La sostanza di cui sono fatti gli oggetti sensibili, concepita come esistente in sé, provvista di peso e di inerzia, estesa nello spazio e capace di assumere una forma.
La m. si presenta sotto specie estremamente diverse; ma quali che siano le apparenze, anche se della più grande compattezza, la sua intima struttura si rivela discontinua, particellare. Ogni corpo, cioè, è costituito da minuscoli complessi edifici, le molecole, staccati l’uno dall’altro ma legati fra loro da forze più o meno intense a seconda che la m. sia nello stato solido o in quello fluido. Nei fluidi, nei quali i legami sono più tenui, le molecole si muovono disordinatamente, urtandosi continuamente e percorrendo quindi cammini a zig-zag. Nei solidi il reciproco legame fa sì che le molecole non siano, come nei fluidi, libere di muoversi l’una rispetto all’altra, ma oscillino intorno a posizioni di equilibrio. La molecola è formata da atomi, uguali o diversi a seconda che si sia in presenza di corpi semplici o composti. In primissima e molto grossolana approssimazione un atomo può essere pensato come una minuscola sferetta, il cui diametro è così piccolo (dell’ordine di 10–10 m, molto inferiore quindi alla lunghezza d’onda della luce), che è impossibile vedere atomi e molecole con luce ordinaria (ma l’analisi con i raggi X permette, per le molecole bi- o poliatomiche, di valutare le distanze fra i centri dei vari atomi di cui esse sono costituite, e queste distanze risultano dell’ordine di grandezza del diametro atomico). Il numero degli atomi contenuti in un grammo di m. risulta dell’ordine di 1021-1024. Numerosissime altre particelle instabili, di breve vita media, si sono manifestate nel corso di processi nucleari e subnucleari: si considerano costituenti ultimi della m. i quark, i leptoni e i bosoni mediatori delle interazioni fondamentali (➔ particelle elementari). I fatti accertati e le loro interpretazioni teoriche consentono di dare una spiegazione quantitativa delle diversità qualitative fra gli atomi o le molecole, riportando le diversità suddette a un diverso ‘dosaggio’ di particelle negli atomi dei vari elementi, nonché a diverse ‘proporzioni’ in cui gli stessi atomi si combinano a dare composti diversi.
I progressi della fisica atomica e subatomica, insieme con l’affermarsi della teoria della relatività, hanno imposto una profonda revisione dei concetti donde traevano origine talune proprietà, quali l’estensione, l’impenetrabilità, la conservazione ecc., fino a ieri considerate come peculiari e caratteristiche della materia. Quanto alla conservazione della m. (o conservazione della massa), la teoria della relatività, mettendo in luce la sostanziale equivalenza tra ciò che chiamiamo m. e ciò che chiamiamo energia, ha portato a una profonda modificazione e generalizzazione del principio corrispondente (➔ conservazione; relatività). Tale generalizzato principio di conservazione e l’inerzia, valendo indifferentemente per i corpi di dimensioni ordinarie e per le particelle che li costituiscono, sono da considerarsi come proprietà fondamentali della materia.
Si definisce corpo materiale un corpo ordinario, esistente nel mondo naturale sensibile; punto materiale, in meccanica, è la schematizzazione di un corpo materiale, allorché la piccolezza relativa delle sue dimensioni può farlo considerare puntiforme. Considerando la m. nel suo aspetto statico, si parla di massa materiale (o massa inerte) in contrapposizione a massa gravitazionale.
Ogni forma di m. presente nell’Universo che non emetta radiazione elettromagnetica (luce, onde radio, raggi X, raggi gamma ecc.), o che ne emetta con intensità inferiore alle soglie minime di rivelazione degli strumenti. Possiamo indurre indirettamente la presenza di m. oscura nelle galassie e negli ammassi di galassie unicamente da considerazioni teoriche o dagli effetti gravitazionali della m. oscura sulla m. luminosa (cioè sulla m. che emette radiazione elettromagnetica con intensità rivelabile) circostante, costituita da stelle, da nubi di gas o da galassie.
Una determinazione accurata della densità di m. oscura nell’Universo è di fondamentale importanza in astrofisica: oltre ad avere effetti dinamici sulle galassie e sugli ammassi di galassie, la m. oscura potrebbe anche concorrere a determinare l’evoluzione dell’Universo nel suo insieme. Secondo la teoria della relatività generale, infatti, la geometria dello spazio in cui viviamo dipende dalla densità di m. presente: se la densità totale nel cosmo supera una certa soglia, detta densità critica, il volume dell’Universo è finito ed è destinato a ricollassare in un futuro lontano (Universo chiuso); al contrario, se la densità di m. è inferiore o pari a quella critica, il volume dell’Universo è infinito e l’espansione cosmica non invertirà mai il suo corso (Universo aperto; ➔ anche cosmologia). È da sottolineare che le stime dirette della densità di m. luminosa forniscono valori intorno a qualche centesimo della soglia critica.
