Grandezza fisica che determina gli scambi spontanei di calore tra corpi diversi, il calore spontaneamente fluendo sempre dal corpo a t. superiore a quello a t. inferiore.
In modo soggettivo, la t. di un oggetto può essere confrontata con quella del corpo umano mediante la sensazione tattile di caldo o di freddo.
Dal punto di vista della t. del corpo gli animali si possono dividere in due gruppi: animali omeotermi o a t. costante (detti anche impropriamente a sangue caldo), caratterizzati dalla bassa variabilità della t. interna in rapporto a oscillazioni anche forti della t. ambiente; animali pecilotermi o eterotermi (impropriamente detti a sangue freddo), caratterizzati dalla variabilità della t. interna in rapporto alle oscillazioni della t. ambiente. Sono animali omeotermi i Mammiferi e gli Uccelli.
La t. corporea non è uniforme in tutto l’organismo: non solo esiste una differenza tra la t. cutanea (t. esterna) e quella degli organi interni (t. interna o centrale), ma si osservano differenze regionali nei vari distretti: la t. cutanea ascellare, nell’uomo sano in condizioni basali, è di circa 36,5 °C, mentre quella inguinale è più elevata di pochi decimi; quella orale è di circa 36,7 °C; quella rettale di 37 °C; variazioni di 0,5 °C sono da considerarsi normali in condizioni basali. Dopo sforzo, fumo o assunzione di cibo, si osservano variazioni superiori a 0,5 °C. Esistono inoltre variazioni fisiologiche nel corso delle 24 ore, innalzamento nelle ore serali e diminuzione nelle prime ore della mattina, con una escursione complessiva che può anche superare 1 °C. Altre variazioni sono legate allo stato funzionale dell’organismo, soprattutto in rapporto con il lavoro muscolare e, nel caso particolare della donna, con la fase dell’ovulazione, durante la quale si osserva un lieve innalzamento.
Variazioni della t. esterna (entro limiti abbastanza ampi) non modificano la t. interna degli animali omeotermi o la modificano solo in piccolo grado, mentre la t. cutanea varia secondo la t. dell’ambiente (aria e acqua) e secondo che la pelle sia coperta o nuda. Negli animali pecilotermi (Rettili, Anfibi, pesci e invertebrati) la t. corporea interna oscilla parallelamente a quella dell’ambiente, mantenendosi però, di solito, superiore di qualche decimo di grado alla t. esterna. Gli animali pecilotermi sopportano facilmente t. molto alte e molto basse (fino a 70 °C e più alcuni Protozoi, fino a −28 °C le rane e −50 °C alcuni Artropodi).
T. entro cui una determinata proteina conserva inalterata l’unica conformazione spaziale alla quale corrisponde la sua attività biologica. T. restrittiva T. a cui si verificano modificazioni della conformazione spaziale della stessa proteina tali da provocare la denaturazione (➔ denaturante) della macromolecola. Nel caso degli enzimi, se si pone in grafico la velocità iniziale della reazione enzimatica (V0) in funzione della t. (mantenendo costanti pH, forza ionica, concentrazione dell’enzima, del substrato e degli eventuali coenzimi e cofattori presenti), si osserva, in generale, un aumento iniziale di V0 e poi una sua diminuzione. La t. alla quale si registra il valore massimo di V0 è detta t. ottimale dell’enzima. Il grafico a campana che si ottiene indica che l’aumento di t. a sinistra della t. ottimale facilita la formazione del complesso attivato enzima-substrato (anche per un aumento della velocità di diffusione del substrato nella miscela di reazione) e quindi causa un aumento di V0. Viceversa, l’aumento di t. a destra della t. ottimale inizialmente provoca una diminuzione di V0, sia perché inibisce la formazione del complesso attivato per rottura dei legami deboli necessari per l’interazione enzima-substrato, sia perché destabilizza la conformazione spaziale dell’enzima fino alla sua completa inattivazione, quando si raggiunge la sua t. restrittiva.
