Capacità che un corpo o un sistema di corpi ha di compiere lavoro, sia come e. in atto, cioè che opera nel processo in cui si produce un lavoro ed è a esso commisurata, sia come e. potenziale, suscettibile di tradursi in atto attraverso opportune, varie trasformazioni. L’e. ha le dimensioni fisiche di un lavoro e si misura nelle unità di quest’ultimo: nel SI in joule.
L’e. posseduta o liberata da un corpo (o da un sistema di corpi) può essere dovuta a varie cause: al movimento (e. cinetica), alla posizione (e. potenziale), a deformazioni (e. elastica), all’agitazione termica (e. termica), a reazioni chimiche (e. chimica) o nucleari (e. nucleare), a una corrente elettrica (e. elettrica) ecc. Essa può, con maggiore o minore spontaneità e difficoltà tecnica, trasformarsi da una forma nell’altra, tali trasformazioni ubbidendo sempre ai due principi della conservazione e della degradazione dell’energia. La teoria della relatività (➔) ha messo in luce uno stretto legame fra massa ed e., che si possono interpretare come aspetti diversi di una medesima realtà, essendo tra loro equivalenti.
Propriamente, e. di un atomo, quella cioè corrispondente allo stato di esso, fondamentale o eccitato che sia.
L’e. che una specie chimica è in grado di mettere in gioco quando si rompono i legami tra gli atomi che la costituiscono e anche l’e. effettivamente messa in gioco in una reazione chimica, dovuta essenzialmente alla formazione e alla rottura di legami chimici. Può essere assorbita o ceduta: nel primo caso deriva da quella presente nell’ambiente sotto altre forme, nel secondo si manifesta con effetti meccanici (esplosione), termici (riscaldamento), elettromagnetici (emissione di luce) ecc.
E. meccanica che un corpo materiale possiede per effetto del suo movimento. Se il corpo è assimilato a un punto materiale di massa m e v è la sua velocità, a misura dell’e. cinetica si assume la quantità T=mv2/2: essa misura il lavoro che devono compiere forze frenanti per fermarlo. Analogamente, per un sistema di punti materiali, di masse m1, m2, ... mi, ..., mn e velocità v1, v2, ..., vi, ..., vn, si assume T=Σmivi2/2. Se si pensa, com’è sempre possibile, il moto decomposto nei moti del baricentro e relativo al baricentro, l’e. cinetica si presenta, a norma del teorema di König, come somma di due termini
[1] formula,
T(G) essendo l’e. cinetica del sistema valutata nel riferimento del baricentro, m la massa totale, vG la velocità del baricentro G, mvG2/2 l’e. cinetica che competerebbe al sistema se tutta la sua massa fosse concentrata in G. Comunque sia il sistema, sussiste nel suo generico moto il cosiddetto teorema dell’e. cinetica (o delle forze vive): il lavoro di tutte le forze (interne ed esterne) agenti sul sistema uguaglia in ogni intervallo di tempo, infinitesimo o finito, la concomitante variazione di e. cinetica. Il teorema dell’e. cinetica esprime il fatto che un’eventuale variazione dell’e. cinetica deve essere sempre compensata dal lavoro delle forze agenti sul sistema. Queste sono, in generale, in parte attive e in parte vincolari: se i vincoli sono privi di attrito e indipendenti dal tempo, il lavoro delle forze vincolari è nullo per il principio dei lavori virtuali e il teorema dell’e. cinetica esprime che in tal caso si ha la trasformazione di tutto il lavoro delle forze attive in e. cinetica, o viceversa. Se, inoltre, le forze attive sono conservative, dal teorema dell’e. cinetica si ricava (integrale dell’e.) che la somma dell’e. cinetica e di quella potenziale è una quantità invariabile, la cosiddetta costante dell’e. (➔ dinamica).
E. potenziale meccanica che nasce in un solido elastico in concomitanza alle deformazioni in esso indotte da azioni deformanti. Viene restituita in forma di lavoro meccanico allorché il corpo ritorna, per il cessare di tali azioni, alla configurazione primitiva.
Si designa con questa espressione sia l’e. elettrostatica, sia, comunemente, l’e. di una corrente elettrica. La prima è l’e. potenziale associata a un campo elettrostatico, e può essere intesa sia come e. intrinseca del campo, misurata dal lavoro che è stato speso per creare il campo e che si rende disponibile quando il campo venga distrutto, sia come e. potenziale di cariche immerse nel campo stesso, pari al lavoro (in senso lato, e cioè lavoro motore o resistente) che le forze del campo compiono quando le cariche sono portate all’esterno del campo. L’e. intrinseca del campo è distribuita con una densità che vale (nel SI) ED/2, essendo E e D i moduli dell’intensità del campo elettrico e del vettore spostamento elettrico, rispettivamente.
L’e. di cariche in un campo elettrostatico si calcola, invece, a partire dal potenziale del campo nei punti occupati dalle cariche stesse; così, se le cariche sono puntiformi, l’e. in questione è la somma dei prodotti delle cariche per i potenziali (se si hanno cariche distribuite, alla somma va sostituito un opportuno integrale). In un condensatore sulle cui armature sono affacciate cariche elettriche l’e. elettrostatica vale (nel SI) CV2/2 con C capacità del condensatore e V differenza di potenziale fra le armature.
