Concentrazione attiva con la quale un soluto (elettrolito) presente in una soluzione (acquosa o no) prende parte agli equilibri che si stabiliscono nella soluzione stessa. Viene espressa come il prodotto della concentrazione ionica per un coefficiente correttivo, detto coefficiente di attività. L’impiego delle a. permette di applicare le espressioni termodinamiche valide per soluzioni ideali, infinitamente diluite, anche a soluzioni reali, concentrate, nelle quali non sono più nulli i termini di energia potenziale o d’interazione fra le molecole. Pertanto il coefficiente d’a. è uguale all’unità nelle soluzioni infinitamente diluite. I coefficienti d’a. si possono ricavare da misure di forze elettromotrici, da misure crioscopiche, ebullioscopiche, di tensione di vapore, eseguite su soluzioni; essi dipendono dalla natura della soluzione, dalla sua concentrazione e dalla temperatura.
Con significato più generale, facendo riferimento a sistemi polifasici a più componenti, l’a. aij del generico componente i-esimo presente nella fase j-esima è espressa dal rapporto fra la fugacita fij (➔ fugacità) e la fugacità f̄i0j dello stesso componente in uno stato standard di riferimento. Nel caso degli equilibri fra le fasi tale stato di riferimento viene definito considerando il componente i-esimo allo stato puro, alla stessa temperatura del sistema, nello stato di aggregazione della fase j-esima e a una pressione pari alla pressione totale del sistema. La stessa definizione di stato di riferimento vale anche nel caso degli equilibri delle reazioni chimiche, fatta eccezione per la pressione che è pari a 1 bar; se lo stato è gassoso, si aggiunge anche l’ipotesi che il comportamento nello stato di riferimento sia quello di un gas perfetto e conseguentemente f̄i0j, è uguale a 1 bar: pertanto l’a. di ogni componente in una miscela gassosa diventa numericamente uguale alla sua fugacità espressa in bar. In ogni caso l’a. è una grandezza adimensionale il cui valore numerico dipende dallo stato standard prescelto.
Per l’a. ottica ➔ isomeria.
Produzione di beni e servizi per soddisfare bisogni. Nel sistema economico si distinguono tre grandi settori di a.: l’agricoltura o settore primario, l’industria o settore secondario, i servizi o settore terziario. Il termine a. è anche usato per indicare qualsiasi assetto patrimoniale o credito appartenente a un soggetto economico, che quindi fa parte della sua ricchezza. Si distinguono le a. reali, che sono beni tangibili (fabbricati, terreni, macchine ecc.) e le a. finanziarie, che sono titoli di proprietà o diritti per ricevere denaro o valori da altri soggetti (moneta, azioni, obbligazioni ecc.). Nei bilanci delle aziende, le a. sono iscritte nella sezione di sinistra dello stato patrimoniale e sono distinte in a. correnti (liquide o convertibili in a. liquide entro un anno) e non correnti (immobilizzazioni tecniche), materiali (impianti ecc.) e immateriali (avviamento ecc.).
Nella teoria economica, analisi delle a. (dall’ingl. activity analysis) indica la metodologia per rappresentare tecnologie e possibilità di produzione mediante vettori, che elencano quantità di input e output. Si studia l’insieme delle a. fattibili, cioè tutti i processi produttivi alternativi che trasformano input in output secondo coefficienti compatibili con la tecnologia nota. Nell’analisi delle a. la tecnologia è a coefficienti fissi, ipotesi che consente l’applicazione delle tecniche di programmazione lineare alla teoria della produzione. Tasso di a. La percentuale degli appartenenti alla forza lavoro sul totale della popolazione.
In fisica nucleare, l’a. di una sostanza radioattiva è il numero di disintegrazioni nucleari che avvengono nell’unità di tempo. Sua unità di misura nel Sistema Internazionale (SI) è il becquerel. Si parla di a. α e β con riferimento ai decadimenti α e β, rispettivamente, di nuclidi radioattivi.
In neurofisiologia, si definisce a. nervosa il complesso dei segnali che si originano e circolano nel sistema nervoso (a. della cellula e della fibra nervosa, conduzione, trasmissione, eccitazione, inibizione, facilitazione ecc.). Il concetto è di fondamentale importanza sia a livello del singolo neurone (manifestandosi nei potenziali d’azione, elettrofisiologici, e nelle molteplici forme di trasmissione e circuitazione dell’impulso nervoso) sia a livello superiore (memoria, intelligenza, affettività ). Si parla di atopia neurologica di questi aspetti, i quali risultano dal funzionamento globale del sistema nervoso, dall’integrazione storica nel tempo e dalla costruzione personale delle esperienze e dei valori. Particolare significato va attribuito al concetto di a. vigile, legato alla stimolazione del tessuto reticolare, che induce una arousal reaction, un effetto d’allerta o di sveglia, con disincronizzazione dei tracciati corticali.
In neurolinguistica le indagini sulla generazione dell’enunciato verbale, specie con le ricerche nel campo dell’afasia, hanno condotto alla teoria dell’a. verbale elaborata da L.S. Vygotskij, che si basa sull’interdipendenza dinamica tra a. e sviluppo, in particolare sull’influenza determinante dell’a. del linguaggio sulla formazione dei processi psichici .
In psicopatologia l’a. è oggetto di importanti alterazioni:
iperattività o affaccendamento psicomotorio (nelle cosiddette psicosi della motilità, di Leonhard; nelle fasi iniziali di alcune sindromi demenziali; in certe oligofrenie, nelle agitazioni psicomotorie con o senza aggressività; nelle psicosi maniacali e ipomaniacali; negli eccitamenti da farmaci, specie da ammine simpatico-mimetiche, per es. simpamina, metedrina, pervitin, maxiton);
ipoattività o rallentamento psicomotorio (nelle depressioni melanconiche, nelle insufficienze mentali torpide, in certe sindromi psico-organiche con sopore, nelle demenze avanzate, nelle schizofrenie apatiche, atimiche e catatoniche);
a. senza scopo o ‘di traverso’, nei confusi e nei perplessi; a. ripetitive, monotone, negli oligofrenici e negli schizofrenici. L’osservazione dell’a., espressiva e motoria è oggetto di particolare studio nella psicologia delletà evolutiva.
In psicanalisi, tecnica introdotta da S. Ferenczi, per la quale l’analista , dopo un primo chiarimento dei motivi inconsci che condizionano la fobia, può sollecitare il paziente ad affrontare situazioni per lui difficili, per accelerare con tale a. l’analisi.