La misura della sensibilità di una reazione enzimatica alle variazioni di t. è data dal suo quoziente Q10, definito come il rapporto tra la velocità di reazione a una data t. e la velocità a una t. superiore di 10 °C:
Quasi tutte le reazioni hanno un Q10 pari circa a 2, il quale indica che V0 raddoppia per un aumento di t. di 10 °C. Lo studio di V0 in funzione della t., in assenza di fenomeni di denaturazione, può dare utili informazioni sulla stabilità e sul contenuto energetico del complesso attivato enzima-substrato che interviene nel processo catalitico. Queste indagini sono effettuate con la costruzione dei grafici di Arrhenius, basati sull’equazione
dove k cat è la costante catalitica della reazione, ΔH è la variazione di entalpia di formazione del complesso enzima-substrato, R è la costante universale dei gas, T è la t. termodinamica. Tali grafici si ottengono calcolando la variazione del logV0 in funzione delle variazioni di 1/T.
Settore della chimica indirizzato allo studio delle proprietà chimiche, termodinamiche, cinetiche e strutturali delle specie, dei sistemi e dei processi a t. elevate. Si è sviluppato sulla base delle osservazioni sperimentali che a t. sufficientemente elevate il comportamento di un sistema chimico differisce apprezzabilmente da quello riscontrato a t. ambiente. Acquistano così importanza reazioni chimiche energeticamente sfavorite, diventano comuni stati di ossidazione insoliti, aumentano significativamente gli intervalli di composizione delle fasi solide, diventa sempre più complessa la fase vapore negli equilibri eterogenei (nel senso della molteplicità delle specie molecolari presenti) ecc. Molti di questi effetti sono dovuti alla accresciuta importanza del termine entropico rispetto al termine entalpico nella termodinamica delle reazioni ad alta t., soprattutto quando i prodotti di reazione sono in fase gassosa. Quasi tutte le tecniche spettroscopiche e strutturistiche, adattate per affrontare gli specifici problemi dell’impiego a t. elevate, sono utilizzate nell’ambito della chimica delle alte t.: diffrazione di elettroni in fase gassosa, spettroscopia infrarossa, a microonde, fotoelettronica, spettrometria di massa ecc. Le più importanti applicazioni della chimica delle alte t. riguardano soprattutto la scienza e la tecnologia dei materiali (produzione di materiali di elevata purezza per deposizione chimica da fase vapore, sintesi allo stato solido di ossidi ceramici superconduttori, preparazione di cluster metallici con particolari proprietà ecc.).
Prescindendo dalle sensazioni tattili, soggettive, di caldo e di freddo, si può definire empiricamente la t. (t. empirica) in base a fenomeni quali dilatazione termica, termoelettricità, variazione di resistenza elettrica, emissione di energia raggiante e cambiamenti di stato di sostanze diverse. Attribuendo ai cambiamenti di stato valori di t. arbitrari (per es. il valore 0 alla liquefazione dell’acqua a pressione atmosferica e il valore 100 alla sua evaporazione alla stessa pressione), si può stabilire una scala di t. o scala termometrica (la scala Celsius nell’esempio citato); i valori attribuiti ai cambiamenti di stato si interpolano successivamente realizzando un termometro (per es. a dilatazione di mercurio) che utilizza uno dei citati fenomeni meccanici, elettrici, ottici. Si potrà allora parlare della t. di un corpo come della grandezza misurata dal termometro che si trovi in equilibrio termico con il corpo stesso. Questa definizione della t. è una definizione fisica di tipo operativo, basata sul concetto di equilibrio termico.
