Passaggio di energia da un sistema a un altro. In particolare, la t. del calore consiste nel trasferimento di energia termica da una zona dello spazio a un’altra. Condizione necessaria e sufficiente perché il fenomeno si verifichi è che il campo di temperatura (o in alcuni casi di altre grandezze termodinamiche quali la concentrazione, l’entalpia ecc.) non sia uniforme. La t. avviene da zone in cui il valore della temperatura è maggiore a zone nelle quali il valore di tale grandezza è minore. Il fenomeno, generalmente complesso, viene considerato come sovrapposizione di fenomeni che avvengono con modalità più semplici quali la conduzione, la convezione, l’irraggiamento, l’ebollizione, la condensazione, la sublimazione, la diffusione.
Nelle applicazioni, tra due fluidi separati da un elemento solido, si verifica spesso, in regime stazionario, t. di calore nella quale si ha presenza di convezione e irraggiamento (adduzione) e conduzione. Come esemplificazione, con riferimento a una parete piana di spessore s (m) e area S (m2) che separa due fluidi A e B, a temperature TA e TB (entrambe in K) rispettivamente (con TA>TB), il flusso termico dal fluido A al fluido B può essere espresso dalla relazione:
dove q rappresenta il flusso termico (quantità di calore trasmessa nell’unità di tempo); U è la trasmittanza (coefficiente di t. del calore fra due fluidi separati da una parete, anche detta coefficiente globale di scambio termico) e può essere espresso come:
dove hA e hB sono i coefficienti di adduzione relativi ai sistemi parete e ambiente A e B rispettivamente e tengono conto sia della t. di calore per convezione sia per irraggiamento, mentre k rappresenta la conducibilità termica interna del materiale costituente la parete. Nel caso in cui vi siano depositi da parte dei fluidi fra cui avviene la t. di calore, la trasmittanza si modifica secondo la relazione
con Us trasmittanza a superfici sporche e Rd fattore di insudiciamento, che rappresenta una resistenza termica aggiuntiva. Per pareti con più strati di materiali diversi per la trasmittanza U si può scrivere:
dove si e ki rappresentano lo spessore e la conducibilità dello strato i-esimo della parete e Σn Ran le resistenze termiche (per unità di superficie) delle eventuali intercapedini presenti nella parete.
In filologia, la serie delle vicende attraverso le quali un testo viene tramandato, talora nella sua primitiva stesura, altre volte modificato più o meno profondamente da interventi successivi; t. verticale, in cui ciascun testimone trae origine direttamente da un unico esemplare; t. orizzontale, quella in cui compaiono copie originate, per contaminazione, da più antigrafi (➔ contaminazione).
Gruppo di patologie – alcune frequenti, certe rare, alcune ubiquitarie, altre quasi esclusivamente limitate a determinate aree geografiche – causate da agenti infettanti estremamente eterogenei, che hanno in comune solo la possibilità di trasmettersi attraverso il contatto sessuale.
