Parte dell’astronomia teorica che si occupa di questioni riguardanti la struttura e l’evoluzione del cosmo, tentando, in particolare, di risalirne alle origini. Nell’evoluzione storica della disciplina (fig. 1) si puo distinguere una cosmologia c. generale, che considera l’evoluzione e le origini dell’Universo, e una cosmologia c. planetaria, che riguarda la formazione dei pianeti, in particolare del sistema solare.
1. Cenni storici
Nell’astronomia greca, romana e medievale lo studio dei moti planetari ebbe una posizione privilegiata rispetto a quello dei moti stellari, ritenuti piu semplici e quindi meno interessanti. Dalla convinzione che gli astri ruotassero intorno alla Terra perche trasportati dal movimento di sfere alle quali erano rigidamente connessi, derivava infatti che una sola sfera era richiesta per descrivere il moto apparente delle stelle, mentre da cinque a otto sfere per pianeta erano necessarie per approssimarne il moto apparente sullo sfondo delle stelle fisse.
Intorno al 1600, con l’introduzione degli orologi meccanici in sostituzione di quelli ad acqua, gli astronomi poterono migliorare nettamente la precisione delle osservazioni. Mentre la planetologia tolemaica era fondata su misure con errori dell’ordine di 10-20 minuti d’angolo, J. Keplero, utilizzando i dati di T. Brahe, fu in grado di ricostruire l’orbita di Marte con un’accuratezza vicina al minuto d’angolo, e ne riscontro la forma ellittica. Cio porto a escludere una decomposizione dei moti planetari in movimenti di sfere, in quanto sarebbero occorse alcune centinaia di sfere per ottenere con buona precisione tale ellisse. Ci si convinse cosi che i pianeti fluttuano liberamente nello spazio vuoto. Questa nuova idea, che avrebbe portato R. Hooke e I. Newton a scoprire la forza di gravita, rimise in discussione la teoria della sfera delle stelle e si ipotizzo che anche queste fluttuassero liberamente nel vuoto. Da cio nasceva l’interrogativo perche allora non cadessero una sull’altra a causa della reciproca attrazione gravitazionale.
Questo problema, in seguito noto come paradosso gravitazionale, potrebbe essere considerato il punto di partenza della c. generale moderna: esso riguarda infatti la questione se la materia distribuita nel cosmo (fuori dal sistema solare) puo restare in equilibrio o deve essere soggetta a movimenti causati dalla reciproca azione gravitazionale. Il paradosso fu portato da R. Bentley all’attenzione di Newton, che lo risolse, erroneamente, ritenendo che in un Universo infinitamente esteso e uniformemente popolato di stelle la forza gravitazionale fosse ovunque nulla, per ragioni di simmetria. L’errore nel ragionamento di Newton stava nello scegliere il riferimento nel quale calcolare la forza, come coincidente con la stella: in tale riferimento la stella rimaneva ovviamente in quiete e le forze erano nulle. Ma se il movimento e studiato rispetto a un osservatore lontano, allora si trova che la materia contenuta in una sfera con centro nell’osservatore e raggio pari alla sua distanza dall’astro esercita un’azione gravitazionale tendente a far cadere la stella verso l’osservatore.
Al mancato riconoscimento di questo paradosso, ne segui un secondo, il cosiddetto paradosso del cielo notturno (scoperto da E. Halley, e in seguito denominato paradosso di Olbers, dal nome dell’astronomo che lo ridiscusse nel 19° sec.): se le stelle sono infinite, la luce complessiva da esse prodotta dovrebbe essere in grado di rischiarare la notte, e la Terra stessa dovrebbe vaporizzare per l’energia ricevuta.
2. Gli sviluppi del 20° secolo
Sebbene la meccanica newtoniana e la legge di gravitazione universale possano essere combinate per fornire modelli di Universo, di fatto una c. newtoniana e stata sviluppata solo dopo che la teoria della relativita generale e le osservazioni astronomiche di E.P. Hubble hanno portato alla soluzione dei due paradossi. Hubble interpreto la grande mole di osservazioni spettroscopiche sulle galassie, eseguite fra il 1910 e il 1920, dove in genere si osserva uno spostamento delle frequenze di assorbimento verso valori piu bassi di quelli misurati in laboratorio, come causato dall’allontanamento delle sorgenti luminose rispetto all’osservatore (effetto Doppler). Concluse che l’Universo appare in espansione e che la velocita di recessione delle galassie è proporzionale alla loro distanza r secondo una legge v = rH, che prende il nome di legge di Hubble: la costante H (costante di Hubble) e uno dei parametri caratteristici del nostro Universo e il suo valore e compreso fra H = 50 km/s/Mpc (A. Sandage e G. Tamman, fautori della ‘scala lunga’) e H= 100 km/s/Mpc (de Vaucouleur, fautore della ‘scala corta’).