Lo stato di un sistema A, per es. una certa quantità di aeriforme, è descritto dall’insieme dei valori assunti da opportune grandezze ai (densità, pressione ecc.) nei vari punti del corpo; lo stato è detto di equilibrio se le ai restano costanti nel tempo in ogni punto del sistema. Considerato un secondo sistema B, si ha equilibrio termico tra A e B quando, messi in condizione di influenzarsi reciprocamente (di scambiarsi calore), essi si portano entrambi in uno stato di equilibrio. Se partendo dall’equilibrio termico si fa variare lo stato di A (ma non quello di B), in modo tale che alla fine della trasformazione A e B siano ancora in equilibrio termico, si dice che A ha subito una trasformazione isotermica. Gli infiniti nuovi stati di questo genere sono caratterizzati dalla costanza, in tutti i punti di A, di una opportuna funzione scalare delle grandezze ai; poiché il valore di ciascuna delle ai può essere assunto a misura della t., quest’ultima risulta essere una grandezza scalare intensiva. Si può aggiungere allora che la t. è indice di uno stato fisico, quello caratterizzato da un insieme di valori delle ai, in corrispondenza del quale il sistema A è in equilibrio termico con un altro sistema B. Inoltre, se un termometro, portato successivamente in equilibrio termico con due corpi diversi, dà la stessa indicazione, necessariamente i due corpi sono in equilibrio termico fra loro (principio zero della termologia).
Il concetto di t. si precisa meglio grazie all’uso del termometro (➔) a gas perfetto, assumendo, per es., la t. T di un gas perfetto proporzionale, a volume costante, alla sua pressione; si può determinare la costante di proporzionalità attribuendo il valore 273,16 alla t. del punto triplo dell’acqua (stato termico invariante ove coesistono in equilibrio le fasi solido, liquido e vapore); si ha così:
dove pt è la pressione del gas in equilibrio termico con l’acqua al punto triplo.
Il concetto di t. trova piena sistemazione solo introducendo la t. termodinamica, definita come
dove Q e Q0 sono i valori assoluti delle quantità di calore scambiate nelle due trasformazioni isoterme di un ciclo di Carnot (➔ ciclo) che operi tra la t. T e la t. di riferimento T0; se come t. di riferimento si assume quella dell’acqua al punto triplo e le si attribuisce il valore T0=273,16, si ottiene la misura della t. termodinamica in kelvin, l’unità adottata dal sistema internazionale (SI). Mentre la t. empirica è definita in base a due valori (punti fissi) arbitrari (per es. i cambiamenti di stato dell’acqua) e a una sostanza termometrica (per es. il mercurio in un bulbo che si dilata in un capillare), che determinano in modo convenzionale l’unità di misura e lo zero della scala delle t., la t. termodinamica fa riferimento a un solo valore (punto fisso) arbitrario (quello del punto triplo dell’acqua) e non dipende dalla sostanza termometrica; la t. termodinamica, a differenza della t. empirica, è perciò una grandezza fisica, definita secondo la teoria della misura (➔).
Le misurazioni di t. termodinamica sono molto complesse e difficilmente riproducibili; si è perciò fissata la scala di t. internazionale, la cui ultima versione (STI-90), del 1990, assegna le t. di 17 punti fissi (cambiamenti di stato), ovvero le t. di equilibrio di due o tre fasi di una sostanza (v. tab.), e le procedure di interpolazione (specificando gli strumenti da usare nei vari intervalli e le equazioni di interpolazione); in tal modo si hanno incertezze dell’ordine di 10-1 mK fino a 300 K e dell’ordine di 1 mK a 103 K (migliori di almeno un fattore 10 di quelle ottenibili con determinazioni assolute). La t. si può anche misurare in gradi Celsius (°C): t(°C)=T(K)−273,15; l’unità grado Celsius è uguale all’unità kelvin (pari alla frazione 1/273,16 della t. termodinamica del punto triplo dell’acqua). La t. termodinamica espressa in kelvin è a volte detta t. assoluta.
