattabilità dal punto di vista amministrativo, sia infine perché si sperava che i loro effetti non potessero essere eventualmente frustrati dalla scarsa elasticità della domanda di credito (in realtà la loro influenza restrittiva in periodi di espansione economica è risultata maggiore dell’influenza stimolante in periodi di depressione). Per questo, dopo la Seconda guerra mondiale sono state largamente usate, con risultati non omogenei, in particolare per attuare la cosiddetta politica del denaro a buon mercato.
Potere di m. è la capacità di influire sul m., e quindi sul prezzo di un bene, più degli altri offerenti o richiedenti; è strettamente legato a situazioni diverse dalla libera concorrenza e può spingersi fino all’assoluto controllo del m. in caso di monopolio.
Il m. finanziario, in generale, è il luogo di creazione e di scambio di attività finanziarie. Grazie alla globalizzazione dei m. e alla diffusione del sistema telematico di negoziazione non è più necessaria l’esistenza di un luogo fisico dove effettuare gli scambi. I m. finanziari sono detti a pronti (o spot) quando l’attività finanziaria è scambiata con pronta consegna, a termine (o futures) quando la consegna è differita a un determinato momento futuro. Appartengono a questa seconda categoria i m. di strumenti derivati, così chiamati poiché il loro prezzo deriva dagli strumenti finanziari a pronti sottostanti il contratto (azioni od obbligazioni). Per quanto, nella maggior parte delle economie, le attività finanziarie siano scambiate in m. organizzati, l’esistenza di un m. finanziario non è una condizione necessaria per la creazione e lo scambio di strumenti finanziari. Le contrattazioni che avvengono al di fuori dei m. regolamentati danno origine ai m. over the counter (fuori borsa).
I m. finanziari, insieme alle istituzioni finanziarie, in particolare gli intermediari, costituiscono il sistema finanziario, che favorisce l’incontro tra la domanda e l’offerta di fondi.
I m. finanziari consentono, in primo luogo, l’allocazione delle risorse dei singoli individui: attraverso l’acquisto di titoli, eventualmente effettuato per il tramite di intermediari specializzati, gli individui hanno la possibilità di scegliere le modalità di mantenimento della propria ricchezza. In secondo luogo, i m. finanziari consentono l’allocazione delle risorse delle imprese: le unità produttive o imprese che emettono titoli per raccogliere finanziamenti offrono questi ultimi sul m. finanziario che, attribuendo prezzi diversi a titoli di diverse imprese, alloca le risorse che riesce ad attirare tra i diversi offerenti. Infine, i m. finanziari costituiscono una fonte d’informazione.
I prezzi delle attività sono determinati nei m. finanziari in base all’interazione tra domanda e offerta, riflettendo le informazioni e le preferenze degli operatori nel m. e, quindi, segnalando in che modo i fondi dovrebbero essere allocati tra le attività finanziarie. Attraverso i prezzi, il m. finanziario fornisce informazioni che sono facilmente accessibili a tutti gli operatori (riducendo il costo legato all’acquisizione d’informazioni) e determinanti per intraprendere varie attività economiche. L’informazione contenuta nei prezzi raccoglie in sé i diversi livelli della stessa a disposizione dei singoli operatori, che in quanto tali sono più o meno informati. In un m. perfetto l’informazione è distribuita simmetricamente fra tutti gli operatori; quando invece la distribuzione dell’informazione è asimmetrica, il m. è imperfetto. In generale, quanto più i prezzi sono indicativi dell’informazione esistente, tanto più il m. assolve al meglio il suo ruolo e consente di fare previsioni più accurate, migliorando così la qualità e l’efficacia delle iniziative e delle decisioni prese dagli operatori. Maggiore è la varietà dei titoli esistenti sul m., migliore è il grado di realizzazione delle tre funzioni proprie del m. finanziario.
I m. finanziari si distinguono in m. primari e m. secondari. Nel m. primario vengono negoziati titoli di prima emissione, che non sono cioè ancora in circolazione e devono essere collocati sul mercato. La funzione del m. primario è quella di procurare risorse finanziarie alle imprese. Il m. secondario, nel quale vengono negoziati titoli già in circolazione, ha invece la funzione di permettere cambiamenti nelle attività detenute nei portafogli e di rendere flessibile l’allocazione delle risorse effettuata dagli investitori. L’efficienza del m. primario e la sua capacità di assorbimento sono subordinate all’efficienza e alla liquidità di quello secondario. Infatti, quanto più un m. è liquido, tanto più facile risulterà la vendita di un titolo; quanto più un m. è efficiente, tanto minore sarà l’effetto sul prezzo determinato dalla vendita di un singolo titolo.
