qualità Proprietà che caratterizza una persona, un animale o qualsiasi essere, una cosa ecc., come specifico modo di essere, soprattutto in relazione a particolari aspetti o condizioni, attività, funzioni e utilizzazioni.
Q. totale della prestazione di lavoro Espressione con cui si indicano i vari compiti per i quali un lavoratore viene assunto e che identificano il contenuto tipico dell’obbligazione di prestazione del lavoro. La prestazione di lavoro consiste, infatti, nello svolgimento di una attività determinata alle dipendenze di un altro soggetto, mediante sottoposizione tecnico-funzionale del prestatore ai poteri del datore. L’individuazione dell’esatto contenuto della prestazione è data, quindi, in primis, dalle mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto. Queste rappresentano l’insieme dei compiti che il lavoratore può essere chiamato a svolgere e che possono essere pretesi dal datore di lavoro. Gli ulteriori requisiti della prestazione lavorativa sono indicati dall’art. 2104 c.c., che fa riferimento alla diligenza e all’obbedienza quali parametri di riferimento normativi in base ai quali valutare la correttezza nell’adempimento dell’obbligo di lavorare.
Nella pratica mercantile, si intende per q. della merce l’insieme delle sue proprietà intrinseche ed estrinseche. Nella terminologia commerciale, q. mercantile o q. buona (o sana) e mercantile, clausola che impone genericamente al venditore la consegna di una merce avente proprietà intrinseche ed estrinseche non inferiori alla media. Per rispondere a questa clausola generica le varie specie di merci devono possedere determinate, specifiche caratteristiche.
La certificazione di q. è l’attestato di q. di un prodotto in relazione a processi dinamici di trasformazione. L’allargamento e l’internazionalizzazione dei mercati e l’abbattimento delle barriere doganali ha oggettivamente incrementato la competizione commerciale, imponendo la certificazione della q. al fine di mantenere elevato il valore d’uso dei prodotti. La domanda di certificazione si è coerentemente coordinata con quella di sistemi di valutazione (materiali, metodi, processi) che facciano riferimento a valori scientifici, tecnici, merceologici. La ricerca delle q. può essere perseguita seguendo diverse fasi così schematizzabili: a) caratterizzazione e formulazione delle specifiche di q.: studio del sistema con criteri interdisciplinari e pluridisciplinari e definizione degli standard; b) razionalizzazione, armonizzazione, ottimizzazione: conferma o modifica delle specifiche (in accordo con gli interessi di tutte le categorie di persone coinvolte e con le esigenze economiche, etiche, sociali e ambientali) e stesura di piani di realizzazione; c) controllo di q.: realizzazione dei piani in regime di controllo analitico (monitoraggio) e continuo e di interventi correttivi efficaci; d) vigilanza a valle della realizzazione.
La materia è definita e regolamentata a livello internazionale dalle norme ISO 9000 (International Organization of Standardization), emanate nel 1987. Si compongono di 4 norme (9001, 9002, 9003, 9004) che si adattano a tutte le fasi della produzione: possono regolamentare l’intero ciclo di lavorazione (dalla progettazione all’assistenza postvendita) o limitarsi all’assicurazione della q. nei controlli e collaudi finali. Tali norme, messe a punto con il consenso e la cooperazione di tutte le parti interessate (produttori, consumatori e autorità competenti), sono state integralmente recepite dall’Unione Europea che, attraverso il CEN (Comité Européen de Normalisation), le ha pubblicate sotto la sigla EN 29000; le stesse, in Italia, vengono denominate norme UNI (Ente Nazionale di Unificazione) 29000.
Per poter ottenere la certificazione nel nostro paese, occorre rivolgersi a organismi di certificazione e a laboratori di prova che abbiano ottenuto l’accreditamento da parte, rispettivamente, del Sincert (Sistema nazionale accreditamento organismi di certificazione) e del SINAL (Sistema Nazionale Accreditamento Laboratori). Sincert e SINAL sono associazioni costituite da UNI e CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano) con soggetti privati e pubbliche amministrazioni per svolgere l’attività di accreditamento e per instaurare rapporti di reciprocità con gli analoghi organismi degli altri paesi che aderiscono al CEN e all’ISO.
