Scienza che studia i corpi celesti, le loro proprietà, natura ed evoluzione. Nel passato si soleva distinguere nettamente una branca dell’a., l’astrofisica, che si occupa specificamente dei processi fisici nei corpi celesti; ma oggi gli aspetti razionali e teorici della ricerca sono così avanzati e indissolubilmente legati agli aspetti osservativi che la distinzione ha perso gran parte del suo significato.
Della grande attenzione posta già nella preistoria ai movimenti del Sole, della Luna e delle stelle nella volta celeste, così strettamente connessi al ciclo diurno e al ciclo stagionale della vita umana, rimane impressionante testimonianza nei monumenti megalitici, come quello di Stonehenge in Inghilterra. La prima a. quantitativa ed elaborata per iscritto fu quella mesopotamica (Babilonesi, Assiri e Caldei); essa fu patrimonio della classe sacerdotale e aveva prevalentemente funzioni religiose e pratiche. In questo periodo fu stabilita la corrispondenza tra il moto del Sole relati;vamente alle stelle e le costellazioni dello Zodiaco, fondamento dell’astrologia. In generale, attraverso accurate osservazioni dei corpi celesti fu possibile determinare un calendario, costruire orologi e fornire ai naviganti strumenti di orientamento.
Una vera e propria cosmologia razionale, però, apparve solo nella civiltà greca. Aristotele, nel suo trattato De coelo, descrive l’Universo come formato da parecchie sfere concentriche di cui la centrale, immobile, è costituita dalla Terra e la più esterna sorregge le stelle fisse e nel contempo ruota, compiendo un giro in 24 ore. Tra di esse i pianeti e i satelliti sono sostenuti da altrettante sfere, animate ciascuna da un moto appropriato. Questa concezione costituì la base di tutte le cosmologie successive fino alla rivoluzione copernicana. Tuttavia, per spiegare le particolarità del moto dei pianeti e della Luna occorsero successive e sempre più complicate correzioni e aggiunte al modello aristotelico. Esse furono lungamente studiate nel periodo alessandrino, in particolare da Claudio Tolomeo (2° sec. d.C.). Nella cosmologia tolemaica i pianeti sono sorretti e guidati da sfere secondarie più piccole, che ruotano senza strisciare sulle sfere primarie; si genera così un moto (epiciclo) non uniforme che costituisce un’ottima approssimazione di quello osservato.
L’opera principale di Tolomeo, l’Almagesto, si perse nella tradizione medievale cristiana, ma fu conservata e studiata dagli Arabi, attraverso i quali arrivò anche in Spagna nel 13° secolo. A parte il contributo arabo, l’a. medievale fu sostanzialmente limitata all’astrologia.
Questa lunga stasi terminò nel 16° sec. sotto due spinte potenti. Da un lato il raffinarsi degli strumenti di osservazione e delle tecniche di calcolo rese sempre più difficile e complesso adattare le gerarchie di sfere rotanti all’esperienza; dall’altro, l’asserzione rinascimentale del primato dell’uomo e della sua ragione aprì le porte alla ricerca oggettiva e sperimentale, condotta indipendentemente dalla tradizione culturale e religiosa. Così Galileo scoprì la legge della caduta dei gravi, ponendo i fondamenti della dinamica che sarebbero serviti poi di base a Newton, e mediante l’uso attento e selettivo del cannocchiale mise in evidenza nuovi fatti astronomici in contraddizione con l’astratto ideale di perfezione della cosmologia aristotelica.
La rivoluzione copernicana. - L’idea chiave che segnò l’inizio dell’a. moderna, dando luogo a una vera e propria rivoluzione scientifica, fu quella di N. Copernico che abbandonò la concezione della centralità della Terra a favore di una cosmologia in cui il Sole è al centro e tutti gli altri corpi celesti ruotano attorno a esso. La cosmologia copernicana costituiva una diversa maniera, più semplice e razionale, di descrivere il moto dei pianeti e dei satelliti; ma non ne dava una giustificazione razionale in base a leggi fisiche universali.
La meccanica celeste. - Per raggiungere questo scopo era necessario afferrare la connessione tra la forza di gravità, sperimentata quotidianamente sulla Terra, e il moto dei pianeti. Ciò fu possibile solo quando, con I. Newton, furono posti i fondamenti teorici della meccanica e tutti i fenomeni gravitazionali furono ricondotti a un’unica legge, detta appunto della gravitazione universale. Ancor oggi le precisissime osservazioni del moto dei pianeti e dei satelliti artificiali sono interpretate nell’ambito della teoria newtoniana. Nacque così una nuova scienza, la meccanica celeste, portata a un altissimo grado di perfezione soprattutto dalla scuola matematica francese (in particolare, P.-S. Laplace).
