In senso ampio, sostanza particolare avente determinati caratteri; ha quindi significato vicino a quello di materia, ma mentre materia indica per lo più una sostanza omogenea, m. può indicare un insieme di sostanze anche non omogenee, le quali abbiano in comune soltanto la destinazione a un’unica funzione, oppure anche l’origine. Inoltre il concetto di m. può essere comprensivo anche di sostanze che abbiano ricevuto già una prima elaborazione; per es. le sostanze impiegate per costruire i manufatti, ottenute spesso tramite l’elaborazione, più o meno spinta, di determinate materie prime; i m. così intesi devono possedere un carattere di permanenza tale da garantire un affidabile funzionamento dei manufatti.
I m., secondo un criterio di classificazione ormai largamente adottato, vengono suddivisi in tre classi: m. metallici, m. polimerici e m. ceramici (cui appartengono i m. cementizi e i m. vetrosi); i m. compositi sono formati da combinazioni di m. delle tre classi. Questa suddivisione si basa sulla struttura atomico-molecolare e, in particolare, sul tipo di legame interatomico: al legame vengono infatti attribuite le principali caratteristiche costituzionali e le proprietà di comportamento, fisiche, chimiche e meccaniche. Così, per es., la conduttività (sia elettrica sia termica) è propria del legame metallico, in cui gli elettroni periferici sono liberi di muoversi e di assumere energia (da un campo elettrico o termico), collocandosi su livelli energetici attivati, e di trasferirla successivamente a quelli adiacenti. Questa possibilità è pressoché assente nei m. ceramici, in quanto nei legami covalenti e/o ionici, tipici di questi m., gli elettroni sono fortemente vincolati e impossibilitati a raggiungere livelli energetici di attivazione. Nei m. polimerici le macromolecole sono legate fra loro da legami elettrostatici che non coinvolgono direttamente gli elettroni, che sono allo stesso modo fortemente legati alla macromolecola con legami covalenti, per cui la possibilità di trasferire energia elettrica o termica è limitata. Le stesse considerazioni si possono effettuare per quanto riguarda la temperatura di fusione, il modulo elastico e la durezza, che hanno valori elevati nei ceramici (legami molto forti) e molto bassi nei polimeri (legami molto deboli, di tipo elettrostatico).
I m. metallici si distinguono in ferrosi (ghisa, acciai) e non ferrosi (suddivisi, in base alla loro densità, in leggeri e pesanti). I m. polimerici rappresentano una classe di m. estremamente diversificata per comportamento e applicazioni; la maggior parte di essi è riconducibile a tre classi: materie plastiche, fibre, elastomeri; particolarmente importanti, come m. strutturali, i m. polimerici compositi (o plastici rinforzati), ottenuti dalla mescolanza di un polimero con un m. fibroso. I m. ceramici, intesi nel significato più estensivo del termine, sono ottenuti da materie prime inorganiche che durante il processo di preparazione sono portate a elevata temperatura. I m. ceramici tradizionali sono a base di argilla e si suddividono in prodotti a pasta porosa (laterizi, terrecotte, maioliche, faenze, terraglie tenere e terraglie forti) e a pasta compatta (gres, porcellane); i refrattari sono preparati utilizzando, oltre alle argille, anche molti ossidi (di calcio, magnesio, alluminio, cromo ecc.); i m. ceramici non tradizionali (o m. ceramici speciali o neoceramiche) sono a base di composti (ossidi, carburi, nitruri ecc.) ottenuti molto puri e a granulometria molto fine che vengono poi sottoposti a processi di compattazione (sinterizzazione).
I m. cementizi sono prodotti inorganici preparati artificialmente per cottura, a temperature relativamente elevate, di rocce (argilla, calcare, gesso) e successiva macinazione; la polvere così ottenuta (legante) mescolata con acqua forma la pasta cementizia dentro cui vengono dispersi elementi litoidi (inerti); il m. che ne risulta prende il nome di conglomerato cementizio, distinto in malta o in calcestruzzo a seconda che l’elemento lapideo aggiunto sia sabbia o una miscela di sabbia e ghiaia. I m. vetrosi (o vetri) sono ottenuti dalla solidificazione, senza comparsa di cristallizzazione, di miscele di silicati (o di silicati e borati) di metalli quali sodio, potassio, piombo ecc.; i prodotti così ottenuti sono costituiti da una sostanza vetrificata (silice, anidride borica) contenente anche ossidi metallici che ne abbassano la temperatura di fusione e ne consentono una più agevole lavorabilità.
Interesse sempre maggiore rivestono, per i m., le proprietà della biocompatibilità (m. biocompatibili, o biomateriali, utilizzati per costruire organi artificiali, valvole cardiache, protesi ecc.) e della compatibilità ambientale (m. a ridotto impatto ambientale, per es. m. biodegradabili).
