società Insieme di individui o parti uniti da rapporti di varia natura, tra cui si instaurano forme di cooperazione, collaborazione e divisione dei compiti, che assicurano la sopravvivenza e la riproduzione dell’insieme stesso e dei suoi membri.
Anche nelle sue forme più semplici, l’ordinamento sociale appare determinato da una serie di fattori di varia natura. Rispetto alla distribuzione territoriale, il tipo di s. più semplice è dato dal gruppo domestico o famiglia (➔), occupante una o più abitazioni congiunte; l’unione di più gruppi domestici coresidenti può costituire un villaggio, mentre la città, in senso proprio, non era molto diffusa nelle culture sulle quali, un tempo, si soffermava l’attenzione degli etnologi, anche se occorre ricordare l’America precolombiana messico-andina e gli imperi medievali del Sudan e del Golfo di Guinea.
Le relazioni tra gli individui di uno stesso gruppo sono determinate, a loro volta, da vari fattori: matrimonio, discendenza, coabitazione ecc., che sono alla base della formazione della famiglia. Il sesso determina talora divisione del lavoro, esclusioni dalla vita politica e religiosa; l’età giovanile stabilisce doveri (di lavoro, di servizio militare), quella matura e senile privilegi (comando politico, funzioni sacerdotali); mentre determinate attività artigiane, particolarmente la siderurgia, come pure alcune attività economiche, collegate sovente a fattori etnici, danno vita a divisioni interne del gruppo, quali le classi sociali e le caste.
I sistemi di discendenza, estesi oltre i confini della famiglia, portano alla formazione di gruppi uniti dalla consapevolezza di una comune origine genealogica (➔ discendenza; lignaggio). La loro coesione, oltre che da fattori puramente sociali, dipende anche da motivi religiosi ed economici (orgoglio di una discendenza illustre, conservazione di privilegi ecc.). Sul sistema di discendenza unilineare è basato il clan o stirpe, di solito più vasto del lignaggio e costituito dall’unione di più lignaggi, mentre parlando di gruppo etnico (o tribù) si intende una forma di organizzazione sociopolitica, superiore al gruppo di discendenza (lignaggio o clan), ma meno articolata del chiefdom (potentato, principato) o dello Stato, solitamente fondata sulla condivisione di tratti linguistici e culturali, nonché sull’occupazione di un determinato territorio: non sempre tuttavia queste condizioni si verificano tutte in modo concomitante. Si hanno infatti gruppi, come quelli inuit, dispersi su un territorio vastissimo e non continuo; altri invece, come i Fulbe, che hanno subito i più vari influssi esterni, e così via.
Il codice civile italiano prende in considerazione il fenomeno societario nel Libro V, titolo V, avendo riguardo al momento e al modo della sua costituzione, ai rapporti tra soci, e tra soci e terzi, astraendo dall’altro aspetto del fenomeno societario che riguarda la s. come modo d’essere di una impresa, come organizzazione del soggetto imprenditore che può essere un singolo oppure una società.
Contratto di società In generale, la s. è definibile come fenomeno associativo regolato da un contratto con il quale si organizzano persone e mezzi in vista dell’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo di dividerne gli utili (art. 2247 c.c.). Tuttavia, è ormai ammessa, per le s. per azioni e per le s. a responsabilità limitata, la costituzione per di s. unipersonali con atto unilaterale. Il contratto su cui poggia la costituzione s. rientra nella categoria dei contratti associativi o con comunione di scopo, nei quali le prestazioni di ciascuno sono dirette al conseguimento di uno scopo comune.
Elementi essenziali del contratto di s. sono: i conferimenti dei soci, lo svolgimento in comune di una attività economica, e il fine di divisione degli utili. I conferimenti sono le prestazioni cui le parti del contratto si obbligano al fine di dotare la s. del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento dell’attività di impresa. L’esercizio dell’attività economica è comune a più soggetti quando è preordinato alla realizzazione di un risultato unitario, giuridicamente imputabile al gruppo in quanto tale, prima che ai singoli membri del gruppo stesso. Ultimo elemento è costituito dallo scopo di lucro, che è tipico delle s. di persone e di capitali, le quali vengono perciò definite s. lucrative e distinte dalle s. mutualistiche, il cui scopo è invece quello di fornire direttamente ai soci beni, servizi o occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che i soci stessi otterrebbero sul mercato.
L’oggetto sociale è la specifica attività che i soci si propongono di svolgere; esso deve essere predeterminato nell’atto costitutivo, ma può essere modificato nel corso della vita della società.
Classificazioni In via generale si possono distinguere otto tipi di s.: in primo luogo la s. semplice, la s. in nome collettivo, e la s. in accomandita semplice, le quali sono definibili come s. di persone; in secondo luogo la s. per azioni, la s. in accomandita per azioni e la s. a responsabilità limitata, che rientrano sotto la categoria della s. di capitali; e infine la s. cooperativa e la mutua assicuratrice. In base a tale classificazione si opera una distinzione ulteriore tra s. con personalità giuridica e s. senza personalità giuridica. Rientrano nella prima categoria le s. di capitali e le s. cooperative. Tali s. costituiscono un soggetto giuridico autonomo e distinto dalle persone dei soci, sono dotate di autonomia patrimoniale perfetta rispondono con patrimonio sociale delle obbligazioni contratte per l’esercizio dell’attività l’impresa. I soci, invece, rispondono delle obbligazioni sociali nei limiti del conferimento. Sul piano organizzativo, il riconoscimento della personalità giuridica si esprime nell’attribuzione di specifiche funzioni e competenze a organi distinti, con la conseguenza che al singolo socio non è data la possibilità di esercitare in via diretta poteri di amministrazione e controllo; il socio può esprimere il proprio voto in assemblea nella fase di nomina dei membri degli organi amministrativi e di controllo, sulla base di un criterio capitalistico e, quindi, proporzionato all’ammontare del capitale sociale sottoscritto, ovvero sulla base del principio ‘una testa, un voto’, proprio della s. cooperativa.
La mutua assicuratrice è una forma di s. mutualistica molto diffusa nel settore assicurativo e disciplinata dagli artt. 1884 e 2546-2548 c.c.. nonché dalle disposizioni contenute nel d. legisl. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private). Al pari della s. cooperativa, la mutua assicuratrice è caratterizzata dallo scopo mutualistico, il quale però si atteggia diversamente nelle due forme societarie. Nella mutua la realizzazione dello scopo mutualistico presuppone l’instaurazione del rapporto assicurativo con la mutua stessa, in seguito alla quale si acquista la qualità di socio; nella cooperativa lo scopo mutualistico non è vincolato alla stipulazione del contratto di assicurazione, stipulazione soltanto eventuale e successiva alla costituzione del rapporto sociale.
Alle s. di persone si nega generalmente il riconoscimento della personalità giuridica, in quanto dotate di autonomia patrimoniale imperfetta, nel senso che per le obbligazioni sociali rispondono il patrimonio sociale e i soci, personalmente e illimitatamente, sebbene in modo differente secondo le regole proprie di ciascuna società. Inoltre, in questo caso è assente una distribuzione di funzioni tra organi diversi, essendo l’amministrazione e la rappresentanza della s. affidata soltanto ai soci a responsabilità illimitata.