L’espansione dell’Universo era stata predetta dal fisico teorico russo A.A. Friedmann, che era riuscito a risolvere le equazioni di A. Einstein del campo gravitazionale nell’ipotesi di un Universo isotropo. Si stabiliva cosi il primo legame concreto tra teoria e osservazione. Ci si rese conto, pero, che la relativita generale e le osservazioni di Hubble non erano ancora in grado di fornire un modello univoco di Universo. Si puo infatti avere una continua espansione accompagnata da creazione di materia con un tasso tale da mantenere costante la densita media dell’Universo (teoria dello stato stazionario, sostenuta da T. Gold, H. Bondi, F. Hoyle) o si puo avere un’espansione continua con una conseguente indefinita diminuzione di densita della materia (teoria del big-bang, sostenuta da G. Gamow). Nella teoria dello stato stazionario, andando indietro nel tempo la densita di materia si mantiene invariata: l’Universo puo anche avere un’origine temporale, ma in ogni istante conserva lo stesso aspetto. Nella teoria del big-bang, invece, andando indietro nel tempo la densita della materia cresce sino a un istante in cui la densita tende all’infinito (singolarita iniziale). Verso il 1950 si riteneva che solo motivi filosofici o estetici potessero consentire di discriminare fra le due teorie. Invece, la teoria del big-bang divenne prevalente grazie a osservazioni effettuate nei 15 anni successivi: innanzitutto le misure relative al rapporto fra massa di elio e di idrogeno nell’Universo, e la scoperta (A.A. Penzias e R.W. Wilson, 1965) che l’Universo e pervaso da un campo di radiazione ‘di fondo’ simile a quello prodotto da un corpo nero con temperatura di circa 2,7 K. Inoltre, furono scoperte nuove classi di oggetti, radio-galassie e quasar, presenti solo a grandi distanze dalla Terra. Il fatto che non se ne trovino di vicini implica che l’Universo lontano (cioe nel passato) e sostanzialmente differente da quello vicino (presente) e cio e contrario alla teoria dello stato stazionario.
Fu a quel punto possibile avviare una nuova fase della ricerca cosmologica, domandandosi se le strutture dell’Universo reale (stelle, galassie, ammassi di galassie ecc.) possano essere trattate come deboli perturbazioni dell’Universo altrimenti omogeneo, studiato dai modelli cosmologici. In caso di risposta positiva la formazione delle stutture che oggi osserviamo in cielo diviene parte integrante della c. del big-bang. In questa ricerca lo studio della radiazione di fondo gioca un ruolo di primaria importanza, fornendo un’immagine dell’Universo cosi com’era in epoche remote, quando presumibilmente le galassie rappresentavano solo deboli perturbazioni di densita; in questo regime occorrono poche e semplici equazioni lineari per descrivere l’evoluzione delle strutture e i loro effetti sulla radiazione cosmica. E possibile quindi un confronto diretto tra teoria e osservazioni. Si e determinato che la distribuzione angolare della radiazione di fondo cosmico e notevolmente uniforme. Le anisotropie osservate (fig. 2), dell’ordine di poche parti per milione (➔ infrarosso), possono essere l’indizio di piccole fluttuazioni di densita nell’Universo primordiale le quali, per effetto della forza gravitazionale, potrebbero essersi successivamente evolute nelle galassie e negli ammassi di galassie.
