La più piccola massa di una sostanza che ne conservi la composizione chimica e che ne determini il comportamento chimico e chimico-fisico.
Una m. è formata da un insieme di atomi uguali (nel caso degli elementi) o diversi tra loro (nel caso dei composti). Allo stato condensato (solido e liquido) le m. interagiscono tra loro tramite forze dette intermolecolari, mentre allo stato gassoso le m. sono quasi indipendenti le une dalle altre.
1.2 Proprietà. Secondo la teoria molecolare, le proprietà chimiche e chimico-fisiche di una sostanza sono interpretabili sulla base della natura delle sue m., più precisamente della natura degli atomi formanti la m., dal loro rapporto numerico di combinazione, dalle loro relazioni di adiacenza, dalla direzionalità dei legami e dalla struttura spaziale complessiva. Molte m. degli elementi allo stato gassoso sono biatomiche, cioè formate da due atomi (idrogeno H2, ossigeno O2, azoto N2 ecc.); non mancano eccezioni di molecole poliatomiche: nei vapori di fosforo e di zolfo, per es., sono presenti m. con 4 e con 8 atomi (P4, S8). Le m. di tutti i composti chimici sono formate dagli atomi di più elementi diversi: così, l’acido cloridrico risulta dall’insieme di un atomo d’idrogeno e di uno di cloro, HCl; l’acido solforico da due atomi di idrogeno, uno di zolfo e quattro di ossigeno H2SO4; la m. dell’idrocarburo esacontano risulta formata da 60 atomi di carbonio e 122 di idrogeno, C60H122, ecc. Le formule molecolari indicano di quali e di quanti atomi è formata la m. di un composto chimico.
Il peso (più propriamente massa) molecolare è il peso di una molecola, sia in senso assoluto (ricavato in tal caso dividendo il peso di una mole per il numero di Avogadro; ➔ mole) sia in senso relativo, rispetto a quello di un atomo scelto convenzionalmente. L’unità di riferimento scelta dalla IUPAC è la dodicesima parte della massa del più importante e abbondante isotopo naturale del carbonio, il 12C. Dal punto di vista pratico, può essere calcolato sommando i pesi atomici di tutti gli atomi presenti nella molecola.
Il termine m. è entrato nel linguaggio scientifico nel 17° sec. con il senso di piccola massa, e inizialmente fu spesso confuso con atomo. J. Dalton usò il termine per i composti, ma solo con F.-L. Gay-Lussac e soprattutto con A. Avogadro la teoria atomico-molecolare ricevette una precisa enunciazione, che però trovò accoglimento e sviluppi soltanto dopo che S. Cannizzaro, riprendendo le idee di Avogadro, ebbe stabilito un sistema di pesi atomici in accordo con le acquisizioni sperimentali.
Oggi si è in grado per ciascuna m. di dare molte proprietà e caratteristiche (grandezza, peso, struttura, stabilità, reattività ecc.) che provengono dallo studio sperimentale dei fenomeni collegati più o meno direttamente alle proprietà e alla struttura delle singole m., quali, per es., l’analisi strutturale con raggi X o con fasci di elettroni, l’analisi spettrale, la determinazione dei momenti elettrici e magnetici. Poiché il legame chimico che tiene uniti gli atomi nelle m. è dovuto all’interazione fra gli orbitali atomici dei singoli atomi componenti la m., è possibile applicare le leggi della meccanica quantistica allo studio delle m. per ricavare previsioni relative alla struttura, alla stabilità, alle dimensioni molecolari.
Nel modello degli orbitali molecolari sviluppato da F. Hund e R. Mullikan il comportamento degli elettroni nelle molecole viene descritto da funzioni monoelettroniche, che solitamente vengono espresse mediante una combinazione lineare degli orbitali atomici da cui provengono gli elettroni. Nella m. di idrogeno dalla combinazione degli orbitali atomici 1s si ottengono due orbitali molecolari. In tale combinazione ha luogo una rottura di simmetria del sistema poiché da due stati atomici aventi la stessa energia si ottengono due stati molecolari aventi diversa energia, rispettivamente con un valore minore e uno maggiore di quello degli stati atomici. Infatti dalla simmetria sferica degli orbitali atomici si ottengono due configurazioni diverse entrambe con simmetria cilindrica rispetto all’asse della m., e di riflessione rispetto al piano che passa perpendicolarmente nel punto centrale di tale asse. L’orbitale a energia più bassa, chiamato legante e indicato con la sigla σg1s, ha la forma di una palla ovale; nello stato fondamentale della m. ospita due elettroni a spin antiparallelo il cui moto è sostanzialmente localizzato nella regione internucleare. L’altro orbitale, caratterizzato con la sigla σu1s ha energia più elevata e viene chiamato antilegante. I pedici g (da gerade) e u (da ungerade) specificano se la funzione d’onda orbitale è rispettivamente simmetrica o antisimmetrica. Ovviamente si possono costruire orbitali molecolari anche per combinazioni di orbitali atomici di tipo p e d.