Pubblicità Sul piano della pubblicità, l’iscrizione nel registro delle imprese si atteggia diversamente a seconda della natura dell’attività esercitata. Per le imprese commerciali, l’iscrizione nella sezione ordinaria ha efficacia di pubblicità dichiarativa, nel senso di rendere opponibili a chiunque i fatti e gli atti iscritti, sia pure con le opportune precisazioni. Per le s. di capitali, l’iscrizione ha un’efficacia più propriamente costitutiva, in quanto condizione necessaria per l’acquisto della personalità giuridica e per l’esistenza stessa della società. Al contrario, per le la mancata iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese delle s. in nome collettivo e in accomandita semplice ne comporterà la semplice qualifica di irregolari e non già l’inesistenza, con conseguente applicazione del più gravoso regime giuridico della s. semplice. Infine, per la s. semplice, forma giuridica utilizzabile per l’esercizio di attività economica non commerciale, è prevista l’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, con gli effetti tipici della pubblicità notizia, a meno che non si tratti di attività agricola, nel qual caso gli effetti sono quelli della pubblicità dichiarativa.
Controlli La l. 340/2000 ha modificato la disciplina del controllo preventivo di legalità degli atti sociali sopprimendo, nella fase costitutiva, l’attività di omologazione del tribunale e attribuendo al solo notaio il compito di verificare la sussistenza delle condizioni di legittimità per la costituzione della s. di capitali (art. 2330 c.c., come modificato dal d. legisl. 6/2003). L’art. 2436 c.c. prevede inoltre un primo controllo, obbligatorio, sulla deliberazione di modifica dello statuto da parte del notaio verbalizzante, e un controllo giudiziale, solo eventuale, sollecitato dagli amministratori quando il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge; in seguito a tale ultimo controllo, che si svolge secondo le regole del procedimento di omologazione, il tribunale, se ne sussistono le condizioni, può ordinare l’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese, divenendo produttiva di effetti.
La s. semplice (s.s.) è tipo di s. di persone, disciplinata dagli artt. 2251-2290 c.c., che può avere per oggetto soltanto l’esercizio di attività non commerciale. Per la costituzione della s. semplice non occorre rispettare una particolare forma, salvo quella richiesta dalla natura dei beni conferiti. Tuttavia, la previsione di un obbligo di iscrizione del contratto sociale una sezione speciale del registro delle imprese, con efficacia di pubblicità legale, esclude di fatto la possibilità di costituzione in forma orale o per comportamenti concludenti.
Rapporti tra soci. - Ciascun socio è obbligato ad eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale. Oggetto del conferimento nella s. semplice può essere qualunque bene suscettibile di valutazione economica, purché utile per il conseguimento dell’oggetto sociale. Salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, i soci sono tenuti ad effettuare conferimenti di pari valore. La partecipazione agli utili e alle perdite si presume proporzionale ai conferimenti e ciascun socio ha diritto a percepire la sua parte di utili, dopo l’approvazione del rendiconto. L’amministrazione delle s. semplici spetta normalmente a ciascun socio, disgiuntamente degli altri. In questo caso, ciascun socio amministratore può opporsi alle operazioni di gestione che un altro vuole compiere e prima che questa sia realizzata. Nel caso, sull’operazione decide la maggioranza dei soci, calcolata secondo la parte di utili attribuita a ciascun socio. Le s. semplici possono, però, optare per un regime di amministrazione congiuntiva, affidata a più soci. In tal caso, il compimento delle operazioni di gestione richiede il consenso unanime dei soci amministratori, salvo che, per alcune operazioni, il contratto s. non preveda una votazione a maggioranza. In ogni caso, residua in capo a ciascun amministratore il potere di compiere, anche individualmente, atti di gestione, nel caso di sia urgenza di evitare un grave danno alla società. I soci che non partecipano all’amministrazione hanno il diritto di ottenere notizia delle operazioni di gestione realizzate dalla s., di consultare i documenti relativi all’amministrazione e di ottenere un rendiconto annuo.
Rapporti con i terzi. - La s. acquista diritti, assume obbligazioni e sta in giudizio per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza. Salvo diversa pattuizione, la rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore e si stende a tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale. Per le obbligazioni sociali risponde la s. con il proprio patrimonio e, in via sussidiaria, i soci, con tutto il loro patrimonio personale presente e futuro. Tale regime di responsabilità dei singoli può essere circoscritto al solo ammontare conferito per i soci non investiti del potere di rappresentanza della s. e purché la deroga risulti da un apposito patto sociale portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, quale per es. l’iscrizione nel registro delle imprese. Il creditore particolare del singolo socio può far valere i suoi diritti sulla quota di utili spettanti al debitore, può compiere tutti gli atti conservativi della quota e, se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, può anche chiedere la liquidazione della quota del suo debitore.
Lo scioglimento della società. - La s. semplice si scioglie per decorso del termine, per conseguimento dell’oggetto sociale o impossibilità sopravvenuta di conseguirlo, per volontà di tutti i soci, per il venir meno della pluralità di soci e sempre che questa non sia ricostituita nel termine di sei mesi, e per le altre cause previste nel contratto sociale. Il verificarsi di una causa di scioglimento determina l’apertura della fase di liquidazione, con nomina di uno o più liquidatori da parte dei soci o, in mancanza di accordo, da parte del presidente del tribunale. Estinti i debiti sociali, l’eventuale attivo residuo viene ripartito tra i soci in proporzione alla partecipazione di ciascuno ai guadagni.
La s. in nome collettivo (s.n.c.) è un modello di s. di persone utilizzabile per svolgere attività sia commerciale sia non commerciale. È disciplinata dagli artt. 2291-2312 c.c. e, per quanto non previsto, dalle norme dettate per la s. semplice. Caratteristica della s. in nome collettivo è che tutti i soci rispondono personalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, quando il patrimonio della s. risulti insufficiente a coprire i debiti contratti per l’esercizio dell’attività di impresa. Tuttavia, i soci possono convenire che alcuni di essi siano esclusi dal regime di responsabilità illimitata; tale patto, però, non è efficace nei confronti dei terzi. Poiché l’atto costitutivo della s. in nome collettivo indica sempre un termine di durata della s., i creditori del singolo socio non possono chiedere la liquidazione della quota del socio debitore, finché tale termine non sia maturato; tuttavia, essi possono opporsi alla delibera di proroga della s. o, in caso di proroga tacita, possono chiedere in ogni momento la liquidazione della quota del socio debitore. La ragione sociale della s. in nome collettivo deve contenere l’indicazione di uno o più soci e del tipo di rapporto sociale.
L’atto costitutivo deve essere depositato, a cura degli amministratori, presso il registro delle imprese per l’iscrizione, nel termine di 30 giorni dalla stipulazione. Se gli amministratori non provvedono, può farlo il singolo socio a spese della società. La mancata iscrizione non determina l’inesistenza della s., ma una irregolarità (si parla, in questo caso di s. irregolare) che determinerò l’applicazione della disciplina– meno favorevole per i soci – della s. semplice. L’amministrazione, salvo diversa previsione dell’atto costitutivo, spetta a ciascun socio.
Sono previsti obblighi di non concorrenza in capo a tutti i soci, i quali non possono esercitare per conto proprio o altri un’attività concorrente con quella della s. né partecipare, in qualità di socio illimitatamente responsabile, ad altra s. concorrente, a meno che non di sia il consenso degli altri soci.