Nell’organizzazione aziendale, la q. è determinata, secondo l’EOQC (European Organization for Quality Control), dalla totalità degli elementi e delle caratteristiche di un prodotto e/o servizio relativi alla capacità di soddisfare un determinato bisogno. Per sottolineare l’aspetto di globalità della misura e degli interventi viene spesso utilizzata l’espressione q. totale, definibile come l’abilità in più che permette di integrare le diverse competenze aziendali a profitto dell’impresa e dei clienti, conciliando conoscenze di tipo tecnico-scientifico (modellistica, statistica, tecniche per l’assicurazione di q., analisi del valore e gestione economica della q., normalizzazione di componenti, lavorazioni e procedure) con conoscenze di tipo empirico (marketing, direzione partecipativa, decentramento decisionale con responsabilità locale). Queste trasformazioni sono state accompagnate da un’evoluzione qualitativa della normativa, passando da norme di specifica (la forma di un bullone, le caratteristiche della corrente elettrica) a norme di gestione della q. (assicurazione di q., analisi del valore, statistiche ecc.). La certificazione di q. è divenuta uno strumento centrale di strategia aziendale, mentre si sono diffuse normative e definizioni divenute standard internazionali (in particolare, le norme ISO). In base a tali norme, l’assicurazione (o garanzia) della q. è l’insieme delle azioni pianificate e sistematiche necessarie a dare adeguata confidenza che un prodotto o un servizio soddisfi determinati requisiti di q. ed è realizzata completamente solo se i requisiti considerati corrispondono pienamente alle esigenze dell’utente e vengono valutati e controllati i fattori che influenzano l’adeguatezza della progettazione (e/o delle specifiche) rispetto agli impieghi previsti, alle fasi di produzione, installazione e collaudo. La conduzione aziendale per la q. è rivolta alla definizione e attuazione della politica aziendale per la q. (pianificazione, destinazione di risorse ecc.), con il coinvolgimento di tutte le componenti dell’organizzazione. Il controllo della q. riguarda le tecniche e le attività a carattere operativo messe in atto per tenere sotto controllo i processi operativi, eliminare le cause di carenze in determinate fasi, migliorare l’efficienza economica, soddisfare i requisiti della q. del prodotto. Il piano della q. è il documento che precisa le modalità operative, le risorse e le sequenze di attività che influenzano la q. di un determinato processo, servizio, contratto o progetto. La politica per la q. riguarda gli obiettivi e gli indirizzi generali di un’organizzazione per quanto riguarda la q., espressi in modo formale dal gruppo dirigente. Il sistema q. comprende la struttura organizzativa, le responsabilità, le procedure e le risorse messe in atto per la gestione aziendale della q.: esso dovrebbe comprendere solo quanto necessario a conseguire gli obiettivi di q. e deve poter essere verificabile anche per singole parti del sistema. La sorveglianza della q. è la verifica e controllo continuo dello stato di procedure, metodi, condizioni, processi, prodotti e servizi, esame di verbali e certificati a fronte di documenti di riferimento prestabiliti, in modo da assicurare il soddisfacimento dei requisiti fissati per la qualità. La verifica ispettiva della q. è l’esame sistematico e indipendente per determinare se le attività svolte per la q. e i risultati ottenuti sono in accordo con quanto pianificato, e se quanto predisposto viene attuato efficacemente e risulta idoneo al conseguimento degli obiettivi.
Per la q. totale le aziende operano, in genere, attraverso tre macroprocessi: pianificazione (legata al concetto di prevenzione, per evitare errori legati al prodotto, al processo tecnologico e organizzativo e al sistema), misura (attraverso indicatori di vario tipo, fra cui indicatori di costo) e miglioramento (processo mediante il quale vengono eliminati errori nella progettazione e viene anticipata la richiesta dell’utente).
Caratteristiche e attributi commerciali. Secondo l’approccio della q. totale, la q. diviene un criterio per segmentare il mercato e le tipologie dei prodotti agroalimentari in base alle fasce dei consumatori; in funzione delle aspettative soggettive viene così dato un peso diverso all’uno o all’altro aspetto della q., che diviene, in questa accezione, un concetto prevalentemente soggettivo. Tuttavia va riconosciuto che i prodotti alimentari possiedono alcune utilità di base, legate soprattutto alla funzione principale che essi assolvono, ossia la soddisfazione degli aspetti nutrizionali; si possono quindi anche individuare elementi oggettivi della qualità. In definitiva, la q. per i prodotti agroalimentari è un concetto complesso, in cui si hanno elementi oggettivi e soggettivi.