Mentre la scienza dei m. studia le relazioni esistenti fra la struttura e le proprietà dei m., l’ingegneria dei m. si occupa della progettazione o dell’ingegnerizzazione della struttura di un m. (sulla base delle correlazioni struttura-proprietà), al fine di ottenere un certo insieme di proprietà. Nel primo caso viene quindi descritto, analizzato e quantificato il comportamento e la funzionalità di un m. in base alle caratteristiche costituzionali (per es., il comportamento elastico è collegato all’energia di legame per cui i ceramici sono generalmente molto più rigidi dei metalli e dei polimeri). Nel secondo caso, invece, si progetta e si costruisce il m. sulla base delle conoscenze della scienza dei m., ottimizzandone la realizzazione per quanto riguarda sia le tecnologie di fabbricazione sia gli aspetti economici.
La struttura rappresenta le caratteristiche costituzionali del m., la sua composizione, l’organizzazione reciproca degli atomi e delle molecole, i loro legami, in altre parole ‘come è fatto’ il m.; le proprietà rappresentano invece il comportamento di un m. a uno stimolo in grado di provocare differenti risposte: per esempio, se lo stimolo è meccanico (un campo di sforzi), la risposta definisce le proprietà meccaniche (modulo elastico, deformazione plastica, resistenza a rottura, fatica, tenacità, durezza); analogamente per le proprietà elettriche, termiche, magnetiche, ottiche e chimiche. Quindi l’insieme delle proprietà fornisce le prestazioni di un materiale. Poiché la struttura di un m. dipende dal processo di fabbricazione, ne consegue che anche le proprietà e le prestazioni possono venire modificate da tale processo. Esiste pertanto una relazione diretta fra la preparazione di un m., la sua struttura, le sue proprietà e le sue prestazioni.
Da un punto di vista ingegneristico, la scelta di un m. per una determinata applicazione rappresenta un problema complesso; vi sono diversi criteri su cui normalmente si basa la decisione finale. Anzitutto, si devono caratterizzare le condizioni in servizio, che detteranno le proprietà richieste del materiale. Solo in rare occasioni un m. possiede la combinazione ideale delle proprietà; di conseguenza, può essere necessario mediare fra una caratteristica e l’altra. Una seconda considerazione che riguarda la scelta è il decadimento delle proprietà durante il servizio. Per es., l’esposizione a elevate temperature o in ambiente corrosivo può produrre significative riduzioni nella resistenza meccanica. Infine, la considerazione probabilmente condizionante è quella economica: si può trovare un m. che possiede l’insieme ideale delle proprietà ma con costi proibitivi; in tal caso è ancora inevitabile un compromesso.
I m. utilizzati nelle applicazioni high-tech (m. avanzati) sono formati sia da m. tradizionali (con proprietà migliorate o sviluppate) sia da m. di elevate prestazioni; possono essere costituiti da qualsiasi tipo di m. (metallici, ceramici, polimerici) e sono in genere relativamente costosi; particolare sviluppo fra i m. avanzati hanno assunto i m. per l’elettronica e i m. intelligenti.
M. per l’elettronica. - I moderni dispositivi elettronici fanno uso di tecnologie molto complesse, che permettono da un lato la manipolazione di m. di purezza estrema, dall’altro la realizzazione di strutture geometriche di elevatissima precisione, con tolleranze dell’ordine del decimo di μm. Nei circuiti integrati VSLI i vari dispositivi sono realizzati a partire da piastrine (wafer) di silicio o di arseniuro di gallio. Tali m. sono utilizzati per le loro proprietà elettriche favorevoli alla realizzazione di complessi circuiti miniaturizzati sulla loro superficie; tuttavia, affinché tali m. siano utilizzabili nelle tecnologie elettroniche, è necessario che le loro proprietà elettriche siano opportunamente controllabili, il che dipende dal controllo dell’entità di alcuni tipi di impurezze presenti nel loro reticolo cristallino.
Nel caso della tecnologia del silicio, il punto di partenza è pertanto l’ottenimento di m. policristallino di purezza adeguata, detto EGS (electronic-grade silicon), che rappresenta uno dei m. di maggior purezza usati in campo tecnologico; nel m. EGS si richiede che la presenza di alcuni tipi di impurezze sia di alcune parti per milione, mentre per altri tipi di impurezze, quelle di tipo drogante, che vengono aggiunte successivamente, la presenza iniziale è dell’ordine di alcune parti per miliardo. Poiché i livelli di impurezze tollerati sono al di sotto di quelli misurabili con procedimenti diretti, la validazione di un certo tipo di m. è effettuata da misure di conduzione elettrica su elementi di test. A partire dall’EGS si ottengono i monocristalli di silicio, adatti alla realizzazione dei wafer, caratterizzati dal numero di difetti presenti nel reticolo cristallino.