La s. in accomandita semplice (s.a.s.) è una s. di persone, disciplinata agli artt. 2313-2324 cc. e caratterizzata dalla presenza di due categorie di soci, gli accomandatari e gli accomandanti. I primi rispondono solidalmente e illimitatamente delle obbligazioni sociali; gli altri rispondono limitatamente alla quota conferita. L’amministrazione della s. può essere affidata soltanto ai soci accomandatari, i quali hanno i diritti e i doveri dei soci di s. in nome collettivo. I soci accomandanti, invece, non possono interferire con l’amministrazione della s. né possono compiere specifici affari per conto della s., a meno che non siano muniti di procura speciale per singoli affari, conferita dagli amministratori. Il socio accomandante che contravviene al divieto di immistione nella gestione dell’impresa è responsabile illimitatamente e solidalmente verso i terzi per le obbligazioni sociali. Eguale estensione di responsabilità si realizza in capo al socio accomandante che consenta l’inserimento del suo nome nella ragione sociale, la quale, per previsione normativa, deve contenere il nome di almeno un socio accomandatario e l’indicazione del tipo sociale. La quota di partecipazione del socio accomandante è trasmissibile a causa di morte e può essere ceduta col consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale sociale. La s. in accomandita semplice si scioglie per le cause previste per la s. semplice e per il venir meno di una delle due categorie di soci, se non integrata entro sei mesi. Se vengono a mancare tutti i soci accomandatari, gli accomodanti nominano un amministratore provvisorio, che non assume la qualità di socio accomandatario.
La s. per azioni (s.p.a.) è una s. di capitali disciplinata agli artt. 2325 ss. c.c. e caratterizzata da autonomia patrimoniale perfetta, perciò risponde delle obbligazioni sociali solo con il proprio patrimonio. Il capitale minimo per la costituzione di una s. per azioni è di 120.000 euro. I soci sono obbligati solo a eseguire i conferimenti promessi (denaro, crediti, beni in natura, ma non prestazioni d’opera e servizi) che costituiscono la misura del loro rischio d’impresa. La partecipazione sociale è rappresentata da azioni, partecipazioni-tipo omogenee e standardizzate, tutte di uguale valore, che conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Le azioni sono, di norma, liberamente trasferibili e circolano attraverso documenti assoggettati alla disciplina dei titoli di credito. La s. per azioni ha un’organizzazione di tipo corporativo, basata sulla necessaria presenza di una pluralità di organi. Nel sistema tradizionale, tali organi sono assemblea, amministratori e collegio sindacale, il cui funzionamento è dominato dal principio maggioritario. Con la riforma societaria del 2003 sono stati introdotti due ulteriori sistemi di amministrazione alternativi a quello tradizionale, basato sulla separazione tra amministrazione e controllo. Il sistema dualistico presenta un consiglio di gestione, cui spetta la gestione dell’impresa, e un consiglio di sorveglianza, cui è affidato, tra l’altro, il compito di nominare e revocare i componenti del consiglio di gestione. Il sistema monistico, invece, presenta un consiglio di amministrazione, cui spetta la gestione dell’impresa, al cui interno è previsto un comitato per il controllo sulla gestione. Con l’iscrizione nel registro delle imprese, la s. acquista personalità giuridica; prima di questo momento, il contratto produce effetti solo fra le parti; per quanto riguarda i terzi, per le operazioni compiute prima dell’iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili coloro che hanno agito, il socio unico fondatore o i soci che hanno deciso, autorizzato o consentito il compimento dell’operazione. La disciplina delle s. per azioni è diversa a seconda che queste facciano ricorso o meno al mercato del capitale di rischio. Nel primo caso, si parla di s. “aperte”, nel secondo, di s. “chiuse”.
Le s. con azioni quotate in mercati regolamentati sono una particolare categoria di s. per azioni e, segnatamente, delle s. per azioni aperte, quelle, cioè, che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Per le s. con titoli quotati in mercati regolamentati, sono previste regole specifiche e più severe, al fine di garantire la trasparenza degli assetti proprietari. Esse sono sottoposte al controllo della CONSOB che ne rileva le partecipazioni, ne segue le variazioni, in modo che siano date al pubblico le comunicazioni necessarie ad assicurargli un’adeguata informazione sull’assetto e il peso dei soci. Anche i patti parasociali aventi a oggetto l’esercizio del voto o la preventiva consultazione in vista del suo esercizio, i limiti al trasferimento delle azioni, l’influenza dominante e l’acquisto di azioni emesse dalla s. o dalla sua controllante, devono essere comunicati alla CONSOB, pubblicati mediante avviso sulla stampa e depositati presso il registro delle imprese.
Tale s. può emettere azioni di risparmio, prive di diritto di voto, ma assistite da particolari privilegi di natura patrimoniale, per non più della metà del capitale sociale. La regolarità della gestione e del bilancio è accertata da una s. di revisione, che ha il compito di controllare la regolare tenuta della contabilità sociale, la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili nonché di verificare che i bilanci corrispondano alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano. Nel caso di s. quotate, la s. di revisione deve essere iscritta in un apposito albo tenuto dalla CONSOB, previa verifica dei requisiti di indipendenza e di idoneità tecnica; nel caso di s. aperte non quotate, il revisore deve essere iscritto in un apposito registro istituito presso il ministero della Giustizia. Al termine di ogni esercizio, la s. di revisione esprime un giudizio sul bilancio che viene formalizzato in una relazione depositata presso la sede della s., unitamente al bilancio, durante i 15 giorni che precedono l’assemblea e finché il bilancio non è approvato. La s. di revisione riceve l’incarico dall’atto costitutivo o, successivamente, dall’assemblea della s., sentito il collegio sindacale; l’incarico dura tre esercizi e non può essere rinnovato più di due volte alla stessa società.
La s. in accomandita per azioni (s.a.a), disciplinata dagli art. 2452-61 c.c., è una s. di capitali che presenta, come la s.a.s., due categorie di soci: i soci accomandatari, i quali sono di diritto amministratori della s. e rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, e i soci accomandanti, che invece rispondono nei limiti della quota conferita. Alla s.a.a. – che in Italia risulta utilizzata, in casi non frequentissimi, da importanti imprese a caratterizzazione familiare – si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sulla s. per azioni.
La s. a responsabilità limitata (s.r.l.) è una s. di capitali, disciplinata dagli artt. 2462-83 c.c., che si costituisce con un capitale sociale di almeno 10.000 euro. Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di offerta al pubblico di prodotti finanziari. I conferimenti possono riguardare tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica. Se in denaro, il conferimento deve farsi con versamento del 25% dello stesso presso una banca o mediante la stipula di polizza assicurativa o di fideiussione bancaria. È consentito il conferimento di prestazioni d’opera o di servizi che è vietato, invece, nelle s. per azioni.
L’organizzazione interna della s. a responsabilità limitata è più flessibile di quella delle s. per azioni. La riforma societaria del 2003 ha notevolmente valorizzato l’autonomia statutaria nella definizione delle funzioni e nel funzionamento dell’assemblea (art. 2479, co. 2), nonchè nella ripartizione di competenze tra assemblea e amministratori (art. 2479, co. 1). Inoltre, la nomina del collegio sindacale è solo eventuale (art. 2477).