Esistono diversi parametri che vengono comunemente utilizzati per valutare le caratteristiche funzionali dei m., tra cui il livello di perfezione, l’efficienza, l’ampiezza, la profondità (o spessore), la frammentazione e l’elasticità. Preliminarmente va osservato che le diverse forme organizzative hanno un’influenza determinante sul meccanismo di formazione del livello dei prezzi e soprattutto sulla dispersione che si genera intorno a esso. Il grado di perfezione del m., come già detto, dipende dall’omogeneità delle informazioni degli operatori.
Per quanto riguarda l’efficienza del m., è opportuno distinguere tra due concetti di efficienza: l’efficienza valutativa e l’efficienza informativa. Un m. è efficiente secondo il criterio valutativo quando i prezzi riflettono il valore intrinseco dei titoli. Un m. è invece efficiente sotto il profilo informativo quando i prezzi dei titoli riflettono le informazioni relative agli stessi. I due concetti di efficienza non necessariamente coesistono sul mercato. Nel caso delle ‘bolle speculative’, il m. è influenzato dal comportamento imitativo degli operatori che, avendo la convinzione che un titolo continuerà a salire, provocano con i loro acquisti un effettivo rialzo del suo valore. In questo caso tale valore tende a creare autoalimentazioni e si discosta dal suo valore intrinseco o fondamentale, ovvero dal valore legato, per es., all’andamento dei redditi di impresa, al percepimento dei quali le azioni danno diritto pro-quota.
Un m. si definisce spesso quando ordini di acquisto e di vendita non determinano ampie variazioni dei prezzi, consentendo di riassorbire eventuali sbilanci temporanei tra domanda e offerta. La capacità stabilizzatrice del m. sarà ancora più forte se il m. è anche ampio, ovvero se il volume degli ordini eseguibili a prezzi vicini a quelli correnti è elevato. L’elasticità consiste nella capacità delle variazioni nei prezzi, determinate da squilibri negli ordini di acquisto e di vendita, di attirare nuovi ordini capaci di stabilizzare il mercato.
La frammentazione è un’imperfezione del m. che dipende dalle difficoltà di comunicazione degli operatori, dovute a loro volta a carenze nei collegamenti o alla diversità nella velocità di circolazione delle informazioni tra mercati. A causa della frammentazione del m., gli operatori potrebbero trovarsi a eseguire negoziazioni a prezzi peggiori di quelli potenzialmente ottenibili per la difficoltà di conoscere le posizioni di eventuali controparti. I moderni sistemi di negoziazione, basati su tecnologie informatiche che consentono la diffusione delle informazioni in tempo reale, contribuiscono in maniera determinante alla soluzione dei problemi relativi alla frammentazione dei mercati.
La struttura dei m. finanziari è l’insieme di sistemi e procedure che definiscono le negoziazioni. Le principali forme organizzative dei m. finanziari sono: m. a ricerca autonoma; m. di brokers; m. di dealers, intermediari non indipendenti (underwriters, sottoscrittori, nel m. primario), e di market makers, operatori indipendenti; m. ad asta. Il m. a ricerca autonoma è quello nel quale gli operatori cercano le controparti per proprio conto, e rappresenta la forma più elementare di mercato. Tale forma di m. è la più lontana dalla perfezione. In genere essa è determinata dalla scarsità dei volumi di negoziazioni, che non rende conveniente per gli intermediari intervenire nel mercato. I brokers sono intermediari specializzati nella ricerca di controparti. Essi si impegnano a trovare una controparte al cliente (mantenendone di solito riservata l’identità) e di contrattare il prezzo, ricevendo per il loro servizio una commissione. Il dealer o il market maker, a differenza del broker, assume posizioni in proprio ponendosi come diretta controparte del proprio cliente. In questo modo garantisce l’immediatezza dell’esecuzione dell’ordine, e la sua remunerazione è data dalla differenza tra prezzi di acquisto e prezzi di vendita (spread). La funzione dei dealers o dei market makers è di dare liquidità al mercato.