Risultati teorici e osservativi sembrano richiedere la presenza di una quantità di m. oscura nell’Universo probabilmente 10 o 100 volte maggiore della m. luminosa. Sono pochissime, al contrario, le indicazioni convincenti su quali siano gli effettivi componenti della m. oscura; tra le particelle proposte come candidati al ruolo di m. oscura possiamo elencare i neutrini (se dotati di massa), oppure altre particelle non ancora osservate ma previste da alcune teorie delle interazioni fondamentali. Non è neppure da escludere che la m. oscura sia almeno in parte costituita da una forma di energia del vuoto prevista in relatività generale in relazione alla cosiddetta ‘costante cosmologica’. La m. oscura potrebbe inoltre essere formata da particelle di alta energia cinetica (m. oscura calda) o da particelle di bassa energia cinetica (m. oscura fredda). Nel primo caso, la distribuzione di m. oscura nell’Universo dovrebbe essere molto meno agglomerata della m. luminosa, tendendo a disporsi in forma di grandi aloni intorno alle galassie e ammassi di galassie. La m. oscura fredda, al contrario, tenderebbe a disporsi in maniera relativamente più concentrata.
Vi sono vari indizi che portano a ipotizzare l’esistenza della m. oscura.
Se tutta la materia presente nelle galassie spirali, sistemi in rapido moto rotatorio attorno al rispettivo centro galattico, fosse quella luminosa (stelle, nubi di gas, polvere interstellare), le zone molto distanti dal centro (distanze dell’ordine di 100.000 anni-luce) dovrebbero orbitare molto lentamente, analogamente ai pianeti più esterni del sistema solare. Poiché si osserva invece generalmente una persistenza della velocità di rotazione fino all’estrema periferia osservabile delle spirali, si deduce l’esistenza di una quantità di m. non visibile stimata 10 volte superiore alla m. visibile, distribuita forse sotto forma di alone sferoidale fino a distanze molto maggiori di quelle a cui si estendono stelle e nubi di gas. Minori evidenze di presenza di m. oscura sussistono per le galassie ellittiche e altri sistemi stellari.
È possibile fornire una stima approssimata della massa totale, visibile e invisibile, di un ammasso di galassie con metodi puramente dinamici, conoscendo soltanto le velocità delle singole galassie costituenti l’ammasso. Queste stime indicano la presenza di m. oscura in quantità da 10 a 30 volte superiori alla m. che emette radiazione elettromagnetica rivelabile. Se questa m. oscura non fosse presente, l’ammasso non sarebbe più legato gravitazionalmente e le galassie componenti si disperderebbero rapidamente.
Ogni galassia è sottoposta ad attrazione gravitazionale da parte di tutte le altre galassie circostanti e la sua velocità media aumenta con l’aumentare della densità totale della massa attraente. Anche la nostra galassia, per es., ‘cade’ con velocità di alcune centinaia di kilometri al secondo verso l’ammasso della Vergine, distante circa 60 milioni di anni-luce. Stime osservative del campo di velocità della nostra galassia e delle galassie vicine portano a ipotizzare m. oscura in quantità molto maggiore (10 o 100 volte) della m. rivelabile, distribuita su scale molto grandi.
Una fondamentale previsione delle teorie cosmologiche è la produzione, in determinate quantità, dei nuclei degli elementi chimici, avvenuta durante l’epoca primordiale in cui la temperatura media dell’Universo era di circa 1010 K: l’accordo con le abbondanze relative di alcuni isotopi di elio, litio e altri elementi osservati spettroscopicamente nelle stelle richiede una densità di m. totale barionica circa 20 volte superiore a quella osservata.
Nella sua accezione più generale, l’uguaglianza fra la m. che entra in un sistema e la somma della m. che esce dal sistema e della m. che si accumula nel sistema. L’accumulo di m. può essere positivo (concentrazione di m.) o negativo (rarefazione di m.); l’accumulo è nullo nel caso di processi stazionari. Il bilancio di m. è riferibile sia alla totalità della m. che interviene nel sistema (bilancio globale di m.) sia ai singoli componenti della m. (bilancio parziale di m.).