La meccanica statistica definisce la t. a partire da un punto di vista microscopico. Precisamente, nell’ambito di validità della statistica di Maxwell-Boltzmann, si può dire che un sistema è alla t. termodinamica T se è N1/N2=exp[−E12/(kT)], essendo N1, N2 il numero di componenti microscopici (atomi, molecole ecc.) che si trovano nello stato 1, 2 rispettivamente, E12 la differenza tra le energie medie delle particelle nei due stati, k la costante di Boltzmann (➔ statistica). Tale definizione è l’unica con un senso fisico per sistemi in cui siano impossibili le ordinarie misurazioni implicanti l’equilibrio termico con un termometro, quali per es. un plasma, in cui la t. va riferita all’energia cinetica media Ec delle particelle; si parla allora anche di t. cinetica, per un sistema in cui valga la distribuzione maxwelliana delle velocità, con riferimento alla relazione: Ec=3kT/2. Spesso in questi casi si esprime la t. in elettronvolt, che è invece un’unità di energia, sulla base della relazione di equivalenza 1 eV=11.600 K. Se le varie specie di particelle hanno energie cinetiche medie diverse, si distingue fra le corrispondenti t. e si parlerà di t. elettronica, t. ioniche, t. dei neutroni e così via.
Altre definizioni della t. si ottengono con riferimento all’irraggiamento del corpo (➔) nero, specialmente grazie alla legge di Stefan, che rende possibile usare pirometri a radiazione totale per la misurazione di t. relativamente alte.
La t. termodinamica T è una grandezza essenzialmente positiva, sia dal punto di vista della definizione con termometro a gas perfetto sia da quello termodinamico, dove tale proprietà assicura anche la stabilità dell’equilibrio di un sistema rispetto alla comparsa in esso di moti macroscopici interni; la t. T che compare nella legge di distribuzione di Maxwell-Boltzmann, ancorché misurabile in kelvin, è una grandezza che può assumere valori negativi; si può avere una t. termodinamica negativa in un sistema per il quale l’energia, oltre che inferiormente, sia limitata anche superiormente, e tale che il numero di stati microscopici a esso accessibili (e quindi la sua entropia S) risulti, in un certo intervallo, funzione decrescente dell’energia E (valendo la relazione termodinamica ∂S/∂E=1/T). Fisicamente questa possibilità, normalmente esclusa per la presenza, se non altro, dei termini cinetici nell’energia, può presentarsi per alcune sostanze, quali il fluoruro di litio cristallino a t. ambiente, in cui i gradi di libertà associati ai momenti magnetici degli spin nucleari interagiscono tra loro molto più intensamente (e con tempi di rilassamento molto più brevi) che con i restanti gradi di libertà del cristallo, descrivendo con buona approssimazione un sistema isolato; tale sistema di momenti di spin, immerso in un campo magnetico esterno, ammette stati di equilibrio con t. negative. Questi ultimi stati possiedono energie maggiori di quelli con t. positive cosicché, se il sistema costituito dagli spin nucleari ha all’inizio t. negativa, esso cederà energia per raggiungere dopo un certo tempo l’equilibrio termico con il resto del cristallo a una t. positiva: le t. negative risultano più ‘alte’ delle positive.
La fisica delle basse t. è il campo della fisica, detto anche criologia (➔) o criofisica, che si occupa dei fenomeni che avvengono a t. molto al di sotto dello zero Celsius.
La t. d’arresto (o di ristagno) di una corrente fluida è il valore di t. cui si porta un filetto fluido che vada ad arrestarsi contro un ostacolo (bordo di un’ala, prua di una nave o di una fusoliera ecc.); infatti l’energia cinetica del filetto si trasforma in energia di pressione, cui corrisponde un aumento della t. fino a tale valore. Se il flusso è incompressibile (come per un aeriforme a velocità molto inferiori a quella di propagazione del suono in esso), l’incremento di t., in particolare per velocità moderate, è trascurabile. Per i fluidi compressibili, a velocità elevata, il rapporto fra la t. termodinamica d’arresto e la t. ambiente vale 1+(y−1)M2/2, dove y è il rapporto dei calori specifici a pressione costante e a volume costante, M il numero di Mach (➔ Mach, Ernst) della corrente a monte.
