L’azione, il fatto e il modo di orientare, cioè di stabilire la posizione rispetto ai punti cardinali. Nell’uomo, la capacità di riconoscere il luogo in cui ci si trova, la direzione che si sta seguendo come consapevolezza della reale situazione in cui un soggetto si trova rispetto al tempo, allo spazio e al proprio io, risultante dalla sintesi di molteplici processi psichici (percettivi, mnesici, ideativi) che implicano un sufficiente grado di lucidità della coscienza.
Polarizzazione per o. di un dielettrico è il processo in cui le molecole aventi un momento elettrico intrinseco tendono a disporsi in modo che il loro momento sia parallelo al campo elettrico applicato. Analogo processo si produce nella magnetizzazione delle sostanze paramagnetiche, in cui le molecole, aventi tutte un momento magnetico proprio, tendono a orientarsi in modo che tale momento risulti parallelo al campo magnetico agente.
Per determinare l’o. rispetto ai punti cardinali, basta determinare la giacitura del meridiano del luogo, che è come dire la direzione del Nord geografico. Ci si può orientare osservando il decorso del Sole, la direzione delle ombre, la posizione della vegetazione igrofila sulle piante ecc.; una valutazione più precisa si può ottenere mediante la bussola, che dà la direzione del Nord magnetico, dalla quale, nota che sia la declinazione magnetica, si può risalire alla direzione del Nord geografico; precisione maggiore si ottiene con metodi astronomici. Si può anche utilizzare una carta topografica, convenzionalmente orientata a N, disponendo la carta stessa in modo da far coincidere direzioni corrispondenti sulla carta e sul terreno.
Nei metodi di rilevamento fotogrammetrico si dice o. interno di un fotogramma la sua posizione relativa rispetto alla lente della camera da presa; o. esterno è la posizione relativa di tutta la camera da presa rispetto al terreno rilevato. È detto o. magnetico un organo secondario del tacheometro (detto anche declinatore magnetico) che serve per disporre nel piano del meridiano magnetico l’asse visuale del cannocchiale quando l’indice principale dello strumento sul cerchio orizzontale è disposto sullo zero della graduazione.
L’insieme delle iniziative volte a favorire una scelta ragionata degli studi da seguire e della professione da intraprendere.
La tematica dell’o. si andò delineando alla fine del 19° sec. quando gli studi e le esperienze condotti nell’ambito del taylorismo offrirono gli spunti per una revisione del problema dei rapporti tra l’uomo e l’ambiente di lavoro. Non tardò a insorgere una tendenza per la quale il problema non era tanto quello di selezionare l’uomo più adatto a svolgere una certa mansione, quanto piuttosto quello di orientare gli individui verso il lavoro a loro più congeniale. Decisiva per gli studi sull’o. fu l’opera svolta a Ginevra dal 1916 da P. Bovet e É. Claparède. Negli anni successivi gli studi sull’o. presero in considerazione diversi aspetti implicati dal problema di una scelta ottimale dell’attività lavorativa: psicologici, in primo luogo, medici, economici, sociali. Successivamente, l’accento è stato posto sull’importanza del fattore educativo e si è chiesta l’adozione nella scuola di una metodologia non coattiva, centrata sul giovane.
Una visione unitaria della delicata materia dell’o. si è progressivamente affermata negli ultimi anni del 20° sec., sebbene non si sia ancora pervenuti a una disciplina unitaria della stessa. In effetti è apparso chiaro anche al legislatore che le convinzioni e le scelte relative sia agli studi da perseguire sia al tipo di attività lavorativa da intraprendere, si formano in una dimensione unitaria della vita intellettuale e morale del soggetto e risultano essere il frutto combinato di disposizioni acquisite in sinergia con l’ambiente in cui si vive. Soprattutto diventa fondamentale il senso della responsabilità e autonomia delle scelte personali, che è in larga misura collegato ai livelli di formazione e di maturazione raggiunti. La funzione della scuola è in questo campo primaria, anche se non esclusiva. Non a caso la legge sul riordino dei cicli di istruzione (l. 10 febbr. 2000, n. 30) considera l’o. strettamente correlato agli obiettivi formativi dei corsi d’istruzione, nel senso della promozione e dello sviluppo di conoscenze, capacità e competenze, generali e di settore, che consentano scelte personali adeguate all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro. In particolare, diventa compito della scuola secondaria incoraggiare le attitudini e le vocazioni degli studenti, sostenendoli nella progressiva assunzione di responsabilità, e assicurare loro una preparazione adeguata alla scelta degli studi superiori ovvero dell’attività professionale.
