Determinazione del valore di un bene ragguagliato in moneta.
La crescente esigenza di conseguire uno sviluppo sostenibile (➔ sostenibilità) implica il raggiungimento di adeguate procedure di v. economica dei beni ambientali. Poiché questi sono beni pubblici di libera fruizione, sono difficilmente computabili sia le esternalità positive a essi associate (come, per es., il flusso di servizi), in quanto prive di mercato e quindi di prezzo, sia le esternalità negative, causate dai processi produttivi antropici (come, per es., inquinamento e decremento dello stock fisico delle risorse). Una v. adeguata dei benefici e dei danni è alla base dei criteri di correzione, volti a considerare il valore dell’ambiente, delle più comuni misure di contabilità della ricchezza nazionale, come, per es., il PIL. L’obiettivo è di giungere a indici della ricchezza prodotta che tengano conto anche dei danni e dei benefici ambientali.
Su scala minore, la v. economica dei beni ambientali consente di disporre di un quadro più realistico dell’impatto causato da progetti o da politiche. Nel primo caso, la v. può essere inserita in procedure quali l’analisi costi benefici (ACB) o all’interno della v. di impatto ambientale (➔). Essa diviene anche strumento per esprimere un giudizio sulle politiche pubbliche. In effetti, in molti paesi europei la legislazione che regolamenta gli interventi pubblici prevede fasi dedicate alla loro valutazione. Lo stesso avviene a livello comunitario, ove la normativa che istituisce le politiche di sviluppo, e in particolare l’erogazione dei fondi strutturali, contiene precise indicazioni per l’implementazione di un adeguato processo di valutazione. A tale riguardo la direttiva 2000/42/CE del 27 giugno 2001 ha introdotto la v. ambientale strategica (VAS) che considera gli effetti ambientali dei piani e dei progetti di sviluppo del territorio in scala nazionale, regionale e locale.
La v. è sempre accompagnata da un idoneo monitoraggio e si distingue, relativamente al momento in cui opera, in v. ex-ante, in itinere o ex-post. Inoltre, si suole differenziare la v. di efficienza, che misura la quantità dei risultati raggiunti in rapporto alle risorse impiegate, dalla v. di efficacia, ossia la capacità di soddisfare gli obiettivi dichiarati. Visto che la sostenibilità è divenuta uno degli obiettivi prioritari, appare di particolare rilevanza inserire le componenti ambientali nel computo della variazione del benessere della popolazione coinvolta nel progetto. L’obiettivo principale della v. economica dei beni ambientali in tal senso è quello di assistere l’operatore pubblico nell’individuazione, attraverso la massimizzazione dei benefici netti, del migliore livello di efficienza economica di una politica. Affinché la v. sia efficace, è necessario contabilizzare adeguatamente tutti i valori ambientali non di mercato racchiusi nel concetto di valore economico totale (VET). Quest’ultimo comprende, oltre ai valori d’uso o reali, ossia connessi alla fruizione (diretta o indiretta) del bene, anche il valore d’opzione e i valori di non uso o intrinseci. Il primo si riferisce alla eventualità di una utilizzazione futura (opzione) delle risorse ambientali, resa possibile da un’attuale preferenza verso la conservazione; i secondi esprimono un sistema di preferenze che può entrare a far parte del benessere degli individui, indipendentemente dal flusso di benefici strumentali che gli stessi ne traggono. Tali valori esprimono un atteggiamento meno utilitaristico e antropocentrico, riferendosi a un sistema etico che dà importanza alla necessità di lasciare alle generazioni future la possibilità di disporre delle risorse (valore di eredità) o assegna alle specie e alla loro organizzazione biologica un valore intrinseco, indipendentemente dall’uso umano (valore di esistenza).