Per realizzare apparati elettronici complessi, vari circuiti integrati sono posizionati su una stessa piastra di un circuito stampato (PCB, printed circuit board). A questo scopo i singoli chip sono incapsulati in opportuni contenitori, che hanno lo scopo di permettere una più facile interconnessione del chip con altri componenti, proteggere il chip rispetto ad agenti esterni, limitare gli effetti corrosivi, aumentare la dissipazione termica. Per l’incapsulamento si utilizzano tipicamente m. plastici, che garantiscono una discreta protezione per il circuito integrato. Nel caso si preveda il raggiungimento di temperature relativamente elevate, si utilizzano incapsulamenti ceramici, che permettono anche di ottenere una chiusura ermetica del circuito rispetto ad agenti corrosivi esterni.
In applicazioni spaziali, un ulteriore scopo dell’incapsulamento è quello di proteggere il chip da eventuali particelle alfa che possono provocare malfunzionamenti, in particolare, nelle memorie a semiconduttore. Occorre notare che, in certi tipi di m., si può avere emissione di particelle alfa proprio dal m. usato per l’incapsulamento stesso (in particolare certi m. ceramici). Protezione contro tale fenomeno si può ottenere per mezzo di strati protettivi di metallo o di vetro, tenuto conto del limitato potere penetrante di tali particelle.
Particolari tipi di m. sono usati in elettronica nel campo dei display. In tale settore sono largamente impiegati i cristalli liquidi, classificati come liquidi nematici, smettici o colesterici. Per i display detti elettrochimici sono usati vari tipi di ossidi, come l’ossido di tungsteno, di molibdeno e di iridio. In tale campo sono anche usati m. organici, quali il viologeno. Sospensioni colloidali di particelle in solventi organici sono utilizzate nei display a immagini elettroforetiche, mentre alcuni tipi di ceramiche trasparenti ferroelettriche sono la base per realizzare i display a ceramiche trasparenti. In quest’ultimo caso sono usati ossidi di piombo, lantanio, zirconio e titanio (PLZT). Particolari fosfori sono usati nei display a elettroluminescenza, nei quali a una base di m. inorganico (tipicamente solfuro di zinco) è aggiunto un opportuno attivatore che determina il colore della luce ottenuta; così, per esempio, usando il manganese come attivatore, si ottiene il colore giallo-arancio, usando il rame si ottiene il rosso, usando il fluoruro di terbio si ottiene il verde. L’effetto elettroluminescente si ottiene applicando opportunamente una tensione al fosforo.
Nel campo della fotonica, i m. in uso sono i semiconduttori cristallini e gli isolanti amorfi, i primi con riferimento a sorgenti e ricevitori, i secondi per il canale trasmissivo e per la modulazione e amplificazione del segnale. I laser utilizzati in fotonica fanno uso delle cosiddette eterostrutture, nelle quali sono abbinati m. semiconduttori diversi (ma con la stessa struttura cristallina e lo stesso parametro reticolare). L’introduzione delle eterostrutture è stata senz’altro uno dei passi risolutivi per il successo dei laser a semiconduttore, in quanto ha permesso la riduzione delle correnti di soglia e l’ottenimento dei livelli di prestazione richiesti. Dal punto di vista dei m., i laser sono ottenibili da eterostrutture del tipo GaAs/AlGaAs, ovvero da eterostrutture formate dal m. di base, fosfuro di indio (InP), con leghe quaternarie (InGaAsP) che permettono di accordare il colore di emissione del laser semplicemente variando la composizione della lega.
Nel settore delle telecomunicazioni trovano largo impiego le fibre ottiche, le quali utilizzano sottili filamenti di vetro costituito da un nucleo cilindrico trasparente nella regione spettrale del vicino infrarosso, circondato da un m. con indice di rifrazione leggermente inferiore. Tutti i vari tipi di fibra sono ricoperti da un rivestimento primario, costituito principalmente da acrilati, e da un rivestimento secondario, generalmente di m. polimerico.
M. intelligenti (smart materials). - Sono così definiti i m. che, opportunamente stimolati dall’ambiente che li circonda, reagiscono tempestivamente in modo conveniente; un m. intelligente è pertanto un m. che riceve, trasmette o processa uno stimolo e risponde producendo effetti utili, che comprendono anche segnali di corretto funzionamento del m. stesso. Le stimolazioni possono essere provocate da campi di sforzi, campi di deformazioni (elastiche e plastiche), temperatura, agenti chimici, campi elettrici e magnetici, pressione idrostatica e radiazioni. La trasmissione o il processamento dello stimolo possono avvenire mediante assorbimento di fotoni, reazioni chimiche, modificazioni della configurazione molecolare o microstrutturale (per es., movimento di dislocazioni o altri difetti cristallografici). Gli effetti utili che si producono possono essere variazioni di colore, di indice di rifrazione, deformazioni plastiche o elastiche, tensioni interne, variazioni di volume; tutte queste modificazioni sono reversibili. I m. intelligenti si stanno diffondendo in molti settori, sia tradizionali sia avanzati, quali quello aerospaziale, automobilistico, civile (nelle strutture), tecnologico (nelle macchine utensili), sportivo e biomedico. Si definiscono strutture intelligenti quelle formate da almeno un m. intelligente che reagisce agli stimoli, e paragonabili alle strutture umane, in cui i nervi sono i sensori, i muscoli gli attuatori e il cervello il sistema di controllo.
