In fisiologia, il processo di percezione degli stimoli luminosi, la funzione e la capacità di vedere. L’acquisizione dell’informazione visiva avviene attraverso diversi processi: fisici (formazione dell’immagine degli oggetti sulla retina), biochimici, nervosi (a livello delle varie stazioni del talamo e della corteccia cerebrale). La v. è un processo attivo in grado di discriminare, nell’ambito della rappresentazione retinica iniziale, informazioni a contenuti diversi a seconda delle richieste inoltrate dai centri superiori. In tal modo, di un oggetto possono essere focalizzati particolari differenti (per es., il colore, la forma, la distanza, la posizione ecc.). La v. è binoculare e ciò consente di recuperare la tridimensionalità dell’immagine (v. stereoscopica). Quando si fissa un oggetto, le immagini che si formano sulla retina di ciascun occhio non sono perfettamente uguali. Tali differenze sono alla base della stereopsia attraverso la stimolazione di cellule specifiche, dette binoculari. Difetti della v. (per es., lo strabismo), presenti durante lo sviluppo del sistema visivo, inducono una perdita irreversibile di gran parte delle cellule binoculari, con compromissione della v. stereoscopica.
L’elaborazione nervosa dell’immagine retinica comincia a livello dei recettori retinici: 6 milioni di coni, 120 milioni di bastoncelli (➔ retina). I coni rispondono della v. a livelli di luminanza elevati (v. fotopica); i bastoncelli, invece, sono responsabili della v. a bassi livelli di luminanza (v. scotopica o crepuscolare). Inoltre, anche le modalità di trasmissione dell’informazione sono diverse per le due popolazioni di fotorecettori. Più bastoncelli, infatti, convergono su una sola cellula bipolare e più cellule bipolari su una cellula gangliare con un incremento di sensibilità a scapito della acuità. I coni, invece, mantengono un notevole livello di acuità, verificandosi connessioni anche fra singolo recettore-singola cellula bipolare-singola cellula gangliare (per il meccanismo biochimico della v. ➔ rodopsina).
A livello dei recettori retinici il segnale fotico è trasformato in segnale elettrico. Dapprima i segnali elettrici sono di tipo continuo o analogico. Poi, a livello delle cellule di uscita della retina, avviene una codificazione del messaggio visivo in impulsi nervosi successivamente decodificati a livello della corteccia visiva che, dal confluire di tutti gli impulsi nervosi, riesce a ricostruire la percezione dell’oggetto.
V. artificiale Riconoscimento degli oggetti presenti in un’immagine bidimensionale sulla base dei contenuti geometrici e fisici dell’immagine stessa. La rappresentazione ottenuta deve essere significativa dal punto di vista semantico e adatta a una successiva elaborazione. Gran parte delle ricerche sulla v. artificiale si è concentrata a partire dagli anni 1960 sull’uso di immagini rappresentate mediante matrici bidimensionali di numeri interi che indicano il valore digitalizzato dell’intensità luminosa in punti regolarmente spaziati (pixel) dell’immagine originaria, analizzate mediante potenti calcolatori. Gli elementi più importanti del processo di v. artificiale sono: il riconoscimento di bordi o spigoli degli oggetti (che consente di costruire un primo disegno schematico); la definizione delle superfici (la cui intersezione corrisponde agli spigoli trovati); la v. stereoscopica (ottenuta, per es., mediante l’analisi di due immagini prese da punti di vista diversi); la rappresentazione della forma (basata su poche primitive geometriche usate per ricostruire oggetti complessi); il confronto della forma ricostruita con modelli predefiniti allo scopo di giungere a una descrizione semantica del contenuto dell’immagine (➔ riconoscimento).
Nella storia delle religioni, il termine si applica a una serie di fenomeni che vanno dal sogno all’estasi, distinguendo tra v. spontanea e v. indotta. La v. spontanea, ivi comprese le v. in sogno, è concepita come mandata da esseri soprannaturali (Dio, dei, antenati ecc.) per comunicare o rivelare qualcosa al soggetto umano. Le v. di questo genere hanno una grande parte nella fenomenologia della conversione da una fede all’altra, da un genere di vita all’altro. La v. spontanea può avere, inoltre, anche un contenuto divinatorio. Le v. indotte possono essere ottenute mediante tecniche estatiche che vanno dall’uso di allucinogeni fino alle più raffinate tecniche di meditazione (➔ tantrismo). Un mezzo rituale semplicissimo è l’incubazione (➔): basta dormire, dopo determinati riti di purificazione e sacrifici, in un luogo sacro, per avere un responso oracolare in sogno. Nelle religioni superiori la v. può avere il significato di entrata in contatto diretto con Dio.
Nella teologia cattolica la v. ha un doppio senso soprannaturale che si riferisce alla cognizione di Dio e delle cose divine, per via di un’illuminazione soprannaturale, sia questa immaginaria o accompagnata da apparizioni interne o impressioni sensibili esterne, sia meramente intellettuale. La v. intuitiva è invece solo quella di Dio, che l’uomo otterrà in paradiso, nello stato di beato; essa perciò si chiama anche v. beatifica.