O. (o orientazione) è l’attribuzione convenzionale a un dato ente geometrico di un senso, un verso o una qualità che generalizzi tale nozione; per o. s’intende anche il verso stesso che per quell’ente è stato fissato; la definizione precisa deve essere data per ciascun ente su cui si possa e si voglia stabilire un orientamento. Orientare una retta (euclidea o proiettiva) o una qualunque linea continua significa stabilire un verso di percorrenza sopra la linea. Orientare una terna di vettori o di assi cartesiani significa scegliere uno dei due possibili versi, levogiro o destrogiro, per il terzo vettore o asse rispettivamente. Orientare una superficie significa assegnare in un punto P della superficie un o. mediante una terna di vettori (di cui due tangenti alla superficie), per es., levogira (v. fig.), e trasportare con continuità tale terna in ogni altro punto della superficie (P′, P″ ecc.), in modo da orientare la superficie anche negli altri punti; e ciò supponendo che il trasporto sia possibile e che, comunque lo si esegua, si pervenga sempre al medesimo o. per ciascun punto. Se ciò è possibile la superficie si dice orientabile.
Il concetto si estende alle varietà, pur di assumere un gruppo ordinato di k vettori tangenti indipendenti, se k è la dimensione della varietà (e se ha senso preciso parlare di tangenti; altrimenti si usano altre convenzioni).
L’o. comprende tutte quelle azioni o reazioni che hanno per risultato l’assunzione e il mantenimento di una posizione corporea determinata nei vari campi di stimoli a cui l’organismo è esposto. Fanno parte dell’o. sia il controllo incessante della posizione corporea normale (il cosiddetto o. primario), sia tutti gli svariati fenomeni di o. secondario, che consentono all’animale di cercare e trovare il nutrimento, il riparo, il compagno sessuale o la prole, il simbionte o l’ospite, di mantenersi nel territorio adatto, evitando condizioni sfavorevoli, ostacoli e nemici. Una forma speciale di o. secondario consiste nelle reazioni orientate dalle appendici rispetto a stimoli provenienti da regioni determinate del corpo stesso dell’animale, reazioni che hanno una notevole importanza biologica, per es. nell’assunzione di cibo, nell’eliminazione di stimoli dannosi e via dicendo. Azioni o reazioni di o. fanno quindi parte di tutti (o quasi tutti) i comportamenti del repertorio della specie, siano essi innati o acquisiti.
I criteri di classificazione delle varie forme di o. possono basarsi: sulla funzione biologica; sulla natura degli stimoli (o le proprietà del campo stimolante); sui meccanismi fisiologici implicati.
Da un punto di vista funzionale, oltre all’intervento dell’o. nei vari cicli funzionali (trofico, riproduttivo, ricerca delle condizioni ecologiche favorevoli ecc.) si distingue o. diretto e o. indiretto: quando la sorgente di stimolo è l’oggetto cui l’animale tende nel suo comportamento orientato si parla di o. diretto (per es., il predatore che insegue la preda o il cane che volge il capo al richiamo del padrone). Quando la sorgente di stimolo non è l’oggetto dell’o. ma fornisce unicamente le coordinate di riferimento rispetto alle quali l’animale dispone il proprio corpo, si ha o. indiretto: oltre al controllo della posizione corporea in base a stimoli gravitazionali o anche ottici, molti fatti di o. secondario appartengono a questa categoria: per es. l’o. in base a punti di repere noti, visuali o (a seconda della specie) chimici, acustici o tattili che permettono all’animale di seguire vie determinate e raggiungere i punti focali del proprio ambito vitale. Sono casi di o. indiretto quello chimico di certe formiche o di certi Apoidei o l’o. che consente di mantenere più o meno a lungo direzioni determinate di moto e di migrazione sulla base del campo magnetico o di punti di riferimento astronomici, o ancora, quello che utilizza il moto dei mezzi fluidi.
Secondo la natura degli stimoli, si distinguono un o. ottico, chimico, elettrico, termico, meccanico, acustico, magnetico. L’o. elettrico si trova in taluni pesci (per es., Mormiridi, Gimnotidi) che sono capaci, con gli organi elettrici di cui sono dotati, di determinare la formazione di un campo elettrico fra estremità cefalica e caudale, e mediante la percezione delle alterazioni di tale campo con recettori speciali della linea laterale sono in grado di assumere informazioni e di orientarsi rispetto agli oggetti circostanti, animati o inanimati.