Quanto all’e. di una corrente elettrica, detta semplicemente e. elettrica quando non vi sia pericolo di equivoco con la precedente e. elettrostatica, essa è l’e. potenziale elettrostatica associata alla corrente, che si rende disponibile sotto varie forme nei vari fenomeni cui la corrente dà luogo (sotto forma di e. termica nell’effetto Joule, di e. meccanica nelle azioni elettrodinamiche, di e. luminosa nei fenomeni di elettroluminescenza, e così via). L’e. elettrica deriva da processi di trasformazione di altri tipi di e. (chimica, meccanica, luminosa, termica ecc.) che avvengono nell’interno dei generatori di corrente (pile chimiche, dinamo e alternatori, celle fotoelettriche ecc.). L’e. che in un certo intervallo di tempo Δt compete a un elemento di circuito o all’intero circuito si ottiene semplicemente moltiplicando per Δt la potenza (media se la corrente è variabile) che la corrente ha nell’elemento o nel circuito in questione.
L’e. associata a un campo elettromagnetico variabile, cioè convogliata da onde elettromagnetiche.
Nei fenomeni di emissione elettronica, l’e. necessaria per liberare elettroni.
E. potenziale di un corpo posto in un campo gravitazionale; anche e. di interazione mutua di due masse.
L’e. che un corpo (o un sistema) possiede per effetto delle posizioni relative e dei movimenti che competono alle molecole, agli atomi e alle particelle subatomiche che costituiscono il corpo (o il sistema stesso): si introduce, a norma del 1° principio della termodinamica, per dar conto della relazione tra quantità di calore e lavoro che il sistema scambia con l’esterno.
L’e. del campo delle forze (forze di legame o di scambio) che vincolano l’una all’altra le particelle di una sostanza (atomi, ioni, molecole), misurata dal lavoro che si deve compiere per spezzare il legame tra esse. A seconda della natura del legame, può trattarsi di e. elettrostatica (quale si ha, per es., nei legami ionici), nucleare ecc. ed è sempre valutabile attraverso l’anzidetto lavoro di distruzione del legame.
Denominazione, dovuta a H. Helmholtz, che indica in termodinamica la funzione, dipendente unicamente dallo stato del corpo, A=U−TS, differenza fra l’e. interna U e il prodotto della temperatura termodinamica T per l’entropia S. Tale funzione è detta anche primo potenziale termodinamico o potenziale termodinamico a volume costante o potenziale di Helmholtz. La funzione di stato G=H−TS, dove H è l’entalpia, è detta e. libera di Gibbs o anche entalpia libera, o potenziale termodinamico a pressione costante o potenziale di Gibbs (➔ termodinamica).
E. elettromagnetica associata alle radiazioni luminose.
Denominazione adoperata per indicare: a) l’e. potenziale intrinseca di un campo magnetico, misurata dal lavoro che si deve compiere per creare il campo e che viene reso all’atto della distruzione del campo stesso; la sua densità vale (nel SI) HB/2, essendo H e B i moduli del campo magnetico e dell’induzione magnetica. Se a generare il campo è un circuito percorso da corrente elettrica, tale e. prende anche il nome di e. magnetica della corrente; essa vale (nel SI) Li2/2, essendo L l’induttanza del circuito e i l’intensità della corrente. b) L’e. potenziale competente a un sistema in un campo magnetico; se B è il vettore induzione magnetica e m il momento magnetico del sistema, tale energia vale − m ∙ B e misura il lavoro che le forze del campo compiono quando il sistema in questione venga estratto dal campo.
Denominazione con cui genericamente si indica l’attitudine di un corpo, o di un sistema, a compiere un lavoro meccanico. Sono forme di e. meccanica, per es., l’e. cinetica, l’e. elastica, l’e. potenziale gravitazionale.
La denominazione è usata nei casi più vari quando si vuol porre l’accento sul fatto che un’e. è dovuta alla reciproca azione di due o più enti. Così è un’e. mutua l’e. gravitazionale dovuta alla interazione tra due masse; l’e. elettrostatica dovuta alla interazione tra cariche elettriche, e così via.
L’e. liberata in trasformazioni di nuclei atomici (fenomeni radioattivi e reazioni nucleari).
Osservazioni astronomiche, effettuate a partire dal 1998, e relative a supernove in galassie lontane e alla distribuzione spaziale della radiazione di fondo cosmica, indicano che il ritmo di espansione dell’Universo (➔ cosmologia) è attualmente crescente. Per spiegare tale ‘accelerazione’ è stato ipotizzato che l’Universo contenga una forma di e. (distribuita omogeneamente in tutto l’Universo), che contrasta l’attrazione gravitazionale fra i corpi celesti. Poiché non è, per la sua bassissima densità (stimata pari a circa 10−9 J/m3) misurabile direttamente, tale e. è chiamata e. oscura.
L’e. che compete a un corpo, o a un sistema, in virtù della sua posizione in un campo di forza conservativo, derivante cioè da un potenziale: quella per es., che compete a un corpo materiale in un campo gravitazionale o a una carica elettrica o a un dipolo elettrico in un campo elettrostatico. Per una forza derivante da un potenziale, il lavoro elementare è sempre un differenziale esatto (nelle tre variabili x, y, z), s’identifica cioè con il differenziale totale del potenziale U (x, y, z); poiché, inoltre, U è una funzione univoca del posto, il lavoro che compie la forza del campo in un intervallo finito di tempo non dipende dal cammino percorso ed è in ogni caso misurato dalla differenza U−U0 tra il valore finale e il valore iniziale del potenziale, annullandosi in particolare per un ciclo chiuso: la forza è conservativa. È appunto questa che si chiama e. potenziale del corpo: essa resta definita a meno di una costante additiva arbitraria che riesce però inessenziale quando, come generalmente accade, ciò che interessa sono le variazioni che l’e. subisce nel passaggio da una posizione a un’altra.
