Il processo o l’atto mediante cui i beni economici sono utilizzati e, nel caso di beni materiali, integralmente o parzialmente distrutti per appagare un bisogno ( c. di godimento) o per produrre nuovi beni ( c. produttivo o riproduttivo). Si dicono, in accezione particolare, c. improduttivi i c. che non producono nuova ricchezza. Il c., che consiste nel godere la soddisfazione derivante da un bene, include la fruizione di servizi. Il godimento del bene materiale ne comporta la distruzione totale o parziale: totale se si tratta di un bene non durevole; parziale se si tratta di beni di c. durevole. Oltre al c. individuale si prende in considerazione anche il c. aggregato, rilevato per una collettività nazionale, pari alla somma dei c. di tutti gli individui che appartengono a uno Stato. I c. possono essere privati e pubblici. I c. privati rappresentano una percentuale elevata del reddito nazionale, compresa di solito tra il 60% e il 70%. I c. pubblici sono costituiti dai beni e servizi che lo Stato fornisce ai cittadini: istruzione, difesa, giustizia, ordine pubblico, assistenza sanitaria. La funzione del c. esprime la relazione che intercorre tra il c. di un individuo e il suo reddito (funzione microeconomica) o tra il c. aggregato e il reddito nazionale (funzione macroeconomica). La propensione marginale al c. è l’incremento che subisce il c. quando il reddito aumenta di un’unità. La propensione media al c. è il rapporto tra c. e reddito. Secondo J.M. Keynes, che fondò la sua teoria della disoccupazione su questa relazione, la propensione marginale al c. può essere assunta costante e minore dell’unità nel breve periodo, ed è probabilmente decrescente nel lungo periodo al crescere del reddito. Economisti successivi a Keynes, tra i quali J.S. Duesenberry, F. Modigliani e M. Friedman, hanno messo in evidenza come il c. dipenda dal reddito disponibile, cioè dal reddito al netto delle imposte, e non solo dal reddito dello stesso anno ma anche da quello degli anni precedenti (effetto d’eco), o dal reddito medio che l’individuo ha avuto nel passato e pensa di avere nel futuro (ipotesi del reddito permanente), o infine dal desiderio degli individui di assicurarsi con il risparmio attuale il c. della vecchiaia (ipotesi del ciclo vitale). Altri fattori che influenzano il c. sono il saggio dell’interesse, il tasso d’inflazione atteso, la ricchezza, l’ammontare delle disponibilità liquide (in caso di razionamento del credito), la distribuzione del reddito. In particolare, la propensione marginale al c. è più elevata per i più poveri, più per i salariati che per i percettori di profitti (dividendi azionari). Duesenberry e altri hanno messo in luce l’influenza che esercitano sul comportamento del consumatore le scelte degli altri consumatori (effetto d’imitazione o di dimostrazione). Gli indici di c. sono numeri indici (➔ numero), che misurano le variazioni nel c. di singoli beni o di gruppi di beni in determinati paesi o regioni.
Imposte sui c. Sono quelle che colpiscono il reddito dei cittadini al momento e nella misura in cui è speso; rientrano, insieme con le imposte sui trasferimenti, nella categoria delle imposte indirette, che colpiscono le manifestazioni mediate della capacità contributiva, vale a dire il c. o il trasferimento dei beni. L’imposizione sui c. non ha mai carattere universale, ma si attua attraverso una serie d’imposte speciali sui singoli c. accertabili; non può tener conto della somma dei c. di ognuno e del rapporto tra la parte consumata e il totale del reddito. Storicamente, le imposte sui c. sono state ampiamente applicate nei sistemi tributari, perché produttive di gettito, soprattutto sui beni a domanda rigida e perché di più agevole modalità d’accertamento e riscossione. I generi colpiti entrano in proporzione diversa nel c. dei singoli o, se consumati da tutti (come l’energia elettrica), possono costituire una spesa relativamente rigida, qualunque sia il reddito totale consumato. Per rimediare alle sperequazioni, che derivano dal carattere regressivo di queste imposte, si tende a esentare i c. di prima necessità e a colpire con aliquote più elevate c. voluttuari e di lusso. Imposte suntuarie si possono far gravare anche sui beni a c. ripetuto. In linea di principio, si può, infatti, temperare o annullare la regressività delle imposte sui c., imponendo aliquote differenziate per categorie di beni di consumo. Si distinguono per il modo di riscossione: a) imposte riscosse con il sistema delle privative o monopoli fiscali (in Italia, imposte sui giochi e sul tabacco); b) imposte a riscossione mediata, dette anche accise, che lo Stato percepisce, anziché direttamente dai consumatori, da intermediari (importatori, produttori e venditori) che si rivalgono attraverso il prezzo sui consumatori (➔ accisa); c) imposte a riscossione immediata, prelevate presso il consumatore (in Italia, per es., il canone di abbonamento alla radiotelevisione).