Il carattere fondamentale di un corpo fisico in quanto dotato delle tre dimensioni spaziali. Il concetto di e. si trova già in Aristotele e poi in numerosi altri filosofi sia medievali (per es., G. Ockham) sia dell’età moderna (R. Descartes, Th. Hobbes, G. Leibniz, J. Locke ecc.). Il termine ha però assunto rilievo filosofico soprattutto in relazione al problema del rapporto tra sostanze estese (cioè che occupano uno spazio) e sostanze inestese (cioè che non occupano spazio). Importanti, sotto questo rispetto, sono le posizioni di Descartes, che fa dell’e. l’attributo essenziale della ‘sostanza’ materiale’ (res extensa) in contrapposizione alla ‘sostanza’ spirituale’ (res cogitans), e di B. Spinoza che, identificando Dio e natura, intende extensio e cogitatio come due attributi dell’unica sostanza.
Una svolta nella storia del concetto di e. segna l’immaterialismo di G. Berkeley per il quale l’e. si risolve in una qualità soggettiva, in un’idea, che esiste perché è percepita. I. Kant, sviluppando originalmente l’impostazione soggettivistica, riconduce l’e. allo spazio e ne fa una forma pura dell’intuizione sensibile. Gli idealisti (soprattutto F.W.J. Schelling) e i filosofi spiritualisti dell’Ottocento, sempre rimanendo su un piano rigorosamente soggettivistico, tentarono di spiegare l’e. come il risultato del dispiegarsi delle forze di attrazione e repulsione.
In logica, l’e. costituisce con l’intensione la coppia attorno a cui si è sviluppata la moderna teoria semantica. L’e. di un’espressione linguistica è ciò che questa denota, ovvero il suo ambito di riferimento. A seconda delle espressioni linguistiche si distingue tra: e. di un termine individuale, l’individuo da esso denotato (per es., il termine individuale ‘Socrate’ ha per e. l’individuo Socrate); e. di un predicato monadico, l’insieme degli individui di cui il predicato è vero (per es., il predicato «essere pari», definito sull’insieme dei numeri naturali, ha per e. l’insieme dei numeri pari); e. di un predicato n-adico, l’insieme delle n-uple di individui di cui il predicato è vero (per es., il predicato binario «maggiore di», definito sull’insieme dei numeri naturali, ha per e. l’insieme delle coppie ordinate di numeri ‹n1, n2› tali che n1 è maggiore di n2); e. di un enunciato, il suo valore di verità, cioè uno dei due elementi dell’insieme W = (V, F).
In fisiologia, e. indica movimenti diversi secondo l’organo che si estende: e. di un arto, movimento che tende a portare i vari segmenti dell’arto sulla linea dell’asse anatomico dell’arto stesso; e. del capo, flessione posteriore di esso; e. della colonna vertebrale, flessione posteriore del tratto dorso-lombare della colonna. Il muscolo che ha per azione principale il movimento di e. è detto estensore: si tende a distinguere il singolo muscolo estensore dai muscoli congeneri indicando nel nome la sede di una delle sue inserzioni ( estensore radiale del carpo; ulnare del carpo), o la sua conformazione ( estensore breve del pollice; lungo del pollice), o la sua destinazione a un solo o a più organi ( estensore comune delle dita, proprio dell’indice).