Passaggio di sostanze attraverso una membrana naturale; può essere attivo o passivo, a seconda che comporti o meno un consumo di energia.
La cellula recupera dall’ambiente circostante il materiale necessario per le reazioni metaboliche di biosintesi e di produzione di energia rilasciando contemporaneamente, nell’ambiente extracellulare, gli scarti del metabolismo stesso. Il t. delle diverse sostanze attraverso le membrane cellulari può avvenire con tre modalità: a) diffusione semplice o passiva; b) diffusione mediata da un trasportatore proteico; c) t. attivo. Mentre nel t. passivo la specie trasportata segue sempre la direzione del gradiente di concentrazione, e non si verificano fenomeni di accumulo oltre la concentrazione di equilibrio, nel t. attivo si ha, al contrario, accumulo di una sostanza su un lato della membrana. Il t. attivo è un processo termodinamicamente sfavorito (endoergonico) e ha luogo solo quando è accoppiato (direttamente o indirettamente) a un processo esoergonico come l’assorbimento della luce, una reazione di ossidazione, la demolizione di ATP, oppure il flusso concomitante di un’altra specie nella direzione del suo gradiente elettrochimico. Nel t. attivo primario, l’accumulo di sostanza è accoppiato direttamente a una reazione esoergonica (per es., la conversione di ATP in ADP+Pi); sono esempi di questo genere di t. i vari tipi di pompe ioniche ATP-dipendenti, o ATPasi, presenti sulle membrane cellulari sia degli organismi animali sia vegetali, e che sono fondamentali per il t. di ioni e per la formazione del potenziale di membrana (➔ pompa). Il t. attivo secondario, invece, avviene quando il t. endoergonico (contro gradiente) di una sostanza è accoppiato a un flusso esoergonico (nella direzione del gradiente) di una sostanza diversa, la quale era stata in precedenza accumulata da un t. attivo primario su di un lato della membrana. Infine, il t. attivo di molecole attraverso la membrana può aver luogo per mezzo del trasferimento o traslocazione di gruppo, che però è un caso particolare di t. in quanto comporta la modificazione della molecola trasportata in un’altra chimicamente diversa (➔ membrana).
La membrana plasmatica contiene trasportatori proteici necessari a tutti i movimenti transmembrana di ioni (per es., H+, Na+, K+, Ca++, Cl– ecc.) e dei vari metaboliti dei principali cicli cellulari, quali il piruvato, l’aspartato, gli amminoacidi, gli acidi grassi, gli zuccheri e i nucleotidi. Inoltre, alcune proteine di t. permettono l’instaurarsi dei potenziali di membrana necessari per tutti i fenomeni biologici elettrochimici, con meccanismo di t. sia attivo sia passivo. Altri trasportatori proteici sono la mioglobina, l’emoglobina e le emocianine, che sono in grado di legare e trasportare ossigeno, funzioni vitali per la sopravvivenza di ogni organismo animale. Spesso i trasportatori proteici sono proteine coniugate, come, per es., le lipoproteine del plasma sanguigno che trasportano i lipidi fra intestino, fegato e tessuti adiposi. Un caso particolare di t. è quello dovuto ai trasportatori di elettroni, ossia proteine che possono reversibilmente acquistare e perdere elettroni permettendone il trasferimento dai metaboliti organici all’ossigeno, o a un altro accettore terminale. Ne sono esempi sia i coenzimi pirimidinici NAD e NADP sia quelli flavinici FAD e FMN, i quali sono trasportatori di elettroni universali in quanto possono svolgere la loro funzione in tutte le reazioni anaboliche o cataboliche cellulari. Invece, i citocromi e l’ubichinone sono trasportatori di elettroni che appartengono a una catena di trasferimento di elettroni associata alla membrana mitocondriale interna o a quella dei cloroplasti.