La riforma del 2003 ha previsto la facoltà, per le s. a responsabilità limitata, di emettere titoli di debito (art. 2483).
Sono s. a capitale variabile. Si distinguono in s. cooperative a mutualità prevalente e altre s. cooperative, a seconda che esistano o meno nello statuto della s. clausole limitative della distribuzione di utili o riserve ai soci, e l’attività sia svolta prevalentemente a favore di quest’ultimi.
Le s. cooperative si differenziano, pertanto, dalle altre s. di capitali proprio perché non sono votate a raggiungere un utile da distribuire fra i soci, ma hanno lo scopo di fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai soci, a condizioni più vantaggiose di quelle offerte dal mercato.
Le s. cooperative di entrambe le tipologie sono tenute a iscriversi, oltre che nel registro delle imprese, in appositi albi tenuti a cura del ministero dello Sviluppo economico. Il modello organizzativo prescelto, nonché la relativa disciplina, possono ricalcare quelli della s. per azioni o della s. a responsabilità limitata, a seconda della volontà dei soci, salvo per le cooperative con meno di 9 soci, per le quali è obbligatorio il modello della s. a responsabilità limitata.
Per le obbligazioni contratte dalla s. risponde solo la stessa con il proprio patrimonio, e ciò spinge le s. cooperative a reperire ulteriori capitali dai soci sovventori, non interessati alle prestazioni mutualistiche, ma al rendimento finanziario del conferimento. La presenza dei soci sovventori è tuttavia temperata da alcune disposizioni di legge che evitano che questi possano prendere il sopravvento nella gestione della società.
Tra gli elementi peculiari delle s. cooperative si possono annoverare la variabilità del capitale, che rende non necessario un intervento di modifica dello statuto quando vari la compagine sociale; la necessità di una deliberazione da parte degli amministratori per rendere efficace l’ammissione o l’esclusione del socio; il criterio del voto capitario, per cui ogni socio, indipendentemente dall’ammontare della propria partecipazione sociale, ha diritto ad esprimere un voto in assemblea; la previsione di vigilanza dell’autorità governativa, al fine di assicurare il regolare funzionamento amministrativo e contabile della s. cooperativa.
A vario titolo, meritano segnalazione alcune ipotesi di s. rilevanti nell’esperienza degli operatori economici.
La s. unipersonale è una variante della s. per azioni o della s. a responsabilità limitata, caratterizzata dalla presenza di un unico socio. La s. unipersonale può essere tale dal momento della costituzione, che avviene con atto unilaterale anziché con contratto oppure può diventare unipersonale per effetto della riunione della partecipazioni in capo ad unico socio. L’unico socio può beneficiare del regime di responsabilità limitate, a patto che siano adempiuti oneri specifici: integrale versamento dei conferimenti, al momento della sottoscrizione, nel caso di unipersonalità originaria, oppure nel termine di novanta giorni dal venir meno della pluralità di soci; deposito per l’iscrizione nel registro delle imprese di una dichiarazione contenente l’indicazione del nome o della denominazione dell’unico socio, luogo e data di nascita ovvero Stato di costituzione, domicilio, sede o cittadinanza dell’unico socio.
Composte da imprenditori, al fine di costituire un’organizzazione comune per la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese, le s. consortili possono assumere la forma di qualsiasi s. di persone o di capitali, fuorché di s. semplice (art. 2615 ter c.c.). Stando inoltre alla dottrina dominante, possono assumere anche la forma di s. cooperativa se si prevede espressamente nell’atto costitutivo l’esclusiva finalità consortile e si impone ai soci l’obbligo di versare contributi periodici in denaro (diversi dai conferimenti) al fine di dotare l’impresa delle risorse necessarie per il suo funzionamento. Funzione tipica della s. consortile è quella di produrre beni o servizi necessari agli imprenditori-soci e di soddisfarne il fabbisogno per mezzo di singoli rapporti di scambio tra s. e socio. L’atto costitutivo della s. può contenere specifiche pattuizioni volte ad adattare la struttura societaria prescelta alla finalità consortile perseguita. Tra queste si segnalano: l’obbligo per i soci di versare alla s. contributi periodici in denaro, diversi dai conferimenti; il divieto di ripartizione degli utili tra i soci; oppure la previsione di particolari condizioni di ammissione di nuovi soci o di speciali cause di recesso o esclusione di quelli già consorziati.
La s. con partecipazione pubblica è s. di capitali di diritto comune, di cui lo Stato o altro ente pubblico detiene una partecipazione che può essere totalitaria (azionariato di Stato), di maggioranza o di minoranza (s. mista); in tutti i casi l’impresa si presenta formalmente come un’impresa societaria privata e soggiace alla relativa disciplina in quanto i tratti pubblicistici si fermano a livello di enti di gestione, senza concernere le strutture operative attraverso le quali agiscono. Sono sottoposti al diritto comune non solo i rapporti esterni di impresa, ma anche i rapporti di organizzazione. La disciplina è quella dettata in generale dal codice civile in materia di s. e impresa, e quella specifica relativa al tipo societario prescelto. Si applicano inoltre le norme sul fallimento. L’unica deroga, rispetto alla disciplina civilistica, è quella che prevede la possibilità che lo statuto conferisca all’ente pubblico la facoltà di nominare e revocare amministratori e sindaci in modo proporzionale alla partecipazione posseduta.
Le s. tra professionisti, pur presentando un carattere economico, non sono, di norma, considerate attività imprenditoriali. Si tratta, più propriamente, di associazioni professionali non del tutto sovrapponibili al modello di società. La prestazione professionale, infatti, non è strumentale al perseguimento del fine economico della s., diverso rispetto al risultato economico dello svolgimento di attività professionale, ma lo scopo dell’associazione, secondo la dottrina prevalente, coincide con il fine economico dell’attività professionale. La disciplina legislativa del fenomeno è in costante evoluzione. Si segnalano, tra gli altri la l. 266/1997, che abroga l’art. 2 della l. 1815/1939, sul divieto di esercizio in forma associata di professioni, ma non l’art. 1, che disciplina l’attività professionale organizzata secondo lo schema associativo; il d. legisl. 96/2001, sulla costituzione di s. tra avvocati; la l. 248/2006, che consente a s. di persone e associazioni tra professionisti di fornire servizi professionali interdisciplinari, anche se un professionista non può partecipare a più di una società. Inoltre, il socio è personalmente responsabile per la prestazione resa.
La s. fiduciaria è disciplinata dalla l. 1966/1939, che la definisce come s. che si propone di assumere l’amministrazione dei beni per conto di terzi, l’organizzazione e la rappresentanza contabile di aziende e la rappresentanza dei portatori di azioni e di obbligazioni ed esercita tali attività in forma di impresa. In via generale, le s. fiduciarie svolgono attività di amministrazione di beni per conto di terzi e tale attività possono esercitare provvedendo alla conservazione del patrimonio ed esercitandone i relativi diritti, oppure disponendo del medesimo attraverso la sostituzione dei singoli beni al fine di valorizzarlo. La gestione di patrimoni mobiliari è consentita solo a società fiduciarie denominate società di intermediazione mobiliare (s.i.m.).
