Composto chimico ottenuto allo stato aeriforme per distillazione secca o per azione di acidi su sali, o per distillazione semplice. S. farmaceutico è lo stesso che alcolato. Lo s. acetico etereo è la soluzione alcolica di acetato di etile; lo s. balsamico è l’alcolato di varie essenze vegetali; lo s. canforato è la soluzione idroalcolica di canfora; lo s. saponato è la soluzione idroalcolica di sapone.
Nella prima e più antica accezione, il termine greco πνεῦμα (cui corrisponde il lat. spiritus) indica il ‘soffio’, l’‘aria’, il ‘respiro’, quindi anche il soffio vitale come sottile principio materiale di vita. Da questo significato deriva l’uso nei testi stoici di πνεῦμα per indicare l’anima del mondo, concepito come materia sottilissima, causa di moto e di vita del tutto, ma anche come λόγος, principio razionale di ordine cosmico. Contemporaneamente il termine πνεῦμα assume rilievo nelle dottrine mediche per indicare un veicolo di moto, di vita, di sensibilità: Galeno fissa la distinzione tra s. vitale con sede nel cuore, s. animale con sede nel cervello, s. naturale con sede nel fegato: di qui la presenza in tutta la tradizione medica medievale e rinascimentale, fino al 17° sec., della dottrina degli s., intesi sempre come materia sottilissima, che presiedono alle varie funzioni dell’organismo vivente: così nella concezione di Descartes gli s. animali (esprits animaux) sono il veicolo della sensibilità e del movimento dei muscoli, scorrendo entro i nervi.
L’uso del termine greco πνεῦμα per indicare una realtà distinta e opposta a ogni principio materiale si afferma soprattutto nel Nuovo Testamento. Nei testi neotestamentari lo πνεῦμα è sia il divino S. Santo, sia il principio superiore proprio dell’uomo distinto e opposto rispetto all’anima (ψυχή) e al corpo (σῶμα), e in rapporto a questa distinzione si configura la distinzione degli uomini in pneumatici, psichici e ilici. Nel Nuovo Testamento πνεῦμα indica anche gli esseri superiori, immateriali, intermediari fra Dio e gli uomini. Si definisce così lentamente un concetto di s. come principio immateriale, che serve a caratterizzare tanto la divinità, quanto ciò che è proprio dell’uomo, separato dalla materialità del corpo. Ma se in sede teologica il concetto di s. come s. santo garantisce le caratteristiche di immaterialità, eternità ecc. come attributi propri dello s., parlando dell’uomo le funzioni sue proprie si attribuiscono piuttosto all’anima, alla mens, all’intellectus, che non allo spiritus, di cui prevale una concezione come qualcosa di materiale, materia sottilissima veicolo di sensibilità e principio di vita (a volte, come in Agostino, intermediario tra anima e corpo), risaltando così il significato originario legato alla tradizione medica. In questo senso l’uso del termine continua la sua fortuna nel Medioevo e nel Rinascimento, oscillando il significato fra una concezione trascendente di s. e una concezione medico-naturalistica.
Il definirsi dell’uso di s. come principio proprio dell’uomo, indicante la sua facoltà razionale, sinonimo di mente o io, si afferma nel pensiero moderno fra Seicento e Settecento. Già nella traduzione francese delle Meditationes di Descartes, il termine mens è reso con esprit, e posto come equivalente di intelletto e ragione. G.W. Leibniz indica con s. l’anima ragionevole, e più propriamente pone l’equivalenza tra io e ‘sostanza, monade, anima, spirito’. Rilevante l’accezione del termine s. in G. Berkeley, che nega l’esistenza di una sostanza corporea come qualcosa di oggettivo e indipendente dall’idea presente «o nella mente di un qualche s. creato o nella mente di uno s. eterno». Di s. come facoltà delle idee, legate strettamente a un’origine sensibile, e anche come complesso delle idee tratta C.-A. Helvétius; mentre in contesti materialistici, per es. in d’Holbach, la nozione di s. viene respinta come illusoria presupposizione di forze e qualità occulte, addotte a spiegare fenomeni di cui si ignorano le reali cause fisiche.