E. che compete a un oscillatore (o sistema di oscillatori) quantistico nel suo stato minimo. Per un tale sistema, essendo l’e. dei livelli consentiti espressa da En=(n+1/2) hν (dove n assume i valori 0, 1, 2, ...; h è la costante di Planck e ν è la frequenza propria dell’oscillatore), l’e. di punto zero è data da E0=hν/2.
E. emessa da certi corpi in opportune condizioni di eccitazione (per es., un corpo portato all’incandescenza emette e. raggiante luminosa) e che si trasmette attraverso lo spazio per mezzo di onde elettromagnetiche.
L’e. che si libera nella formazione di un cristallo a partire dai suoi costituenti fermi e posti tra loro a distanza infinita.
E. intrinsecamente competente a un corpo in quiete: sulla base della teoria della relatività, è data dal prodotto della massa a riposo del corpo per il quadrato della velocità della luce nel vuoto e rappresenta l’e. che dal corpo si ottiene se si annichila la sua massa.
In relazione a un determinato fenomeno, il valore dell’e. che un corpo, una radiazione ecc. devono avere perché il fenomeno si verifichi.
L’e. convogliata da onde sonore (➔ suono).
E. potenziale assunta da una superficie materiale quando le si imponga una forma e una estensione diversa da quelle corrispondenti al valore minimo termodinamico. Diventa significativa nei sistemi dispersi (polveri, emulsioni, sospensioni, aerosol). E. termica Lo stesso che calore; la locuzione si usa particolarmente allorché sono in gioco trasformazioni di calore in altre forme di e. o viceversa.
Alla luce dell’equivalenza relativistica tra massa ed e., l’e. totale di un corpo è espressa da
,
dove c = 3·108 m/s è la velocità della luce nel vuoto, m0 è la massa del corpo in quiete,
la sua massa alla velocità v e p=mv la sua quantità di moto; cioè accanto all’e. cinetica T=(m−m0)c2 (che per v ≪ c si riduce a m0v2/2) si deve considerare anche l’e. m0c2 equivalente alla massa a riposo.
Per fonte di e. si deve intendere un qualsiasi fenomeno capace di dar luogo a una ‘liberazione’ di e. impiegabile in effetti utili per mezzo di appropriate apparecchiature. Comunemente, però, l’espressione è usata per indicare, in luogo del fenomeno, la materia più importante che in esso interviene e che economicamente caratterizza il processo produttivo. Così, per es., si indicano come fonti di e. il carbon fossile invece della reazione chimica tra carbone e ossigeno, i materiali fissili anziché il fenomeno della fissione dei loro atomi. In questa accezione, si chiamano inoltre fonti primarie di e. quelle che si trovano in natura (per es., il petrolio) e fonti secondarie di e. quelle che si ottengono da operazioni tecnologiche su sostanze costituenti fonti primarie (per es., la benzina ottenuta dalla distillazione del petrolio).
Le fonti primarie di e. possono essere classificate sulla base della loro origine: dall’e. irradiata dal Sole deriva l’e. dei combustibili fossili (attraverso la sintesi clorofilliana e le successive trasformazioni biochimiche), delle acque fluenti (attraverso i fenomeni di evaporazione per riscaldamento e successiva precipitazione di masse d’acqua), dei venti (attraverso la creazione di sovrappressioni e depressioni per riscaldamento di masse d’aria); dall’e. del campo gravitazionale Sole-Luna-Terra deriva l’e. delle maree; dal processo di formazione del sistema solare deriva il calore endogeno. Tra le numerose fonti di e., allo stato attuale solo alcune hanno un’importanza commerciale rilevante. Esse sono i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale), l’e. idraulica, l’e. nucleare, l’e. geotermica e, in misura minore, l’e. solare, eolica e delle maree.
Tra tali fonti è di grande importanza, oltre alla classificazione che le distingue in e. rinnovabili (e. idraulica, eolica, solare, delle maree, geotermica) e in e. non rinnovabili (e. da combustibili, nucleare), anche il loro grado di impatto con l’ambiente.
Fino al Settecento, l’uomo trasse l’e. necessaria alle sue opere dalla forza muscolare propria e degli animali domestici (bovini, equini), cui ben presto affiancò l’e. ricavata dalle acque fluenti, sfruttate tramite la ruota idraulica, e dal vento. Nel 18° sec., in Inghilterra, un’improvvisa scarsità di legna da ardere portò all’uso del carbone fossile, di cui il sottosuolo abbondava. Fu l’inizio della rivoluzione industriale giacché, avendo il carbone potere calorifico maggiore del legno, fu possibile migliorare e intensificare la produzione di ferro. La macchina a vapore, inventata dagli ingegneri T. Savery e T. Newcomen, perfezionata in seguito da J. Watt nel 1769, fu determinante per l’affermarsi e il propagarsi della rivoluzione industriale, che dall’Inghilterra si diffuse prima nell’Europa occidentale, poi negli Stati Uniti, là dove esistevano il combustibile e l’apparato finanziario necessario alla sua utilizzazione. Il 19° sec. fu quindi dominato dall’uso del carbone, che determinò la divisione del globo in due parti ben distinte: dall’una i paesi industrializzati, acquirenti e trasformatori di materie prime, dall’altra i paesi fornitori di materie prime e consumatori di manufatti industriali. Nella seconda metà del secolo l’e. idroelettrica consentì una forte espansione dell’area industriale europea.
