In senso concreto, organo o ente istituito per un determinato fine; in senso astratto, ordinamento sociale, religioso, morale, politico, fondato su una legge o accettato per tradizione.
I. ecclesiastiche Nel diritto canonico, ogni istituto formalmente eretto o approvato dall’autorità della Chiesa, intendendo per istituto un luogo o una cosa diretti a un determinato scopo, come una casa, la fondazione di una qualche opera ecc. L’istituto o la fondazione possono essere pii o profani secondo il fine per cui sono stati eretti. Se le i. sono destinati all’esercizio di opere di religione, di pietà ecc. si dicono istituti pii o fondazioni pie, e possono essere ecclesiastici, se sono fondati dall’autorità ecclesiastica, altrimenti laici (sempre con formale approvazione dell’autorità ecclesiastica).
I. finanziarie internazionali Comprendono, da un lato, le i. bancarie e, dall’altro, il Fondo Monetario Internazionale (➔ FMI) e il Fondo internazionale di sviluppo agricolo (➔ IFAD). Si tratta di enti caratterizzati da scopi e funzioni diversi, ma che realizzano, nel loro complesso, la cooperazione finanziaria internazionale. Nella prima categoria rientrano le banche regionali di sviluppo (Banca interamericana, Banca africana, Banca asiatica di sviluppo e Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) che costituiscono, insieme alle organizzazioni del gruppo della Banca mondiale (➔ Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo), i principali meccanismi multilaterali di aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi più poveri, attraverso la concessione di prestiti destinati a finanziare progetti di sviluppo a condizioni più o meno agevolate. In particolare, il gruppo della Banca mondiale comprende la Compagnia finanziaria internazionale (➔ IFC) e l’Associazione internazionale di sviluppo (➔ IDA). Sia la Banca mondiale sia l’FMI sono istituti specializzati dell’ONU.
Il termine i., usato dai sociologi in una pluralità di significati, definisce una forma di aggregazione sociale caratterizzata da tutti quei modelli di comportamento che, grazie al processo di ripetizione, tipizzazione e oggettivazione, si sono cristallizzati in ruoli all’interno della società; in particolare è riferito a un modello di regolamentazione di comportamenti ritenuti di fondamentale importanza per l’organizzazione sociale. Le i. più importanti in qualsiasi società riguardano i rapporti economici, la famiglia, la forma di governo, la religione, la comunicazione. Le i. contribuiscono alla loro stabilità proteggendo l’ordine sociale e assicurandone la continuità. Attraverso i valori, le norme e le sanzioni che le sostengono, le i. operano una riduzione della variabilità dei comportamenti individuali, fonte primaria delle innovazioni. Da ciò consegue che le i. tendono a cristallizzare l’ordine stabilito e a rimanere immutate anche quando le regole che le rappresentano non costituiscono più una guida adeguata per la condotta degli individui. Tale situazione favorisce il sorgere di un comportamento collettivo che, in certe condizioni, può assumere le caratteristiche di un movimento sociale, il quale attraverso la sua azione collettiva tende a sradicare le vecchie i. per sostituirle con nuove. Il mutamento sociale si configura quindi come un passaggio da determinate forme istituzionali ad altre.
In quanto modello di regolamentazione dei comportamenti, ossia comportamento oggettivato, l’i. sociale può essere definita anche come un complesso di norme istituzionalizzate, e cioè di norme sanzionate (moralmente e/o giuridicamente), accettate e interiorizzate dalla maggior parte dei membri della società. L’oggettivazione del comportamento avviene tramite strutture visibili (organizzazioni pubbliche e private oppure gruppi primari come la famiglia) e strutture simboliche (i contenuti culturali condivisi come l’inno nazionale, i rituali come i riti religiosi e il linguaggio come la lingua italiana). Ciascuna i. sociale implica un insieme di norme di carattere morale, abitudini, consuetudini o norme dello Stato, a cui gli individui ritengono di doversi attenere.
La genesi delle i. (istituzionalizzazione) è un problema pervenuto alla sociologia da una lunga tradizione di studi (filosofici, storici e giuridici) e si pone in questo ambito fin dall’inizio come il problema dei rapporti fra determinate configurazioni della società e quelle che, in termini marxiani, possono definirsi le loro ‘sovrastrutture’ culturali, politiche e legali. Tuttavia, contrariamente ai postulati delle teorie marxiste, per la maggior parte di questi studi la fenomenologia delle i. non costituisce una proiezione illusoria e mistificante della realtà economico-sociale, bensì una sequenza di fatti concreti che, benché scaturiscano dagli effetti voluti o non voluti delle azioni individuali, mettono capo a ‘modi di fare, agire e pensare’ (E. Durkheim) relativamente autonomi e in grado di esercitare un controllo diretto e immediato sulle stesse azioni degli uomini. Il processo è stato descritto da M. Weber (1922) in termini di ‘routinizzazione del carisma’, come pratica quotidiana nelle società moderne: esso si svilupperebbe quando allo ‘Stato nascente’ dei gruppi spontanei (movimenti, sette, bande, folle) – che sorgono innumerevoli e frequenti nella dinamica sociale, caratterizzandosi all’origine per una relazione di intensa fusione emotiva fra le élites fondanti e i propri seguaci – subentra il bisogno di stabilizzare i rapporti associativi attraverso procedure di garanzia formale (‘legali-razionali’) iterative nel tempo e fra i membri del gruppo.