L’espressione indica un fenomeno generato dall’autonomia privata e caratterizzato dall’unione di più s., giuridicamente distinte l’una dall’altra ma assoggettate tutte a una direzione unitaria, al fine di realizzare un interesse comune. I gruppi possono articolarsi in senso orizzontale e paritetico (cosiddetti gruppi paritetici) o in senso verticale, con legame di subordinazione dell’una s. all’altra (gruppi verticali). Sebbene il codice civile non contenga una definizione di gruppo di s., la legislazione speciale è intervenuta, in più occasioni, a risolvere gli aspetti patologici collegati a tale forma organizzativa, dettando una disciplina specifica per i gruppi del settore bancario, assicurativo e finanziario. La riforma del 2003 ha predisposto un sistema di regole dirette a conferire giuridica rilevanza all’attività di direzione e coordinamento esercitata da una s. o ente sulle s. dirette e coordinate, al fine di individuare la responsabilità della s. o dell’ente che abbia agito a danno dei soci e dei creditori delle s. controllate; la responsabilità non sussiste se il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo (teoria dei cosiddetti vantaggi compensativi). È stato previsto un sistema di pubblicità volto a rendere trasparenti i rapporti tra le s. del gruppo, anche attraverso l’istituzione di una apposita sezione del registro delle imprese. L’attività di direzione e coordinamento si presume esercitata dalla s. o ente che controlla le altre o che redige il bilancio consolidato. Il gruppo può essere formato anche da s. aventi sede in Stati diversi e, perciò sottoposte a discipline giuridiche diverse. Il gruppo di imprese societario multinazionale pone il problema di coordinare l’unità dell’azione imprenditoriale con la pluralità di centri autonomi di imputazione, ciascuno dei quali agisce in virtù di logiche che rispondono alla necessità di sfruttare e gestire in maniera integrata le risorse delle quali dispongono i mercati nei quali operano. Alla s. capogruppo spetta il compito di indirizzare l’attività delle controllate verso un fine comune, sfruttando i vantaggi che possono derivare dall’applicazione di legislazioni differenti.
Le s. costituite all’estero sono, di norma, disciplinate dalla legge dello Stato in cui è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Tuttavia, se tali s. operano essenzialmente in Italia o stabiliscono in Italia la propria sede amministrativa, soggiacciono integralmente alla disciplina nazionale, anche con riguardo alle regole di costituzione e di estinzione. Al contrario, se tali s. stabiliscono in Italia una o più sedi secondarie con rappresentanza stabile, sono soggette, per ciascuna sede, alla legge italiana per ciò che riguarda la pubblicità degli atti sociali, l’esercizio dell’impresa e l’osservanza di particolari condizioni (art. 2507 ss. c.c.). Con riguardo a tali aspetti, si applica in via analogica la disciplina delle s. per azioni, se le s. estere sono costituite secondo un tipo legale diverso da quelli previsti dalla disciplina nazionale. In ogni caso, tali s. devono pubblicare, con le forme previste dalla legge nazionale per la pubblicità degli atti sociali, i dati identificativi delle persone che le rappresentano stabilmente in Italia, con indicazione dei relativi poteri. Fino all’adempimento di queste formalità, per le obbligazioni sociali rispondono solidalmente e illimitatamente coloro che agiscono in nome della società.
Nell’ordinamento dell’Unione Europea (UE), la s. costituita in uno Stato membro può operare, in regime di libertà di stabilimento o in regime di libera prestazione di servizi, nell’intero territorio dell’UE. Il diritto di stabilimento consente alla s. di trasferire la propria sede in uno Stato membro diverso da quello di origine, oppure di procedere all’apertura di una sede secondaria, per esercitarvi l’attività economica con carattere di stabilità e continuità. Il regime di libera prestazione dei servizi consente altresì alla s. avente nazionalità di uno Stato membro di esercitare temporaneamente la propria attività nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni previste da tale Stato per le altre società. Quando, invece, la s. intende operare in uno Stato terzo (ossia non membro dell’UE), essa è soggetta alle leggi dello Stato in cui stabilisce la propria sede.
La s. europea. - Disciplinata con il regolamento 2157/2001/CE (entrato in vigore nel 2004 e volto a facilitare lo svolgimento dell’attività d’impresa alle s. operanti in un contesto sovranazionale), la s. europea assume la forma di una s. per azioni, che deve essere conforme non solo allo statuto societario contenuto nel citato regolamento, ma anche alle disposizioni nazionali degli Stati membri in materia di s. per azioni. Ha personalità giuridica e deve possedere un capitale di almeno 120.000 euro.
Lo statuto contempla quattro modi di costituzione: fusione, costituzione di una holding, costituzione di una s. europea affiliata, trasformazione di una s. per azioni già esistente. La sede della s. europea può essere trasferita in un altro Stato membro senza che ciò comporti lo scioglimento o la costituzione di una nuova società. Nel 2001 è stata adottata la direttiva 86/2001/CE, sul coinvolgimento dei lavoratori nella gestione, attuata in Italia con il d. lgs. 188/2005.
La s. cooperativa europea. - La s. cooperativa europea, disciplinata con regolamento 1435/2003/CE, ha scopo mutualistico. Il capitale sociale sottoscritto deve essere almeno di 30.000 euro ed è rappresentato dalle quote dei soci; la s. cooperativa europea può essere costituita da almeno cinque persone fisiche residenti in almeno due Stati membri, ma anche da s. e da altre entità di diritto pubblico e privato che abbiano la sede in almeno due Stati membri diversi o siano soggette alla legge di due Stati diversi. La direttiva 72/2003/CE disciplina il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione.
Nel sistema tributario nazionale sono soggetti alle imposte sul reddito delle s. anche le s. e gli enti non residenti per i redditi prodotti in Italia. A tal proposito, infatti, l’art. 73, co. 1, lett. d, del d.p.r. 917/1986 (testo unico delle imposte sui redditi, t.u.i.r.) contempla anche quei soggetti che non hanno, nel territorio dello Stato, né la sede legale né la sede amministrativa, né l’oggetto principale della loro attività. A tali soggetti risulta applicabile uno specifico regime di determinazione dell’imponibile, al quale sono dedicati il capo IV e il capo V del titolo II del t.u.i.r., rispettivamente riferiti alle s. ed enti commerciali non residenti e agli enti non commerciali non residenti. La qualificazione nell’una o nell’altra categoria dovrà condursi unicamente «in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato», e non già, com’è invece previsto per i residenti in Italia, sulla base dell’atto costitutivo o dello statuto. In ogni caso, il reddito complessivo imponibile ai fini IRES è formato, ai sensi degli art. 151 e 153 t.u.i.r., dai soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, la cui individuazione deve essere operata sulla base dei medesimi criteri di localizzazione previsti dall’art. 23 del t.u.i.r. per la tassazione delle persone fisiche non residenti. Particolare attenzione merita la localizzazione del reddito d’impresa, che ai sensi dell’art. 23 cit. si considera prodotto nel territorio dello Stato se derivante da un’attività ivi esercitata mediante stabili organizzazioni. La regola subisce però un’eccezione per le plus;valenze e le minusvalenze di beni destinati, o comunque relativi, ad attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato, le quali, ai sensi degli art. 151, co. 2, e 153, co. 2, sono considerate imponibili in Italia ancorché non conseguite per il tramite della stabile organizzazione presente nel territorio dello Stato. Nel caso di una s. o di un ente non residente commerciale, la presenza di una stabile organizzazione sul territorio dello Stato, oltre ad assumere la riferita funzione di localizzazione, ha l’effetto di rendere utilizzabili, ai fini della determinazione del reddito imponibile in Italia, le medesime regole previste per le s. commerciali residenti, che si applicano «sulla base di apposito conto economico relativo alla gestione delle stabili organizzazioni e alle altre attività produttive di redditi imponibili in Italia». In assenza di una stabile organizzazione, invece, il co. 2 dell’art. 152, prevede la regola del cosiddetto trattamento isolato dei redditi, secondo cui, nonostante la ‘commercialità’ del soggetto, i proventi strutturalmente ascrivibili a categorie reddituali diverse da quelle d’impresa non subiscono il noto processo di riqualificazione, ma devono essere determinati «secondo le disposizioni del titolo I, relative alle categorie nelle quali rientrano». Per quanto riguarda gli enti non commerciali non residenti, invece, la determinazione del reddito deve essere in ogni caso operata sulla base delle regole del titolo I del t.u.i.r, relative alla determinazione del reddito delle persone fisiche.