Il progressivo esaurimento dei giacimenti di carbone europei, unitamente al crescente costo del lavoro, ha fatto sì che il fossile, pur rimanendo fondamentale materia prima nell’industria siderurgica, sia stato sostituito, negli altri usi, dagli idrocarburi (petrolio, gas naturale), soprattutto nel settore dei trasporti (motori a scoppio e diesel). A eccezione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, i paesi industrializzati difettano però di idrocarburi, presenti, invece, nei paesi arabi (Golfo Persico e Africa settentrionale) che, complessivamente, forniscono il 25% del petrolio mondiale e più di tre quarti del greggio commercializzato. In tal modo si è generata una situazione di dipendenza economica dei paesi industrializzati (Europa e Giappone, in particolare) rispetto ai produttori di idrocarburi.
Considerato che, ai ritmi attuali di estrazione, le riserve di idrocarburi potrebbero esaurirsi entro qualche decennio e che è ormai generalizzata la richiesta di e. non inquinante, si è posto con sempre maggiore urgenza il duplice problema del risparmio energetico e del reperimento di fonti di e. alternative. Fra queste, la più adottata è l’ e. nucleare, nonostante il problema relativo al trattamento e allo smaltimento delle scorie radioattive abbia generato nell’opinione pubblica vivaci movimenti di opposizione, ispirati a considerazioni ecologiche. Energie ‘pulite’ vengono considerate l’e. geotermica, l’e. solare, l’e. maremotrice e l’e. eolica, che tuttavia presentano forti condizionamenti geomorfologici.
L’ e. geotermica utilizza il calore proveniente dall’interno della Terra: infatti al di sotto della crosta terrestre, alla profondità di alcuni kilometri, esistono sacche di magma che, riscaldando le acque freatiche, generano depositi di vapore, raggiungibili con apposite trivellazioni. Tipico esempio di sfruttamento geotermico sono i soffioni boraciferi di Larderello (Pisa), i cui impianti, oltre a produrre boro, forniscono e. sotto forma elettrica, mediante una centrale di potenza installata di oltre 400 MW. Esistono installazioni geotermiche in Islanda, nella Nuova Zelanda, in California, a Giava, in Giappone e nella maggior parte delle isole Hawaii.
L’ e. solare può essere utilizzata mediante tre diverse tecniche di conversione. La prima (sistema di conversione solare termico) adotta pannelli che sfruttano i raggi solari per scaldare un liquido con speciali caratteristiche, il quale, a sua volta, cede calore all’acqua contenuta in un serbatoio di accumulo. Nella seconda (sistema di conversione solare termodinamico), i pannelli impiegati, denominati pannelli solari a concentrazione, utilizzano invece alcuni specchi parabolici per concentrare i raggi solari su un tubo in cui scorre un fluido termovettore, dal quale si ricava poi e. elettrica. La terza tecnica (sistema di conversione solare fotovoltaico) si realizza mediante i pannelli fotovoltaici, in grado di convertire, sfruttando l’effetto fotoelettrico, l’e. solare direttamente in elettricità. Naturalmente, non tutti i siti sono idonei alla costruzione di impianti solari, che richiedono intensa e prolungata insolazione; le regioni più favorite sarebbero quindi le tropicali e, nelle zone temperate, le aree montuose. Occorre anche tenere conto che gli impianti solari hanno inevitabilmente dei periodi di non produttività, oltre al fatto che richiedono estensioni molto grandi per i dispositivi di captazione.
L’ e. maremotrice (utilizzazione delle maree come forza energetica) è possibile quando l’ampiezza delle maree (dislivello tra l’alta e la bassa marea) è molto pronunciata: in Francia è in funzione la centrale della Rance, corso d’acqua che sfocia nel Golfo di Saint-Malo, dove l’ampiezza di marea supera i 6 m.
Relativamente allo sfruttamento dell’ e. eolica, si deve tener presente che per produrre elettricità da un aeromotore non è sufficiente che ci sia vento: occorre che questo sia forte e costante o periodico; altrimenti, come per la solare, sorge il problema dell’accumulo dell’e., problema che la renderebbe troppo costosa. Gli ecologi, in considerazione anche delle attrattive turistiche delle zone in cui dovrebbero sorgere gli impianti per lo sfruttamento dell’e. eolica, parlano però di ‘inquinamento visivo’, visto l’elevato numero di aeromotori necessario per ottenere discrete quantità di energia.
Non trascurabile è l’utilizzazione del biogas, cioè del gas ottenuto dalla fermentazione dei residui organici di provenienza zootecnica. Con tale gas, costituito in definitiva da metano, si possono far funzionare piccoli generatori per soddisfare, per es., le esigenze energetiche di una fattoria o di un piccolo centro agricolo. Su scala più ampia, si ottiene e. dall’opportuna trattazione dei rifiuti urbani delle grandi città.
Altre possibili risposte alla crisi energetica globale sono date dai biocombustibili, prodotti dalla lavorazione del mais o di altre piante o di alghe, o dall’ idrogeno, un elemento praticamente inesauribile e che, utilizzato nelle celle a combustibile, produce energia dando come prodotto della combustione solo acqua. Oggi l’idrogeno è considerato uno dei combustibili più promettenti, ma ancora non sono stati risolti completamente i problemi legati al trasporto e soprattutto all’estrazione, che a sua volta richiede molta energia.