Il gruppo delle MST (malattie sessualmente trasmissibili, STD, sexually transmitted diseases), oltre a quelle un tempo chiamate malattie veneree, quali sifilide, blenorragia, ulcera molle, linfogranuloma venereo, granuloma inguinale, comprende tutte le malattie acquisite mediante contagio sessuale: infezioni sostenute da batteri (Chlamydia trachomatis, Mycoplasma hominis, Ureaplasma urealyticum), da virus (HIV, agente eziologico dell’AIDS e sindromi correlate; HBV, virus dell’epatite B; Cytomegalovirus; virus erpetici; virus del papilloma genitale; virus del mollusco contagioso), da agenti protozoari (Trichomonas vaginalis, Entamoeba histolytica, Giardia lamblia), da agenti fungini (Candida albicans), da ectoparassiti (Phtirius pubis e Sarcoptes scabiei). Le classiche malattie veneree sono caratterizzate da manifestazioni a carico dell’apparato genitale, in corrispondenza del punto d’ingresso dell’agente causale, ma talora, come nel caso della sifilide, sono seguite da disseminazione dell’infezione nel torrente circolatorio e quindi provocano anche manifestazioni morbose a distanza. Le malattie trasmesse anche per altre vie non danno fenomeni locali, in quanto gli agenti causali passano direttamente nel sangue e causano una sintomatologia extragenitale (per es., epatiti virali, sindrome da immunodeficienza acquisita). Le MST sono in gran parte condizionate dallo stile di vita e dall’orientamento sessuale del singolo soggetto. Sono correlate con diversi fattori: numero dei partner; tipo di rapporto sessuale; pratica di rapporti durante le mestruazioni; frequenza di rapporti occasionali; uso di diaframmi e contraccettivi orali da parte delle donne; mancato uso del preservativo da parte dei maschi; viaggi e soggiorni in paesi a elevata endemia. Molte infezioni sessualmente trasmesse possono essere asintomatiche; i soggetti infetti che non presentano manifestazioni cliniche sono egualmente capaci di trasmettere la malattia, contribuendo quindi largamente al mantenimento di un’endemia più o meno elevata. Inoltre, i pazienti affetti da una patologia sessualmente trasmessa hanno molte probabilità di averne anche un’altra (infezioni doppie o triple); ne deriva che, quando viene diagnosticata una MST, è necessario praticare anche gli opportuni accertamenti per altre forme morbose che al momento possono essere silenti o mascherate dalla prima.
A seconda dell’eziologia, si distinguono malattie da batteri, da virus, da funghi, da Protozoi e da parassiti. La maggior parte delle MST è facilmente diagnosticabile sulla base del quadro clinico e ben documentabile con l’esame batterioscopico e colturale di materiale prelevato direttamente dalle lesioni genitali (secreto uretrale, secreto cervicovaginale, materiale prelevato dal fondo o dai bordi delle ulcere ecc.); nelle malattie generali, come la sifilide e l’AIDS, il criterio diagnostico principale è la ricerca degli anticorpi circolanti. La gravità varia notevolmente: alcune patologie si risolvono autonomamente dopo un decorso più o meno prolungato, altre, se non opportunamente trattate, proseguono nella loro evoluzione provocando complicanze locali o malattie generalizzate. La terapia delle forme batteriche, micotiche e protozoarie si avvale di chemioantibiotici assai efficaci, anche se negli ultimi tempi si è notata, per alcuni microrganismi (per es. gonococco), la comparsa di un certo grado di resistenza ai farmaci di più comune impiego. Per quanto riguarda le forme virali, sono disponibili farmaci efficaci contro l’herpes genitale e recentemente si sono aggiunti nuovi antivirali che si sono rivelati capaci di modificare profondamente il decorso dell’infezione da HIV. La profilassi si basa principalmente sull’educazione sessuale (scelta dei partner, rapporti protetti, cura nell’evitare i rapporti traumatizzanti e in corso di mestruazione ecc.) e sull’appropriata terapia dei soggetti infetti, anche se asintomatici, che costituiscono la principale fonte di diffusione.
Il trasporto dell’energia elettrica dagli impianti di produzione a quelli di utilizzazione, che avviene per mezzo di un complesso di linee elettriche (➔ linea) fra loro opportunamente interconnesse.