La teoria del big-bang ha aperto anche nuovi problemi e paradossi. Considerazioni matematiche hanno portato R. Dicke e J. Peebles a mostrare che l’Universo in cui viviamo e altamente instabile. Essendo sopravvissuto per circa 15 miliardi di anni, questo Universo richiede quindi un aggiustamento estremamente preciso delle condizioni iniziali. Per esempio, si e dovu - to scegliere il valore della densita al termine della fase di Planck (ovvero dopo 10b43 s dall’inizio dell’Universo; per la fase precedente le teorie attuali non sono in grado di fornire interpretazioni) con una precisione migliore di una parte su 1066 per ottenere l’Universo attuale. Il problema viene chiamato paradosso della piattezza della metrica. Inoltre, il rapido procedere dell’espansione ha isolato fra loro fin dall’inizio parti di Universo che pero ci appaiono oggi, attraverso la radiazione cosmica, essere uguali tra loro. Ci si domanda come hanno potuto queste diverse parti di Universo comunicare e accordarsi per apparire eguali (paradosso degli orizzonti). La soluzione di questi paradossi sembra venire dal connubio tra fisica delle particelle elementari e cosmologia. Utilizzando l’energia liberata nelle transizioni di fase previste dalle teorie di grande unificazione delle particelle elementari, alcuni fisici teorici ritengono sia possibile aggirare i paradossi attraverso una fase iniziale di espansione esponenziale, la cosiddetta inflazione cosmica (➔) dell’Universo. Le fluttuazioni emergenti alla fine di questa fase possono aver prodotto le strutture che oggi osserviamo.
3. Modelli cosmologici
Per la costruzione di modelli dell’Universo si e soliti far uso della teoria della relativita generale di Einstein. Questi costrui il primo di tali modelli nel 1917, quando modifico le sue prime equazioni di campo del 1915 aggiungendo un cosmologia termine cosmologico che rappresenta una forza repulsiva capace di vincere l’autogravitazione attrattiva della normale materia dell’Universo. Cio gli permise di costruire un modello statico dell’Universo, in cui l’autogravitazione bilancia la repulsione cosmica. Nel 1922 Friedmann dimostro che anche senza il termine cosmologico le equazioni di Einstein posseggono soluzioni cosmologiche, sotto la sola ipotesi che l’Universo sia omogeneo e isotropo (cioe che ogni regione dell’Universo avente dimensioni abbastanza grandi e uguale a qualsiasi altra regione delle stesse dimensioni e inoltre l’Universo appare identico in qualsiasi direzione lo si osservi: cosmologia principio cosmologico). Nei casi piu semplici, queste soluzioni corrispondono a un sistema in espansione o contrazione su larga scala. Nel 1936 H.P. Robertson e A.G. Walker dimostrarono che, anche impiegando solo ipotesi di simmetria, si possono avere molte informazioni sulla struttura dell’Universo, tramite quelli che, seguendo E.A. Milne, sono ora noti come modelli cinematici dell’Universo. L’informazione dinamica si ottenne in seguito imponendo a questi modelli di soddisfare le equazioni di campo di Einstein; in questo modo si scopri qual era la distribuzione di materia e di energia che da origine a essi. I modelli cinematici sono facilmente classificabili perche sono governati soltanto da una funzione del tempo R(t) e da una costante k. La funzione R(t), chiamata fattore di scala dell’Universo, puo essere interpretata come il fattore che da la dipendenza dal tempo della distanza tra due galassie e che quindi governa la velocita di espansione dell’Universo. La quantita k nella teoria della relativita generale determina in ogni istante la curvatura dello spazio tridimensionale e indica anche se l’espansione continua indefinitamente.