Il sistema energetico è ancora essenzialmente basato sulle fonti primarie di origine fossile, cioè costituite da riserve di combustibili naturali che vengono bruciate per soddisfare oltre l’80% dell’attuale fabbisogno energetico globale e sono costituite essenzialmente da petrolio, carbone e gas naturale (metano), un altro 6% circa del fabbisogno energetico globale è coperto da materiale fissile (essenzialmente uranio 235, ricavato dall’uranio naturale) utilizzato in centrali nucleari, per cui circa il 90% del fabbisogno energetico globale è coperto da fonti primarie esauribili; il poco più del 10% del fabbisogno energetico globale coperto da fonti di e. rinnovabili si suddivide fra idroelettrico (6% circa), biomasse, solare, geotermico ed eolico (5% circa). L’evoluzione in atto nell’impiego delle fonti energetiche primarie può essere così sintetizzata: a) la produzione idroelettrica, pur continuando ad aumentare in valore assoluto, fornisce un contributo percentuale via via minore; i nuovi apporti saranno complessivamente molto modesti nei paesi industrializzati, dove la maggior parte delle risorse viene già utilizzata; b) nei paesi industrializzati continua a diminuire l’uso dell’olio combustibile, per ragioni economiche e di sicurezza di approvvigionamento, mentre aumenta l’uso di questo combustibile nei paesi in via di sviluppo, a causa dei minori investimenti necessari; c) i combustibili solidi continuano a essere impiegati, in particolare nei paesi produttori, per motivi economici e di diver;sificazione delle fonti; d) il ruolo del gas naturale quale fonte di e. continua ad aumentare in maniera consistente, in conseguenza dell’incremento delle riserve accertate, dell’impiego del ciclo combinato (turbina a gas e, in cascata, un generatore di vapore con annessa turbina), dell’estensione delle reti di metanodotti e dei trasporti via mare (in forma di gas naturale liquefatto), delle caratteristiche chimiche meno inquinanti; e) un rinnovato interesse verso l’opzione nucleare è determinato da motivi ambientali, per l’assenza di emissioni inquinanti e di anidride carbonica nel processo di generazione di energia elettrica, ed economici, per la continua crescita dei prezzi degli idrocarburi; f) le e. rinnovabili (a parte quella idroelettrica) stanno dando un apporto crescente, anche se ancora lontano dall’essere determinante, al bilancio energetico complessivo e la loro incidenza avrà un peso sempre maggiore (v. fig. 1).
Fin dagli inizi del Novecento la dottrina giuridica ha qualificato l’e. come una ‘cosa’, suscettibile, pertanto, di godimento esclusivo e diritto reale. Tale soluzione è stata sancita dapprima nel 1931, dall’art. 624, co. 2, del codice penale, poi, nel 1942, dall’art. 814 del codice civile. La Costituzione, all’art. 43, riconosce all’e. una funzione sociale, prevedendo che la legge possa, a fini di utilità generale, «riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, a enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di e. o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale». A seguito della l. cost. 3/2001, la Costituzione disciplina l’e. anche all’art. 117, co. 3, assegnando la materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’e.» alla legislazione concorrente dello Stato, al quale spetta la determinazione dei principi fondamentali, e delle regioni, alle quali spetta la disciplina legislativa applicativa e regolamentare.
Nella regolazione del settore elettrico possono essere individuate tre fasi storiche. La prima coincide con la prima metà del Novecento, in cui la disciplina pubblicistica in materia di e. era limitata ad aspetti specifici (produzione, servitù di elettrodotto, prezzi e tariffe, bilanci delle imprese elettriche). La seconda fase inizia con la l. 1643/1962, che, sulla base dell’art. 43 Cost. e dell’esempio francese (1945-6) e inglese (1948), sancisce la nazionalizzazione del settore e la nascita dell’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica. La terza fase, caratterizzata dalla liberalizzazione del settore, inizia negli anni 1990 e trova compiuta realizzazione negli anni successivi a opera del diritto comunitario.
Per quanto concerne in particolare la terza fase, con la l. 9/1991 è stata liberalizzata la produzione di e. elettrica da fonti rinnovabili. Nell’anno successivo, il d. legisl. 333/1992, convertito dalla l. 359/1992, ha disposto la privatizzazione formale dell’Enel, ovvero il mutamento della forma giuridica da ente pubblico a società per azioni con capitale azionario conferito completamente allo Stato e la trasformazione in concessione del preesistente regime di riserva. Con la l. 481/1995, è stata istituita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con compiti di regolazione nel settore, che è stato effettivamente aperto alla concorrenza solo in seguito, per impulso della direttiva 92/CE del 19 dicembre 1996, attuata nell’ordinamento italiano dal d. legisl. 76/1999. In seguito sono mutati sia il quadro normativo comunitario, sia quello interno. Il primo è cambiato per via della direttiva 54/CE del 26 giugno 2003, che ha abrogato la precedente direttiva del 1996, del regolamento 1228/2003, relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica, e della decisione della Commissione 796/CE dell’11 novembre 2003, che ha istituito il gruppo dei regolatori europei per il gas e l’elettricità, composto dai rappresentanti delle autorità nazionali e da un rappresentante della Commissione.
Nell’assetto nazionale, dopo la riforma del 1999, nell’autunno dello stesso anno è stato dato inizio alla privatizzazione sostanziale dell’Enel con il collocamento sul mercato di un primo pacchetto azionario della società, mentre la disciplina del settore è stata oggetto di modifiche negli anni 2002-2004, mediante diversi decreti legge, tra i quali il più rilevante è il 239/2003, convertito dalla l. 290/2003, che ha modificato il d. legisl. del 1999. In ultimo, è stata approvata la l. 239/2004 di riordino del settore energetico, che però non ha sostituito la disciplina previgente ma solo singole disposizioni di essa, demandando a successivi decreti legislativi – che non sono stati emanati nel termine previsto dalla delega – il riassetto complessivo della normativa di settore. Alla direttiva 54/CE del 26 giugno 2003 non è stata data ancora piena attuazione.
