Fenomeno dovuto a una causa ben determinata e che si manifesta con aspetti che lo caratterizzano qualitativamente e quantitativamente in modo inequivocabile.
In biochimica, effetto Bohr, proprietà dell’emoglobina di variare la sua affinità per l’ossigeno in funzione della concentrazione di ioni H+ e della concentrazione di CO2; effetto Pasteur, inibizione della glicolisi che si verifica nelle cellule in condizioni aerobiche a seguito della diminuzione di attività della fosfofruttochinasi; effetto eterotropo, influenza di un attivatore o di un inibitore sul legame del substrato al suo enzima; effetto omotropo, capacità di una molecola (quasi sempre il substrato) di indurre modificazioni conformazionali su di un enzima tali da favorire il legame di successive molecole identiche alla prima sullo stesso enzima.
In genetica, effetto di dose, fenomeno per cui si può osservare, negli organismi in cui sia possibile ottenere una misura quantitativa del prodotto primario del gene (proteina), la presenza nell’eterozigote di metà del prodotto presente nell’omozigote; l’effetto di dose dei geni legati al sesso è dovuto a inattivazione casuale di uno dei due cromosomi X (➔ lionizzazione); effetto di posizione, diversità di azione che alcuni geni manifestano quando, a causa di mutazioni cromosomiche, si trovano accanto a porzioni di cromosoma con cui normalmente non hanno contatti.
Tecniche, o trucchi scenici, utilizzati per creare un’illusione di realtà laddove non sia possibile, economico o sicuro servirsi di oggetti reali. L’espressione special effects o SFX fu coniata per designare i modellini meccanici utilizzati nel film di R. Walsh Gloria (1926) ed entrò come categoria nel novero degli Oscar a partire dal 1939. Tuttavia già alla fine dell’Ottocento, l’apparecchio cinematografico inventato dai fratelli Lumière aveva cominciato a essere usato non soltanto per riprodurre la realtà in movimento, ma anche per produrre una realtà fittizia, fantastica, ottenuta con l’uso di alcuni trucchi, primo fra tutti il cosiddetto fermo immagine, cioè l’interruzione della ripresa che consentiva l’apparizione o la sparizione istantanea e irrealistica di oggetti e persone. Di questi trucchi fu maestro indiscusso G. Méliès e in questa direzione si mossero nei decenni seguenti altri registi che dovettero al loro uso il successo di molti film appartenenti ai generi fantastico, fantascientifico, dell’orrore. Fino alla seconda metà del Novecento l’uso degli effetti speciali non si discostò di molto da quanto era stato fatto in precedenza, se non per una maggiore scioltezza tecnica nella manipolazione in fase di ripresa o di montaggio e una più attenta efficacia spettacolare. Dalla fine degli anni 1970 l’avvento dell’immagine digitale in sostituzione di quella analogica ha introdotto tecniche nuove, che consentono la produzione di immagini virtuali, libere da ogni condizionamento realistico. Non solo nei film ‘fantastici’, ma anche in quelli d’avventura o storici, la realtà è ricostruita con efficacia e verosimiglianza senza dover ricorrere a scenografie grandiose o a masse di comparse innumerevoli: bastano le immagini virtuali a dare il senso della vastità degli spazi o della quantità delle persone, degli animali o degli oggetti che partecipano alla scena. Di tali immagini, inoltre, si può fare uso anche in film dei generi più diversi, con notevole risparmio di mezzi e di denaro. Nel cinema attuale l’immagine e il sonoro finali sono il risultato di un’elaborazione al computer ottenuta in fase di postproduzione (i cosiddetti effetti digitali).