I modelli cosmologici possono dividersi in due grandi categorie a seconda che includano o no il termine cosmologico, o, in altri termini, a seconda che si attribuisca valore nullo o non nullo alla cosmologia costante cosmologica Λ: questa, introdotta da Einstein nel 1917, e definita come Λ = 8πGρE/c4, dove G e la costante di gravitazione universale, ρE la densita di energia del vuoto e c la velocita della luce. Assumere Λ ǂ 0 equivale ad attribuire un’energia non nulla allo spazio vuoto e, quindi, secondo la relativita generale, ad ammettere che questo generi un campo gravitazionale. Valori negativi di Λ corrispondono a una forza attrattiva (che, quindi, nei modelli cosmologici avrebbe l’effetto di rallentare l’espansione dell’Universo); valori positivi di Λ corrispondono, invece, a una forza repulsiva (che accelererebbe l’espansione dell’Universo). Poiche ha le dimensioni dell’inverso del quadrato di una lunghezza, si puo scrivere Λ = 1/L2 e L e l’ordine di grandezza delle distanze sulle quali il campo gravitazionale prodotto dal vuoto dovrebbe provocare sensibili distorsioni spazio-temporali. Le osservazioni finora eseguite, su qualsiasi scala di lunghezze (fino a . 1026m, la massima distanza oggi accessibile agli astronomi), non hanno rivelato deformazioni nello spazio-tempo attribuibili all’ipotetico campo gravitazionale del vuoto. Cio suggerisce che sia Λ = 0. Su tale ipotesi si basano, pertanto, i modelli c. piu largamente accettati (i cosiddetti modelli standard). In tale ipotesi vi sono tre situazioni possibili a seconda che k sia =, >, < 0. Esse forniscono eta dell’Universo diverse, ma tutte compatibili con i dati osservativi. Nel modello di Einstein-de Sitter, a espansione continua si ha k = 0 e la velocita di espansione tende uniformemente a 0. Il suo fattore di scala ha una semplice dipendenza dal tempo R(t).t2/3, e la densita di materia ρ e data dall’equazione ρ = 1/6πGt2 in cui G e la costante gravitazionale di Newton. Secondo questo modello l’eta dell’Universo sarebbe di circa 7 miliardi di anni, un valore che e in buon accordo con le valutazioni dell’eta della Galassia; il valore attuale della densita dovrebbe essere circa 2`10b29 g/cm3 cioe superiore di circa un fattore 30 alla densita che risulta dalla massa delle galassie conosciute. Da molti e stato suggerito che lo spazio intergalattico contenga gas (finora non rivelato, costituente la cosiddetta materia oscura: ➔ materia, Universo) con la densita richiesta. Nel modello oscillante si ha k > 0 e in esso alla fine l’autogravitazione riesce a trasformare l’espansione in contrazione, che puo concludersi con un grande processo implosivo dell’Universo (➔ big-crunch). Nel modello a espansione continua si ha k < 0 e la velocita di espansione tende in maniera uniforme a un valore diverso da 0. L’Universo finirebbe per espandersi liberamente senza che praticamente la gravita lo trattenga.
Fra i modelli non standard uno dei piu interessanti e il modello di Lemaitre in cui k > 0, Λ >0; all’inizio, come nel modello di Einstein-de Sitter, si ha un’espansione molto rapida. In seguito, la gravita rallenta l’espansione e vi e un periodo quasi statico (che sarebbe propizio alla formazione di condensazioni galattiche), dopo il quale l’espansione riprende a crescere rapidamente a causa dell’effetto di repulsione cosmologica: sarebbe proprio questa la fase in cui ci troveremmo attualmente. Questo modello differisce dai precedenti in quanto l’espansione sarebbe ora in fase di accelerazione, mentre negli altri modelli essa starebbe rallentando. Ricordiamo, infine, il modello dello stato stazionario, gia menzionato sopra, in cui si ha k = 0, e R(t) cresce esponenzialmente.
In filosofia, il termine fu introdotto nel 18° sec. da C. Wolff e da A.G. Baumgarten a indicare la scienza dell’universo in generale. Nella storia della filosofia tuttavia, dal momento in cui furono abbandonate le rappresentazioni mitiche delle teogonie, si puo individuare fin da eta assai antica una riflessione razionale sulla struttura del cosmo nella quale e possibile distinguere: una fase rappresentata dalla filosofia presocratica, piu precisamente pitagorica, che elaboro con Filolao una concezione eliocentrica dell’universo, poi ripresa e difesa da Eraclide Pontico e Aristarco di Samo nel 3° sec. a.C.; una fase caratterizzata dalle teorie geocentriche di Platone e di Aristotele, sviluppate poi da Eudosso, Ipparco e Tolomeo; una fase in cui la millenaria concezione finitistica e geocentrica aristotelico-tolemaica subisce a opera di G. Occam, N. Cusano e G. Bruno un graduale processo di critica che porto all’affermazione dell’astronomia eliocentrica di N. Copernico, J. Keplero e G. Galilei fino a I. Newton, la cui fisica diede espressione matematica alla nuova cosmologia. Su questa base I. Kant tento di elaborare nella sua Allgemeine Naturgeschichte und Theorie des Himmels una cosmogonia scientifica, ripresa poi e formulata in modo rigorosamente meccanicistico da P.- S. Laplace, dove si spiegava la formazione dell’universo a partire da una nebulosa primitiva.
Per cosmologia argomento cosmologico si intende quella prova dell’esistenza di Dio, nella quale essa viene dedotta dal carattere stesso dell’Universo, considerato come tale che, nella sua contingenza, rimandi di necessita a un principio assoluto.