Studi di questa natura sono stati estesi a gran parte delle molecole biatomiche omo- ed etero- nucleari e hanno rivelato che i legami chimici si manifestano nella direzione in cui risulta più elevata la sovrapposizione fra i lobi degli orbitali atomici in essi coinvolti. Per esempio nella m. d’acqua i due legami O-H fra l’atomo di ossigeno e un atomo di idrogeno coinvolgono due orbitali px e py dell’atomo di ossigeno e pertanto dovrebbero formare un angolo di 90°. In realtà la repulsione fra i due protoni aumenta tale valore a 104°.
Di particolare interesse risulta ovviamente l’atomo di carbonio che, come dimostrato da L. Pauling, può formare legami con altri atomi coinvolgendo quattro orbitali, detti ibridi sp3, che si dipartono dal centro di un tetraedro in cui è localizzato il nucleo dell’atomo stesso. Questa interpretazione permette di giustificare la struttura dei composti della chimica organica, quali gli idrocarburi saturi e quindi degli idrocarburi insaturi e aromatici.
Una m. isolata, per es. presente in un gas a densità relativamente bassa, è soggetta, oltre che a un movimento di traslazione, anche a un insieme di moti interni. L’energia ε dei moti interni può essere espressa come somma di tre termini:
ε = εrot + εvib + εel
che si riferiscono rispettivamente alle rotazioni attorno al suo centro di massa, alla vibrazioni dei singoli atomi rispetto alle loro posizioni di equilibrio e infine alle energie che competono agli elettroni nei loro diversi stati. Queste energie sono quantizzate, ovvero possono assumere solo valori discontinui. Le variazioni di energia fra due successivi moti interni dello stesso tipo seguono l’ordine seguente: Δεel >Δεvib >Δεrot. Pertanto ci si trova così di fronte a una vera e propria gerarchia di livelli energetici poiché a ciascuno stato elettronico corrispondono più stati vibrazionali a ognuno dei quali corrispondono più stati rotazionali.
Anche per le molecole polielettroniche esistono diversi stati energetici associati sia ai moti elettronici sia ai moti interni rotazionali e vibrazionali. Questi ultimi risultano ovviamente più difficili da descrivere per la maggiore complessità delle molecole stesse. I moti di vibrazione coinvolgono l’intera compagine molecolare in movimenti collettivi che vengono chiamati normali. Se le molecole sono formate da n atomi esistono 3n-6 (3n-5 se la m. è lineare) modi di vibrazione normali, a ciascuno dei quali corrisponde una tipica frequenza di vibrazione armonica.
La biologia molecolare è il ramo della biologia che studia e interpreta a livello molecolare i fenomeni biologici, considerando la struttura, le proprietà e le reazioni delle m. chimiche di cui gli organismi viventi sono costituiti. Inizialmente si è divisa in due branche di studio: un filone informazionale, rappresentato inizialmente da M. Delbruck e S.E. Luria, che si occupava soprattutto della genetica dei microrganismi e della natura del materiale genetico, e un filone strutturale, rappresentato da W.H. Astbury e D. Bernal e successivamente da M.F. Perutz, J.C. Kendrew e dai loro allievi, che si occupava soprattutto della definizione della struttura tridimensionale delle macromolecole biologiche, in particolare delle proteine, mediante la cristallografia a raggi X. Le due scuole hanno trovato sempre più terreno comune con la scoperta della struttura degli acidi nucleici, nel 1953, da parte di J.D. Watson e F. Crick, e del loro ruolo nella trasmissione dell’informazione genetica. È tuttavia rimasto un dualismo tra i due gruppi: il primo risente dell’eredità della genetica classica e utilizza soprattutto i metodi della genetica dei microrganismi e dell’ingegneria genetica, mentre il secondo fa uso dei metodi strutturali, della termodinamica e della cinetica chimica, subendo maggiormente l’influsso della biochimica.
Gli argomenti che riguardano il flusso dell’informazione genica comprendono la duplicazione degli acidi nucleici, la trascrizione e il processo di elaborazione dell’RNA trascritto, il codice genetico, la sintesi proteica e il trasporto delle proteine sintetizzate, le tecnologie del DNA ricombinante. La conoscenza delle strutture macromolecolari permette di capire le funzioni a esse correlate. Per es., importanti risultati sono stati raggiunti nella conoscenza della funzione dell’emoglobina e della mioglobina; della catalisi e della cinetica enzimatica; delle diverse conformazioni della m. del DNA che, influendo con i siti di legame delle proteine, sono essenziali per la regolazione dell’espressione dei geni. Nell’ambito poi della biologia molecolare della cellula, argomenti di particolare interesse e grande sviluppo sono quelli che riguardano i meccanismi di trasporto attraverso le membrane biologiche, la trasmissione degli impulsi nervosi e la trasduzione del segnale nei sistemi neuronali, le proteine contrattili e la loro funzione nel citoscheletro e nella contrazione muscolare.
