Si dice di struttura o ente che ha forma di rete o di reticolo.
Teoria sostenuta da W. Flemming (1843-1906), secondo la quale il citoplasma sarebbe formato da un intreccio di fibrille costituenti un reticolo, contenente acqua e sali disciolti.
Tessuto connettivo (detto anche tessuto a graticciata) presente in molti organi di natura e conformazione diversa, di cui costituisce lo stroma, formato, oltre che da elementi cellulari e da sostanza intercellulare anista, da una finissima rete di fibrille (➔ tropocollagene).
Le trasformazioni di struttura, ovvero variazioni di disposizione di atomi, molecole o ioni, che avvengono, a ben determinate temperature, in sostanze che hanno la possibilità di cristallizzare secondo simmetrie diverse, ognuna stabile in un certo intervallo di temperature, come per es., negli acciai. In tali trasformazioni, che possono essere sia reversibili sia irreversibili, si sviluppano nel materiale tensioni tanto intense da dar luogo, all’atto della transizione, a emissione acustica.
In endocrinologia, zona reticolare (o nella forma latina zona reticularis), la zona più profonda della corteccia delle ghiandole surrenali dei Mammiferi, nell’immediata vicinanza del midollo, così detta per l’irregolare distribuzione delle cellule che la costituiscono.
In neurofisiologia, formazione (o sostanza) reticolare, intricata rete di fibre nervose comprendenti gruppi di neuroni differenti tra loro per dimensioni e morfologia, che ha inizio dal bulbo, attraversa le strutture del tronco dell’encefalo e raggiunge il talamo ove si fonde con i nuclei della linea mediana. Costituisce la parte fondamentale di due sistemi che regolano le attività basali del sistema nervoso centrale: il sistema reticolare discendente e il sistema reticolare ascendente. In questo caso la nozione di sistema ha un significato più fisiologico che anatomico: infatti, le formazioni che lo integrano, cioè la sostanza reticolare (con il polimorfismo e la disseminazione delle sue cellule, e l’intricata disposizione delle fibre orientate in tutte le direzioni) e le vie che con decorso afferente o efferente lo collegano ai vari livelli del neurasse (midollo spinale, cervelletto, diencefalo, telencefalo) non sono delineabili con quella precisione che è possibile per altre formazioni encefaliche; in secondo luogo la sua individuazione è il frutto di un complesso di osservazioni realizzate con metodi prevalentemente elettrofisiologici.
Il sistema reticolare discendente, che è stato individuato dai neurofisiologi statunitensi H.W. Magoun e R. Rhines, agisce sul tono posturale e sull’attività motoria in genere (riflessi mono- e polisinaptici, movimenti destati da stimolazioni della corteccia o della capsula interna) con effetto facilitante o inibente: l’azione facilitante è svolta dalla sostanza reticolare del tegmento del mesencefalo, del ponte e della parte laterale del bulbo, quella inibente dalla sostanza reticolare della regione mediale del bulbo. La rigidità da decerebrazione, osservata da C. Sherrington negli animali dopo sezione dell’encefalo a livello del mesencefalo, sarebbe un esempio della liberazione dell’azione facilitante dai controlli superiori.
Il sistema reticolare ascendente, che è stato studiato in modo particolare dallo stesso Magoun e da G. Moruzzi, agisce sul diencefalo e sulla corteccia in senso facilitante, molto probabilmente attraverso le porzioni a omologa funzione del sistema discendente. La sua azione è estesa a tutta la corteccia e non limitata a particolari distretti: tale diffusione di effetto, in armonia con numerosi controlli sperimentali, indica che i suoi impulsi seguono vie differenti da quelle (lemnisco mediale e lemnisco laterale) che integrano i grandi sistemi sensitivi. Alla sua azione attivante viene attribuito il mantenimento del cosiddetto tono corticale e in particolare dello stato di veglia: questo sarebbe dovuto al continuo fluire sul diencefalo e sul telencefalo di impulsi destati nella sostanza reticolare da stimolazioni sensitive e sensoriali provenienti dai vari livelli del sistema nervoso.