Particolare interesse assume il bilancio di m. nel caso di sistemi in cui avvengono reazioni chimiche. A scopo di semplificazione, consideriamo un reattore chimico in cui avvenga la reazione: α A + β B ⇄ γ C + δ D dove A e B sono reagenti, C e D i prodotti, mentre α, β, γ e δ sono i coefficienti stechiometrici della reazione. Indichiamo con mAe la portata (espressa, per es., in kmoli/h) del reagente A che entra nel reattore; analogamente sia mAu la portata di A che esce; nel reattore, di volume V, è contenuta una quantità di A pari a MxA, dove M è la quantità totale di m. (espressa, per es., in kmoli) contenuta nel reattore e xA è la frazione molare di A; indichiamo, infine, con rA la velocità di reazione di A, cioè la quantità di A che reagisce nell’unità di tempo e per unità di volume di reattore. Le grandezze mAe, mAu, M, xA, rA sono, nel caso più generale, funzioni del tempo (stato non stazionario) e pertanto il bilancio di m. del reagente A deve essere espresso in termini differenziali, con riferimento al generico intervallo temporale infinitesimo dt:
[1] mAedt = mAudt + rAVdt + d(MxA).
La [1] esprime che la quantità entrante, mAedt, è uguale alla somma della quantità uscente, mAudt, della quantità che reagisce, rAVdt, e della quantità (positiva o negativa) che si accumula nel reattore, d(MxA); tutte le quantità sono riferite al componente A e all’intervallo infinitesimo dt. Nel caso di reattore continuo funzionante in condizioni stazionarie, la [1] si semplifica nella:
[2] mAe = mAu + rAV.
Il rapporto fra la quantità di A che reagisce e quella inviata nel reattore, rAV/mAe, prende il nome di conversione per passaggio; per aumentare la resa globale del processo, conviene, in molti processi chimici, separare i prodotti di reazione dalle sostanze che non hanno reagito e ricircolare queste ultime nel reattore. Le equazioni di bilancio di m. per gli altri componenti del sistema reagente (B, C, D) sono, nel caso di funzionamento in condizioni stazionarie, con ovvio significato dei simboli:
[3] formula [4]
[5] formula.
Dalla somma delle [2], [3], [4] e [5] si ottiene:
[6] formula,
dove Me è la portata totale molare che entra nel reattore, mentre Mu è la portata totale molare che esce. La [6] si semplifica nella
[7] Me = Mu
soltanto se
(cioè se la reazione non comporta variazioni nel numero totale di moli) oppure se non avvengono reazioni chimiche (come, per es., nelle colonne di distillazione, negli estrattori ecc.). Il bilancio di m. è uno strumento di grande utilità sia durante l’esercizio degli impianti (consentendo di individuare le cause di eventuali disservizi), sia nella progettazione (fornendo dati indispensabili per il dimensionamento delle apparecchiature).
In chimica, per corpo materiale s’intende comunemente una porzione di m. spazialmente delimitata e identificabile, e perciò suscettibile di analisi qualitativa e quantitativa; i corpi materiali si suddividono in miscugli e sostanze pure.
In senso letterale, ogni m. fornita dalla natura e base di successive lavorazioni; in linguaggio più propriamente scientifico, ogni ricchezza sulla quale si esercita l’attività di un soggetto economico, di cui ci si serve per produrre, anche se a sua volta sia già risultata dall’attività produttiva di altri soggetti; per es. il legname, il cemento, i mattoni ecc., per il costruttore edile. Le m. prime possono essere classificate secondo numerosi criteri: in base all’origine produttiva si distinguono m. dell’agricoltura (legno, fibre naturali, oli vegetali) e m. delle miniere (m. minerali metallifere quali ferro, rame, zinco, piombo; m. minerali non metallifere quali zolfo, cloruro di sodio; m. combustibili quali carbone, petrolio, gas naturali); in base agli usi delle m. prime si distinguono m. alimentari (caffè, cacao, tè, banane, oli, grani ecc.) e m. industriali (gomma naturale, pelli, minerali); in base alla possibilità di rinnovamento della produzione si hanno m. rinnovabili (prevalentemente di origine vegetale e animale) e m. non rinnovabili (come i minerali combustibili); infine, in base al paese di produzione, si parla di m. dei paesi tropicali ecc.
La sostanza fisica che, assumendo forme diverse nello spazio, può essere oggetto di esperienza sensibile, ed è in generale concepita come esistente indipendentemente dalla coscienza individuale (contrapposta a spirito e a forma).
