S. dei beni del defunto dai beni dell’erede. - Mezzo mediante il quale i creditori del defunto e i legatari ottengono una prelazione, per il soddisfacimento dei loro crediti, sui beni del defunto, a preferenza dei creditori personali dell’erede, il quale abbia accettato l’eredità puramente e semplicemente, senza beneficio d’inventario. La s. è disciplinata dall’art. 512 e s. c.c. Il modo per ottenerla è diverso secondo che si tratti di beni mobili o immobili: per i primi è necessario iniziare un apposito procedimento davanti al pretore, che ordina l’inventario dei beni i quali vengono assoggettati a vincolo di indisponibilità (art. 517 c.c.); per i secondi si provvede con le formalità dell’iscrizione analogamente a quanto avviene per l’iscrizione ipotecaria (art. 518 c.c.). Il diritto alla s. deve essere esercitato entro tre mesi dall’apertura della successione (art. 516 c.c.). Effetti dell’istituto sono, oltre alla prelazione dei creditori del defunto e dei legatari nei confronti dei creditori dell’erede, anche la prelazione a favore dei creditori e legatari separatisti nei confronti di quelli non separatisti, purché il valore della parte di patrimonio non separata sia sufficiente a soddisfare i secondi (art. 514 c.c.): diversamente si determina un concorso tra le due categorie di creditori. La massa dei beni separati costituisce un patrimonio separato. Tuttavia la s. non modifica il principio secondo il quale l’erede che abbia accettato l’eredità senza beneficio di inventario risponde anche con i propri beni personali verso i creditori ereditari, e ciò in quanto essa non incide sulla responsabilità patrimoniale dell’erede (come avverrebbe con l’accettazione con beneficio d’inventario), ma introduce una garanzia specifica a favore dei creditori del defunto e legatari.
S. dei beni e regime patrimoniale della famiglia. - Con la riforma del regime patrimoniale della famiglia introdotta dalla l. 151/1975, la s. dei beni acquistati durante il matrimonio costituisce un regime convenzionale che i coniugi possono scegliere, derogando a quello legale della comunione dei beni. In base all’art. 215 c.c. i coniugi possono infatti convenire che ciascuno di essi conservi la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. La scelta del regime di s. può essere dichiarata nell’atto di celebrazione del matrimonio o può costituire oggetto di una convenzione stipulata per atto pubblico a pena di nullità (art. 162). Ciascun coniuge ha l’amministrazione e il godimento dei beni di cui è titolare esclusivo: nel caso in cui a uno di essi sia stata conferita la procura ad amministrare i beni dell’altro coniuge, ne risponde secondo le regole del mandato. Il coniuge può provare con ogni mezzo nei confronti dell’altro la proprietà esclusiva di un bene; se nessuno dei coniugi può dimostrare la proprietà esclusiva di un bene, questo è di proprietà indivisa per pari quota di entrambi i coniugi.
S. dei coniugi. - Situazione nella quale, per cause espressamente previste dalla legge, i coniugi possono venirsi a trovare in forza di provvedimento del giudice o per loro volontà, e a seguito della quale cessa l’obbligo della coabitazione derivante dal matrimonio, pur restando inalterato il vincolo matrimoniale.
