autorità Fondamento di legittimità del potere in generale. Nel Digesto (533) di Giustiniano, fonte di autentica a. è solo Dio, garante della giustizia. L’elaborazione del concetto moderno e laico di a., privo di implicazioni di ordine naturale o divino, si ha a partire dal 16° sec. con la nascita degli Stati nazionali. Nel Leviatano (1651), T. Hobbes concepisce l’a. come l’insieme delle prerogative sociali e giuridiche che permettono l’esercizio del potere. Per superare lo stato di guerra naturale tra gli uomini e garantire la pace sociale, egli qualifica l’a. politica come sovranità, ossia un’a. di natura razionale e convenzionale che si pone come controllo incondizionato delle istituzioni statali sulla società. L’a. diventa sinonimo di un potere legittimo personificato dallo Stato che agisce attraverso leggi universalmente valide (auctoritas, non veritas facit legem). Contro l’assolutismo hobbesiano, il pensiero liberale di J. Locke pone le basi della visione costituzionale dell’a.: libertà e uguaglianza formali, in quanto diritti originari e naturali dell’uomo, condizionano l’esercizio dell’a. e ne costituiscono il fondamento. Nel Contratto sociale (1762), J.-J. Rousseau teorizza un’a. politica come emanazione della ‘volontà generale’. Nel Novecento, viene meno la fiducia nell’a. sovrana dello Stato di diritto e l’attenzione si sposta sull’ordinamento giuridico. La concezione positivistica del diritto e dello Stato pone l’accento sulla legittimità della legge effettivamente vigente quale unica fonte del potere. Tuttavia, la produzione di diritto positivo non elimina la necessità di un riferimento ai principi inderogabili del diritto naturale per garantire, secondo giustizia, la coesistenza sociale, e il cui rispetto effettivo da parte dello Stato continua a costituire il fondamento più autentico della propria autorità.