Con t. (o trasferimento) di fase s’intende ogni fenomeno di t. spaziale di grandezze fisiche che abbia luogo sotto l’azione di un gradiente di una grandezza caratteristica: per es., nel t. molecolare di materia, il flusso di un componente di una miscela in una prefissata direzione è correlato al gradiente di concentrazione dello stesso componente in quella direzione secondo l’espressione nota come prima legge di Fick della diffusione (➔ diffusione):
dove Nx è il flusso di materia del componente A, in una miscela con B, nella direzione x, cA la concentrazione di A e DAB il coefficiente di diffusione. Analogamente, il t. molecolare di quantità di moto, cioè il t., da molecola a molecola, di uno stato di moto, è espresso dalla legge di Newton:
dove τxy è l’elemento xy del tensore degli sforzi, Vy la componente y della velocità e μ la viscosità dinamica; nel caso infine di t. molecolare di calore (cioè della conduzione del calore), vale la legge di Fourier:
dove qx è il flusso di calore, lungo la direzione x, T la temperatura, k il coefficiente di conducibilità termica interna. In generale, il t. molecolare di entità (materia, calore, quantità di moto) è espresso dalla relazione:
dove ϕx è il flusso d’entità nella direzione x, δ la diffusività del t. molecolare (coincide con il coefficiente di diffusione nel caso di t. di materia, con la viscosità cinematica nel caso di t. di quantità di moto); Γ è la concentrazione di entità (coincide con cA nel caso di t. di materia; con ρcpT, dove ρ è la densità e cp il calore specifico, nel caso di t. di calore; con ρVy nel caso di t. di quantità di moto). Se il t. avviene in presenza di vortici, occorre sommare al trasferimento che avviene in scala molecolare il contributo apportato dalla migrazione dei vortici. L’equazione di t. assume allora l’espressione:
dove E prende il nome di diffusività turbolenta; nel caso di t. turbolento di materia e di calore fra la massa di un fluido e una superficie limite, l’integrazione dell’equazione generale di t. conduce alle espressioni: N=kc(c̄−ci), q=h(T̄−Ti), dove N e q sono rispettivamente il flusso di materia e quello di calore, c̄ e T̄ la concentrazione e la temperatura medie del fluido, ci e Ti le stesse grandezze in corrispondenza alla superficie di separazione; kc e h sono detti coefficienti di t., rispettivamente di materia e di calore, calcolabili, sotto forma di grandezze adimensionate (per il calore, numero di Nusselt ➔ Nusselt, Ernst Kraft Wilhelm; per la materia, numero di Sherwood ➔ Sherwood, Thomas Kilgore) con relazioni ottenute applicando l’analisi dimensionale o l’analisi dei meccanismi. Per es., il numero di Sherwood (Sh) è legato al numero di Reynolds (➔ Reynolds, Osborne) (Re) e al numero di Schmidt (Sc) dalla relazione:
(Sh) =C(Re)a(Sc)b,
dove il coefficiente C e gli esponenti a e b dipendono essenzialmente dalla geometria del sistema in cui ha luogo il t. di materia.
Il t. radiativo, che coinvolge materia e radiazione elettromagnetica, è di particolare interesse nello studio delle stelle. La teoria del t. radiativo è stata sviluppata per gas poco densi le cui particelle interagiscono tra loro e con il campo di radiazione schematizzato come un gas di fotoni; si ha così una teoria cinetica di particelle e fotoni nella quale ogni componente obbedisce a una propria equazione cinetica e ogni equazione è accoppiata alle altre attraverso termini che descrivono le interazioni tra le diverse componenti.
T. sedimentario Movimento che i vari agenti geologici imprimono ai sedimenti che si producono per alterazione ed erosione delle rocce preesistenti o ai materiali sciolti comunque formatisi nei diversi ambienti deposizionali. In questi ambienti, in alcuni casi fluido e sedimenti si comportano come due fasi distinte e indipendenti l’una dall’altra, in altri costituiscono un insieme unico e si comportano come se si trattasse di un’unica fase. La prima situazione caratterizza i cosiddetti flussi normali come quelli idrico ed eolico in cui le particelle, essendo ben differenziate dal fluido, si possono depositare indipendentemente da quest’ultimo, in funzione delle caratteristiche idrauliche a contorno (t. selettivo); nel secondo caso si ha invece a che fare con i cosiddetti flussi reologici, vale a dire con quei flussi dove il sedimento è trasportato e deposto in massa (t. in massa). Tutto il t. dei sedimenti avviene sotto l’influenza della gravità; l’effetto finale del t. quindi è di portare sedimenti nelle aree più depresse della superficie terrestre dove si raggiungono i più bassi valori di energia potenziale e dove c’è maggior grado di stabilità.