La ricerca sperimentale. - Dal punto di vista sperimentale il perfezionamento e l’uso metodico e paziente del telescopio arricchì l’a. di oggetti e fenomeni nuovi: le comete, le stelle variabili, altri pianeti oltre ai cinque noti nell’antichità, gli asteroidi ecc. L’uso di strumenti ottici dispersivi in grado di separare la luce nelle sue componenti permise la scoperta e l’identificazione nella radiazione emessa dai corpi celesti di righe spettrali; da esse si poté risalire a parecchie proprietà chimiche e fisiche della sorgente, in particolare la composizione chimica, il movimento, la temperatura, il campo magnetico ecc. La spettroscopia (➔) astronomica ha costituito pertanto il principale strumento di ricerca dell’a. classica.
Il problema cruciale da risolvere per ogni nuova classe di oggetti celesti è la valutazione della loro distanza, per poter risalire poi dalla luminosità apparente a quella assoluta e stimare quindi le altre grandezze intrinseche, in particolare la potenza radiativa e le dimensioni. Senza di ciò la ricerca astronomica rimane una descrizione morfologica, difficilmente accessibile alla comprensione razionale. Le distanze astronomiche sono correntemente misurate in anni luce, prendendo come unità lo spazio percorso dalla luce in un anno, cioè circa 10.000 miliardi di km. Per le stelle, le prime determinazioni di distanza furono compiute nel 1837-39 mediante il metodo della parallasse (➔), che consiste nel misurare lo spostamento angolare subito da una stella vicina rispetto alle altre più lontane nel giro di 6 mesi per effetto del moto della Terra attorno al Sole. Ciò è possibile, tuttavia, solo per sorgenti che non distano più di circa 30 anni luce; per distanze più grandi occorre usare altri metodi meno precisi. Il più importante di essi fa uso di una classe particolare di stelle, dette Cefeidi (➔ Cefeo), la cui luminosità varia periodicamente. H. Leavitt per prima osservò nel 1912 la relazione tra luminosità apparente e periodo con cui questa varia nel tempo per le Cefeidi della Piccola nube di Magellano; essendo queste Cefeidi praticamente tutte alla medesima distanza dalla Terra, H. Shapley, tra il 1914 e il 1920, concluse che la stessa relazione doveva valere per la luminosità assoluta. Poiché quindi il periodo dipende in modo noto dalla luminosità assoluta è possibile stimare quest’ultima e, conoscendo la luminosità apparente, risalire alla distanza di ogni gruppo di stelle che comprende una Cefeide. Il problema della sorgente dell’energia stellare rimase senza soluzione fino agli anni 1930, quando furono scoperte e studiate le reazioni nucleari di fusione e individuato il loro ruolo essenziale nelle stelle.
L’a. extragalattica ebbe inizio negli anni 1920, quando si riconobbe che le nebule, zone di debole luminosità diffusa nel cielo, contengono un gran numero di stelle e sono pertanto giganteschi sistemi, le galassie, simili a quella dove si trova il nostro sistema solare. L’orizzonte dell’a. si allargò a dismisura e nuovi, impressionanti oggetti diventarono accessibili alla nostra ricerca. La scoperta di E. Hubble (1926) che le galassie sono animate da un moto ordinato di allontanamento dalla nostra ha aperto la strada a una nuova disciplina, la cosmologia (➔) scientifica, in cui l’Universo intero diventa oggetto di indagine sperimentale.
A partire dagli anni 1960 l’a. e l’astrofisica hanno avuto giganteschi sviluppi, anche per l’introduzione di nuove tecniche di osservazione. Accanto alla a. nel visibile e alla radioastronomia, basate prevalentemente su osservazioni effettuate dalla superficie terrestre, l’uso di rivelatori di varia natura su palloni, satelliti artificiali e sonde spaziali ha portato alla nascita di altri settori dell’a., basati sull’osservazione dei corpi celesti in diverse bande della radiazione elettromagnetica. Si è così avuto un radicale mutamento della disciplina. I nuovi oggetti scoperti, quasar, pulsar, radiazione di fondo ecc., hanno messo in luce il ruolo primario giocato da oggetti collassati di elevata densità e da fenomeni catastrofici o, comunque, caratterizzati da una scala temporale assai breve. In queste condizioni spesso le leggi note della meccanica classica e dell’elettromagnetismo non sono valide ed è necessario ricorrere a strumenti teorici più raffinati, come la relatività generale e la fisica delle particelle elementari. In certi casi questi strumenti teorici sono essi stessi soggetti a incertezze, inconsistenze e provvisorietà, il che rende le nuove scoperte astronomiche interessanti anche dal punto di vista della fisica fondamentale. Questi sviluppi scientifici sono stati accompagnati da una impressionante crescita delle dimensioni e delle complessità dei grandi progetti di ricerca astronomica, che richiede oggi ingenti investimenti e la collaborazione tra specialisti di numerose discipline. In particolare, l’uso di satelliti artificiali e di telescopi spaziali ha instaurato una stretta relazione tra l’a. e la ricerca spaziale, con importanti implicazioni nei riguardi della politica scientifica.