Le metodologie per la v. dei beni ambientali spesso si sono sviluppate per valutare il danno causato da disastri ambientali come, per es., i naufragi di alcune petroliere in vicinanza delle coste. I metodi seguiti di norma dall’estimo tradizionale tendono a identificare il valore del danno con un aspetto economico specifico. Per es., il costo del recupero di un sito inquinato viene stimato in base al costo degli interventi di bonifica. Tuttavia in tal modo non è possibile tenere conto di tutte le categorie di valore facenti parte del VET, e quindi si sottostima il danno connesso alla loro perdita. Data la natura di beni pubblici dei beni ambientali, non è possibile determinarne il valore economico con la semplice osservazione dei comportamenti di mercato. Il sistema dei prezzi non è applicabile a beni caratterizzati da non appropriabilità, non escludibilità e non rivalità di consumo. Sono stati così messi a punto diversi metodi di v. basati sulla stima della funzione di domanda del bene oggetto di v., basati sull’assunto che il valore del bene dipende dal benessere sociale che ne ricavano i consumatori. I metodi monetari di v. economica dei beni ambientali tendono quindi a misurare la disponibilità degli individui a pagare per i valori di uso, di opzione e di non uso. Tali metodi possono essere distinti in diretti e indiretti. I primi ricavano la v. economica individuale direttamente dalle dichiarazioni degli intervistati, mentre i secondi la deducono indirettamente dai comportamenti dei consumatori, essendo basati sull’associazione che si instaura durante l’attività di consumo di beni privati con i beni ambientali dei quali si vuole dedurre il valore.
Si va affermando come la tecnica più affidabile ma anche più efficace la v. contingente (CV, contingent valuation), che impiega indagini campionarie e la pratica dell’intervista per cogliere la disponibilità a pagare, espressa in moneta, da parte dei consumatori relativamente a specifici progetti di tutela, o di miglioramento della qualità, di un bene ambientale. La CV aggira il problema dell’assenza dei mercati, creandone uno ipotetico in cui sia possibile acquistare il bene e dedurre la disponibilità a pagare. Può essere condotta con diverse metodiche di campo, che tendono a simulare ciò che accade effettivamente sul mercato o in una consultazione referendaria. In genere, l’intervistato è posto di fronte all’alternativa tra pagare un certo prezzo per un bene ambientale o accettare l’equivalente per rinunciarvi. Sulla base delle dichiarazioni, si stimano i benefici individuali medi, che vengono poi generalizzati ed estesi a tutta la popolazione mediante tecniche statistiche.
In pedagogia e nell’ordinamento scolastico, accertamento del profitto scolastico dell’alunno. La v. dell’apprendimento è uno dei temi più impegnativi della ricerca pedagogica contemporanea, che, oltre ad approfondire i problemi dell’accertamento del profitto scolastico, si è preoccupata di recuperare le potenzialità educative della v. stessa nel più ampio contesto dei processi d’insegnamento-apprendimento. Con riguardo al profitto individuale dell’alunno, il momento valutativo appare come la fase terminale di una complessa procedura di verifica, necessariamente preceduta dall’assegnazione di prove diverse, adeguatamente strutturate e misurate. Si suole distinguere una v. formativa da una v. sommativa: la prima interviene durante l’iter formativo e ha lo scopo di individuare le difficoltà eventualmente incontrate nell’apprendimento e le misure da adottare per renderlo più sicuro o efficace; la seconda si realizza invece al termine di un programma o corso di studi e si concreta in un giudizio globale che ha quasi sempre rilievo fiscale, di certificazione del profitto, espresso in forma descrittiva o in forma quantitativa (per es., in decimi, in centesimi o in trentesimi). In ogni caso, ‘valutare’ vuol dire istituire un confronto tra gli obiettivi dell’attività formativa e i risultati raggiunti. Oggetto di v. sono per lo più le abilità mentali coinvolte nei processi di istruzione formale, previste da specifiche tassonomie, alcune più marcatamente influenzate da teorie psicologiche (R. Gagné, M. Merrill), altre maggiormente orientate in senso pedagogico (come quelle di G. de Landsheere e soprattutto di B.S. Bloom). Il campo della v. si è esteso anche all’insieme delle condizioni, delle variabili e degli effetti di una determinata strategia educativa. In questo caso la v. del profitto individuale degli allievi diventa uno degli aspetti da considerare, accanto ad altri (risorse impiegate, tipi di intervento didattico, tempi di esposizione alle attività di formazione ecc.), per poter esprimere un giudizio ponderato sulla qualità, l’efficacia e l’opportunità stessa della strategia adottata.