Tra gli elementi oggettivi si annoverano le caratteristiche nutrizionali, gli aspetti igienico-sanitari e gli attributi commerciali. Le caratteristiche nutrizionali sono date sia dalla presenza nel prodotto dei diversi nutrienti sia dal loro rapporto; inoltre, esse comprendono aspetti quantitativi (ovvero l’apporto energetico) e aspetti qualitativi (presenza o meno di componenti specifiche quali vitamine, minerali ecc.). Gli aspetti igienico-sanitari necessitano di garanzie di sicurezza, in termini di non tossicità, dell’alimento. Gli attributi commerciali si riferiscono agli aspetti esteriori del prodotto (forma, pezzatura, colore ecc.) e sono quindi immediatamente percepibili dal consumatore. Questi aspetti sono particolarmente importanti nella strategia di mercato in quanto, a parità di caratteristiche intrinseche (nutrizionali, igieniche), consentono di differenziare i prodotti.
Nell’ambito degli elementi soggettivi, invece, si annoverano: le q. organolettiche, le q. psicosociali, le q. di servizio e le q. tecnologiche. Le q. organolettiche comprendono gli attributi di ordine sensoriale (colore, odore, aroma, gusto), cui va a sommarsi il livello psicologico legato all’immagine di un prodotto, da correlare a sua volta con le occasioni di consumo; gli attributi sensoriali sono in qualche modo oggettivabili attraverso panels di consumatori tramite i quali graduare il livello sensoriale. Le q. psicosociali sono fortemente legate a fattori culturali (tradizioni e ricorrenze), religiosi, sociali. Le q. di servizio sono in parte riconducibili a quelle commerciali, ma sono in modo più specifico legate all’utilità che, soggettivamente, ogni consumatore attribuisce a componenti quali la capacità di conservazione, la facilità di impiego, la possibilità di reperimento, il costo, gli aspetti regolamentari (peso, data di confezionamento e di scadenza, marchi di garanzia ecc.), che nel loro insieme contribuiscono alla riconoscibilità del prodotto e sono quindi sempre più legati all’etichetta come veicolo di informazioni. Le q. tecnologiche, infine, costituiscono un elemento di riferimento, insieme a quelle commerciali, non tanto per il consumatore finale quanto per gli operatori intermedi della filiera e in particolare per le industrie di trasformazione e per la grande distribuzione.
Gli elementi oggettivi e soggettivi che caratterizzano la q. sono esprimibili in funzione di standard che consentono un confronto tra un alimento e un sistema di riferimento. Il problema diviene quindi l’identificazione degli standard per ogni prodotto e per ogni componente, la loro misurazione, valutazione e garanzia. Su questi aspetti interviene il sistema di normazione, controllo e certificazione che può riguardare in modo specifico gli aspetti oggettivi della q., che quindi possono essere valutati dal consumatore prima dell’acquisto, mentre successivamente subentrano gli elementi soggettivi. Per i prodotti agroalimentari queste norme vengono dette ‘disciplinari’.
Attraverso il controllo è possibile certificare, e quindi garantire, la q. dei prodotti. La certificazione non garantisce che un prodotto sia, in assoluto, migliore di un altro, ma esprime piuttosto la conformità a determinate regole di produzione ed è l’elemento centrale per creare un flusso informativo all’interno del sistema agroalimentare.
Le politiche per la q. nei prodotti agroalimentari. Nell’ambito dell’UE esiste, riguardo al concetto di q., una differenza piuttosto marcata tra paesi di cultura anglosassone e paesi dell’area mediterranea. Nei primi la q. viene intesa in senso normativo, ossia come rispetto di standard prefissati di produzione; nei paesi mediterranei prevalgono, al contrario, le componenti differenziali della q., espresse da concetti quali la tipicità e la genuinità. Questa differenza di approccio ha portato alla necessità di armonizzare le normative nazionali per abbattere le barriere fisiche, tecniche e doganali, fonti di protezionismi più o meno occulti, esigenza derivante anche dalla creazione del Mercato Unico Europeo.