Il m. ad asta, rispetto alle altre forme di m. analizzate, è quello che consente di raggiungere il maggior livello di perfezione, poiché consente di confrontare simultaneamente le proposte di tutte le controparti. Perché il meccanismo funzioni è tuttavia necessario che il m. presenti una certa regolarità e numerosità degli ordini e che questi abbiano caratteristiche e tagli omogenei. Le tecniche di asta più utilizzate sono l’asta a chiamata e l’asta continua. Nell’asta a chiamata il prezzo viene fissato dopo aver raccolto tutti gli ordini in modo da massimizzare l’incontro tra domanda e offerta. Nell’asta continua i prezzi si formano sequenzialmente, ogni volta che per un ordine viene trovato un altro ordine di segno opposto, e quindi un prezzo di equilibrio. In questo modo i prezzi vengono continuamente aggiornati incorporando le informazioni che arrivano al mercato.
7.Tipologie dei prodotti negoziati
Facendo riferimento ai prodotti negoziati, i m. finanziari si dividono in m. monetari, obbligazionari, azionari, dei cambi e dei prodotti derivati. Il processo d’innovazione finanziaria, soprattutto in seguito al processo di cartolarizzazione, ha creato nuovi e originali valori mobiliari, arricchendo la tipologia di azioni e di obbligazioni ma anche aggiungendo nuovi certificati e i prodotti derivati. Tra i prodotti derivati si distinguono, per es., le opzioni e i futures. Essi non sono veri e propri titoli di provenienza di un emittente, ma piuttosto speciali contratti conclusi tra gli investitori. Le opzioni sono dei contratti che danno diritto (ma non obbligo) ad acquistare (call) o a vendere (put) determinati titoli. Come tali sono soggetti a una valutazione da parte degli operatori interessati e quindi sono oggetto di contrattazione e di prezzo negli appositi mercati. I futures differiscono in generale dalle opzioni perché sono contratti che hanno un valore minimo prestabilito, e perché presentano gradi di rischio superiori a quelli delle opzioni.
Nei m. organizzati la liquidazione dei contratti di opzione o dei futures avviene attraverso organizzazioni specializzate, le clearing houses (in Italia, Cassa di compensazione e garanzia). Queste organizzazioni si interpongono negli scambi, quale venditore e acquirente rispettivamente del compratore o del venditore, garantendo il buon fine delle negoziazioni.
I m. dei prodotti derivati, come quelli degli swaps (contratti in cui le parti si scambiano a una certa data i differenziali d’interesse o dei cambi delle valute coinvolte), hanno giocato un ruolo fondamentale nella globalizzazione dei mercati. In primo luogo essi hanno ridotto la separatezza tra i m. dei diversi prodotti, spingendo gli operatori ad agire coprendosi dai vari rischi, per es. il rischio di cambio con contratti a termine che fissano il prezzo di riacquisto di una data valuta. Questo sistema è stato utilizzato soprattutto dalle imprese industriali per coprirsi dal rischio connesso alla variazione del prezzo delle materie prime. Grazie ai vari sistemi di copertura (hedging), e quindi grazie anche ai derivati, il m. dei cambi e il m. delle materie prime sono divenuti m. in cui i rischi sono diversificabili.
Con riferimento ai prodotti negoziati, è opportuno richiamare il cosiddetto euromercato, dove sono scambiate le eurobbligazioni, ossia valori mobiliari emessi da un ente emittente di un paese nella valuta di un secondo paese e che circolano sulla piazza di un terzo paese. Le transazioni che avvengono sull’euromercato sono al di fuori della giurisdizione di un singolo paese.
Tradizionalmente i m. finanziari erano suddivisi in m. creditizio o monetario, m. dei cambi, m. assicurativo e m. mobiliare. Questa ripartizione trovava fondamento nella diversità dei prodotti scambiati sui quattro segmenti di m. e nella diversità del ruolo degli intermediari. Ormai le barriere tra i diversi segmenti di m. stanno cadendo: basti pensare ai conti correnti bancari collegati a un fondo d’investimento, che eliminano la linea di confine tra m. del credito e m. obbligazionario. Altro esempio sono gli strumenti che, pur essendo tipici del m. mobiliare, consentono di operare su tutte le scadenze, dal breve al lungo termine. Tra questi le quote di fondi monetari, o le azioni delle SICAV. Si pensi anche alle obbligazioni convertibili o con warrants, che danno il diritto a entrare in possesso di azioni e collegano il m. obbligazionario con quello azionario. Anche i prodotti assicurativi si sono avvicinati alle forme di risparmio monetarie, dando la possibilità agli investitori di investire il proprio risparmio garantendosi allo stesso tempo la copertura rispetto a determinati rischi.