Contemporaneamente, d’altra parte, il termine s. viene assumendo un significato diverso: di ciò che permette di cogliere qualcosa che a prima vista sfugge e che pure costituisce la caratteristica più propria di qualcosa. In questa prospettiva s. (soprattutto nel francese esprit) viene a indicare tanto il significato più vero di qualcosa, quanto la particolare facoltà, la particolare attitudine che permette di coglierlo (così, per es., l’esprit de finesse di B. Pascal); sempre nello stesso ambito si colloca l’esprit des lois, che in Montesquieu indica il carattere di quell’insieme di norme che regolano i rapporti di una determinata nazione, in relazione alle condizioni ambientali, sociali, storiche di ciascun popolo. Nell’ambiente romantico lo s. del popolo (Volksgeist) viene a indicare l’unità organica caratteristica di ciascun popolo, spesso contrapposto (quindi anche in polemica con Montesquieu) alle sue formali istituzioni giuridiche; tale s. del popolo viene individuato nella lingua, nelle tradizioni popolari, nella letteratura, nel costume, e costituisce ciò che caratterizza e individua ogni popolo.
Al significato di s. come facoltà o attitudine capace di cogliere qualcosa che non cade immediatamente sotto i sensi e che non è oggetto di conoscenza intellettiva, si congiunge in I. Kant l’uso di Geist, collocato nell’ambito della problematica estetica, con connessioni con il concetto di genio, a indicare l’‘originalità del pensiero’, la spontaneità e la creatività.
Centrale il concetto di s. nella filosofia di G.W.F. Hegel, fondamentale in tutto l’idealismo successivo. Hegel distingue 3 momenti dello s., lo s. soggettivo (l’intelletto, la ragione individuale), lo s. oggettivo (il complesso delle istituzioni fondamentali del mondo storico umano), lo s. assoluto che si realizza attraverso l’arte, la religione e la filosofia in cui si attua la piena autocoscienza. Il significato e i vari usi hegeliani del termine s. avranno importanza fondamentale in tutto il pensiero dell’Ottocento, e soprattutto nelle varie forme di idealismo, come infine nel neoidealismo italiano.
In grammatica, aspirazione: in particolare, nella grammatica greca, s. aspro, l’aspirazione che in alcune parole accompagna la vocale iniziale, e che è costante per la consonante ρ; viene indicata con il segno «῾» (ὁμοῦ, ῥεῖ), mentre l’assenza di aspirazione è indicata con il segno «’», detto s. lene o dolce (ὀνόματος).
Con s. Didascalia che prescrive una esecuzione vivace e brillante di una composizione o di un passaggio musicale.
Nella teologia cattolica lo S. è una delle 3 persone della Trinità e s. sono detti altri esseri immateriali (angeli) o distaccati temporaneamente dalla materia (le anime delle persone morte).
Più genericamente, principio di vita religiosa, morale, intellettuale di cui l’uomo è in vari modi e in varie misure partecipe e per il quale si eleva sul mondo materiale. Nei testi della rivelazione cristiana, e specialmente in san Paolo, la parte dell’uomo non soggetta alla carne, cioè agli appetiti inferiori e alle tendenze peccaminose, e in lotta con queste per far ottenere all’uomo la salvezza.
Lo S. Santo (gr. ῞Αγιον Πνεῦμα, lat. Spiritus Sanctus) è la terza persona della Trinità, che secondo la teologia cattolica, procede dal Padre e dal Figlio come da un solo principio. Il modo con cui lo S. Santo procede dal Padre è detto spirazione. Attorno al problema della sua processione si sono sviluppate molte controversie e si sono elaborate varie teorie (➔ Trinità). I doni dello S. Santo sono abiti soprannaturali infusi da Dio all’anima umana: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà, timor di Dio.
La raffigurazione dello S. Santo compare nelle rappresentazioni del Battesimo di Cristo, dell’Annunciazione, della Pentecoste e della Trinità, per lo più sotto la forma simbolica di colomba, tratta dalla narrazione evangelica del battesimo di Gesù; solo nella Pentecoste figura come lingue di fuoco, secondo il testo degli Atti degli Apostoli. In alcune raffigurazioni della Trinità, soprattutto tra 10° e 16° sec., viene rappresentato come figura virile, pratica vietata da Benedetto XIV nel 1745.