Il settore immobiliare è oggetto di notevole attenzione nel sistema tributario, in quanto particolarmente idoneo a fenomeni elusivi ed evasivi, ai fini dell’imposizione sia diretta sia indiretta. Nell’ambito delle imposte sul reddito, le s. immobiliari – s. il cui oggetto sociale è costituito dalla costruzione e/o dall’acquisto e/o dalla vendita di beni immobili, le s. di leasing che acquisiscono beni immobili e li locano, le s. di investimento immobiliare, le s. che concedono in locazione beni immobili, le s. di godimento – producono reddito d’impresa. I cosiddetti proventi immobiliari (art. 90 t.u.i.r.), ovvero i redditi prodotti da immobili non strumentali all’esercizio dell’impresa, né rientranti tra i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa, concorrono a formare il reddito, secondo le disposizioni relative ai redditi fondiari (se gli immobili sono situati nel territorio dello Stato), o ai redditi diversi (se gli immobili sono situati all’estero). Ai fini delle imposte sul reddito, dell’IRAP e dell’IVA, le s. immobiliari di puro godimento (che non presentano cioè un’effettiva attività d’impresa secondo parametri definiti dalla legge) possono rientrare nella disciplina delle s. non operative (prevista dall’art. 30 l. 724/1994) ed essere quindi assoggettate a un regime particolarmente sfavorevole di imposizione avente una finalità antielusiva. Particolari disposizioni sono anche previste in materia di IVA (d.p.r. 633/1972, art. 10, co. 1, 8, 8 ter).
Gruppo di reati, previsti e disciplinati soprattutto dal codice civile, collegati all’esercizio di s. di gruppi societari.
Tra i principali, il reato di false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.) si configura quando gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di una s. espongono – nei bilanci o nelle comunicazioni sociali previste dalla legge – fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettono informazioni obbligatorie, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della s. o del gruppo al quale essa appartiene in modo idoneo a indurre in errore i destinatari, ovvero posta in essere con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto. La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5%, ovvero una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%. In ogni caso, il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta. Si noti che la fattispecie in esame è un reato di pericolo che si perfeziona con la semplice condotta descritta nella previsione normativa senza necessità che si verifichi effettivamente un danno. Strutturalmente simile è il reato di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori (art. 2622 c.c.), che si differenzia, in quanto reato di danno, per l’effettività del pregiudizio recato a soci e creditori.
Previsto e disciplinato dall’art. 2637 c.c., art. 501 c.p. e art. 185 del d. legisl. 58/1998 (testo unico della finanza, t.u.f.), il delitto di aggiotaggio punisce la condotta di colui che diffonde notizie false ovvero pone in essere operazioni simulate o in genere altri artifici concretamente idonei ad alterare sensibilmente il prezzo di strumenti finanziari, siano essi quotati (art. 185 t.u.f.) o meno (art. 2637 c.c.), ovvero a incidere in maniera significativa sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità di banche o gruppi bancari (art. 2637 c.c.).
Con la fattispecie di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638 c.c.) il legislatore ha inteso sanzionare la condotta degli amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e/o liquidatori di s., ovvero di altri enti, nonché di tutti gli altri soggetti che sono sottoposti alle autorità pubbliche di vigilanza, ovvero sono tenuti a obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni da rivolgersi ex lege alle autorità di vigilanza: a) espongono fatti non corrispondenti al vero; b) occultano in tutto o in parte, con altri mezzi fraudolenti, fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti sempre la situazione economica, finanziaria e/o patrimoniale delle s. o degli enti sottoposti alla attività di vigilanza. La norma punisce altresì la condotta dei predetti soggetti, i quali, in qualsiasi modo, ostacolino l’esercizio delle funzioni di vigilanza delle preposte autorità pubbliche.
Il concetto di s. si distingue tardi da quello di Stato e, più in generale, di politica. Nel mondo antico non emerge ancora il problema della distinzione tra legami sociali e legami statali: si riferiscono contemporaneamente alla s. e allo Stato le riflessioni di Aristotele (Politica) che considera la dimensione politico-sociale come pertinente «per natura» all’uomo e per il quale la πόλις (per i latini civitas) non si distingue formalmente dalle più elementari forme di κοινωνίαι (o societates). Sofisti, cinici, epicurei considerano la πόλις risultante da una convenzione che altera l’originario e naturale stato dell’umanità. Un modello diverso è rappresentato dall’ideale stoico del cosmopolitismo (inteso come comunità dell’intero genere umano), che consente di dissociare l’aspetto sociale da quello statuale, e quindi di considerare la s. come indipendente dall’organizzazione politica.
L’impostazione aristotelica segna la riflessione politica fino al Seicento. Ancora per Grozio l’uomo è «per natura» un essere razionale e sociale, cioè atto a vivere in una s. razionalmente organizzata.
T. Hobbes per primo afferma che l’uomo non è socievole per natura, ma lo diventa in seguito a un ragionamento e a un calcolo di vantaggi: una s. pacifica offre infatti all’individuo le maggiori opportunità di sopravvivenza. La s. è quindi una costruzione artificiale, che nasce da un atto volontario, attraverso un contratto: il pactum unionis tramite la sottomissione a un potere centrale dà origine alla vita sociale e politica, e alla pace: per Hobbes s. e Stato coincidono; non esiste socializzazione fuori dallo Stato e se si dissolve lo Stato si dissolve anche la s. e gli individui tornano nello stato di natura.
J. Locke mette in luce (1690) come nello stato di natura (almeno in una prima fase), e dunque prima di ogni forma di patto, esista già una vita sociale: l’uomo naturale conosce le forme di associazione (uomo-donna, padre-figli e padrone-servo) comprese nell’istituto della «famiglia», esiste la proprietà privata, sono possibili commerci e, una volta introdotta la moneta, anche l’accumulazione di ricchezza. La discriminante tra stato di natura e s. politica è data dall’assenza o presenza di un potere centrale in grado di dirimere le controversie e far rispettare le leggi. Lo stato naturale si delinea così come il luogo dei rapporti non politici, mediati da legami familiari, o di interesse e di reciproco aiuto. Inoltre, lo stato di natura precedente la s. politica è già uno stato morale: l’individuo appare infatti titolare di diritti innati e inalienabili, che egli non deriva dalla s. e quindi dal rapporto storico con gli altri, ma dalla sua spiritualità e razionalità. A tale condizione l’istituzione della s. civile mediante il contratto non aggiunge nulla se non la legge positiva che garantisce e rende sicuro l’esercizio dei diritti naturali. La s. quindi si presenta non come un fine, ma come un mezzo per difendere, con la forza comune, la persona e i beni di ogni singolo associato. Il contratto non produce un’associazione reale: si limita a creare un ordine formale che consolidi le prerogative dei singoli e renda possibile la coesistenza degli arbitri privati.