La domanda di attività finanziarie che proviene dagli investitori è in genere motivata da esigenze di copertura o da moventi speculativi ed è comunque determinata dall’incertezza sui possibili stati futuri del mondo. I modelli finanziari che spiegano le scelte d’investimento si basano appunto sull’incertezza e sulle preferenze dell’investitore-consumatore, descritte da una funzione di utilità che a sua volta dipende dal grado di avversione al rischio dell’investitore. La maggior parte di questi modelli fonda le decisioni d’investimento sulla relazione inversa fra rendimento e rischio delle attività finanziarie, misurando il rischio come la variabilità (volatilità) dei rendimenti del titolo. Esistono due tipi di rischio: il rischio diversificabile e il rischio sistemico, o non diversificabile. Il primo può essere ridotto o eliminato attraverso un’opportuna combinazione dei titoli che compongono il portafoglio, che può però ridurre contemporaneamente anche la probabilità di avere rendimenti elevati. Esiste invece una componente del rischio che non può essere eliminata mediante diversificazione: il cosiddetto rischio sistemico, legato a eventi che colpiscono indistintamente tutti i titoli, come calamità naturali, guerre, crisi politiche o economiche.
L’offerta di attività finanziarie proviene dagli emittenti, che possono essere distinti in pubblici o privati. L’impresa privata che deve reperire i fondi per i propri investimenti si trova di fronte a due ordini di scelte: deve decidere innanzitutto se entrare nel m. (dividendo quindi la proprietà dell’impresa con altri operatori) piuttosto che ricorrere al debito; deve poi decidere se realizzare una semplice offerta nei confronti del pubblico oppure entrare nel m. regolamentato. Il secondo tipo di collocamento dei titoli è finalizzato alla loro quotazione, ma sottopone l’impresa a un insieme di controlli e di regole che potrebbero risultare eccessivamente onerosi.
Diversi fattori hanno contribuito a quel processo di ampliamento dei m. finanziari su scala mondiale noto come processo di globalizzazione finanziaria. I tre fattori più rilevanti, che si sono sviluppati indipendentemente, sono: le innovazioni tecnologiche; la deregolamentazione del m. e delle istituzioni; l’aumento degli investitori istituzionali nei m. finanziari. Le innovazioni tecnologiche hanno completamente rivoluzionato i tradizionali sistemi di negoziazione, di controllo dei m. mondiali e di analisi dei dati finanziari. Grazie ai sistemi telematici, è infatti possibile accedere alle informazioni relative ai m. mondiali in tempo reale, avvalersi delle tecniche di analisi dei dati per individuare le caratteristiche di rendimento e di rischio delle diverse attività finanziarie ed eventuali possibilità di arbitraggio, eseguire in pochi secondi ordini su questi m. attraverso un terminale. La deregolamentazione è consistita nella liberalizzazione nel movimento dei capitali e nell’eliminazione di restrizioni amministrative nella gran parte dei paesi emergenti e di quelli più sviluppati. L’impulso iniziale alla liberalizzazione e all’integrazione dei m. finanziari europei è partito dal Regno Unito che ha liberalizzato il m. azionario e quello dei titoli di Stato, inducendo così progressivamente anche gli altri paesi a intraprendere analoghi provvedimenti. Il processo è poi stato rafforzato dalle direttive della Comunità Europea. Infine, le attività finanziarie degli investitori istituzionali, espresse in percentuale del PIL, sono cresciute sensibilmente in tutti i paesi industrializzati.
La psicologia di m. si occupa delle leggi psicologiche che stanno alla base della regolazione della domanda e dell’offerta e dei loro rapporti reciproci. È un settore della psicologia applicata che si è sviluppato sotto la pressione dei compiti che l’economia sottoponeva alla psicologia. Mediante il chiarimento dei motivi e delle determinanti del comportamento economico, la psicologia di m. tenta di indicare il modo in cui si può influire su determinati momenti elaborando tecniche, come quelle proposte dalla psicologia della propaganda.