tantrismo Indirizzo di pensiero che ha influenzato tutti i grandi sistemi religiosi dell’India (induismo, buddhismo, jainismo) e che come componente del buddhismo è presente anche fuori dall’India, soprattutto in Tibet, in Cina e in Giappone.
È difficile darne una definizione per la varietà delle forme e per il suo carattere iniziatico; il Tantrayāna («Veicolo dei Tantra») si propone come una forma di gnosticismo, cui partecipa l’intera psiche dell’iniziato. Per il t., il reale è il dualismo fondamentale dell’Universo manifesto, che oppone spirito e materia, microcosmo e macrocosmo.
I tantra sono i testi sacri del t., i più antichi dei quali furono redatti circa nel 6° sec. d.C., ma la cui ispirazione è assai anteriore. Rivolti a tutti senza distinzione di casta o di sesso, trattano di cosmogonia, innologia, metafisica, magia, tecniche rituali, meditazione ecc., con una simbologia complessa di carattere esoterico.
Il t. considera le passioni di per sé né buone né cattive; esse non vengono quindi represse, poiché significherebbe respingerle a un livello più profondo, ma utilizzate come strumento di liberazione tramite un processo di sublimazione. È essenziale che ciascun individuo abbia perfetta conoscenza delle proprie attitudini e caratteristiche psicologiche. Nel t. buddhistico (detto Vajrayāna «Veicolo della folgore»), a seconda della passione prevalente, l’umanità è divisa in 5 famiglie spirituali (kula), ciascuna presieduta da un Dhyanibuddha «Buddha di meditazione». Sotto la guida esperta di un maestro (guru; in Tibet lama), ciascun individuo, in base alla sua famiglia di appartenenza segue il tantra a lui più congeniale, con particolari tipi di meditazione. L’iniziato (tantrika), nell’esercizio della meditazione, segue un itinerario psichico nel corso del quale può trovare punti di appoggio in immagini divine, anche da lui stesso immaginate o evocate, al di fuori del sistema tradizionale. L’originalità del t. risiede proprio in questa capacità di costruire, partendo da una consapevolezza di sé, una via di salvazione individuale, pur appoggiandosi a sistemi religiosi tradizionali.
Grande importanza riveste la divinità femminile, concepita in modo differente nei diversi sistemi. Per il t. buddhistico la dea simboleggia il fine del processo esoterico, la conoscenza suprema (Prajña, Prajñapāramitā), mentre nel t. induistico è concepita come Śakti, ovvero l’energia dinamica del dio, che senza di essa sarebbe inerte. Nel buddhismo vi sono anche Tara «la Salvatrice» e altre divinità minori, cui si attribuiscono poteri magici.
Nell’induismo il t. è collegato al śivaismo: Śiva è espressione della infinita potenza creatrice rappresentata dalla Śakti, la quale si individua in una molteplicità di divinità femminili, riassorbite nella totalità dell’Assoluto attraverso il processo esoterico di conoscenza intrapreso dall’iniziato. Il ricongiungimento del dio e della Śakti corrisponde al ricongiungimento del sé individuale con il mondo, la cui identità si svela nella totalità di Śiva. Tra le divinità del t. śivaita, c’è Kālī «la Nera», forma terrifica della Śakti, la quale simboleggia l’energia che crea e distrugge.
Strumenti di concentrazione e meditazione sono i mantra, suoni-simbolo ai quali si accompagnano gli yantra, diagrammi che hanno lo scopo di fissare lo spirito del meditante sui simboli dell’energia divina, fino all’identificazione con essa; e il maiḍala che ha carattere più generale. Alla disciplina dello yoga, il t. unisce la dottrina del bhoga «godimento», poiché tutte le risorse del corpo umano possono essere adoperate come strumento di salvezza.
Caratteristica del t. è l’uso della simbologia sessuale, ricorrente nell’iconografia, ove l’unione delle coppie divine adombra il principio di congiunzione universale degli opposti. Tale mistica erotica, guidata dal rigore del rito, è sperimentata dagli stessi adepti che riproducono attraverso l’atto sessuale questo processo di reintegrazione.