Se un filetto di una corrente gassosa lambisce una superficie solida (ala, fusoliera ecc.), la velocità di esso si riduce per effetto dell’adesione e della viscosità e attorno al corpo la t. del gas cresce molto al crescere di M, portandosi a un valore detto t. d’attrito: con t. ambiente di 0 °C, la t. per M=3 sale a circa 500 °C mentre per M=5 sale a circa 1450 °C (superiore a quella di fusione degli acciai). Le più alte t. di attrito si riscontrano nel rientro di missili balistici e veicoli spaziali nell’atmosfera.
La t. del bulbo umido è la t. raggiunta da un termometro il cui bulbo, mantenuto umido da una garza bagnata, è a contatto con aria ambiente tenuta sempre in movimento. Mediante tale t., misurabile con uno psicrometro (➔ psicrometria), si risale all’umidità relativa dell’aria.
Con riferimento a una sorgente luminosa che emette radiazione termica, la t. di colore è la t. (in kelvin) del corpo nero il cui spettro d’emissione approssima meglio quello emesso dalla sorgente stessa; per es., la t. di colore delle comuni lampadine è di circa 2400 K, quella del Sole è di 5780 K. Per un astro essa è approssimata dalla relazione: T=7200/(0,64+c), dove c è l’indice di colore. Tale grandezza è importantissima in fotografia e cinematografia, essendo il materiale sensibile tarato per dati valori della t. di colore delle fonti d’illuminazione, per cui il suo uso in diverse condizioni di illuminazione dà luogo a dominanti cromatiche molto evidenti.
La t. critica è la t. al di sopra della quale un gas (➔), per quanto compresso, non può essere liquefatto. La t. ridotta è il rapporto fra la t. di un gas e la sua t. critica misurate in kelvin; molti gas reali, in uguali condizioni ridotte di t. e pressione, mostrano uguale scostamento dalle condizioni di gas perfetto (➔ stato).
Genericamente, la t. alla quale per convenzione ci si riferisce per studiare un fenomeno, determinare una grandezza, usare uno strumento, che siano influenzati da variazioni di t., è detta t. di riferimento; in particolare, la t. a cui si considerano i campioni di unità di misura (per es., 0 °C per il metro campione).
In elettronica e comunicazioni elettriche, la t. di rumore è la t. a cui va portato un dispositivo passivo per ottenere in uscita la stessa densità di potenza di rumore del dispositivo considerato (di norma attivo). Per es., per un semplice resistore, la t. di rumore è pari alla sua t., mentre per un transistore essa può essere molto più alta della sua t. effettiva. Per misure di rumore, la t. standard di riferimento è pari a T0=290 K. Per una rete due porte attiva (come un amplificatore), si considerano i due casi di fig. 1. Nel caso A, corrispondente al caso reale, resistenza R e rete elettrica (rumorosa), sono alla t. di riferimento T0. Nel caso B, la rete è priva di rumore interno, mentre la resistenza R è a una t. Tn>T0, in modo da avere in uscita la stessa densità spettrale di potenza di rumore. La t. Tn è detta t. equivalente di rumore. Per un’antenna (ricevente), la t. di rumore è definita come la t. di un resistore che generi una densità spettrale di potenza disponibile di rumore pari a quella presente in uscita all’antenna. Tale t. di rumore dipende dalla frequenza e tiene conto di rumore galattico (extraterrestre), atmosferico (dovuto all’agitazione termica dell’atmosfera e crescente con lo spessore degli strati atmosferici attraversati), dell’ambiente terrestre superficiale (captato dall’antenna con i lobi laterali) e termico (dei componenti dell’antenna stessa). La t. di rumore all’uscita del ricevitore è ancora maggiore (t. operativa di rumore) a causa del rumore generato all’interno del ricevitore.
