Nel linguaggio economico e giuridico, l’insieme delle operazioni che porta alla sistemazione o risoluzione dei rapporti patrimoniali, o alla realizzazione di singoli beni o di complessi patrimoniali.
Il termine comunemente indica anche il trattamento di fine rapporto, cioè il compenso versato dal datore di lavoro al lavoratore subordinato al momento della cessazione del rapporto di lavoro, determinato in base all’anzianità di servizio e alla retribuzione.
Procedura concorsuale disciplinata, per quanto attiene agli aspetti procedurali, dal r.d. 267/1942 e successive modifiche e integrazioni (cosiddetta legge fallimentare), e per gli aspetti sostanziali, e in particolare per l’individuazione della categoria degli imprenditori assoggettati, da alcune leggi speciali. Trova applicazione nei confronti non solo degli imprenditori commerciali in stato di insolvenza, ma anche di quelli che, pur non essendo insolventi, presentano gravi irregolarità nella gestione. Denominatore comune di tutti questi imprenditori è il fatto di esercitare un’attività di rilevanza pubblicistica – per es. quella bancaria – in quanto tale assoggettata al controllo da parte dell’autorità amministrativa. Se, dunque, da un lato, la l. coatta amministrativa determina, al pari del fallimento, la l. dei beni dell’imprenditore e il riparto del ricavato tra i creditori nel rispetto del principio della par condicio, dall’altro lato si caratterizza per il fine perseguito, giacché mira a rimuovere dal mercato non soltanto i soggetti non più in grado di assolvere regolarmente alle proprie obbligazioni, ma anche quelli il cui disordine economico o amministrativo rischia di compromettere l’interesse dello Stato a una sana economia. Per questo motivo, l’autorità competente a disporre, a mezzo decreto, la l. coatta amministrativa è sempre il ministero preposto alla vigilanza del settore di attività dell’impresa, per es. quello dello Sviluppo economico nel caso delle imprese di assicurazione. Alla stessa autorità spetta inoltre la nomina degli organi della procedura, ovvero il commissario liquidatore e il comitato di sorveglianza. Il primo ha il compito di provvedere materialmente alla l. del patrimonio dell’impresa, secondo le direttive impartite dal ministero; il secondo, composto da 3 o 5 membri (non necessariamente creditori) scelti fra persone esperte del ramo di attività dell’impresa, ha funzioni consultive e di controllo.
In particolare, l’art. 194 della legge fallimentare stabilisce che le disposizioni delle leggi speciali che siano in contrasto con quelle di cui agli art. 194 e seg. prevalgono su queste, fermo restando in ogni caso la prevalenza degli art. 195, 196, 200, 201, 202, 203, 209, 211 e 213. Per quanto concerne i presupposti per l’apertura della procedura, nulla è disposto nella legge fallimentare, sicché è necessario far riferimento a quanto previsto nelle leggi speciali. Riguardo al presupposto soggettivo, il legislatore ha generalmente sottoposto a tale procedura quelle imprese che svolgono un’attività in un settore nel quale una pubblica amministrazione esercita un particolare tipo di controllo. In tal senso si può, per es., ricordare che possono essere sottoposte a liquidazione coatta le imprese di assicurazione, le banche, le società cooperative, le società di intermediazione finanziaria. Peraltro, in base al combinato disposto degli art. 2 e 196 della legge fallimentare, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti ritengono che le imprese soggette a liquidazione coatta non siano soggette al fallimento, salvo che la legge disponga diversamente (per es., art. 2545 terdecies, co. 1 c.c.). L’art. 196 regola l’eventuale concorso con il criterio della prevenzione in quanto l’apertura della l. coatta preclude la dichiarazione di fallimento e viceversa.