Il t. selettivo operato dai diversi agenti geologici è fortemente condizionato dal comportamento idraulico delle particelle sedimentarie, le quali hanno dimensioni, forma e densità differenti. In linea di massima, escludendo quelle popolazioni di granuli che presentano forme particolari e densità molto diverse dalla norma, il comportamento idraulico delle particelle è condizionato soprattutto dalla dimensione granulometrica. In questo senso il t. selettivo concorre a selezionare idraulicamente le diverse popolazioni di granuli e, nel deporli, darà quindi luogo a un deposito organizzato internamente che riflette l’azione di tali processi. Nel t. selettivo quindi è possibile distinguere due gruppi di particelle in movimento: il carico di fondo e il carico sospeso (t. sul fondo e t. in sospensione). Il primo è rappresentato prevalentemente dalle particelle più grossolane delle sabbie e dalle ghiaie; il secondo comprende le frazioni più fini delle sabbie, i silt e le particelle argillose. Le correnti trasportano i sedimenti sul fondo attraverso un’azione di trascinamento o scorrimento, rotolamento e/o saltellamento; a questa azione si dà il nome di trazione. L’azione trattiva esercitata sui sedimenti sia dalle correnti unidirezionali (per es., correnti fluviali) sia da quelle oscillatorie (per es., moto ondoso) determina la formazione delle cosiddette forme di fondo come ripple, megaripple e dune (➔ struttura). Nel carico sospeso le particelle sono molto disperse nel mezzo e rimangono tali fino a che le condizioni energetiche del mezzo stesso non cambiano, tanto da determinare la decantazione del materiale in sospensione. A seguito di ciò le particelle si organizzano e, in accordo con la legge di Stokes, danno luogo a un deposito gradato con i granuli più grossolani alla base e quelli più fini al tetto.
Il t. in massa caratterizza sia gli ambienti subaerei sia quelli subacquei; in esso rientrano diversi tipi di fenomeni che coinvolgono quantitativi variabili di sedimenti e che hanno un carattere intermittente e di breve durata. Ciò costituisce un’importante caratterizzazione di questo tipo di t., che ha la sua espressione tipica in tutti quei fenomeni in cui la gravità gioca un ruolo fondamentale, come per es. le frane, le colate sia granulari sia fangose, le correnti di torbida, e in quelli dove il t. in massa è legato a eventi implicanti energie piuttosto elevate, come le piene fluviali, o in ambiente marino con le tempeste, eventi entrambi in grado di mettere in sospensione e di trasportare contemporaneamente sul fondo ingenti volumi di sedimenti.
La notazione o l’esecuzione di un brano in un tono (scala tonale) diverso da quello originario; è detto anche trasposizione. È frequente soprattutto nella musica vocale (allo scopo di adattare un pezzo alle possibilità canore di un dato esecutore), ma anche in quella strumentale (per agevolare la lettura agli esecutori di strumenti a fiato tagliati in tonalità diverse dal do come il clarinetto, il corno inglese, il sassofono, il corno, la tromba, il trombone, per i quali le parti sono scritte in una tonalità, mentre gli strumenti, detti traspositori, le suonano in un’altra: per es., la nota do sarà letta sul clarinetto in si-bemolle come si bemolle ecc.), e può essere praticato mediante due metodi: leggere il brano come se la chiave fosse altra da quella scritta, o calcolare l’insieme armonico nel tono in cui si vuole trasportare.
T. di tiro In artiglieria, particolare procedimento impiegato nel tiro con puntamento indiretto, secondo il quale i dati di tiro, ricavati per aggiustamento, relativi a un dato obiettivo vengono utilizzati, con opportune correzioni ed entro certi limiti di tempo e di spazio, per un altro obiettivo, conservando all’incirca la stessa approssimazione. Analogamente i dati ricevuti per aggiustamento su di un obiettivo da una batteria possono essere utilizzati sullo stesso obiettivo da ogni altra batteria (t. all’origine).