La rete di t. (o di trasporto) primaria è costituita da linee ad altissima tensione (380 kV, 220 kV) che trasportano l’energia elettrica dalle centrali di produzione fino a stazioni di trasformazione, prossime alle aree di utilizzazione, dove la tensione viene ridotta a valori inferiori; la rete ha una struttura magliata, cioè le centrali risultano interconnesse da linee che collegano le varie stazioni di trasformazione (o di interconnessione) in modo da migliorare la gestione economica e l’affidabilità del sistema. Le reti di subtrasmissione sono costituite da linee che si differenziano da quelle di t. per il solo fatto di trasportare minore potenza a distanze inferiori e con livelli di tensione inferiori (132 kV, 66 kV). Le reti di distribuzione primaria a media tensione (20 kV, 10 kV) sono costituite da linee che alimentano le stazioni di trasformazione secondaria (o cabine di trasformazione), le quali sono realizzate in ambienti chiusi con apparecchiature blindate e isolate in esafluoruro di zolfo; la distribuzione è talvolta del tipo ‘ad anello’ con esercizio radiale, oppure si può avere più di una linea in parallelo con una cabina di smistamento; queste soluzioni vengono adottate per garantire l’alimentazione della cabina anche in caso di guasto in un punto dell’anello (con successivo distacco di una parte dell’anello stesso) o in una delle linee di alimentazione. La rete di distribuzione secondaria a bassa tensione (220 V, 380 V) è costituita dall’insieme delle linee che, partendo dalle diverse cabine, con una struttura radiale alimentano le varie utenze. Generalmente la cabina di trasformazione è situata in un punto dell’area da servire che risulti baricentrico rispetto alla distribuzione delle utenze stesse. Tipico esempio è la distribuzione dell’energia elettrica in una grande città, la quale viene suddivisa in tante aree, alimentate ciascuna da una cabina posta in posizione baricentrica; le diverse cabine sono poi alimentate da linee a media tensione che partono da una stazione di trasformazione, la quale a sua volta dovrebbe risultare baricentrica rispetto alle cabine stesse. La distribuzione dell’energia elettrica nelle grandi città è generalmente fatta con linee in cavo, sia per la media sia per la bassa tensione; nelle campagne, invece, è più conveniente ricorrere a linee aeree. Nella distribuzione secondaria si utilizza anche il filo neutro del sistema trifase, così che la linea ha 4 fili e il trasformatore posto nella cabina deve avere gli avvolgimenti secondari collegati a stella con neutro a terra o, in casi speciali, a zig-zag in modo da rendere disponibile il centro stella. Le utenze industriali di forza motrice sono alimentate dai 3 conduttori di fase (tensione concatenata 380 V); le utenze civili per illuminazione e per elettrodomestici vengono collegate tra una fase e il neutro (valore della tensione 220 V). Il valore di tensione di 220 V per le utenze civili è stato fissato non solo per ridurre la pericolosità degli impianti elettrici, ma soprattutto per il fatto che è un valore adatto a costruire apparati di utilizzazione dell’energia (lampadine, piccoli motori ecc.) economici e di buone prestazioni; i problemi legati alla pericolosità vanno risolti con adeguati criteri di protezione e prevenzione. L’alimentazione delle utenze è quasi sempre effettuata a tensione costante (in parallelo). L’alimentazione in serie, oltre che nei primi tentativi sperimentali, è stata utilizzata in passato per impianti di illuminazione privata (per es., per le scale) e, ancor più, per l’illuminazione pubblica. L’unico vantaggio offerto dal collegamento in serie degli apparecchi utilizzatori sta nel fatto che l’intensità della corrente nella linea di distribuzione è ovunque la stessa, consentendo un’ottima utilizzazione del materiale; tali impianti però richiedono tensioni di alimentazione elevate e fortemente variabili al variare del carico in modo da mantenere la stessa corrente. Non sempre la distribuzione di energia elettrica è fatta a bassa tensione; per le industrie, o i grandi edifici, conviene allacciarsi alla rete a media tensione o addirittura alla rete ad alta tensione, provvedendo poi con un proprio impianto di trasformazione ad abbassare la tensione al valore più conveniente per l’alimentazione dei vari macchinari.
Di grande importanza è il problema della regolazione della tensione, in quanto il regolare funzionamento degli apparecchi di utilizzazione è basato sulla costanza, entro limiti abbastanza ristretti, della tensione. Per la regolazione della tensione esistono sistemi basati sull’impiego di apparati elettronici di potenza: quello più semplice e diffuso è il sistema automatico di rifasamento static VAR compensator, ma sono stati sviluppati anche altri tipi di sistemi, come quelli denominati FACTS (flexible AC transmission systems) che consentono di regolare direttamente il flusso della potenza attiva nelle linee, agendo sullo sfasamento delle tensioni.
