Forza resistente che si produce nel contatto tra due corpi premuti l’uno contro l’altro, che ne ostacola il movimento relativo. Gli a., come forze resistenti, compiono, in condizioni di moto, un lavoro negativo, ciò che implica una perdita di energia meccanica, dissipata in calore (calore di a.): ne consegue, nelle macchine, una diminuzione del rendimento. Peraltro, la presenza degli a. non è sempre negativa: nel moto dei veicoli, per es., vengono utilizzati ai fini del frenamento, dello smorzamento di vibrazioni ecc. e nella statica contribuiscono ad annullare il risultante delle forze applicate.
A. radente (o di strisciamento). - L’a. radente statico, o aderenza, si può destare quando un solido è poggiato su un altro solido ed è in quiete rispetto a esso; quello dinamico si ha quando un solido striscia su un altro. Esperienze iniziate da C.A. Coulomb, proseguite poi da A.-J. Morin e da altri, hanno permesso d’indurre che, se la superficie del corpo e quella dell’appoggio sono perfettamente levigate, la reazione dell’appoggio sul corpo, supposto puntiforme, non può che essere normale all’appoggio. Se viceversa le superfici a contatto sono scabre, in condizioni di quiete relativa la reazione vincolare Φ può ancora essere diretta secondo la normale n all’appoggio, ma essa può anche, senza che l’equilibrio venga turbato, formare con la n un angolo α, a priori indeterminato, però mai superiore a un certo valore limite ϕs detto angolo di a. statico (fig. A e B; nellafig. A, che ricorda l’esperienza di Coulomb, A e N sono i componenti tangenziale e normale della reazione vincolare Φ, F la forza attiva, T la tensione applicata al corpo di peso P; se la reazione vincolare Φ cade entro il cono di apertura angolare ϕs, non c’è moto relativo del corpo rispetto alla superficie di appoggio: fig. B); in condizioni di moto invece Φ forma con la n un angolo ϕd detto angolo di a. dinamico (fig. C). L’angolo d’a. dipende solo dalla natura e dallo stato delle due superfici a contatto, non dalla loro estensione. L’essere poi sempre, in condizioni di quiete, α ≤ ϕs, si esprime nella condizione che la reazione vincolare risulti non esterna alla falda esterna a del cono d’a. statico (luogo delle rette inclinate dell’angolo ϕs rispetto alla normale), o in quella equivalente che la forza attiva F risulti non esterna alla falda interna b del cono d’a. o ancora nell’altra, analitica, ∣A∣ ≤ ∣N∣ tg ϕs. Il numero tg ϕs, che si indica abitualmente con f o con fs, ha il nome di coefficiente d’a. statico; N quello di reazione normale; A quello di a. (radente). Il coefficiente d’a. si determina sperimentalmente. Le precedenti considerazioni si generalizzano a corpi non puntiformi comunque vincolati. Se dal caso della quiete si passa al caso del moto, la condizione α = ϕd si traduce in quella che la Φ sia diretta secondo una delle generatrici del cono d’a. dinamico (a in fig. C, luogo delle rette inclinate dell’angolo rispetto alla normale): precisamente secondo quella che dà luogo a un componente tangenziale A della reazione (a. radente dinamico o cinetico) che abbia la stessa direzione della velocità v e verso a essa opposto. Analiticamente la condizione si traduce nella relazione scalare A = fd N, ove fd = tgϕd è il cosiddetto coefficiente d’a. dinamico. Quest’ultimo dipende, come fs, dalla natura e dallo stato delle superfici a contatto e non dalla loro estensione, ed è sempre minore di fs. L’a. radente, quindi, per una coppia di corpi a contatto, non ha sempre lo stesso valore e il massimo si ha nella condizione di primo distacco, cioè quando il corpo si accinge a passare dallo stato di quiete allo stato di moto. Il coefficiente fd varia poi anche al variare della velocità di scorrimento. Per superfici praticamente lisce e per velocità di scorrimento abbastanza piccole (fino a 1,50 m/s) esso diminuisce con il diminuire della velocità, mentre per superfici non lisce avviene il contrario. Se le due superfici non sono direttamente a contatto, ma tra esse è interposto un sottilissimo strato di lubrificante, si parla di a. limite (o epilaminico), avendo il nome di epilamina il complesso dei sovrapposti straterelli di lubrificante. L’a. limite dipende ancora dalla natura delle superfici e inoltre dall’untuosità del lubrificante (non dalla sua viscosità) e il corrispondente coefficiente d’a. assume valori notevolmente minori di quelli che, a parità di tutte le altre condizioni, esso assume in assenza di lubrificante (a. secco); decrescenti col decrescere del carico e col crescere della velocità.
A. volvente (o di rotolamento). - Resistenza che si oppone al rotolamento di un solido su un appoggio fisso. Nasce in conseguenza delle piccole deformazioni che solido e appoggio subiscono durante il moto e si manifesta attraverso una coppia di a. volvente, che tende a ostacolare il rotolamento. Esperienze iniziate anche in questo settore da Coulomb hanno permesso di stabilire che, se N è il modulo del componente normale della reazione vincolare, per il momento M della coppia volvente si ha M ≤ hN, essendo h un coefficiente, avente le dimensioni fisiche di una lunghezza, detto coefficiente d’a. volvente. M assume il massimo valore all’atto in cui sta per avere inizio il moto e si mantiene durante il moto. Il coefficiente h dipende dalla natura e dalle caratteristiche elastiche dei materiali a contatto, dalla scabrezza delle loro superfici e dalla velocità angolare nel moto di rotolamento. Esso si misura generalmente in mm: per es., per una sfera di acciaio su piano di acciaio levigato h varia tra 0,005 e 0,01 mm; per un cilindro di legno su piano di legno varia tra 0,10 e 0,5 mm. Anche l’a. volvente provoca naturalmente, come ogni a., una dissipazione di energia, ma questa, a parità di tutte le altre condizioni, è notevolmente inferiore a quella corrispondente all’a. radente: è questa una delle ragioni per cui si cerca, ogniqualvolta sia possibile, di sostituire a un moto di strisciamento di un corpo sull’altro un moto di rotolamento (ruote dei veicoli, cuscinetti a sfere, perni a rotelle ecc.).
Nei fluidi l’a., più correttamente detto a. viscoso o semplicemente viscosità, può manifestarsi tra particella e particella a contatto del fluido stesso e in moto relativo l’una rispetto all’altra (a. interno), oppure tra particelle del fluido e quelle di un corpo solido in esso immerso (a. del mezzo). Dei problemi relativi si occupano principalmente l’idrodinamica e l’aerodinamica.