La fisica molecolare è una branca della fisica, che si è venuta a configurare come autonoma negli ultimi decenni del 20° sec. e si occupa sia dello studio della configurazione spaziale, o delle proprietà dinamiche delle m. isolate e della determinazione dei parametri caratteristici di queste, sia delle interazioni tra m. (➔ intermolecolari, forze) e della loro dinamica in sistemi densi. Ha avuto un notevole incremento d’interesse in vista di alcune possibili applicazioni, quali, per es., l’elettronica molecolare, ma soprattutto per la rilevanza che riveste per la comprensione dei processi biologici. Nello studio di questi processi la fisica molecolare affianca e integra la biochimica e si propone di applicare le tecniche e i risultati che le sono propri.
La fisica molecolare si avvale largamente per gli sviluppi teorici di un metodo, detto dinamica molecolare, basato sulla simulazione al calcolatore di un sistema di più atomi e/o m. interagenti.
Lo studio delle m. isolate ha come obiettivo di determinare la posizione degli atomi che compongono la m., le caratteristiche delle forze che agiscono fra tali atomi, la distribuzione delle cariche all’interno delle m., sia nello stato fondamentale sia negli stati eccitati ecc. Le più classiche tecniche d’indagine sono la diffrazione di raggi X, la spettroscopia infrarossa, visibile e ultravioletta, l’effetto Raman e, più recentemente, la risonanza magnetica nucleare, la spettroscopia elettronica e la diffrazione elastica dei neutroni. Un considerevole passo avanti nella determinazione della struttura e dei parametri caratteristici di m. complesse si è avuto quando si sono potuti analizzare i dati sperimentali ottenuti dalle tecniche suddette con calcolatori. Infatti, se si prescinde da m. molto semplici, il numero di dati da elaborare contemporaneamente per ricavarne i parametri molecolari diviene così elevato da implicare necessariamente l’uso di grossi calcolatori.
Per quanto riguarda il calcolo teorico delle proprietà delle m. isolate, è noto che la meccanica quantistica fornisce in linea di principio i mezzi per calcolare tutte le caratteristiche molecolari. In realtà però non esiste neanche la possibilità di calcolare in maniera esatta la funzione d’onda che descrive lo stato fondamentale dell’idrogeno, la più semplice m. possibile. Per tali calcoli bisogna perciò ricorrere a metodi variazionali e perturbativi, che richiedono elaborazioni numeriche molto complesse e quindi tali calcoli, detti calcoli ab initio, possono in realtà essere eseguiti solo con l’ausilio dei più potenti calcolatori disponibili e inoltre limitandosi a m. assai semplici. Infatti, per questa via, si possono oggi trattare con accuratezza paragonabile a quella ottenibile da misure sperimentali solo m. costituite da pochi atomi, ottenendo così risultati in ottimo accordo con le determinazioni sperimentali.
Le forze intermolecolari (forze deboli rispetto ai legami chimici mediante le quali le m. interagiscono pur conservando ciascuna la propria identità) possono dar luogo ad aggregazione delle m. interagenti, formando così sistemi condensati solidi o liquidi. Quasi tutti i liquidi, se si eccettuano i metalli liquidi, sono legati da forze di questo tipo e infatti vi è una larga sovrapposizione tra la fisica dei liquidi e la fisica molecolare. In particolare è di notevole interesse per la fisica molecolare lo studio dei liquidi semplici, cioè dei liquidi composti di molecole monoatomiche (cripto, argo ecc.), poiché in tal caso il potenziale intermolecolare è particolarmente semplice in quanto a simmetria sferica e in generale può, con ottima approssimazione, essere considerato additivo. Lo studio di questi liquidi ha avuto un notevole impulso con l’introduzione di alcune nuove tecniche sperimentali, quali lo studio degli spettri indotti da collisioni, ma soprattutto poiché si è avuta, con l’avvento degli elaboratori elettronici, la possibilità di calcolare per via numerica le proprietà di un sistema di m. partendo dalla conoscenza del potenziale.
Notevole importanza rivestono i solidi molecolari; essi comprendono tipi di solidi molto diversi, da quelli estremamente semplici quali l’azoto, a quelli molto complessi come, per es., la maggior parte delle materie plastiche e in generale dei materiali organici. Mentre la natura dei primi è sostanzialmente ben chiarita e il loro studio rappresenta uno dei modi per ottenere dettagliate informazioni sui potenziali intermolecolari, la comprensione dei solidi molecolari complessi è limitata.