La t. dell’energia elettrica nella grande maggioranza dei casi viene effettuata in corrente alternata trifase, per la facilità e la convenienza di variarne i parametri (tensione e corrente) mediante trasformatori. La scelta del livello di tensione più conveniente per trasportare una prefissata potenza a una determinata distanza richiede un esame approfondito di numerosi fattori tecnici ed economici; una indicazione circa il legame tra il valore della tensione e quello della potenza può essere ricavato sulla base di considerazioni di carattere economico. Da un lato è conveniente aumentare quanto più possibile la tensione per avere minori intensità di corrente nella linea e quindi più piccole sezioni per i conduttori a parità di potenza perduta nella linea stessa, dall’altro con l’aumentare della tensione aumentano i costi di installazione (in particolare legati a problemi di isolamento) e di manutenzione. Considerazioni approssimate portano alla conclusione che la tensione ottima è proporzionale alla radice quadrata della potenza da trasmettere, quando la sezione è quella che corrisponde alla densità di corrente ottima, compresa tra 0,7 e 1 A/mm2. Con l’aumentare della lunghezza della linea nascono e diventano gravosi i problemi della regolazione della tensione e della potenza reattiva e i problemi legati alla stabilità dei sistemi interconnessi. Tali difficoltà hanno fatto preferire, in qualche caso, sistemi di t. ad alta tensione continua (HVDC) rispetto ai sistemi in corrente alternata tradizionali. Infatti, i collegamenti in corrente continua sono impiegati non solo per trasmettere potenze su lunghe distanze terrestri e negli attraversamenti marittimi ma, in modo specifico, per l’interconnessione di aree aventi reti elettriche che non possono essere collegate in corrente alternata per problemi di stabilità. In questo caso si può arrivare alla situazione limite di avere le due stazioni di conversione (dall’alternata alla continua e viceversa) attigue senza una vera e propria linea di t.; si parla allora di collegamenti back to back tra le reti elettriche (la stazione è sostanzialmente un convertitore di frequenza).
Un’importante evoluzione tecnologica nella gestione delle reti di t. è il crescente e sempre più esteso grado di automazione, che è stato reso possibile dai progressi dell’elettronica e dall’impiego sempre più generalizzato dei microprocessori per il controllo e la protezione degli impianti. L’automazione ha consentito in molti paesi industrializzati sia di conseguire sensibili vantaggi economici sia soprattutto di migliorare considerevolmente la qualità del servizio e avere una gestione ottimale degli impianti. Nei paesi dell’Unione Europea, con la liberalizzazione e la concorrenzialità nella produzione, la rete (fortemente interconnessa) di t. e la sua gestione hanno acquistato un ruolo fondamentale nell’economia e per questo la richiesta della produzione e la scelta dei percorsi (ovvero il ‘dispacciamento’) devono essere effettuate sotto il controllo statale. Viene anche attuato il ‘principio di vettoriamento’, dal quale discende l’obbligo di far transitare a pagamento nella rete di t. l’energia prodotta e acquistata da operatori privati. Con l’affermarsi dei sistemi di t. di segnali con fibre ottiche, in tutti i paesi si utilizzano le strutture delle linee di t. per inserire anche dei cavi ottici, iniziando dal loro posizionamento entro la fune di guardia.
Trasferimento di moto da un organo motore a un organo meccanico condotto. Caratteristiche essenziali di qualunque sistema di t. meccanica sono: a) il tipo di t.: per contatto diretto, come nelle ruote di frizione e dentate; per connessione rigida, come nelle t. con meccanismi articolati; per connessione flessibile, come nella t. con cinghie, funi vegetali o metalliche e catene; b) il rapporto di t., definito come rapporto tra la velocità dell’organo condotto e quella dell’organo motore; c) il rendimento della t., definito come rapporto fra la potenza utile disponibile sull’organo condotto e la potenza motore erogata dall’organo motore.