Originariamente, il Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, sottoscritto a Roma il 25 marzo 1957, non prevedeva norme specifiche riguardanti il settore energetico. Solo con la modifica ad esso apportata dal Trattato sull’Unione Europea (UE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, l’art. 3 del Trattato, alla lettera u), annoverava fra le competenze rimesse alla Comunità l’adozione di “misure in materia di energia”. A seguito del Trattato di Lisbona del 2007 (in vigore dal 2009), che ha sancito la sostituzione dell’UE alla CE, la disposizione che include il settore dell’e. tra le competenze concorrenti dell’UE e dei suoi Stati membri è posta nell’art. 4, lett. i) del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (ex Trattato CE).
Le basi per un’azione comune dei paesi della Comunità nel settore energetico risalgono ai Trattati costitutivi della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) del 1951 e della Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA) del 1957. La politica unitaria ricevette impulso nel 1973, in seguito alla prima crisi petrolifera. Si fondò sulla definizione di obiettivi europei a medio termine e sul ricorso a strumenti comunitari, volti a completare o armonizzare l’azione e le misure legislative degli Stati membri.
Il contesto politico in cui la Commissione europea ha operato fino al 1988 basava l’azione della CEE, anche in campo energetico, sulla regola delle decisioni all’unanimità. Un passo avanti fu la decisione della Comunità, approvata nel 1990, di realizzare il mercato interno nel settore energetico, consentendo, secondo i casi, di fare ricorso a decisioni a maggioranza qualificata. Nel gennaio 1991, nel corso della conferenza intergovernativa sull’unione politica, la Commissione presentò la proposta di inserire nel Trattato uno specifico capitolo dedicato all’e., stabilendo come obiettivi della politica energetica la sicurezza di approvvigionamento, la stabilità dei mercati, la realizzazione del mercato interno, l’adozione di misure in periodi di crisi, l’utilizzazione razionale dell’e., la promozione delle fonti nuove e rinnovabili, la compatibilità delle azioni intraprese nel settore energetico con la protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini (Ambiente. Diritto dell’Unione Europea). Le procedure decisionali richiedono la maggioranza qualificata, unitamente alla cooperazione, non alla sola consultazione, con il Parlamento europeo.*
A parte interventi normativi di carattere settoriale, la competenza in materia di e. è stata esercitata dalle istituzioni dell’UE con la direttiva 92/CE del 19 dicembre 1996, che ha dettato una disciplina complessiva del settore e la sua graduale liberalizzazione, “nella prospettiva di conseguire un mercato dell’e. elettrica concorrenziale” (art. 1, par. 1), che mantenga agli Stati la facoltà di “imporre alle imprese obblighi di servizio pubblico” (art. 1, par. 2). La direttiva è caratterizzata dall’ampia flessibilità applicativa lasciata agli Stati in tutte le fasi dell’attività elettrica. Riguardo alla produzione, considerata libera, si prevede che per la costruzione di nuovi impianti di generazione gli Stati membri possano “scegliere tra un sistema di autorizzazioni e/o una procedura di gara d’appalto” (art. 4).
In merito alla disciplina delle reti di trasporto e distribuzione (art. 7-12) si dispone che queste siano affidate a soggetti che garantiscano la sicurezza e l’affidabilità degli approvvigionamenti, stabilendo che le imprese elettriche integrate verticalmente (ovvero, le imprese che svolgono due o più fra le attività di generazione, trasmissione e distribuzione di energia) o orizzontalmente (ovvero, le imprese che svolgono una fra le attività di generazione, trasmissione e distribuzione di energia e un’altra attività che non rientra nel settore elettrico) tengano, nella propria contabilità interna, conti separati per le attività di generazione, trasmissione e distribuzione e conti consolidati per le eventuali altre attività non elettriche (art. 14).
Riguardo all’accesso alla rete, la direttiva lascia agli Stati la possibilità di optare tra un sistema basato sulla libera negoziazione fra gli operatori (accesso negoziato, art. 17), o regolato da tariffe pubblicate prima della loro applicazione (accesso regolamentato, art. 17) e/o un sistema fondato sulla figura dell’acquirente unico, soggetto chiamato a curare in modo imparziale gli scambi tra gestori delle reti e clienti (art. 18).
La direttiva 92/CE è stata poi sostituita dalla direttiva 54/CE del 26 giugno 2003, che ha ripreso l’impianto precedente apportandovi alcune significative modifiche, volte a migliorare il funzionamento del mercato e a garantire parità di condizioni a livello di generazione, accesso non discriminatorio alla rete di trasmissione e tutela dei diritti dei clienti più piccoli e vulnerabili. Essa ha introdotto, tra l’altro: a) l’ampliamento degli obiettivi del servizio pubblico e la garanzia del servizio universale, ovvero il diritto per tutti i clienti civili e le piccole imprese “alla fornitura di e. elettrica di una qualità specifica a prezzi ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili e trasparenti” (art. 3); b) l’opzione, in materia di produzione, a favore della procedura di autorizzazione per la costruzione di nuovi impianti (art. 6); c) la scelta per la separazione giuridica tra le attività di trasmissione o distribuzione e le altre attività elettriche (artt. 10 e 15) e per un sistema regolamentato di accesso alla rete “basato su tariffe pubblicate, praticabili a tutti i clienti idonei ed applicato obiettivamente e senza discriminazioni tra gli utenti del sistema” (art. 20, par. 1); d) la qualificazione, dal 1° luglio 2007, di tutti i clienti come idonei a concludere contratti di fornitura di e. elettrica; e) l’identificazione di un nucleo minimo di competenze da attribuire alle autorità nazionali di regolamentazione (art. 23).*
Nel 2008 gli Stati membri dell’Unione Europea hanno adottato un pacchetto globale di misure per ridurre il contributo dell’UE al riscaldamento del pianeta e per garantire la sicurezza e la sostenibilità degli approvvigionamenti energetici. La riforma energetica mira a fare dell’Europa il leader mondiale nel campo delle e. rinnovabili e delle tecnologie a bassa emissione di anidride carbonica.