Stimoli termici (oltre che ottici e chimici) hanno, per es., una funzione nel ritrovamento dell’ospite da parte delle zanzare, e i serpenti a sonagli si valgono pure di un o. termico in quanto – per mezzo di speciali termorecettori del muso – sono in grado di localizzare le prede che abbiano una temperatura corporea più alta di quella ambientale.
Svariate sono poi le forme di o. acustico, molto diffuse soprattutto negli insetti e in parecchi vertebrati e al servizio della funzione riproduttiva, delle cure parentali, della coesione sociale, della competizione intra- e interspecifica. L’o. ultracustico nei Chirotteri permette la localizzazione degli ostacoli e delle prede con pacchetti di ultrasuoni emessi dalla bocca o dalle narici e riflessi per eco; gli ultrasuoni sono invece percepiti ed evitati da certe prede, come talune farfalle notturne.
L’o. sulla base di stimoli magnetici è discusso, ma la sua importanza biologica sembrerebbe dimostrata almeno per il mantenimento di una certa direzione determinata di migrazione in certi uccelli anche in assenza di punti di repere visuali.
Un’importante distinzione a carattere generale, in tema di stimoli dell’o., è fra stimoli che determinano la reazione orientata e quelli che la dirigono: stimoli determinanti e stimoli orientanti possono coincidere o meno. La classica reazione orientata della falena attorno alla lampada è determinata e diretta dal medesimo stimolo luminoso, ma quando, per es., la blatta, all’improvviso accendersi della luce, si dirige verso il pertugio oscuro più vicino, lo stimolo che determina la reazione (variazione di luminosità) è diverso da quello orientante (visione di una zona oscura nel campo visivo). Molti insetti, con l’aumento della temperatura ambientale, cercano rifugio all’oscuro. Fattori determinanti esterni agiscono di regola in cooperazione con fattori o stimoli di origine interna. Molti animali vanno verso la luce o la fuggono (fototassia positiva o negativa) a seconda delle diverse condizioni fisiologiche interne. In certi casi, infine, i fattori interni sono i soli a determinare la risposta orientata a stimoli esterni. In tema di stimoli esterni orientati è anche importante la distinzione fra un o. in base a fattori stimolanti preesistenti nell’ambiente o a stimoli dovuti all’attività stessa dell’animale, come nel caso dell’o. elettrico dei pesci o di quello ultracustico dei Chirotteri.
Dal punto di vista dei meccanismi operanti, si utilizza uno schema classificatorio; i modelli di meccanismo proposti rappresentano soltanto una semplificazione estrema di relazioni causali spesso molto più complicate. Si distinguono innanzitutto le cinesi e le tassie.
Le cinesi (orto- e clinocinesi), meccanismi più semplici, sono sempre movimenti accompagnati da locomozione, casuali, non orientati rispetto all’eventuale sorgente di stimoli e/o rispetto a un gradiente stimolante. I porcellini di terra (crostacei Isopodi terrestri), in un recipiente lineare con un’estremità secca e l’altra umida, variano la loro velocità di moto casuale (ortocinesi) e siccome questa diminuisce a mano a mano che l’individuo si approssima a una certa zona piuttosto umida fino ad annullarsi entro di essa, gli animali finiscono per accumularsi tutti nell’area ristretta di umidità ‘preferita’; è dunque nel risultato finale di azioni di per sé non orientate che si ravvisa un effetto di orientamento. In altri casi, l’animale cambia direzione (sempre a caso) tanto più spesso quanto più sfavorevoli sono le condizioni ambientali (clinocinesi), e finisce così, anche in questo caso, per trovarsi ‘prigioniero’ d’una zona preferenziale. Orto- e clinocinesi sono sovente combinate.
Le tassie, più complicate delle cinesi, sono, in opposizione a queste, reazioni con cui l’animale capace di locomozione assume, mediante una torsione orientante attorno a uno degli assi corporei, una posizione determinata, ‘orientata’, rispetto a una sorgente di stimoli e/o a un gradiente. Il termine tropismo indica gli stessi fenomeni ma piuttosto per gli organismi sessili. Essenziale, nelle tassie, è la torsione orientante: la locomozione verso o via dalla sorgente di stimoli o, in altri casi, trasversalmente rispetto a essa, è secondaria e può mancare.