La legge prevede una s. giudiziale, che può essere chiesta quando si verifichino, anche indipendentemente dalla volontà di uno o entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole. In ossequio a un principio di favore per il vincolo matrimoniale, la riconciliazione tra i coniugi comporta l’abbandono della domanda di s. già proposta (art. 154 c.c.). Il giudice nel pronunciare la s. dichiara, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la s. in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio (art. 151 c.c.). La competenza sulla domanda di s., che si propone con ricorso, è attribuita al tribunale. Il procedimento è regolato specificamente dal codice di procedura civile (art. 706-711), ma la relativa disciplina deve essere integrata da quella prevista per l’analogo procedimento di scioglimento del matrimonio dall’art. 4, l. 898/1970; infatti, fino all’entrata in vigore del nuovo testo del codice, tali regole si applicano, in quanto compatibili, anche ai giudizi di s. personale (art. 23, l. 74/1987). È prevista una prima fase davanti al presidente del tribunale: questi fissa con decreto la comparizione personale dei coniugi e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto; sente i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente tentando di conciliarli (in caso positivo redige processo verbale della conciliazione); dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti ritenuti opportuni nell’interesse dei coniugi e dei figli; nomina il giudice istruttore davanti al quale il giudizio sarà trattato fino alla decisione da parte del tribunale. Nella sentenza il giudice, che deve tener conto dell’eventuale accordo delle parti, dichiara a quale dei coniugi sono affidati i figli e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa, stabilendo in particolare la misura e il modo in cui l’altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli. Con l’entrata in vigore della l. 54/2006 il giudice, per realizzare i primari interessi della prole, valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori siano affidati a entrambi i genitori (cosiddetto affidamento condiviso) oppure stabilisce a quale di essi sono affidati. Può disporre l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori, qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore (art. 155 bis c.c.). Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità. I coniugi hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e le disposizioni relative alle misure e alle modalità del contributo. Quanto agli effetti della s. sui rapporti patrimoniali tra i due coniugi, il nuovo testo dell’art. 156 c.c. è sensibilmente innovativo rispetto al precedente, la cui disciplina era regolata soprattutto in riferimento al coniuge colpevole, che perdeva ogni diritto patrimoniale derivante dal matrimonio, salvo il diritto agli alimenti. Secondo la nuova disciplina, invece, che prescinde dal concetto di colpa, il giudice stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la s. il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri, determinando l’entità della somministrazione in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato e fermo in ogni caso l’obbligo di prestare gli alimenti. I provvedimenti del giudice sono revocabili o modificabili, su istanza di parte, quando sopraggiungono giustificati motivi. Il tribunale, secondo le circostanze, può vietare alla moglie l’uso del cognome del marito quando tale uso sia a lui gravemente pregiudizievole e può autorizzare la moglie a non usare il cognome stesso, qualora dall’uso possa derivarle grave pregiudizio (art. 156 bis c.c.). I coniugi possono però di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di s. con un’espressa dichiarazione o con un comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di s., senza che sia necessario l’intervento del giudice (art. 157 c.c.).
In caso di s. consensuale il solo consenso dei coniugi non ha effetto senza l’omologazione da parte del tribunale (art. 158 c.c.). Il ricorso può essere proposto congiuntamente da entrambi i coniugi; se è presentato da uno solo dei due il presidente dispone la loro comparizione personale secondo le norme previste per la s. giudiziale. Se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla s. e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole. Il giudice può rifiutare l’omologazione quando l’accordo dei coniugi relativamente all’affidamento e al mantenimento dei figli sia in contrasto con l’interesse di questi e i coniugi non provvedano a idonee modificazioni. Le condizioni della s. consensuale possono sempre essere modificate nelle forme e con i limiti stabiliti per la s. giudiziale. Il decreto di omologazione costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale (cfr. sent. 186/1988 Corte cost., in relazione all’art. 158 c.c.).
La s. di fatto (che sussegue, per es., a un accordo tra i coniugi non omologato), non produce gli stessi effetti della s. legale, ma non è irrilevante per il diritto: l’adozione di minori, per es., è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni e che non siano separati neppure di fatto (art. 6 l. 184/1983).
La s. dei poteri è uno dei principi cardine del costituzionalismo liberale e tale da connotare in buona parte le stesse democrazie costituzionali. Benché l’idea delle tripartizione delle funzioni fondamentali dello Stato (legislativa, esecutiva, giudiziaria) si ritrovi già in Aristotele, l’idea della s. dei poteri è assai più recente ed è riconducibile a Montesquieu, il quale aveva messo in evidenza la necessità che queste tre funzioni fossero affidate a organi diversi, in posizioni di reciproca indipendenza tra loro, al fine di evitare che potesse essere minacciata la libertà. Una diversa s. dei poteri era stata altresì teorizzata da Locke, il quale aveva distinto il potere legislativo, il potere esecutivo e il c.d. potere federativo (cioè il potere di stipulare trattati, stringere alleanze e di muovere guerra). Nella visione lockiana, il potere giudiziario, conformemente alla tradizione del common law, era considerato una branca del potere esecutivo, anche se quella stessa tradizione aveva distinto, sin dai tempi di Bracton (XIII secolo), tra gubernaculum e iurisdictio, cioè tra la sfera del potere governativo vero e proprio e quella del potere giudiziario.