L’approccio dell’UE si articola su due livelli: l’armonizzazione minima o selettiva, volta a stabilire il rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza e sanità, garantiti i quali i prodotti potranno circolare liberamente sul territorio dell’Unione; il mutuo riconoscimento che ogni prodotto dovrà ottenere, se riconosciuto a norma nel paese d’origine, anche negli altri. Accanto a questi due principi l’UE ha emesso alcune norme volte a definire due categorie principali di prodotti alimentari, ossia i prodotti industriali e quelli tipici. I prodotti industriali sono quelli le cui caratteristiche finali sono determinate soltanto dal processo produttivo e dalla tecnologia; i prodotti tipici si distinguono in quanto legati a una ben individuata zona d’origine, alla tradizione locale, a tecnologie e materie prime specifiche. In sostanza, attraverso il duplice canale dei prodotti industriali e dei prodotti tipici l’UE ha accolto sia il concetto di q. indotta, basato sulla tecnologia frutto dell’abilità industriale e correlato con una forte politica di marca, prevalente nei paesi nordeuropei, sia quello di q.-tipicità, legato all’origine e promosso attraverso marchi di tutela, diffuso soprattutto in Francia e in Italia. A questo fine sono stati emanati i regolamenti CEE 2081/92 e 2082/92 che prevedono la possibilità, per prodotti rispondenti a determinati standard di tipicità e origine, di fregiarsi dei marchi di Denominazione di Origine Protetta (DOP), di Indicazione Geografica Protetta (IGP), di Attestazione di Specificità (AS). I primi due riguardano «il nome di una regione, località o paese che designi un prodotto originario di tale zona e le cui qualità possono essere attribuite all’ambiente geografico» (art. 2 reg. 2081/92), ma si differenziano in quanto la DOP prevede che tutte le fasi di produzione avvengano nell’area indicata, mentre per la IGP è sufficiente che venga realizzata una sola fase. L’AS riguarda invece quei beni che si differenziano da altri simili per la loro tipicità, indotta da caratteristiche delle materie prime o del processo di lavorazione. A questi vanno aggiunti i cosiddetti prodotti tradizionali, regolati dal d. legisl. 173/30 apr. 1998, «le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo».
In filosofia, il concetto di q. assume valori diversi nelle varie correnti di pensiero e nei vari pensatori, fino a perdere rilievo nelle correnti contemporanee.
La prima esplicita definizione della nozione di q. risale ad Aristotele, che distingueva due significati del termine. Nel primo significato la q. è la caratteristica che distingue una sostanza all’interno di un genere (per es., l’essere bipede è la q. dell’uomo in quanto animale, l’essere quadrupede lo è del cavallo); in questo senso la q. corrisponde alla differenza specifica. Nell’altro significato la q. è uno dei modi che può assumere una sostanza e Aristotele poneva la q. così intesa tra le categorie in una posizione subordinata rispetto alla sostanza, intendendo con essa la classe più generale entro cui rientrano tutti i predicati designanti ciò che inerisce in modo non essenziale o non necessario a una sostanza, ossia le caratteristiche accidentali in virtù delle quali una sostanza è simile, diversa o contraria rispetto a un’altra. È soprattutto questo secondo significato, definito da Aristotele nelle Categorie, che si sarebbe tramandato nella filosofia scolastica, insieme con la distinzione aristotelica della q. in quattro gruppi: gli abiti e le disposizioni; le capacità; le forme o figure, ossia le determinazioni geometriche; le affezioni, ossia le caratteristiche e le alterazioni sensibili della sostanza, che sono le q. sensibili. Relativamente a quelli che chiamava sensibili (αἰσϑητά), corrispondenti alle qualità sensibili del Medioevo, Aristotele aveva inoltre distinto, nel De Anima, le q. proprie, oggetto di uno solo dei cinque sensi, e le q. comuni, oggetto di più sensi.
Anche questa ulteriore distinzione rimase pressoché invariata nella scolastica, la quale, nel suo periodo più tardo, introdusse l’ulteriore distinzione tra q. sensibile (o manifesta) e q. occulta, concepita, quest’ultima, come un potere interno alle cose che non cade sotto i sensi ma si coglie soltanto attraverso i suoi effetti. La nozione di q. occulta, che è in larga misura alla base delle ricerche magico-alchimistiche e naturalistiche del Rinascimento, doveva suscitare polemiche nella nascente scienza seicentesca di orientamento meccanicistico, che vedeva nella fisica qualitativa di origine aristotelica soltanto pseudospiegazioni.
Nell’età moderna, inoltre, si assiste a una profonda trasformazione del concetto di q.: a partire da una prospettiva empiristica lo schema aristotelico sostanza-q. viene sostituito da schemi interpretativi meccanicistici e matematici (quantitativi) il cui esito è rappresentato dalla distinzione tra q. primarie (oggettive, reali) ritenute proprie dell’oggetto e suscettibili di determinazione quantitativa (grandezza, figura, moto), e q. secondarie, essenzialmente soggettive in quanto ritenute effetto delle q. primarie sugli organi di senso (colori, odori, sapori, suoni). Questa distinzione, implicita nell’atomismo greco, fu riaffermata in età moderna da G. Galilei, T. Hobbes, P. Gassendi, R. Boyle e J. Locke, al quale se ne deve soprattutto la diffusione.