Sulla base delle indicazioni provenienti dall’ordinamento comunitario, la disciplina nazionale del settore elettrico ha previsto la separazione delle diverse fasi dell’attività, che in precedenza erano integrate all’interno del monopolio pubblico: produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita. Tali attività sono state rese libere, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico (d. legisl. 79/1999, art. 1, co. 1, e l. 239/2004, art. 1, co. 2, lett. a). In realtà, in riferimento alla produzione o all’importazione, per evitare che l’accesso al mercato sia di fatto precluso ai nuovi operatori dalla posizione dominante dell’ex monopolista Enel, l’art. 8, co. 1, del d. legisl. 79/1999 vieta a ciascun soggetto di produrre o importare «più del 50% del totale dell’e. elettrica importata o prodotta in Italia».
Fino al 1° luglio 2007, le attività di acquisto e vendita di e., invece, sono state assoggettate a un duplice regime: il mercato era libero se gli utenti finali erano i grandi consumatori di e. (cosiddetti clienti idonei), vincolato per i piccoli consumatori che potevano approvvigionarsi solamente dal distributore locale. A seguito del recepimento, per questa parte, della direttiva 54/CE, la l. 239/2004 ha disposto che dal 1° luglio 2007 ogni cliente finale fosse considerato cliente idoneo, con la conseguenza che dalla stessa data la vendita di e. è stata completamente liberalizzata. La vendita di energia nel mercato libero può seguire due modalità alternative: la contrattazione bilaterale tra cliente idoneo e fornitore (d. legisl. 79/1999, art. 6) e il sistema della cosiddetta Borsa elettrica (d. legisl. 79/1999, art. 5, e decreto del ministero delle Attività produttive del 19 dicembre 2003), la cui organizzazione è affidata a una società per azioni, denominata Gestore del mercato elettrico, costituita dal Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN), una società per azioni interamente partecipata dal ministero dell’Economia e delle Finanze.
Le attività di trasmissione, dispacciamento e distribuzione che presentano carattere di monopolio naturale per la presenza della rete, sono assoggettate a riserva e affidate dal ministero delle Attività produttive in concessione, le prime due al GRTN, e la terza, fino al 2030, ai soggetti che hanno ottenuto la concessione entro il 2001, e, successivamente, sulla base di gare (d. legisl. 79/1999, art. 1, co. 1, 3 e 9 e l. 239/2004, art. 1, co. 2, lett. b e c).
La domanda mondiale di energia elettrica è cresciuta annualmente, nell’ultimo decennio del Novecento, di circa il 3%, a fronte di un aumento medio annuo della popolazione dell’1,7% e di poco più dell’1% per quanto riguarda la domanda totale di energia. Il soddisfacimento della domanda permane caratteristico dei paesi industrializzati, mentre in gran parte del mondo è ancora disponibile in quantità insufficiente, come nel caso di vaste zone rurali. In sintesi, i fattori distintivi dello sviluppo dell’industria dell’e. elettrica vedono da una parte una richiesta sostenuta di e. elettrica nei paesi in via di sviluppo, mentre nei paesi più industrializzati si registra un aumento (pur contenuto) dei consumi di e. elettrica, in conseguenza del peso decrescente dei bisogni primari a vantaggio di quelli più evoluti, che richiedono quantità unitarie inferiori, ma di qualità più elevata. Si riscontra altresì un’incertezza in merito all’evoluzione della richiesta di e. elettrica derivante essenzialmente dagli interrogativi sullo sviluppo economico, sui prezzi delle varie fonti e sui vincoli di natura ambientale.
A partire dagli anni 1990, si è assistito alla riduzione della crescita di industrie ad alta concentrazione energetica e al contemporaneo aumento di quelle ad alto valore aggiunto, ma che non richiedono grandi consumi di e. (computer ed elettronica). In senso opposto hanno agito altri fattori come, per es., l’andamento registrato nei paesi in via di sviluppo di alcuni fenomeni demografici, quali l’urbanizzazione e la migrazione verso i paesi industrializzati: il loro aumento ha determinato un declino delle attività legate all’industria e un parallelo aumento di quelle relative al terziario, con conseguente crescita della domanda di elettricità e combustibili; ne è anche derivato un aumento del ricorso al trasporto motorizzato e, quindi, del consumo di carburanti; si è verificata, inoltre, la sostituzione nel riscaldamento per uso domestico di combustibili tradizionali (carbone e derivati del petrolio) con il gas naturale in impianti più efficienti.