Il principio della s. dei poteri ha poi trovato la sua massima realizzazione storica nelle grandi Rivoluzioni dell’età moderna e nei coevi documenti costituzionali. Sia quella inglese che quella americana che quella francese prevedevano, infatti, forme di organizzazione costituzionale caratterizzate da una rigida s. dei poteri: la monarchia costituzionale (cioè una forma di governo caratterizzante l’esperienza inglese dalla fine del XVII alla fine del XVIII secolo, nonché la Cost. Francia 1791); la repubblica presidenziale (Cost. U.S.A. 1787); la repubblica direttoriale (Cost. Francia 1795). D’altra parte, il fatto che la s. dei poteri fosse la stella polare del costituzionalismo moderno è attestato all’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1789, ove viene testualmente affermato che «ogni società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata e la s. dei poteri non è determinata non ha una costituzione».
Con il XIX secolo e l’affermarsi del regime parlamentare, il principio della s. dei poteri viene riletto alla luce dell’evoluzione costituzionale: alla rigida s. tra il potere esecutivo e il potere legislativo che caratterizzava le prime carte costituzionali si sostituisce l’idea – enunciata da W. Bagehot – della fusione dei poteri e, correlativamente, emerge un quarto potere distinto dagli altri tre, quello del Capo dello Stato, qualificato, sulla scia di B. Constant, come «neutro». Successivamente, con l’avvento dello Stato democratico il principio della s. dei poteri viene profondamente trasformato rispetto alle sue origini, tanto che alcuni studiosi hanno persino dubitato della sua effettiva vigenza nello Stato contemporaneo. A tale proposito, occorre ribadire che il significativo aumento dei poteri normativi del Governo, la presenza di una legislazione sempre meno generale e astratta e l’emergere sulla scena di nuovi organi, come la Corte costituzionale e le autorità amministrative indipendenti.
In spettroscopia, s. di righe spettrali, la risoluzione in righe distinte di una banda apparentemente continua di uno spettro, generalmente ottenuta aumentando il potere risolvente (➔ potere) dello spettroscopio.
In psicanalisi, angoscia di s., il timore di essere separati da qualcuno ritenuto necessario per la propria sopravvivenza. Il processo di s.-individuazione occupa all’incirca i primi 30 mesi di vita del bambino, e segue alla fase simbiotica che va dal secondo al sesto mese. Specie grazie ai lavori di J. Bowlby e di D. Winnicott, si è molto diffusa l’idea che gran parte del disturbo psichico di tipo psicopatico e depressivo sia dovuta alla s. dalla madre durante la prima e la seconda infanzia.
L’operazione che si effettua in vari procedimenti industriali o di laboratorio al fine di ricuperare prodotti pregiati, o di rimuovere sostanze nocive (o comunque indesiderate), o di sottoporre ad analisi determinate sostanze.