Per J.-J. Rousseau, la condizione naturale dell’uomo si presenta non come un originario stato di innocenza ma di semibestialità, e la s. politica o Stato arriva alla fine di un lungo processo di snaturamento e di civilizzazione, e nello stesso tempo di corruzione e decadenza morale. L’uomo naturale, inconsapevole e felice, non è un soggetto morale né un essere razionale, bensì una creatura solitaria che non conosce né desidera la s. perché autonomo e autosufficiente. Il bisogno lo spinge a cercare gli altri e a diventare un essere socievole e razionale. La s. civile si sviluppa così attraverso una serie di passaggi, che portano gli uomini a intrecciare rapporti, commerci e interessi. Attraverso queste relazioni di scambio con gli altri l’uomo può sviluppare le facoltà propriamente umane che possedeva originariamente solo in potenza. L’insicurezza dei propri possessi, da un lato, e la povertà, dall’altro, spingeranno al patto iniquo e alla nascita della s. politica, che però si limiterà a istituzionalizzare le disuguaglianze di fatto. Di qui la necessità di un nuovo contratto sociale che ponga le basi di una nuova s. politica.
I. Kant sottolinea come l’uomo sia spinto verso la s. da tendenze diverse e opposte: nello stato di s., l’uomo «sente di poter meglio sviluppare le sue naturali disposizioni», ma «ha del pari in sé la qualità antisociale di voler tutto rivolgere solo al proprio interesse, per cui si aspetta resistenza da ogni parte e sa che egli deve da parte sua tendere a resistere contro gli altri». Questa «insocievole socievolezza», viene indicata da Kant come uno dei più potenti fattori di sviluppo storico e di progresso, perché stimola l’uomo a sviluppare tutte le sue capacità. È necessario però che sia disciplinata da regole che ne assicurino il funzionamento: solo all’interno della s. civile, regolata da «leggi esterne» l’antagonismo degli individui può realizzarsi in modo tale che la libertà di ognuno può coesistere con la libertà di tutti gli altri.
Chi contribuisce soprattutto a distinguere il concetto di s. da quello di Stato è G.W.F. Hegel, che subordina il primo al secondo, considerando la s. civile/borghese come una fase imperfetta o preparatoria dello Stato (la s. politica in senso stretto). Nel sistema hegeliano la s. civile costituisce il passaggio intermedio del processo dialettico tramite il quale la «sostanza etica» sale, nella sua realizzazione, dall’«immediatezza naturale» della famiglia alla «consapevolezza» dello Stato. La s. civile è il luogo della connessione e mediazione di interessi particolari contrapposti, il momento in cui si configurano i rapporti economici. È superiore alla famiglia (che è una s. naturale, basata sui legami del sangue e dell’affetto, e costituisce una forma solo primordiale di eticità), ma non è ancora quella forma di eticità pienamente dispiegata che è lo Stato, che riassume in sé e supera le precedenti forme della socievolezza dell’uomo.
K. Marx conserva la concezione hegeliana della s. civile, ma capovolge il rapporto con lo Stato: famiglia e s. civile non sono sfere derivate dallo Stato, ma ne sono i presupposti. Lo Stato è il complesso delle leggi e degli apparati che tengono insieme i rapporti antagonistici propri della s. civile, dove ognuno persegue il proprio interesse indipendentemente e in contrasto con tutti gli altri. Concorrenza, sfruttamento, disuguaglianza caratterizzano la s. civile/borghese. Lo Stato, mentre garantisce il funzionamento dei meccanismi di riproduzione della s. civile, costituisce una sfera illusoria, in cui tutti sono uguali come cittadini (mentre, in realtà, tutti sono diseguali in quanto membri della s. civile). Sicché per Marx s. civile/borghese e Stato devono essere soppressi, e si deve dar vita a una comunità di liberi e di uguali, che si autogovernano e regolano le forze produttive da essi create.
Secondo il presupposto della sociologia, la base di ogni s., in passato come nel mondo contemporaneo, è costituita da un sistema di interazioni che unisce tra loro gli esseri umani. La s. umana vive e si sviluppa non tanto in base all’istinto, come avviene nelle s. animali, quanto attraverso un insieme di credenze e di rappresentazioni in senso lato culturali, comprendenti valori e modelli di comportamento. Di qui il nesso inscindibile tra s. umana e cultura, nel senso che non esiste la prima senza la seconda né, viceversa, la cultura senza la società. D’altra parte, il fatto che elemento costitutivo della s. sia la condivisione da parte dei suoi membri di un patrimonio simbolico specifico (si pensi, per es., al linguaggio), che la contraddistingue e, al tempo stesso, la differenzia da ogni altra, non esclude che una determinata s. possa avere legami culturali con altre e condividere con le stesse modi di essere, di pensare e di agire. Il compito dell’analisi sociologica è quello di descrivere e analizzare le varie forme di interazione così come esse si presentano nei diversi contesti storico-culturali.
La tradizione sociologica è ricca di contrapposizioni tra modelli di s. che vengono denominati idealtipi. H. Spencer poneva la distinzione tra s. militare (centralizzata e gerarchica) e s. industriale (caratterizzata da autonomia e libertà della persona). Analogamente É. Durkheim distingueva tra s. basate sulla solidarietà meccanica (dove prevale il diritto repressivo e dove l’uomo agisce in base ai dettami della collettività) e s. basate sulla solidarietà organica (caratterizzate dalla divisione del lavoro e da altri elementi). F. Tönnies metteva a fuoco le differenze tra comunità (Gemeinschaft) e s. (Gesellschaft): la prima si fonderebbe sull’affettività, sulla presenza di sentimenti comuni e reciproci; la seconda, invece, sarebbe un’unione contrattuale nel cui ambito le relazioni, fredde e formali, sono fondate sull’interesse personale.
Nell’analisi di K.R. Popper ha assunto rilievo centrale la contrapposizione tra s. chiusa (intrinsecamente totalitaria) e s. aperta (che presuppone l’esercizio critico della ragione e la presenza di istituzioni che consentono il controllo dell’azione dei governanti e la possibilità di sostituirli) .
Oltre a queste classificazioni dicotomiche, in passato sono state avanzate anche classificazioni multiple. Fra queste, quella di A. Comte, che distingueva, in base alle forme di conoscenza, tra s. militare (corrispondente allo stadio teologico della conoscenza, in cui la spiegazione dei fenomeni viene ricercata nel soprannaturale), s. di giuristi (corrispondente allo stadio metafisico in cui i fenomeni sono spiegati in ragione di forze astratte) e s. industriale (considerata ottimale e corrispondente allo stadio positivo, di conoscenza scientifica dei fenomeni). Per K. Marx, alla base della s. e del mutamento sociale vi sono i rapporti di produzione. La classificazione in base ai rapporti di produzione contempla uno stadio iniziale di comunismo primitivo e quattro successivi fondamentali modi di produzione (asiatico, antico, feudale e borghese). Il modo di produzione borghese costituirebbe la forma antagonistica terminale del processo di produzione sociale, poiché, secondo Marx, la rivoluzione del proletariato avrebbe condotto a una s. senza classi, dove al conflitto sociale si sarebbe sostituita l’armonia tra gli individui.