Nelle t. idrauliche e pneumatiche un organo intermedio della t. è costituito da un fluido in pressione (acqua, olio o aria), il quale riceve energia meccanica dall’organo meccanico che lo segue. Benché la t. pneumatica o idraulica di energia sia meno vantaggiosa della t. elettrica, cioè mediante generatori e motori elettrici, essa è tuttavia largamente usata per piccole distanze e per l’azionamento di macchine manovrate manualmente, in conseguenza del peso molto minore dei motori azionati dal fluido in pressione rispetto al peso di motori elettrici di ugual potenza. Nel settore delle t. idrauliche, di particolare interesse risultano quelle in cui il fluido in pressione è costituito da olio; l’utilizzazione di t. idrauliche a olio e quindi lo studio e lo sviluppo dei componenti a ciò destinati prende il nome di oleodinamica. Componenti caratteristici di un sistema oleodinamico sono: pompe (quasi sempre volumetriche), cassetti di distribuzione, valvole (di massima pressione, di non ritorno, di sequenza, pilotate ecc.), motori idraulici, tubazioni di collegamento, accumulatori idraulici, apparecchi di misura ecc. È importante notare che i sistemi di t. oleodinamici sostituiscono vantaggiosamente i sistemi meccanici formati da manovellismi, ingranaggi, leveraggi e simili in molte macchine utensili, apparecchi di sollevamento, scavatori ecc.
Insieme di mezzi e di procedimenti tecnici usati per far pervenire a uno o più corrispondenti informazioni di tipo numerico, utilizzando un’opportuna rete numerica di comunicazione. L’esigenza di effettuare t. di dati (denominate anche t. numeriche o digitali) è sorta a causa dell’integrazione sempre più spinta delle risorse di elaborazione nei sistemi di telecomunicazioni. L’obiettivo dei nuovi servizi così disponibili (servizi telematici) è quello di consentire il colloquio a distanza fra elaboratori (colloquio macchina-macchina) ovvero il colloquio fra questi ultimi e operatori umani (colloquio uomo-macchina). A tale proposito gli elaboratori sono utilizzati sia come apparecchiature terminali (sorgenti di informazione) sia come apparecchiature di rete, con il compito di assicurare il controllo dello scambio delle informazioni e di fornire gli ausili necessari alla gestione corretta del servizio. L’insieme delle regole usate per l’interazione fra le apparecchiature di rete e le apparecchiature terminali è detto protocollo di comunicazione. Una rete di comunicazione (➔ rete) di dati comprende sia i rami trasmissivi che consentono la t. a distanza delle informazioni sia i nodi di commutazione che consentono l’opportuno instradamento dei messaggi. I rami trasmissivi comprendono le funzioni di elaborazione in banda base, di multiplazione, di modulazione, nella sezione trasmittente, e le relative funzioni complementari, nella sezione ricevente. Il canale numerico è caratterizzato dalla velocità di t. (da pochi kbit/s a diversi Gbit/s) e dal tasso di errore binario (BER, bit error rate). I nodi di commutazione possono operare secondo vari principi, fra i quali la commutazione di circuito e la commutazione di pacchetto (➔ telefonia). Nel primo caso, viene di volta in volta instaurato un canale di comunicazione fra l’origine e la destinazione della chiamata, nel secondo caso l’instradamento è reso possibile in base a informazioni contenute nel messaggio stesso. A tale scopo i messaggi vengono segmentati in unità informative di lunghezza massima prefissata (pacchetti), comprendenti oltre all’informazione di utente anche un’intestazione (header), in cui sono presenti le informazioni di segnalazione, gli indirizzi del mittente e del destinatario. Il trasferimento avviene mediante immagazzinamento del pacchetto nel nodo di commutazione e seguente rilancio verso il nodo successivo.