La t. di saturazione adiabatica (TSA) è la t. raggiunta da una miscela gas-vapore, raffreddata adiabaticamente a contatto con il liquido della stessa specie molecolare del vapore nella miscela, in corrispondenza del punto di saturazione. Stante il processo adiabatico, il calore ceduto dalla miscela gassosa è pari a quello che fa evaporare il liquido e aumentare il contenuto di vapore della miscela. Per il sistema aria-acqua la t. di saturazione adiabatica coincide praticamente con la t. di bulbo umido.
In fluidodinamica, la t. statica è la t. di un fluido indisturbato, cioè definita dall’energia interna; un termometro in moto con la velocità del fluido fornirebbe di tale t. la misura esatta. La t. totale è la somma della t. statica e del contenuto termico dovuto al moto laminare: tale t. risulta costante lungo una linea di corrente.
In tecnologia meccanica, la t. di transizione a duttilità nulla è la t. a cui, in una transizione duttile-fragile, l’acciaio sottoposto a prova di trazione si rompe, mentre non si rompe in una successiva prova effettuata nelle stesse condizioni, ma a una t. superiore di 5,5 °C di questa. Per es. per un acciaio dolce incrudito essa è di −50 °C. La t. sopra definita si determina solo con prove ripetute.
La t. (o l’intervallo di t., più o meno ristretto) a cui si ha la transizione vetrosa di un materiale polimerico a struttura amorfa è detta t. di transizione vetrosa.
La t. dell’aria è, con pressione e umidità, uno dei più importanti parametri meteorologici. Si distingue tra t. al suolo, misurata vicino alla superficie terrestre, e t. in quota (o t. della libera atmosfera), rilevata con sondaggi aerologici. La misurazione della t. dell’aria va compiuta secondo norme precise per eliminare l’effetto delle molte cause perturbatrici (irraggiamento diretto solare ecc.).
Si misura con continuità mediante termometri le cui rilevazioni sono registrate; gli strumenti sono collocati in una speciale capannina meteorologica posta sul suolo. Dai valori ottenuti si ricavano la t. media giornaliera, l’escursione diurna di t. (differenza tra t. massima e minima), le t. medie orarie mensili (medie mensili delle t. alle varie ore), la t. media mensile (media mensile delle t. medie giornaliere), l’escursione mensile di t. (differenza tra le t. medie del giorno più caldo e quelle del giorno più freddo di un mese) e l’escursione annua di t. (differenza tra le t. medie del mese più caldo e quelle del mese più freddo). La t. dell’aria al suolo è determinata dal calore irradiato dalla superficie terrestre (➔ radiazione) e dipende dalla radiazione solare (perciò dall’ora locale e dalla latitudine), dalla natura del suolo e dalla trasparenza dell’atmosfera.
Riguardo alle variazioni diurna e annua, la t. al suolo segue abbastanza l’andamento dell’altezza del Sole sull’orizzonte, l’equilibrio termico stabilendosi con un certo ritardo rispetto al moto del Sole sulla volta celeste. La variazione termica diurna presenta, in condizioni medie, un massimo che segue di una o due ore il mezzogiorno locale e un minimo che cade circa all’alba. All’equatore, dove il Sole transita allo zenit due volte all’anno (agli equinozi), la variazione annua presenta due massimi, poco dopo gli equinozi, e due minimi, poco dopo i solstizi; procedendo verso i tropici, i due massimi (e i due minimi) tendono a fondersi in uno solo, il che accade vicino ai tropici stessi, dove il Sole passa allo zenit una volta all’anno (a uno dei solstizi). La variazione annua si mantiene a solo un massimo e un minimo anche a latitudini medie e alte: il massimo cade in estate (luglio e gennaio per l’emisfero boreale e australe rispettivamente), il minimo in inverno (gennaio e luglio, rispettivamente). Esaminando le linee isoterme, che congiungono i punti della superficie terrestre nei quali la t. al suolo, attuale o media, ha pari valore, e le linee isalloterme, congiungenti i punti nei quali ha pari valore l’escursione diurna e mensile o annua, si nota che, in generale, i continenti (soprattutto le zone aride) sono più freddi in inverno e più caldi in estate rispetto agli oceani, e che le isoterme si discostano sempre più dai paralleli geografici salendo dall’equatore verso i poli.