Nelle prime manifestazioni del pensiero greco è già presente la contrapposizione tra le due principali concezioni filosofiche della m.: una filosofia che concepisce la m. in termini metafisici e un’altra che si avvicina a essa partendo da un punto di vista più propriamente naturalistico. Accanto alla concezione della m. propria degli atomisti Democrito e Leucippo, che la consideravano come ‘grandezza’ e ‘figura’, si andava così delineando la concezione platonica della m., che la interpretava come realtà squisitamente metafisica, concezione che prevarrà nel corso del pensiero antico e medievale. Tra le eccezioni più significative bisogna ricordare l’analisi proposta da Epicuro, che rendeva conto della m. come un insieme di atomi e affermava la coincidenza tra le qualità dell’atomo e l’estensione. Dall’altra parte la concezione metafisica della m. era rivolta non tanto a determinarne la struttura intima, quanto piuttosto a cercare di definirne la collocazione nella totalità dell’essere, attribuendo a essa anche un peculiare valore e disvalore. Così in Platone la m. non era solo un elemento grezzo, amorfo, passivo e ricettivo che entra a costituire le cose particolari; era altresì la componente negativa che sviliva e deteriorava i perfetti modelli ideali e perciò rigidamente contrapposta, come eterna e increata, al mondo delle realtà intelligibili. In Aristotele è rintracciabile un analogo giudizio negativo sulla m., contrapposta alla forma che è l’elemento che rende intelligibile il composto: anche se la m. in quanto potenza può divenire o essere qualcosa, essa resta sempre qualcosa d’imperfetto, d’incompiuto, di contaminante rispetto alla compiutezza e perfezione dell’atto. Anche gli stoici concepirono la m. come ‘sostanza prima’, intesa però come soggetto passivo; Plotino rese ancora più esplicita la colorazione etica di questa concezione metafisicizzante della m. giungendo a concepirla come non-essere, ovvero come il limite opaco che segna il confine all’espansione del principio spirituale luminoso.
Nel pensiero cristiano Agostino considera la m. come «assolutamente informe e priva di qualità», quindi come «prossima al nulla» e pur tuttavia con una sua positiva sostanzialità. Tommaso d’Aquino riprende invece la concezione aristotelica della m., insistendo sulla sua imperfezione e incompletezza e sottraendole solo l’eternità, inconciliabile con l’insistenza del pensiero cristiano su un Dio creatore di tutto e onnipotente. Nella filosofia della natura del 15° e 16° sec. si assiste a una trasformazione radicale della concezione della m.: lentamente si giunge a concepirla non già come un residuo passivo ma come un principio attivo che permea di sé tutte le cose e che contiene in sé tutte le forme dell’universo. A conclusione di questo processo, G. Bruno concepisce la m. come ‘subietto’ di tutti gli esseri compresi gli spiriti, riferendosi così non già a qualcosa di passivo, ma piuttosto a un principio attivo. Da questo sostanziale ribaltamento si può far sorgere la tendenza, sempre più diffusa nel pensiero moderno, a definire la m. in termini naturalistici e fisici.
Un’esigenza di rigorosa interpretazione naturalistica della m. è presente in Descartes, il quale, mentre a livello metafisico concepisce questa entità come sostanza creata, fa valere un modello interpretativo che individua nell’estensione il suo carattere essenziale; modello che si andò sempre più diffondendo nella filosofia moderna. Accanto a questo filone che fa coincidere la m. con l’estensione, si affermò anche una tendenza a definire la m. ricorrendo a concetti come quelli di energia e di forza. In questa linea si inserisce non solo G.W. Leibniz, per il quale la m. è il risultato di una forza passiva di resistenza chiamata antitypia, ma anche I. Newton, che rende conto della m. risalendo all’esistenza di una forza dominata da particolari leggi. Continuano a porre l’accento su una definizione della m. in termini di forza sia C. Wolf sia i critici illuministici delle dottrine fisiche cartesiane (per es. Diderot, La Mettrie, d’Holbach), sia I. Kant, per cui la m. «riempie uno spazio non attraverso la sua pura esistenza, ma mediante una particolare forza motrice».
Sulla stessa linea, ma con suggestioni irrazionalistiche, si muove la concezione romantica della m., esemplificata dalla teoria schellinghiana, secondo la quale la m. è costituita da tre diversi tipi di forza (espansiva, attrattiva e sintetica), ai quali corrispondono rispettivamente i fenomeni naturali del magnetismo, dell’elettricità e del chimismo. Nell’ambito della filosofia della scienza ottocentesca, quest’idea della m. si ritrova nel tentativo di W. Ostwald di ridurre la m. in termini di energia (energetismo). Una diversa definizione della m., legata a una precisa teoria della conoscenza, offre invece l’empiriocriticismo di E. Mach; la m. viene considerata come «determinata connessione degli elementi sensibili in conformità di una legge».
Nel pensiero del Novecento, accanto a posizioni, come l’intuizionismo bergsoniano, che ripropongono una concezione metafisicizzante della m., vista come concretizzazione di un principio negativo antivitale, prevalgono precise concezioni scientifiche della m., in conformità allo sviluppo delle teorie fisiche.