Le forme principali di tassia sono clinotassia, tropotassia, telotassia e menotassia (a cui deve riconnettersi anche l’o. astronomico o astrotassia). Nella clinotassia l’animale si orienta confrontando l’intensità di stimolazione che percepisce in momenti successivi. La tropotassia si basa sulla comparazione simultanea dell’intensità di stimolazione sui recettori (o complessi di recettori) pari dell’animale. Se questi vengono inegualmente stimolati, l’individuo si gira finché sia ristabilita un’eguaglianza di eccitazione sui due lati. L’animale tipicamente tropotattico, fra due sorgenti d’intensità eguale, si dispone secondo la bisettrice dell’angolo fra di esse e, se c’è locomozione, l’animale va o viene via dalle due sorgenti come un cavallo guidato dalle briglie. Nella telotassia la sorgente di stimolo (un punto luminoso, una preda, una zona oscura nel campo visivo ecc.) viene mantenuta in un’area determinata del recettore (punto di fissazione) e l’animale si volge direttamente e può muoversi rettilineamente verso di essa, anche con uno solo dei recettori (o gruppi di recettori) pari. La menotassia è un meccanismo superiore di tassia, inspiegabile senza l’intervento dei centri nervosi superiori, che, a differenza delle precedenti tassie, permette una molteplicità di posizioni rispetto alla sorgente di stimolo; può descriversi come mantenimento di una determinata asimmetria di eccitazione sui recettori pari; l’animale, anziché orientarsi verso la sorgente dello stimolo o in senso opposto, mantiene una direzione che forma un angolo determinato rispetto alla direzione dello stimolo. Consente perciò una varietà di orientamenti trasversi rispetto allo stimolo, mentre clino-, tropo- e telotassia sono forme di o. ‘diretto’ nel senso che l’animale può orientarsi soltanto verso o via dalla sorgente di stimolazione. Molto diffusa ed ecologicamente importante è la fotomenotassia, con cui l’animale assume e mantiene, più o meno a lungo, rispetto alla luce, un angolo determinato (angolo di o.).
Forma superiore di fotomenotassia è l’astrotassia mediante il Sole, la Luna, le stelle. Nell’astrotassia l’angolo di orientamento con l’astro (o i gruppi di astri) varia secondo un ritmo biologico endogeno (circadiale), sincronizzato con la rotazione terrestre dall’alternanza luce-buio in modo tale che il movimento apparente dell’astro viene compensato e l’animale riesce così a scegliere e mantenere una direzione determinata di moto, qualunque sia la posizione dell’astro. Scoperto per la prima volta nelle api, questo meccanismo è molto diffuso nel regno animale.
Un esempio chiaro lo troviamo in certi Anfipodi ripari come le pulci di mare, che vivono vicino alla battigia e, allontanandosi da essa sia verso la terra sia verso il mare, sono in grado di ritornarvi seguendo la via più breve: una traccia perpendicolare alla linea di riva. Questo o. è praticamente indipendente da stimoli connessi alla vicinanza del mare: individui di una spiaggia col mare verso ovest, trasportati sulla sabbia asciutta di un litorale col mare a est fuggono orientati verso ovest. Si può dimostrare che l’o. è basato sulla visione del Sole (o della Luna) semplicemente schermando l’astro e inviando sugli animali la luce solare o lunare mediante uno specchio da un azimut diverso. Gli animali si orientano rispetto allo specchio con lo stesso angolo che in quel momento facevano rispetto al Sole. In ombra, gli animali sono in grado di orientarsi sulla visione della luce polarizzata del cielo. Trasportando gli animali in una località con diversa longitudine o, più semplicemente, esponendoli a un ritmo di luce-buio sfasato rispetto al normale, si può dimostrare che la compensazione del moto apparente dell’astro (e quindi la adeguata variazione giornaliera dell’angolo di orientamento) si basa su di un ritmo interno circadiale (senso del tempo). Popolazioni di spiagge diverse, con il mare in direzioni diverse, presentano ovviamente una differente variazione dell’angolo di o.: ciò ha una base ereditaria perché gli individui nati in laboratorio, esposti al sole per la prima volta, presentano una evidente tendenza a orientarsi conformemente alla posizione della spiaggia da cui provengono i loro genitori.
L’o. astronomico ha una grande diffusione in invertebrati e vertebrati ed è certamente una componente essenziale di molti dei complessi comportamenti di migrazione e di navigazione. Tuttavia, l’o. astronomico non spiega compiutamente questi fenomeni più complessi di o.: i meccanismi con cui molti animali sanno ritornare a un punto determinato (homing), qualsiasi sia la direzione verso cui siano stati dislocati, permangono ancora oscuri. Tuttora insoluto è il problema dei meccanismi che permettono il ritorno dei colombi viaggiatori alla loro colombaia anche da zone sconosciute.