In tempi successivi, T. Parsons ha elaborato una tipologia delle s. d’impostazione evoluzionistica. Il mutamento sociale consiste in un processo di progressiva differenziazione funzionale, che si distingue in tre livelli evolutivi (primitivo, intermedio, moderno), ai quali corrispondono differenti s. umane: la s. primitiva, la s. primitiva avanzata, la s. intermedia e quella moderna.
G. Lenski ha elaborato una tipologia basata sulle principali fonti di sussistenza, distinguendo fra s. di caccia e raccolta, s. orticole (coltivazione con mezzi rudimentali), s. agricole e, infine, s. industriali (che sfruttano le macchine e le fonti energetiche).
Tra le differenti correnti della sociologia è possibile registrare un notevole consenso nell’individuazione del processo di industrializzazione come un evento che ha cambiato radicalmente il volto della società. La produzione meccanizzata, lo sviluppo tecnologico e scientifico, l’impiego prevalente della popolazione attiva nelle fabbriche e negli uffici, l’aumentato livello di urbanizzazione della popolazione, il diffondersi di forme democratiche di gestione del potere politico, la maggiore rapidità dei trasporti e delle comunicazioni sono alcuni dei fattori significativi che, nel loro intrecciarsi sinergico, hanno prodotto la s. industriale. Tale forma di s., nel momento in cui si è consolidata e diffusa, è stata oggetto di numerose critiche, dirette a contrastare la visione ottimistica propria del positivismo. Già Marx aveva messo in evidenza le contraddizioni interne del capitalismo e l’inevitabile acutizzarsi del contrasto endemico tra sfruttati e sfruttatori. A sua volta, la sociologia critica della scuola di Francoforte ha accusato la s. industriale di essere una macchina infernale che snatura e impoverisce l’uomo.
Dalla s. industriale si sarebbe passati, come osservato da diversi studiosi, a un nuovo assetto societario definito s. postindustriale, della quale esistono, tra gli studiosi, diverse visioni. A. Touraine ritiene che l’espressione s. programmata, nella quale la produzione e diffusione di massa dei beni culturali occupano il posto centrale che nella s. industriale era occupato dai beni materiali, sia più precisa di quella di s. postindustriale. È stato anche osservato che, mentre nella s. industriale il problema fondamentale è la produzione di ricchezza, nella s. contemporanea, indicata pure come s. del rischio, la questione cruciale è quella di prevedere, riconoscere, ridurre e, se possibile, neutralizzare i rischi connessi al processo di modernizzazione. La nozione di rischio si adatta perfettamente al dibattito contemporaneo sulla nuova cultura globale o, meglio, alle problematiche connesse alla globalizzazione (➔).
zoologia
Associazione di animali composta da individui della stessa specie, o di specie diverse, più o meno intimamente legati fra loro dalle esigenze della vita. Nel quadro dei rapporti che si stabiliscono tra individui della stessa specie (rapporti intraspecifici), si distinguono le semplici relazioni di convivenza e di collaborazione, che caratterizzano le s. animali, dalle unioni materiali somatiche, in cui i singoli organismi hanno perduto la loro individualità per formare la colonia o cormo. I Mammiferi, in particolare, presentano rapporti sociali complessi, evolutisi a partire dal rapporto madre-figlio.
Le s. si differenziano soprattutto per la capacità di distinzione e riconoscimento individuale degli elementi del gruppo, ciascuno dei quali appartiene a un rango gerarchico definito. Nei Carnivori la causa principale dell’evoluzione dei rapporti sociali è costituita dalla caccia, in quanto la cooperazione tra gli individui ne aumenta l’efficacia, mentre le s. di Primati si distinguono per la notevole differenziazione dei ruoli e dei comportamenti individuali, e per l’importanza assunta dall’apprendimento e dalla trasmissione culturale nella definizione dei rapporti sociali tra i membri del gruppo.
Le relazioni tra individui della stessa specie si concretizzano nei comportamenti sociali, ossia nell’insieme delle azioni codificate con cui i membri della specie svolgono le principali funzioni del ciclo vitale quali la riproduzione e il nutrimento (rientrano in questa categoria, tra l’altro, i rituali di accoppiamento, le cure parentali e il territorialismo); tali comportamenti caratterizzano sia le specie sociali, costituite da gruppi permanenti di due o più individui (gruppi sociali o s.), sia le specie solitarie, nelle quali si manifestano nel corso delle interazioni temporanee tra individui (per es., durante la riproduzione o nella difesa delle risorse).
Quando i singoli individui svolgono la loro attività in funzione delle necessità collettive, la s. è di tipo collettivista. A questo tipo appartengono le s. dei cosiddetti Insetti sociali, Imenotteri (api, vespe e formiche) e Isotteri (termiti), nelle quali si osserva una divisione in caste, con individui fecondi (regina, re) e individui sterili (operaie, soldati) e, parallelamente, una divisione obbligata delle diverse attività per le caste stesse. Le s. delle vespe e dei bombi sono annuali: una femmina nata e fecondata alla fine dell’estate genera nella primavera successiva le operaie che costruiscono il nido. Verso la fine dell’estate nascono anche maschi e femmine fecondi; al sopravvenire dell’inverno, operaie e maschi muoiono; sopravvivono solo le femmine fecondate, che danno inizio a nuove colonie l’anno successivo. Le s. delle api, delle formiche e delle termiti sono invece perenni. Le formiche sono divise in 3 caste: femmine feconde (regine), maschi, operaie. I maschi, tranne eccezioni, sono alati e servono unicamente per la fecondazione delle regine; anche queste sono alate ma si asportano spontaneamente le ali dopo il volo nuziale. Le operaie, infeconde, prive di ali, formano il grosso della s. ed eseguono tutti i compiti necessari alla vita di questa. Anche la s. delle api è formata da 3 caste: regina, fuchi, operaie. La regina, femmina fertile, ha anche le maggiori dimensioni. I fuchi, maschi fertili, compiono solo la fecondazione. Le operaie sono femmine sterili, formano la maggior parte dell’associazione, e, divise in varie categorie, compiono tutti i lavori necessari alla società. La s. delle termiti è basata su più caste riproduttrici (feconda macrottera, feconda brachittera, feconda attera): i fondatori della colonia si riconoscono per le maggiori dimensioni, specialmente la femmina il cui addome può raggiungere un volume pari a 20.000 volte quello di un’operaia. Le caste sterili sono quella degli operai (che manca in alcuni generi), rappresentata da maschi e femmine con organi sessuali non funzionanti, che eseguono tutti i lavori della s., e quella dei soldati (che manca in pochi generi), anch’essa rappresentata da maschi e femmine sterili che hanno per compito la difesa del nido e delle spedizioni. Anche le larve e le ninfe (neanidi) delle termiti collaborano con gli operai al mantenimento della comunità. Tutti questi diversi rapporti di collaborazione e divisione del lavoro si attuano con complessi sistemi di comunicazione (chimica, visiva, tattile, acustica).