Per quanto concerne il presupposto oggettivo, le leggi speciali, a differenza di quanto stabilito dalla legge fallimentare per il fallimento, non individuano come unico presupposto quello della insolvenza. Le leggi speciali prevedono, infatti, che in alcuni casi la procedura possa essere aperta per violazioni di norme di legge o regolamentari o per la non conformità dell’attività esercitata all’interesse generale. Spetta sempre all’autorità pubblica competente l’adozione del provvedimento che dispone la l. coatta, e all’autorità giudiziaria l’accertamento dello stato di insolvenza. Tale accertamento può essere sia anteriore al provvedimento che ha ordinato la l., sia successivo. Nel primo caso l’art. 195, co. 1, stabilisce che su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell’autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa, il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale dichiara con sentenza lo stato di insolvenza. Nel secondo caso, l’art. 202 prevede che il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario liquidatore o su istanza del pubblico ministero, accerti con sentenza in camera di consiglio lo stato di insolvenza. Mentre il provvedimento che dispone la l. coatta in quanto provvedimento amministrativo è soggetto alle impugnative proprie di questo tipo di provvedimenti (in primo grado ricorso al TAR, in secondo grado al Consiglio di Stato), la sentenza che dichiara l’insolvenza è impugnabile dinnanzi al giudice ordinario ex art. 195, co. 5. Gli organi della procedura sono l’autorità amministrativa che ha disposto la l. e che svolge funzioni di vigilanza sull’intera procedura, il commissario liquidatore, i cui poteri sono in larga parte analoghi a quelli del curatore del fallimento, e il comitato di sorveglianza. Sia il commissario sia il comitato sono nominati, di regola, dalla stessa autorità amministrativa. Gli art. 200 e 201 prevedono che dalla data del provvedimento che ordina la l. si applichino alcune delle disposizioni relative agli effetti del fallimento per il fallito, per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti. Il successivo svolgimento della procedura è analogo a quello della procedura fallimentare, ed è scandito da una prima fase di accertamento del passivo, una seconda fase di liquidazione dell’attivo e una fase terza fase di ripartizione dell’attivo.
È il complesso delle operazioni compiute, alla fine di ogni mese (giorno di l.) e secondo un apposito calendario, nelle borse valori o merci, attraverso le quali le varie posizioni debitorie e creditizie degli operatori sono saldate con il pagamento o con la riscossione delle differenze a loro debito o a loro credito e con il movimento di quei quantitativi di titoli o di merci le cui negoziazioni non si sono compensate.
Riguardo al modo con cui si svolge, la l. è chiamata: volontaria, quando è deliberata liberamente dagli interessati e si svolge secondo le norme di diritto comune; coattiva, in caso di insolvenza dei contratti conclusi con l’intervento degli agenti di cambio o con banche o enti iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia: per essa il contraente in bonis, entro il quarto giorno non festivo successivo alla scadenza, può richiedere al comitato direttivo degli agenti di cambio la l. del contratto scaduto, che il comitato effettua; a mezzo stanza, quando i rapporti di dare e avere derivanti dai contratti intercorsi tra gli associati alla stanza di compensazione si svolgono, dopo operazioni preliminari, mediante la consegna da parte dei debitori dei titoli o del contante alla stanza e la riconsegna di essi, a cura di questa, ai creditori.
È l’atto dichiarativo dell’amministrazione finanziaria con cui si determina definitivamente l’ammontare di imposta dovuto dal contribuente; perché oltre che liquida la prestazione divenga esigibile, occorre ancora che l’ammontare suddetto sia portato a conoscenza del contribuente, mediante l’iscrizione a ruolo e la pubblicazione del medesimo o mediante la notificazione individuale.
L’operazione con cui si accerta il titolo della spesa stessa (ossia il motivo per cui lo Stato si è impegnato a un dato pagamento), si precisa l’ammontare del debito assunto con l’impegno dello Stato, si indica la persona del creditore e si emana il decreto o altro provvedimento in base al quale dovrà poi essere rilasciato l’ordine di pagamento.
È la fase che segue alla deliberazione concernente lo scioglimento della società. Consiste nella realizzazione dell’attivo, nel soddisfacimento dei debiti sociali e nella distribuzione ai soci dell’eventuale eccedenza di attivo. Durante il passaggio dallo scioglimento alla completa cessazione, la società sopravvive nella sua giuridica identità e tende a realizzare un fine nuovo, diverso da quello originario, mediante la definizione di tutti i rapporti giuridici in corso.
I soggetti di questa fase conclusiva sono detti liquidatori, nominati dai soci o, in difetto di accordo, dal presidente del tribunale; a essi gli amministratori della società devono consegnare i beni e i documenti sociali, oltre a presentare il conto della gestione relativa al periodo successivo all’ultimo rendiconto; avvenuta detta consegna, amministratori e liquidatori redigono l’inventario del patrimonio sociale, diviso in attivo e passivo. Le mansioni dei liquidatori sono espressamente indicate dalla legge (art. 2276 c.c.) e consistono nell’assumere la rappresentanza della società, nel compimento di ogni attività necessaria alla l. (alienazione dei beni sociali, transazioni e compromessi), con espresso divieto di intraprendere nuove operazioni. L’inosservanza di questo divieto comporta la responsabilità personale dei liquidatori per gli affari intrapresi. Portata a termine la materiale l. della società, i liquidatori redigono il bilancio conclusivo e propongono il piano di riparto ai soci che possono approvarlo espressamente o tacitamente, o impugnarlo, ma entro 2 mesi dalla comunicazione.