Anche in Europa e in America Settentrionale si sono verificati importanti mutamenti che hanno condizionato le rispettive politiche energetiche, soprattutto a partire dal 1986, all’indomani della caduta dei prezzi dell’energia. In Europa si decise di imporre un aumento delle tasse sull’e., contrariamente a quanto accadde negli Stati Uniti: di conseguenza, i prezzi più alti dell’e. in Europa hanno stimolato l’attuazione di una politica di conservazione dell’energia. L’Europa ha anche avviato un processo di liberalizzazione dei mercati dell’e., che ha ridisegnato lo scenario dell’industria elettrica nei settori della distribuzione, del commercio e soprattutto della produzione. Storicamente il mercato europeo della produzione è stato sempre dominato da monopoli integrati verticalmente, statali o sottoposti al controllo dello Stato. La liberalizzazione del mercato europeo ha, invece, favorito l’ingresso di produttori e distributori di e. indipendenti, secondo modalità differenti nei singoli paesi. Gli obiettivi sono quelli di una riduzione dei costi dell’e. prodotta e di un miglioramento del servizio e della qualità. Tuttavia, non sempre questi risultati sono stati raggiunti e sono sorti viceversa dei problemi: l’aumento di costi e il rischio di insufficienza di e. prodotta.
Come importante catalizzatore dei cambiamenti che stanno interessando il settore energetico si è imposto l’abbassamento del livello di allarme per l’esaurimento delle scorte di combustibili. Il ridimensionamento di questi timori è derivato dalla scoperta di nuovi giacimenti di greggio e dalla conferma di consistenti riserve di carbone e gas naturale; in tal senso ha anche agito la maggiore attenzione che si è rivolta alle tecnologie mirate ad aumentare l’efficienza energetica nei settori industriali. La minaccia di un esaurimento delle scorte è stata però sostituita dalle preoccupazioni connesse all’elevata volatilità dimostrata dalle quotazioni del greggio e alla crescente instabilità politica di alcune regioni importanti per l’approvvigionamento di petrolio e gas naturale (Medio Oriente e regione transcaucasica).
Ulteriori preoccupazioni e stimoli al cambiamento derivano dal consolidarsi della ‘questione ambientale’, riguardante innanzitutto la combustione e quindi la produzione di tipo termoelettrico. Oltre alla depurazione delle emissioni gassose, è emerso il problema dell’effetto serra, con l’aumento della temperatura media della Terra a lungo termine. Contestualmente all’esigenza di una più profonda comprensione dei fenomeni in gioco, le azioni strategiche certamente efficaci riguardano il maggiore impiego di e. rinnovabili, il risparmio energetico e il ricorso a centrali nucleari ‘sicure’, che, come già detto, incontrano ancora una grande diffidenza nell’opinione pubblica (v. figg. 2 e 3).
Tra tutte le fonti di e., il petrolio è quella che, per eccellenza, ha un mercato mondiale. Tradizionalmente le aree con un deficit da soddisfare sono rappresentate dall’Europa occidentale, dall’Asia e dall’America Settentrionale. I flussi di esportazione provengono da Africa, Medio Oriente, America Latina e dai paesi ex sovietici. Contrariamente alla dinamicità del mercato petrolifero, i mercati del gas naturale sono stati penalizzati soprattutto dai suoi maggiori costi di trasporto. Tuttavia il commercio totale di gas è in continuo rapido aumento. Importatori di grosse dimensioni sono l’Europa occidentale e orientale, ma anche l’Asia, mentre la maggiore area di esportazione netta è l’Africa. Meno sviluppati rispetto a quelli degli altri combustibili sono gli scambi relativi al settore dell’elettricità, a causa delle grosse perdite che si verificano nella trasmissione su lunghe distanze.
Relativamente al patrimonio petrolifero mondiale rivestono un’importanza fondamentale gli Stati membri dell’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries) e, in particolare, quelli del Medio Oriente. Essi possiedono i tre quarti delle riserve mondiali; la media del rapporto riserva/produzione per i paesi OPEC equivale a quasi 80 anni, vale a dire quasi il doppio della media mondiale, ma ancora più elevato è il rapporto del Kuwait e degli Emirati Arabi Uniti, pari a 100 anni. La media di questo rapporto per i paesi non OPEC, è, invece, di 16 anni. Tra i combustibili fossili, il carbone rappresenta la riserva più importante, sia sotto il profilo quantitativo, sia dal punto di vista della distribuzione geografica.
In Italia il settore dell’e. sta sperimentando importanti cambiamenti, a seguito del recepimento delle direttive comunitarie per l’apertura dei mercati dell’e. elettrica e del gas, che hanno determinato le iniziative di liberalizzazione e di privatizzazione in tali settori. Di tutta l’e. annualmente utilizzata, una notevole frazione è trasformata in elettricità per un ammontare complessivo al consumo finale, nel 2005, di circa 310 TWh/anno (1 TWh [terawattora] =1 miliardo di kWh). Sul totale, il 45% è prodotto da gas naturale, il 10% da olio combustibile, il 16% da combustibili solidi, il 14,5% da e. rinnovabili; un altro 14% è importato su cavo. I consumi elettrici crescono piuttosto regolarmente al ritmo di circa 5 TWh/anno. La struttura del quadro energetico nazionale conferma, comunque, i due aspetti peculiari che hanno tradizionalmente caratterizzato l’Italia e l’hanno differenziata dagli altri paesi europei: la forte dipendenza dal petrolio per la copertura del fabbisogno nazionale e l’elevato grado di dipendenza del sistema energetico nel suo insieme dalle importazioni.
Il contratto di rendimento energeticodi Pierluigi Piselli, Silvano Mazzantini, Annalisa Stirpe
Dopo Copenhagen: quali regole sul clima e sull'energia?di Marco D'Alberti