Nell’ordinamento scolastico italiano, la v. degli alunni, sia intermedia (con scadenza trimestrale o quadrimestrale) sia finale, è di competenza del consiglio di classe, composto dai docenti della classe e dal preside o da un suo delegato. La valutazione è regolata in via generale dall’art. 4 del d.p.r. 275/1999, che demanda alle scuole l’adozione di «modalità e criteri per la valutazione degli alunni, nel rispetto della normativa nazionale». A questo proposito il d.p.r. 122/2009 prevede che le istituzioni scolastiche utilizzino come strumento la valutazione numerica, espressa in decimi, per le discipline e il comportamento, con la sola eccezione della scuola primaria, dove è previsto che la v. del comportamento sia espressa attraverso un giudizio, ferma restando la v. in decimi per le discipline. Il 1° e il 2° ciclo terminano con un esame di Stato (➔ esame). L’esito dell’esame del 1° ciclo è espresso in decimi, quello del 2° ciclo in centesimi. La normativa prevede inoltre la v. del servizio dei docenti al termine dell’anno di prova o a richiesta degli interessati (art. 440 e 448 d. legisl. 297/16 apr. 1994).
Negli ultimi anni del 20° sec. è stato dato notevole impulso alla v. d’insieme dei processi di istruzione, con riguardo agli esiti di funzionamento delle specifiche istituzioni scolastiche o a quelli dell’intero sistema di istruzione di un paese o area geografica. La ricerca comparativa in campo educativo ha elaborato una serie di indicatori internazionali in grado di commisurare gli andamenti dei sistemi di istruzione di paesi molto differenti fra loro: tassi di scolarizzazione ai diversi livelli di istruzione, rendimenti scolastici, rapporto studenti/insegnanti, durata dei percorsi di studio e tempi di esposizione all’azione formativa, organizzazione scolastica, spesa per studente, rapporto fra livelli di istruzione e occupazione della popolazione attiva, risorse pubbliche e private investite nel sistema, quota di reddito nazionale destinato all’istruzione e alla formazione. In Italia a tal fine è stato costituito un ente, l’INVALSI (➔ Istituto nazionale per la valutazione del sistema dell’istruzione) che gestisce anche il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) e provvede alla v. dei livelli di apprendimento degli studenti a conclusione dei percorsi dell’istruzione secondaria superiore, utilizzando le prove scritte degli esami di Stato secondo criteri e modalità coerenti con quelli applicati a livello internazionale per garantirne la comparabilità.
Nell’algebra, considerato un campo C, si dice v. a esso relativa una funzione ϕ dell’elemento variabile in C soddisfacente opportune condizioni che rispecchiano le proprietà formali del valore assoluto |a| di un numero reale a e precisamente: I) ϕ(0)=0; II) ϕ(a)>0 se a≠0; III) ϕ(a b)=ϕ(a)∙ϕ(b); IV) ϕ(a+b)≤ϕ(a)+ϕ(b). A seconda dei casi si possono avere v. archimedee, non archimedee, esponenziali ecc. Particolare importanza, anche storica, hanno le v. relative al campo Q dei numeri razionali; in questo caso infatti, oltre al valore assoluto, esistono altre funzioni soddisfacenti le I, II, III, IV, dette v. p-adiche, e definite da K. Hensel nel modo seguente: fissato un numero primo p, ogni numero razionale a si può scrivere in un solo modo nella forma a=pn(r/s), ove r, s, sono primi tra loro e non divisibili per p, e n è un opportuno intero, positivo, nullo o negativo; la relativa v. p-adica è allora ϕ(a)=p−n. Con un procedimento analogo a quello usato da G. Cantor per costruire i numeri irrazionali a partire dai razionali (come opportune classi di successioni convergenti di numeri razionali), si ottengono a partire dalle v. p-adiche i corpi p-adici, i quali, al contrario del corpo reale, sono corpi non archimedei.