Esempi di m. intelligenti sono i m. piezoelettrici, i m. elettrostrittivi e i m. magnetostrittivi, i m. elettroreologici e i m. magnetoreologici, i m. termosensibili, i m. pH-sensibili, i m. sensibili alla luce, le leghe a memoria di forma. I m. piezoelettrici sono caratterizzati da una interdipendenza lineare fra le proprietà meccaniche e quelle elettriche: l’effetto piezoelettrico diretto viene definito come la capacità posseduta dal m. di convertire le deformazioni meccaniche in un campo elettrico, quello inverso come la capacità di convertire un campo elettrico in una deformazione meccanica. I m. piezoelettrici possono essere di tipo ceramico (PZT, titanato zirconato di piombo; niobati di sodio e potassio; niobati di litio; quarzo) o di tipo polimerico. I m. elettrostrittivi subiscono una contrazione meccanica sotto l’azione di un campo elettrico; la dipendenza è di tipo esponenziale. Un campo elettrico produce infatti un’attrazione reciproca di cariche che causa una sollecitazione di compressione. Tipici m. elettrostrittivi sono niobato di piombo e manganese con titanato di piombo, e titanato zirconato di piombo e lantanio. I m. magnetostrittivi hanno comportamento simile ai precedenti: la deformazione è indotta da un campo magnetico anziché elettrico. I m. ferromagnetici (che hanno i dipoli paralleli fra loro) e i m. ferrimagnetici (con i dipoli non allineati) subiscono le modificazioni di forma più ampie. Il comportamento scompare al di sopra della temperatura di Curie. I m. elettroreologici sono m. fluidi la cui viscosità varia per l’azione di un campo elettrico. Sono formati da particelle in sospensione in un fluido (per es., amido in olio siliconico) che, in presenza di campo elettrico, si orientano temporaneamente, assumendo una struttura di tipo fibroso (fibrille). Il loro comportamento è pertanto caratterizzato dal passaggio da maggior deformabilità (flessibilità) a maggior rigidità. Le loro applicazioni si basano sulla capacità di trasferire sforzi di taglio e di provocare variazioni di smorzamento in presenza di un campo elettrico. I m. magnetoreologici hanno comportamento simile ai precedenti: la deformazione è indotta da un campo magnetico anziché elettrico, e le particelle che vengono disperse nel fluido sono ferrimagnetiche o ferromagnetiche. In teoria tutti i m. che presentano transizione vetrosa a una determinata temperatura (passaggio dallo stato strutturale solido di ‘liquido sottoraffreddato’ a quello di ‘vetro’) possono essere considerati m. termosensibili, in quanto con tale passaggio si modificano numerose proprietà sia fisiche sia meccaniche. Vari dispositivi si basano su questo sistema di stimolazione termica e di risposta meccanica o fisica. Tipici m. a comportamento più propriamente termosensibile sono, per es., il copolimero polietilene-polietilenglicole, in grado di modificare con la temperatura le proprietà superficiali di idrofilicità e di solvatazione (superfici intelligenti). Altri esempi di m. termosensibili sono tessuti di varie fibre (cotone modificato con polietilenglicole, poliesteri, poliuretano-poliammide) che, modificando con la temperatura la loro sensibilità all’umidità, consentono una migliore adattabilità termica e un ritiro reversibile (tra le applicazioni, le fasciature intelligenti, che con il sangue si contraggono e arrestano l’emorragia, mentre seccandosi si rilasciano). I m. pH-sensibili cambiano di colore in funzione dell’acidità o della basicità in modo del tutto reversibile. Negli ultimi anni del 20° sec. sono stati sviluppati, sulla base di questi principi, numerosi dispositivi per monitorare il degrado temporale e/o la sensibilità alla temperatura di medicinali, cibi e di altri prodotti deperibili, misurando l’emissione di vapori o liquidi volatili a diverso pH. Allo scopo vengono utilizzati polimeri impregnati di indicatori. I m. sensibili alla luce manifestano risposte di tipo diverso a uno stimolo luminoso: per es., un m. può cambiare colore in funzione della luce (fotocromismo). Tra le applicazioni, si ricorda quella di m. che presenta contemporaneamente effetti fotocromici e fotografici.