I procedimenti di s. industriale sono classificabili, per la maggior parte, in tre categorie: s. chimico-fisiche, s. meccaniche, s. elettriche e magnetiche. Le s. chimico-fisiche (spesso denominate anche operazioni diffusionali in quanto il processo peculiare che avviene in esse è la diffusione materiale), utilizzano, per separare i diversi componenti di una miscela, le differenti proprietà chimico-fisiche dei componenti stessi. Si suddividono in due gruppi: a) le s. basate su proprietà termodinamiche, cioè sulla differente ripartizione dei componenti della miscela fra due fasi in equilibrio, fra loro immiscibili e messe a contatto diretto; appartengono a questo gruppo e sono molto usate nell’industria: la distillazione e l’evaporazione (equilibrio liquido-vapore), l’assorbimento e il desorbimento (equilibrio liquido-gas), l’essiccamento e la liofilizzazione (equilibrio solido-vapore), l’adsorbimento e il deadsorbimento (equilibrio solido-fluido), l’estrazione con solvente liquido-liquido (equilibrio liquido-liquido), la cristallizzazione, la lisciviazione e lo scambio ionico (equilibrio solido-liquido); b) le s. basate su proprietà cinetiche, cioè sulla differente velocità con cui i componenti della miscela attraversano una membrana con proprietà permselettive (➔ membrana); appartengono a questo gruppo la microfiltrazione, l’ultrafiltrazione, l’osmosi inversa, la dialisi, l’elettrodialisi, impiegate anche in scala industriale per la s. di componenti in fase liquida.
La s. meccanica comprende le operazioni di s. caratterizzate dal moto di particelle solide in seno a un fluido (sedimentazione, classificazione, flottazione, centrifugazione) o dal moto di un fluido attraverso uno strato di particelle solide (filtrazione). In senso estensivo, anche la vagliatura può essere intesa come una s. meccanica.
Le s. elettriche e magnetiche si basano su effetti provocati dall’azione di campi elettrici (➔ elettrofiltrazione) o magnetici. In particolare, nelle misure attuate per la sicurezza, la s. elettrica è un accorgimento che elimina il contatto elettrico diretto tra parti metalliche per evitare che si portino allo stesso potenziale.
I comuni metodi chimico-fisici di s., quando sono impiegati per separare isotopi, sono caratterizzati da un basso rendimento per ogni stadio di s. e da un elevato consumo energetico per unità di massa di sostanza separata, a causa della piccola differenza fra le proprietà fisiche e chimico-fisiche delle sostanze da separare. Così, la distillazione frazionata, talvolta impiegata per ottenere l’acqua pesante dall’acqua naturale, deve essere realizzata in apparecchiature con un numero di piatti molto grande, a causa del valore quasi unitario della volatilità relativa dei componenti la miscela da distillare.
I metodi impiegati per la s. isotopica si possono raggruppare in due categorie, a seconda che le sostanze isotopiche siano o no allo stato di ioni. Nella seconda categoria sono comprese, oltre alla distillazione frazionata, la centrifugazione, la diffusione gassosa, la s. per scambio, la termodiffusione; la prima categoria comprende l’elettrolisi e la s. elettromagnetica. La s. per scambio si basa sulla diversa ripartizione di un isotopo fra due sostanze in equilibrio chimico. La termodiffusione è stata impiegata, sia pure in impianti pilota, per la s. degli isotopi di alcuni elementi gassosi (soprattutto elio e gas rari). L’elettrolisi, impiegata talvolta per separare il deuterio dall’idrogeno, è caratterizzata da un consumo di energia elettrica assai elevato. Il metodo elettromagnetico, che utilizza apparecchiature sostanzialmente simili agli spettrometri di massa, consente una s. praticamente completa in un solo stadio, a differenza dei metodi sopra descritti, ma le quantità orarie di isotopi puri così ottenibili sono piuttosto modeste.
Il campo più importante in cui interviene la s. isotopica concerne l’arricchimento dell’uranio fissile: per tale applicazione si sono affermate la diffusione gassosa (malgrado l’elevato consumo energetico richiesto per la ricompressione dopo ogni stadio) e la centrifugazione (malgrado il vincolo rappresentato dalla resistenza dei materiali costituenti il rotore, che deve poter tollerare elevatissime velocità periferiche). Più recentemente è stata messa a punto la s. mediante laser, basata sul fatto che gli spettri di assorbimento di atomi o molecole appartenenti a specie isotopiche diverse presentano piccole differenze, sfruttabili ai fini di una fotoeccitazione selettiva. La specie isotopica eccitata può essere chimicamente più reattiva di quella non eccitata e quindi separabile come prodotto di reazione. Al limite, se la fotoeccitazione produce una ionizzazione selettiva, la s. può avvenire estraendo gli ioni mediante campi elettrici o magnetici.