L’influenza dell’irraggiamento termico del suolo si riduce con la quota, per cui diminuiscono la t. dell’atmosfera libera, a parità di condizioni, la variazione diurna e, meno rapidamente, quella annua: una variazione diurna al suolo di circa 15 °C scende a qualche decimo di grado a 1000 m di quota. Alla riduzione della t. con l’altezza contribuiscono anche i moti verticali delle masse d’aria atmosferiche, a causa dei quali la pressione delle masse d’aria aumenta (per un moto di discesa) o diminuisce (per uno di salita) e in corrispondenza varia l’energia interna e quindi la temperatura. Se l’aria è secca e il moto è rapido a sufficienza, come in genere accade, l’espansione o la compressione sono adiabatiche e la corrispondente diminuzione di t. con l’altezza (gradiente termico verticale adiabatico) è di circa 1 °C per ogni 100 m di dislivello. In realtà, per la presenza di vapore acqueo e di correnti aeree con direzioni e t. assai diverse, il gradiente termico dell’atmosfera libera assume valori maggiori o minori di quello adiabatico (gradiente rispettivamente superadiabatico o subadiabatico). Il gradiente termico verticale ha, nell’intera troposfera, il valore medio di −0,56 °C per ogni 100 m e questo valore si usa per la riduzione al livello del mare delle misurazioni termometriche eseguite a quote diverse. In certe condizioni, il gradiente termico verticale in seno a una massa d’aria può essere nullo (massa isoterma) o invertirsi (crescendo la t. con l’altezza). L’inversione di t. può avvenire al suolo o in quota, risultando nei due casi la t. al suolo, t0, diversa dalla t. tr, che si sarebbe avuta in assenza dello strato invertito (fig. 2), e che è detta t. rappresentativa, rappresentando le condizioni termiche nell’atmosfera al di sopra dello strato invertito.
La t. potenziale dell’aria è la t. Tp che una massa d’aria secca, inizialmente alla t. termodinamica T e alla pressione p (in millibar), assumerebbe se si portasse adiabaticamente alla pressione di 1000 mbar, risultando Tp=T(1000/p)0,286. La t. potenziale è costante con l’altezza se il gradiente termico è in condizioni di equilibrio indifferente, mentre è crescente con la quota all’equilibrio stabile (decrescente all’equilibrio instabile).
La t. equivalente dell’aria umida è la t. termodinamica Te dell’aria se tutto il vapore acqueo contenuto condensasse senza variazione di pressione; essa è legata alla t. termodinamica effettiva T dalla relazione: Te=T+2520 q, dove q è l’umidità specifica (misurata in grammi di vapore per grammi d’aria). Anche per l’aria umida si ha una t. equivalente potenziale, definita come Θ=Te(1000/ p)0,286. La t. virtuale dell’aria umida è la t. termodinamica Tv a cui l’aria secca assume la stessa densità dell’aria umida, alla stessa pressione. Essa è legata alla t. termodinamica effettiva T dalla relazione: Tv=T(1+0,6 q), dove il coefficiente 0,6 rappresenta il rapporto tra i pesi molecolari del vapore acqueo e dell’aria secca. Sostituendo Tv a T, l’equazione di stato dell’aria secca è valida anche per l’aria umida, non satura.