Il problema della misurazione e, più in generale, della riduzione all’ambito matematico delle q. sensoriali è stato al centro degli interessi della psicofisica fin dal 19° sec., benché la differenza tra tipi di sensazioni, diversamente dalle variazioni di intensità all’interno di uno stesso tipo, abbia sempre rappresentato un argomento a favore della loro natura irriducibilmente qualitativa.
In grammatica, complemento di q., quello che ha la funzione, in concorso con l’aggettivo qualificativo, di determinare una persona o una cosa esprimendone una qualità (per es. un anello di gran valore). È introdotto dalla prep. di e più raramente con, a, da.
Q. della vita Locuzione che indica la percezione che i soggetti hanno delle loro possibilità di usare al meglio le disponibilità, sia economiche sia culturali in senso lato, presenti nel loro universo di riferimento e di vita quotidiana. Si discute di q. della vita solamente nelle società avanzate, in quanto ovviamente in quelle che sono afflitte da problemi di sopravvivenza (fame, siccità, guerra, malattie infettive e infantili particolarmente diffuse), cioè laddove la vita stessa è in pericolo, il problema della sua q. non si pone.
Sempre più si parla di procedure per la misurazione della q. della vita, spostando il centro dell’analisi dai fattori più strettamente economici, materiali, a quelli psicologici, personali, di resistenza psicofisica ai traumi esistenziali, di tempra nel superare le avversità. Il rapporto annuale dell’ISTAT considera fattori essenziali gli ambiti della giustizia, della sanità, dell’istruzione, della pubblica amministrazione in rete via computer, dell’accessibilità ai servizi, nonché dei rapporti con i servizi pubblici. Rilevante è tuttavia soprattutto la percezione che gli individui hanno della propria condizione. Fattori oggettivi e soggettivi influiscono sulla stessa possibilità che i soggetti hanno di rendersi conto di godere o meno di una vita di qualità.
Un aspetto particolare assume la valutazione della q. della vita in rapporto alla percezione della salute, nel contesto di misure di vario tipo (clinico, umanistico ed economico). La ricerca clinica utilizza questo genere di misure per valutare l’efficacia e l’adeguatezza delle cure medico-sanitarie, i benefici e i costi degli interventi applicati e il livello di salute della popolazione generale.
In ingegneria, il coefficiente di q. è un parametro descrittivo del comportamento, da un desiderato punto di vista, di un prodotto industriale nell’impiego. Nel caso di materiali da costruzione, per es., il coefficiente di Tetmajer (dato dal prodotto tra carico di rottura unitario e allungamento unitario di rottura) è usato quale indice delle caratteristiche di resistenza e malleabilità di materiali ferrosi, essendo quasi costante per tali materiali di comune impiego; per materiali lapidei, il coefficiente di q. di Deval, usato per caratterizzare i tipi di pietrisco nelle costruzioni stradali, indica la resistenza complessiva al rotolamento e agli urti (➔ Deval). Nel caso di stoffe, il coefficiente di q. è il rapporto tra resistenza a trazione per unità di larghezza e massa per unità di superficie.
In elettronica e in elettrotecnica, il fattore di q. (o cifra, di merito o di bontà) è una grandezza numerica, spesso indicata con Q, con cui si caratterizzano componenti o circuiti in relazione a determinati usi. Esso è il rapporto tra potenza reattiva e potenza dissipata; perciò un induttore di induttanza L e resistenza R, attraversato da corrente di frequenza f, ha Q=2πfL/R mentre un condensatore di capacità C e resistenza equivalente R ha Q=1/2πfCR=1/tgδ, dove δ è l’angolo di perdita; nei circuiti oscillanti il coefficiente di risonanza è il fattore di q. alla frequenza di risonanza.
Nella tecnica dei trasporti terrestri, specialmente di quelli ferroviari, la q. di marcia di un veicolo può essere valutata misurando l’affaticamento provocato nei viaggiatori dalle oscillazioni connesse con il moto del veicolo stesso. Nell’uso marinaresco a determinare la q. sono le caratteristiche derivanti dall’armonica fusione di proprietà quali: galleggiabilità, stabilità statica e dinamica, stabilità di piattaforma, resistenza all’avanzamento, manovrabilità, compartimentazione stagna. Buone q. nautiche sono indispensabili per una navigazione sicura in condizioni meteorologiche avverse.
La q. di volo è l’insieme delle caratteristiche di stabilità, di controllo e di comando di un aeromobile determinanti per la sicurezza del volo e per la condotta del velivolo, sia nel moto di regime sia nel moto vario. Rientrano in particolare tra le q. di volo la manovrabilità (capacità dell’aeroplano di effettuare con prontezza determinate manovre) e la maneggevolezza (facilità di pilotaggio).